Le stazioni quaresimali, cosa sono e come farle; e i Riti della Settimana Santa

BREVI CENNI STORICI SULLE SACRE STAZIONI QUARESIMALI (da un testo del 1903)

La pia pratica di una conveniente preparazione alla grande Solennità di Pasqua è antichissima nella Chiesa Romana.

012-stazioni-quaresima-6_54d8b7956d815A tale preparazione erano particolarmente chiamati i catecumeni che si disponevano a ricevere il santo Battesimo nella notte precedente la Pasqua ; ma non vi erano meno interessati tutti i fedeli che alimentavano così lo spirito di fervore per corrispondere degnamente alla sublime vocazione cristiana.

Questa preparazione non consisteva soltanto nel digiuno, la cui origine apostolica è provatissima, specialmente per i due giorni del mercoledì e venerdì che furono subito consacrati a questo esercizio di penitenza, ma non tardò ad esplicarsi con pratiche esteriori di pietà che in sensibilmente vennero a compenetrarsi colla liturgia, facendo anzi nella Quaresima la parte precipua della liturgia stessa. Così accadde che le stazioni quadragesimali in Roma divennero pratiche ufficiali e solenni alle quali partecipavano clero e popolo, e molto spesso il Pontefice precedeva col suo esempio.

Perché “Stazione”

Stazione è il termine preso dall’uso militare romano ad indicare il luogo assegnato alle guardie, nel senso liturgico fu adoperata a significare l’assistenza dei fedeli alle sacre funzioni in una data chiesa, come una sorta di “guardia” al Santissimo. Lo stesso concetto verrà usato poi per la pia pratica della Via Crucis con le sue “stazioni”.

Le Stazioni appartengono senza dubbio alla più remota antichità. Ne fa cenno Tertulliano, scrittore ecclesiastico della prima metà del III secolo, e San Leone Magno (Papa dal 29/09/440 al 10/11/461) nei suoi sermoni allude sovente a questa pratica.

012-stazioni-quaresima-3_54d8b809206adTuttavia l’ordinatore più accurato di questo esercizio, che specialmente nella Quaresima aveva preso notevole sviluppo, fu il Santo Pontefice Gregorio Magno.

Per lo spirito di penitenza, da cui era dominato questo pontefice illustre, la pratica delle stazioni romane, mentre rimaneva una devozione rituale per alcuni giorni solenni dell’anno nei quali il Papa si recava col suo clero a celebrare i divini misteri nelle celebri basiliche, per il tempo di quaresima divenne una vera pratica penitenziale che dai papi successivi e specialmente da San Gregorio II, ebbe un ordinamento sempre più perfetto, di guisa che celebrandosi la Santa Messa solenne del giorno nella chiesa della stazione, si ebbe la piena compenetrazione di questa devota pratica colla liturgia la quale, moltissime volte nelle sue parti più importanti specialmente nell’Epistola e nel Vangelo della messa, si riporta al titolo ossia chiesa stazionale.

Il luogo in cui doveva tenersi la prossima stazione veniva anticamente indicato nella precedente funzione stazionale: per il giorno delle Ceneri era risaputo che la stazione doveva essere Santa Sabina.

I fedeli si radunavano in una chiesa speciale, anch’ essa designata antecedentemente, e dalla quale si doveva muovere la processione per la chiesa stazionale. L’ ora non fu sempre la stessa, perchè all’uso antico di celebrare nei giorni di digiuno il divin Sacrificio nel pomeriggio, dopo che i fedeli avevano atteso alle loro occupazioni e prima dell’ unico pasto, sottentrò più tardi la celebrazione mattutina anche nei giorni penitenziali.

In questa chiesa adunque dove si radunavano i fedeli e dove si aspettava il papa coi suoi diaconi veniva recitata una preghiera che si diceva appunto “collecta” o preghiera dell’ adunanza; quindi tutti se ne partivano nel debito ordine per recarsi al canto devoto delle Litanie verso la chiesa stazionale.

Il corteo era preceduto dalla preziosa Croce che si soleva usare in tale circostanza, e che era portata da un suddiacono: quando partecipava il papa, la processione si rendeva più solenne per l’intervento degli alti ufficiali pontificii che recavano i vessilli e le ricchissime suppellettili destinate esclusivamente per il divino Sacrificio.

