Il 31 dicembre 2022 moriva Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, un Papa, un Cardinale, un Vescovo, un Sacerdote che ha vissuto tutta la sua vita per la Chiesa e per noi, per le Anime da salvare! Vogliamo ricordarlo, allora, innanzi tutto con la Preghiera e con un grazie tutto speciale e particolare, arricchito non soltanto da immagini e video, ma anche dalle parole, dal suo Magistero che è davvero universale (qui trovate tutti i testi), per questo abbiamo messo come musica il Te Deum Laudamus, della tradizione Ambrosiana, perché abbiamo molto di che ringraziare il Buon Dio che ce lo ha donato…
Qui per voi abbiamo scelto questi due brevi spezzoni, buon ascolto:
- “L’uomo, nella sua vita, è in costante attesa: quando è bambino vuole crescere, da adulto tende alla realizzazione e al successo, avanzando nell’età, aspira al meritato riposo. Ma arriva il tempo in cui egli scopre di aver sperato troppo poco se, al di là della professione o della posizione sociale, non gli rimane nient’altro da sperare. La speranza segna il cammino dell’umanità, ma per i cristiani essa è animata da una certezza: il Signore è presente nello scorrere della nostra vita, ci accompagna e un giorno asciugherà anche le nostre lacrime. Un giorno, non lontano, tutto troverà il suo compimento nel Regno di Dio, Regno di giustizia e di pace.” (Benedetto XVI – Omelia Vespri di Avvento 28.11.2009)
- “Siamo chiamati a dire con la voce, il cuore e la vita il nostro “grazie” a Dio per il dono del Figlio, fonte e compimento di tutti gli altri doni con i quali l’amore divino colma l’esistenza di ciascuno di noi, delle famiglie, delle comunità, della Chiesa e del mondo. Il canto del Te Deum, che oggi risuona nelle Chiese di ogni parte della terra, vuole essere un segno della gioiosa gratitudine che rivolgiamo a Dio per quanto ci ha offerto in Cristo. Davvero «dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia» (Gv 1,16).” (Benedetto XVI – Omelia Vespri Te Deum 31.12.2009 )
Il 31 dicembre 2022 moriva Joseph Ratzinger, Pontefice per otto anni con il nome di Benedetto XVI. Non si sono notate in questo periodo in vista dell’anniversario grandi iniziative di commemorazione, a parte un volume de Il Timone con scritti di cardinali e vescovi che intervengono sulla sua “eredità e lezione”. Bisogna riconoscere, in generale, che Benedetto XVI rischia di essere trascurato se non dimenticato.
Nella confusa situazione della Chiesa cattolica in questo nostro tempo non molti sono interessati alla sua eredità e alla sua lezione. Egli sembra come schiacciato tra coloro che lo venerano contrapponendolo a Francesco e quanti, per lo tesso motivo ma rovesciato nel suo senso, lo esecrano. Poi ci sono anche i “continuisti” di diversa matrice che vedono i due pontificati come in continuità e anche in questo caso Benedetto XVI viene appiattito più che considerato per quello che è stato. Sembra proprio che la dottrina dell’ermeneutica della riforma nella continuità non abbia funzionato nemmeno in questo caso, ossia su colui che ha formulato questa dottrina. Sia che venga contrapposto a Francesco sia che venga visto come suo precursore, Benedetto non fa una figura degna del suo valore. Si può anche prevedere che questa tendenza si accentuerà nel prossimo futuro, per questo commemorare oggi la sua nascita al cielo può avere un significato particolare.
Non bisogna dimenticare papa Benedetto per due motivi complementari tra loro: per le grandi cose che ha recuperato e per le occasioni che ci ha fornito per recuperare quanto di buono egli non era riuscito a fare fino in fondo. Il suo insegnamento ha permesso di correggere la rotta in molti punti della vita della Chiesa, ma non lo ha fatto fino in fondo, sia per contingenze che glielo hanno impedito sia perché alcuni punti del suo pensiero non glielo permettevano. Per questi ultimi temi, però, egli stesso ha fornito delle implicite indicazioni, ha suggerito dei percorsi, ha posto le basi dalle quali si può partire per completare il suo lavoro. Tanto per essere chiari: se ci sono, e senz’altro ci sono, spunti sviluppati poi da Francesco, non sembra che il pontificato attuale abbia inteso recepire quelle implicite indicazioni di completamento del lavoro di correzione di rotta nella vita della Chiesa. Questo, invece, è il lavoro che bisognerebbe fare. Ma per farlo, occorre “tornare a Benedetto XVI” per mettere a fuoco i due aspetti visti sopra: le grandi cose che ci ha lasciato come correzione di rotta e gli spunti per completare – anche contro la lettera di alcune sue posizioni – questa correzione incompiuta.