Giunto il corteo alla Chiesa stazionale veniva cantata la Messa solenne ed aveva luogo l’Omelia.

La Messa non aveva il Kyrie o la litania giacché suppliva quella che era stata recitata per la processione; però si ripeteva l’ introito e si compievano tutte le altre cerimonie consuete della messa papale (pontificale).

012-stazioni-quaresima-5_54d8b983ddbb8Prima della Comunione un suddiacono annunciava al popolo:

“Domani la stazione sarà nella Chiesa di S. Giorgio in Velabro”, allora il coro rispondeva: Sieno grazie a Dio.

Quindi dopo la Comunione e la collecta super populum (orazione sopra il popolo) che suppliva allora la benedizione finale, i fedeli venivano licenziati (ite, missa est) ed il clero si ritirava alle proprie case.

Quando il Papa non interveniva alla cerimonia stazionale, si recava da lui un accolito offrendogli per devozione un po’ di bambagia intinta nell’olio delle lampade della chiesa stazionale. Presentandosi al Pontefice domandava innanzi tutto di essere benedetto: “iube, domne, benedicere”; ed impetrata la benedizione, proseguiva: “hodie futi statio ad S. Sabinam, quae salutat te”, ossia: oggi la stazione fu a S. Sabina, che ti saluta.

A quel punto il Papa rispondeva: Deo gratias, e baciato riverentemente quel batuffolo di bambagia, lo consegnava al suo chierico di servizio (Cubiculario) perchè lo custodisse diligentemente, onde riempirne poi il suo cuscino funebre.

Questa era generalmente e per sommi capi la liturgia delle stazioni. In alcuni giorni però si facevano delle cerimonie particolari e talora lunghissime, perchè, come sopra ho accennato, la quaresima era altresì una lunga e solenne preparazione al Battesimo. In certi giorni quindi i catecumeni erano ammessi ai riti preparatori al sublime mistero della rigenerazione che a loro doveva recare il gaudio pasquale.

Quanto alla scelta delle chiese stazionali per la Quaresima, che poi divenne definitiva e fissata nel messale romano, non è possibile scoprire il criterio con cui venne fatta. Certo due pensieri principalmente vi dominarono; l’uno che le chiese o basiliche scelte per le stazioni influissero grandemente nell’ animo dei catecumeni a prepararsi in modo conveniente al Battesimo; l’altro che i più celebri santuari della città fossero onorati dalla devozione pubblica e solenne del clero con il popolo.

Quale risveglio di fede e di vita cristiana se ne aspettava il grande Pontefice S. Gregorio I detto Magno! Ed invero nulla si può ideare di più soprannaturalmente efficace al rinnovamento sociale che questi riti, queste preghiere presentate a Dio collettivamente da un intero popolo, preceduto dal suo santo pastore che presso le Reliquie gloriose dei martiri pasce coll’ esempio, colla parola, coi Sacramenti il gregge di Cristo !

Ma non era soltanto il popolo di Roma che accorreva numeroso alle cerimonie stazionali, ben presto si aggiunsero i pellegrini che venivano apposta nella città per assistere devotamente e compiere assieme ai romani le devozioni annesse a codesto esercizio. Così, per citare un sol fatto, quando Carlo Magno si recò la prima volta a Roma, nell’anno 774, egli si fece un dovere di assistere alla Messa solenne che il Papa stesso dovea celebrare la domenica di Pasqua a Santa Maria Maggiore, il lunedì a S. Pietro, ed il martedì a S. Paolo fuori delle mura, i quali giorni sono anche adesso i giorni assegnati per le stazioni in quelle basiliche.

Le mutate condizioni dei tempi e delle costumanze sociali fecero modificare, non però nella parte sostanziale e più importante, alcuni riti della Quaresima; la disciplina del catecumenato è andata in disuso, ma la splendida liturgia quadragesimale è sempre viva, sempre palpitante di quella rigogliosa attualità che è tutta propria delle opere di Dio; e poiché essa mira principalmente a condurre i cuori ad una sincera contrizione non vi ha per il popolo cristiano un miglior mezzo di formazione e rinnovazione dello spirito.

012-stazioni-quaresima-7_54d8b8d9ea952Per questo i Pontefici appoggiarono sempre colla loro autorità e colla concessione di copiose indulgenze, il devoto esercizio delle stazioni.

Tali concessioni si estesero poi anche ai fedeli che fuori di Roma praticassero qualche devozione consimile visitando o chiese od altari delle proprie città designati a supplire le chiese stazionali di Roma. In questo caso il Vescovo della diocesi decideva quali chiese – nella propria città – dovessero supplire quelle stazionali di Roma e, facendone richiesta a Roma, riceveva solitamente la benedizione papale e quindi il permesso per celebrare in piena comunione con Roma e lucrando le medesime indulgenze.

Così spiegava il Patriarca di Venezia, cardinale Pietro Lafontaine con una Lettera del 1917, dopo aver ottenuto dal Papa il permesso di dare il via alla pia pratica nelle chiese stazionali di Venezia scelte dal suo Patriarca.

“Al Clero e al Popolo di Venezia – il card. Patriarca

Il Pontefice S. Gregorio il Grande addolorato nel vedere i flagelli coi quali ai tempi suoi Dio richiamava il popolo cristiano sulla via della giustizia, esortava ed invitava i fedeli ad impetrare la misericordia divina e il patrocinio dei Santi, e indiceva all’uopo delle processioni di penitenza.

Finché le forze glielo consentirono, egli stesso interveniva anche alle funzioni delle Stazioni di Quaresima e predicava al popolo. La eco delle sacre Stazioni risuona ancora a Roma durante la Quaresima nelle preci stazionali. Mutate le condizioni dei tempi non si può seguire in tutto il rito primitivo: tuttavia ogni giorno i fedeli concorrono ad una Chiesa stazionale secondo l’ordine notato nel Messale Romano. Ivi si espongono con solennità le reliquie dei Santi e ad ora determinata si fanno delle devote processioni al canto di preci stabilite.

Nelle angustie dalle quali oggi più che in altri tempi il mondo è stretto da ogni parte, ho deliberato d’invitare anch’ io il mio popolo ad impetrare la misericordia del Signore mediante le preghiere stazionali, qui a Venezia. Il S. Padre, a cui ho umiliato il mio pensiero, si è degnato d’incoraggiarmi con una amorevolissima lettera…”

Veniamo ad oggi che, come ben sappiamo, il Papa apre la Quaresima nel giorno delle Ceneri a Santa Sabina.

Un volume dedicato alle chiese stazionali di Roma, la cui visita è tradizione nel tempo di Quaresima, lo propone la Libreria Editrice Vaticana con Le chiese stazionali di Roma. Un itinerario quaresimale, libro a firma dell’ambasciatrice polacca Hanna Suchocka. Le chiese stazionali, spiega l’autrice, sono “delle chiese nelle quali vengono celebrate le ‘stazioni’, cioè un luogo dove si riuniscono i fedeli, per concedersi una ‘sosta’ particolare, lasciando in disparte per un po’ le faccende di ogni giorno. Questa sosta viene accompagnata dalla riflessione e dalla preghiera”.

Luoghi storici e tradizione assai “radicata” a Roma già nel III secolo, e ufficializzata nel messale romano a partire da Papa Gregorio Magno (590-604), che svolse “un ruolo decisivo nell’organizzazione del sistema delle stazioni e nella scelta della liturgia”, cosicché a ogni giorno della Quaresima era assegnata una chiesa diversa, ripercorrendo le orme dei numerosi martiri che avevano sparso il loro sangue sul suolo dell’Urbe.

Questa tradizione cadde in disuso all’inizio del XIV secolo, in seguito al trasferimento della sede papale ad Avignone, ma è rifiorita negli anni ’60 del XX secolo.

L’autrice condivide così con i lettori la propria esperienza spirituale, scandita attraverso la visita alle 44 chiese stazionali (anche se alcune delle basiliche papali si ripetono), dal mercoledì delle Ceneri, con la statio presso la chiesa di Santa Sabina sull’Aventino, fino a Santa Maria Maggiore nel mercoledì della Settimana Santa. L’itinerario si conclude nella chiesa di San Pancrazio la Domenica in Albis, una settimana esatta dopo la Pasqua.

Il volume – corredato da parecchie fotografie delle diverse chiese visitate e delle numerose opere d’arte in esse custodite –, si caratterizza come un itinerario tematico di visita ad alcune delle più belle chiese della Capitale, accompagnato da un racconto personale dell’autrice, e dall’indicazione delle letture bibliche del giorno, così da costituire anche un cammino di fede.