Tra le cose che ci ha lasciato in eredità e che erano servite a correggere tante tendenze post-conciliari distruttive della vita della Chiesa bisogna ricordare prima di tutto la centralità del tema della verità e il giusto rapporto tra la ragione e la fede, che gli avevano permesso di impostare su solide basi il dialogo anche con laici ed atei, senza fondarlo su una carità sentimentale perché avulsa dalla verità. Questo permetteva sia di ribadire l’autonomia legittima della ragione, sia di confermare il primato della fede. Questa, infatti, secondo il suo insegnamento, non chiede alla ragione di cessare di essere ragione e di diventare fede, ma le chiede di verificare come l’aiuto della fede le permetta di essere maggiormente ragione. Il Dio dal volto umano, come egli disse a Verona nel 2006, non pretende che il cristiano smetta di essere uomo, ma che l’uomo ritrovi in Cristo la conferma di tutte le più alte esigenze della sua umanità. La ragione avrebbe così compreso che non esiste un piano puramente naturale, ma o essa accoglie la luce dall’altro e sale in umanità, o scende in basso e corrompe se stessa. Papa Benedetto insegnava che non c’è via di mezzo, al punto di chiedere ai laici almeno di vivere come se Dio fosse, rovesciando la tesi del naturalismo di Grozio considerata da Benedetto come destinata al fallimento. Innumerevoli sono le conseguenze più particolari di questa impostazione che ora ho presentato nella sua forma sintetica: il ritorno al diritto naturale, una teologia morale che non respinga la nozione di legge naturale e non si affidi completamente alla storia dimenticando la natura, la dottrina dei principi non negoziabili, la pastorale come debitrice della dottrina, la riscoperta della creazione e delle conseguenze anche politiche del peccato delle origini, il recupero della Dottrina sociale della Chiesa e così via.
Tra le incompiutezze, che tuttavia avevano nel suo insegnamento anche le basi per essere affrontate, rientra, sul piano molto generale, quella dei conti non definitivamente chiusi con il pensiero moderno. La sua concezione del liberalismo, espressa soprattutto nei dialoghi con Marcello Pera, non ha completamente convinto. Eppure, la sua nozione di diritto naturale, di legge morale naturale, e della libertà come connessa fin dall’inizio con la verità potevano essere punti di appoggio per una chiusura della problematica e rimangono tuttora degli spunti per farlo. Nemmeno il concetto di laicità e del ruolo pubblico della Chiesa può essere considerato come chiuso. Se, come egli insegnava, la religione vera è indispensabile perché la politica sia veramente tale fino in fondo, allora la politica ha un bisogno sostanziale della religione vera, con il che, però, la laicità liberale, anche di tipo lockiano americano e non solo di tipo francese, non riesce a garantire, con tutte le conseguenze che ciò comporta sul tema della società multireligiosa. Eppure, anche in questo caso, come si è visto nelle righe precedenti, ci sono nel suo pensiero gli spunti indiretti per portare il problema a soluzione.
In questo articolo non c’è modo di segnalare altri temi importantissimi come quello liturgico, oppure il suo insegnamento circa la Tradizione, vista non più come una delle due fonti della rivelazione, ma come l’interpretazione dell’unica fonte della Scrittura e così via.
Anche per questi aspetti, come per gli altri segnalati sopra, vale lo stesso principio di “tornare a Benedetto XVI”, non per ripeterlo ma per conoscerlo sia nei solidi insegnamenti con cui ha evitato deragliamenti nella Chiesa, sia nelle tematiche da lui affrontate ma non chiuse e che possono ancora essere recuperate e chiuse proprio utilizzando alcune sue implicite indicazioni.
Messa in memoria di Benedetto XVI: Il sermone integrale

ESSERE AMATI DA DIO PER SEMPRE
Memoria di Papa Benedetto XVI.
Kurt cardinale Koch
Nel secondo anniversario della scomparsa di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI. – ci siamo riuniti nella cripta della Basilica di San Pietro per celebrare la Santa Messa e per includere nelle nostre preghiere in modo speciale l’uomo che è tornato a casa dal Padre Celeste e per ricordarlo con gratitudine per la sua vita e la sua opera.