Completano l’opera un elenco dei Papi, una bibliografia scelta e una mappa di Roma ove sono indicate una per una tutte le chiese stazionali, così da agevolare gli itinerari dei lettori.

Purtroppo…. “… l’attuale Messale “romano”, sia nella forma typica che nella versione italiana non ha mantenuto l’elenco delle chiese quaresimali che da secoli scandiscono la preparazione alla Pasqua in tutta Roma. La soppressione di tutte le particolarità romane della liturgia e l’assenza di un messale “proprio” per la Diocesi di Roma, che sia realmente “romano” perché in grado di conservare e trasmettere ciò che liturgicamente ha segnato il vissuto di fede della Città Apostolica, ha portato ad una svalutazione stessa della prassi delle liturgie stazionali. Negli ultimi anni esiste un tentativo dell’Ufficio liturgico della Diocesi di Roma di sottolineare quanto sia importante il tessuto delle stazioni intese giustamente come un cammino per pellegrini verso la Pasqua.

012-stazioni-quaresima-8_54d8ba10917bdL’unico retaggio, che gode del favore dei media per la presenza del Romano Pontefice, sopravvive nelle liturgia del mercoledì delle Ceneri in cui il Vescovo di Roma si reca nella chiesa primaziale di Sant’Anselmo all’Aventino in cui si svolge la “colletta”, ovvero il luogo dove si raduna l’assemblea, dalla quale si snoda una breve processione che conduce fino alla prima delle stationes nell’antica basilica di Santa Sabina, e la solenne stazione del Giovedì santo presso la Basilica Lateranense, in cui il Papa celebra la messa in cena Domini…” (di Francesco Bonomo, vedi qui)

(purtroppo abbiamo visto come da due anni la suggestiva celebrazione del Giovedì Santo nel Laterano, della Cena Domini, non si svolge più….)

Oggi l’onere della guida alle Stazioni Quaresimali è affidata alla Pontificia Accademia Cultorum Martyrum (vedi qui) entrando nel sito troverete ulteriori approfondimenti, stazione per stazione, anche con l’ausilio di libretti – in latino e in italiano – che si stanno preparando.

Sia lodato Gesù Cristo

sempre sia lodato e santa Quaresima a tutti.


DOWNLOAD: Litanie per le Stazioni Quaresimali


Le stazioni quaresimali romane

Placido Lugano, osb, “Le sacre stazioni romane nella Quaresima e l’ottava di Pasqua”, Centro Librario Sodalitium, pagg. 118, euro 10,00.
https://www.sodalitiumshop.it/epages/106854.sf/it_IT/?ObjectPath=/Shops/106854/Products/068

Introduzione: Le stazioni quaresimali in Roma 

Il sacro tempo della Quaresima, nella attuale disciplina della Chiesa e secondo lo spirito della sua liturgia, è un tempo di ritiro che ogni cristiano deve passare nella solitudine in unione col divin Redentore Gesù Cristo, attendendo alla penitenza ed alla mortificazione, segnatamente sotto la forma del digiuno, e a tutti gli esercizi della vita spirituale. Ha principio col mercoledì delle Ceneri, in cui la Chiesa invita i suoi figli a chinare la fronte sotto l’austera sentenza pronunziata nel paradiso da Dio contro l’uomo ribelle : Ricordati, o uomo, che sei polvere ed in polvere ritornerai; e termina con la Veglia pasquale, in cui la risurrezione del Redentore viene a rallegrare le anime che hanno sofferto le volontarie privazioni della penitenza. La Quaresima prepara il popolo credente a commemorare la Passione di Gesù e a celebrare con Lui l’Alleluia della vittoria.

Istituita, la Quaresima, in memoria dei quaranta giorni di digiuno del Redentore, è dedicata in modo particolare alla penitenza, all’istruzione e alla predicazione. Le preghiere liturgiche della Quaresima parlano prevalentemente di digiuno e di mortificazione; ma, dopo la quarta settimana entrano a far menzione della Passione : perchè la sola mortificazione, fatta di penitenza e di astinenza, è degna preparazione a celebrare con animo purificato la memoria della Passione dell’Uomo-Dio, che caratterizza l’ultima quindicina della Quaresima. L’Epistola e il Vangelo contengono l’alimento spirituale per l’istruzione e la predicazione; le orazioni, implorando misericordia e perdono, muovono a far penitenza delle colpe commesse. Varie tracce restano tuttora nel Messale romano dell’antica disciplina relativa ai pubblici penitenti per la loro riconciliazione e di quella per i con-vertiti dal paganesimo (catecumeni), che si preparavano a ricevere la grazia del battesimo nella Veglia pasquale.

Il digiuno, una volta molto rigoroso nei giorni feriali della Quaresima, è ora assai mitigato dalla benignità della Chiesa. La legge del digiuno permette un solo pasto al giorno, ma non vieta di prendere un poco di cibo la mattina e la sera, osservando l’approvata consuetudine locale circa la qualità e la quantità dei cibi; come non vieta la promiscuità di carne e pesce nello stesso pasto e la commutazione della refezione della sera con il pranzo (Codice di diritto canonico, can. 1251, §§ 1-2). La legge dell’astinenza vieta l’uso delle carni e del brodo di carne, pur concedendo l’uso delle uova, dei latticini, del burro e di qualsivoglia condimento anche di grasso degli animali (can. 1250). Sono compresi nella legge del digiuno (salvo dispensa o legittimo impedimento) tutti i fedeli che hanno compiuto gli anni ventuno di età e non hanno principiato i sessanta; mentre sono tenuti alla legge dell’astinenza tutti quelli che hanno compiuto il settimo anno di età (can. 1254, §§ 1-2).

La rigida costumanza più antica, riguardo al digiuno, già incostante al tempo di sant’Agostino, trovava ancora frequente applicazione presso il popolo romano. Anzi in Roma, il digiuno quaresimale si accompagnava con le grandi ufficiature divine, che, per conseguenza, rivestivano in questo tempo un carattere austeramente penitenziale. Dall’antico linguaggio militare si prese il termine di stazione (statio), trasportandolo ad indicare l’adunanza dei fedeli in un luogo sacro determinato, dove il Papa, assistito dal suo clero, celebrava i divini misteri. Alla stazione militare andava congiunta la caserma (statio), dove si vigilava anche di notte, con un corpo di guardia per la vigilanza diurna. E alla stazione liturgica, specialmente quaresimale, s’accompagnò fin dall’origine il significato di vigilanza, di penitenza e di preghiera, fatta in comune. Tertulliano trovò giusto il paragone, perchè i cristiani sono la milizia di Dio. E sant’Ambrogio, nel paragonare i nostri digiuni alle mansioni del popolo israelitico, riconosce che anche noi dobbiamo laboriosamente fare il cammino di quaranta giorni, e fortificarci con la devozione dei digiuni quasi in altrettante fortezze: perchè per noi sono fortezze i digiuni che ci difendono dall’oppugnazione diabolica; e conchiude col dire: « Si chiamano stazioni, perchè, rinchiusi in esse, respingiamo le insidie dei nemici ».

La « stazione » faceva di ogni feria quaresimale una grande dimostrazione religiosa. A Roma, la liturgia offre il medesimo carattere di movimento e lo stesso colore locale, che assumevano i divini uffici celebrati a Gerusalemme, d’ordinario, di chiesa in chiesa. Le stazioni erano l’espressione dell’unità della liturgia, raggruppandosi clero e popolo, intorno alla persona del Pontefice, che celebrava i divini misteri e faceva spesso la predica. Col pellegrinare alle diverse chiese si mantennero vive le memorie del culto ai martiri nei singoli luoghi. In questo andare del servizio liturgico da uno in altro luogo, è da ravvisare un’analogia con le usanze di Gerusalemme, donde derivarono, come in germe, molte delle prescrizioni liturgiche romane. Al tempo di san Gregorio Magno la stazione importava la processione con le litanie e la Messa. Tutto il popolo romano vi era convocato, laici e sacerdoti. Lo stesso Pontefice, col suo corteo, vi interveniva. All’ora fissata, si raccoglievano tutti in una chiesa stabilita per l’adunata (colletta). Qui il Pontefice recitava l’orazione ad collectam, cioè l’orazione sul popolo adunato, faceva muovere la processione, preceduta dalla Croce stazionale, al canto delle litanie. Giunta alla chiesa designata per la stazione, il Pontefice celebrava solennemente la Messa, assistito dai suoi diaconi e suddiaconi e dai preti delle varie parrocchie (tituli) della città. D’ordinario, dopo la Messa, s’annunziava il luogo della stazione pel giorno seguente.

Ecco la nota delle Collette e delle Stazioni, ove in carattere neretto sono indicate le stazioni del gruppo più antico della liturgia quaresimale (le basiliche più venerate e di proporzioni più vaste); in carattere corsivo sono indicate le stazioni del secondo gruppo, aggiunte verso il secolo v, tra san Leone (+ 461) e san Gregorio (+ 604) (le chiese parrocchiali); e in carattere romano, le chiese stazionali del terzo gruppo, aggiunte nel secolo VIII da Gregorio II (+ 731) (le sette chiese designate per i giovedì che erano rimasti fino a quel tempo senza liturgia).

Il pio pellegrinaggio processionale percorreva litaniando le vie dell’Urbe facendo risuonare l’aria della voce implorante la misericordia e l’intercessione dei Santi. Nel tempio, le voci supplichevoli si stringevano intorno all’altare, sul quale il divin Redentore, sacerdote e vittima, rinnovava, nella persona del Pontefice, il sacrificio del Calvario, e sotto il quale giacevano venerate le reliquie dei martiri, testimoni invitti della fede e della verità cristiana. Chè, le palme dei martiri rappresentano propria-mente i trionfi del nostro principe Cristo, ed i martiri di Cristo, secondo la bella espressione ambrosiana, sono il vero tesoro della Chiesa.

Uno dei caratteri assunti dalle stazioni fu quello del trionfo della venerazione di chi aveva dato la vita per Cristo: anzi il culto degli eroi della fede, dei santi e dei martiri, ebbe notevole incremento dalle visite stazionali. Onde a ben comprendere la liturgia della Quaresima occorre tener presenti anche le ragioni agiografiche e non dimenticare le ragioni topografiche. E le indicazioni del Messale, che, fuori di Roma, possono sembrare soltanto un vestigio archeologico di usanze di tempi tramontati, furono in Roma, e lo sono tuttora, una realtà vivente. Le basiliche e le chiese, mèta del pellegrinaggio stazionale, sono sempre i trofei dei martiri più venerati. La moderna disciplina non è che la continuazione dell’antica. «E’ cosa buona e utile invocare supplichevolmente i servi di Dio, regnanti insieme con Cristo, e venerarne le reliquie e le immagini: ma prima di ogni altro tutti i fedeli onorino con filiale devozione la beatissima Vergine Maria» (can. 1276). E la visita stazionale reca il tributo dell’onore e l’incenso dell’amore filiale alla Madre di Dio nelle dorate basiliche della sua glorificazione, e il profumo della venerazione alle reliquie dei Martiri e dei Santi che impreziosiscono per l’immortalità le nostre chiese romane.

Il clero e il popolo, anche ai nostri tempi, rivivono le usanze antiche, benché alquanto modificate. Alti dignitari della Chiesa e personalità del laicato, monaci e popolo minuto si confondono insieme in un medesimo spirito di espiazione, di penitenza e di preghiera. E, rinnovando con devozione ogni anno queste sante osservanze, confidano di riuscire graditi a Dio e col corpo e con la mente.


DOVE SI CELEBRAVANO I RITI DELLA SETTIMANA SANTA?

– Laterano e Santa Croce in Gerusalemme con la tradizione delle reliquie della Santa Croce

Alcune chiese romane sono particolarmente legate ai riti della Pasqua anche se il Papa ormai non vi si reca più per i riti della Settimana Santa. 

Nella chiesa antica di Gerusalemme si ricordavano gli eventi dei diversi giorni della settimana in chiese diverse. Col tempo, i riti pasquali di Gerusalemme si diffusero anche a Roma, dove originariamente venivano ricordate solo la storia della Passione nella Domenica delle Palme e la Resurrezione nella Domenica di Pasqua. Sappiamo che nel VI il Papa celebrava anche la Messa del Giovedì Santo in ricordo dell’istituzione dell’Eucaristia nella sua cattedrale in Laterano. La liturgia del Venerdì Santo si celebrava nella chiesa che oggi si chiama Santa Croce in Gerusalemme. La chiesa fu fondata dall’imperatore Costantino ed è nota per le sue reliquie della Croce e altre reliquie della Passione, in particolare il cosiddetto Titulus Crucis, per la tradizione l’iscrizione dove Pilato ha scritto “Gesù di Nazaret, Re dei Giudei “in ebraico, greco e latino.

Quanto alla venerazione della Croce del Venerdì Santo a Roma, qui c’è un piccolo mistero. Che fine hanno fatto le reliquie della croce? Fonti antiche affermano che l’imperatore Costantino costruì Santa Croce negli anni Venti del IV secolo per ospitare un pezzo di legno della croce. Questa reliquia sembra essere scomparsa presto. A metà del V secolo non fu mai menzionato da Papa Leone Magno nei suoi sermoni del Venerdì Santo. In una lettera dell’anno 454, Papa Leone sembra addirittura ringraziare il vescovo di Gerusalemme per avergli inviato una reliquia della croce. Forse la reliquia Santa Croce era scomparsa nel V secolo? Sappiamo anche che Papa Ilario (461-468) fece costruire una cappella per una reliquia della Croce accanto al Battistero Lateranense. Quando abbiamo fonti liturgiche dettagliate da Roma, nel VI secolo, scopriamo nel cosiddetto Ordo 23 che il Venerdì Santo una reliquia della Croce veniva portato in processione dal Laterano a Santa Croce per la venerazione.

Eppure è noto che reliquie della Croce si trovavano in Santa Croce almeno dal 1570 in una cappella sopra la navata destra della chiesa. Dal 1930 sono custodite in una cappella modernasul lato sinistro della chiesa. La seconda reliquia più famosa della passione in Santa Croce è il Titulus Crucis, che nelle fonti più antiche non è affatto menzionato, ma che fu ritrovato nel 1492 murato nell’arco trionfale, dove era stato collocato durante la radicale ricostruzione di papa Lucio II (1144–1145).

A Roma la Pasqua era associata al Laterano. La veglia pasquale veniva celebrata nella Cattedrale del Laterano e culminava nel battesimo la notte di Pasqua nel battistero ottagonale accanto alla basilica. Entrambi furono costruiti da Costantino nel IV secolo. Dopo che Pio XII ha restaurato i riti della Pasqua nel 1955, i papi celebravano la messa serale del Giovedì Santo nella Basilica Lateranense fino a Benedetto XVI. Francesco di solito preferisce celebrare quella messa in un carcere o in altro luogo socialmente difficile. Il Venerdì Santo viene da tempo celebrato dal Papa nella Chiesa di San Pietro, dal medioevo non lo celebra più in Santa Croce. 

E il giorno di Pasqua? Nella Chiesa antica veniva celebrato in Laterano, ma dal ritorno da Avignone i papi l’hanno celebrato in Vaticano. Sisto V (1585–1590) fece un coraggioso tentativo di restaurare l’antica “liturgia stazionale” in cui il Papa, tra l’altro, celebrava la Pasqua in Laterano. Papa Sisto costruì perciò una grande loggia davanti al transetto nord della Basilica Lateranense, verso la piazza e verso il resto di Roma, dove il Papa avrebbe impartito la solenne benedizione della Pasqua. Oggi la loggia è inutilizzata e il papa impartisce la benedizione pasquale dalla chiesa di San Pietro.

Fu Pio XII che nel 1955 diede inizio alla moderna riforma liturgica tornando all’antica celebrazione pasquale cristiana, soprattutto durante il cosiddetto Triduo, i tre giorni pasquali dal Giovedì Santo al Venerdì Santo e la veglia pasquale. Nella Messa tridentina, la Messa del Giovedì Santo veniva celebrata al mattino e il popolo partecipava soprattutto, la sera, alla preghiera davanti al sacramento in una cappella laterale appositamente addobbata. Pio XII reintrodusse l’adorazione della Croce il pomeriggio del Venerdì Santo, che nella pietà popolare era stata  sostituita dalla pia tradizione della Via Crucis. La veglia pasquale è tornata nella notte tra Sabato Santo e la domenica di Pasqua. Già nel Medioevo la veglia si celebrava di giorno, e si accendeva il fuoco pasquale sotto il sole primaverile. Pio V (1566–1572) vietò addirittura tutte le celebrazioni eucaristiche pomeridiane, il che rendeva impossibile, tra l’altro, celebrare la messa vespertina del Giovedì Santo la sera e celebrare una vera veglia pasquale. Nel 1642 Urbano VIII eliminò così le festività pasquali, ad eccezione della stessa Pasqua, dalle festività obbligatorie.

(fonte: Angela Ambrogetti)

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