Joseph Ratzinger vide la luce del mondo terreno il Sabato Santo del 1927. Il fatto che la sua vita sia stata “così immersa nel mistero pasquale fin dal principio” lo ha sempre riempito di gratitudine; “perché questo potrebbe essere solo un segno di benedizione.” E Joseph Ratzinger ha colto nel mistero del Sabato Santo «l’essenza della nostra vita umana», «che attende ancora la Pasqua, non è ancora in piena luce, ma tuttavia si avvia con fiducia verso di essa» (J. Cardinale Ratzinger, Da la mia vita. (1927 -1977) (Stoccarda 1998) 8). Benedetto XVI è entrato pienamente nella luce del mistero pasquale. nel giorno della sua seconda nascita, la nascita alla vita eterna nel 2022 durante il periodo natalizio che gli è sempre stato tanto caro.
Dio ha fatto sì che la cornice esterna della vita di Joseph Ratzinger fosse circondata dalla storia della salvezza. Naturalmente ciò vale ancora di più per la sua vita interiore e spirituale, tutta dedicata al mistero della fede cristiana. Ne ha vissuto, l’ha annunciato con fede forte e l’ha reso accessibile a noi oggi con la sua chiarezza teologica.
È una bellissima coincidenza che la liturgia della nostra chiesa di Capodanno includa il prologo del Vangelo di Giovanni. Perché in questo canto di lode al Logos, al Verbo che era presso Dio ed era Dio, si condensa il nucleo più intimo della fede cristiana. Joseph Ratzinger – Benedetto XVI ce l’ha. – ha riflettuto su tutta la sua vita e ci ha rivelato. Nella sua riflessione teologica egli è sempre partito dalla Parola di Dio, così come è esposta nella Sacra Scrittura e come percorre il cammino storico nella tradizione della Chiesa. Nella Parola del Dio vivente ha trovato la verità che gli uomini anelano nel profondo del loro cuore.
Con il suo orientamento coerente verso la verità della Parola di Dio, Papa Benedetto XVI. ci ha fatto capire in modo credibile qual è il senso della vita umana. Perché ciò che l’evangelista Giovanni chiama “parola” si può tradurre anche con “senso”; “In principio era la parola, e la parola era presso Dio, e la parola era Dio”. Questo ci dà la risposta decisiva alla domanda che riguarda noi uomini di tutti i tempi: in cosa consista il senso della nostra vita e del mondo: se il senso è Dio stesso, allora il senso può essere dato soltanto a noi, dato a noi. , cioè come grazia.
Al centro della vita e dell’opera di Papa Benedetto XVI. questa “parola”, questa “mente” di Dio è rimasta. Ma questa parola non è astratta e pura teoria, ma di questa parola il Vangelo dice che si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. La Parola di Dio ha quindi un volto concreto; ci guarda e ci dona un rispetto in cui si fonda la più alta dignità di noi uomini. Ed è per questo che questo volto ha un nome; si chiama Gesù di Nazareth, l’Emmanuele, il “Dio con noi”. In Lui Dio stesso ha mostrato il suo vero volto e ha donato tutto il suo amore per noi uomini.
Quindi lo capiamo per Benedetto XVI. il Logos, la Parola di Dio, è profondamente connesso con l’amore: Dio stesso è amore – “Deus caritas est”. L’amore di Dio è la vera ragione per cui l’ultima parola nella vita umana non può mai essere la “morte”; Piuttosto, l’ultima parola spetta all’amore di Dio. Noi esseri umani non possiamo perire o perire nella morte perché Dio conosce le sue creature e le ama. L’amore umano vuole già l’eternità, è concepito per essere indistruttibile ed è, per così dire, un grido all’infinito. Ma l’amore umano non può da solo dare tale eternità. È piuttosto l’amore sconfinato e infinito di Dio che non solo vuole l’eternità per ogni uomo, ma la opera ed è sé stesso.
È l’amore di Dio che rende noi esseri umani immortali, e questo amore di Dio che ci dona la vita eterna è ciò che chiamiamo “paradiso”. Essere in paradiso significa stare con il Dio vivente per l’eternità e potersi muovere nel mare infinito del suo amore. Perché il cielo contiene, come dice Papa Benedetto XVI dice molto bene la consolante promessa, «che Dio è abbastanza grande da avere posto anche per noi piccoli» (J. Ratzinger, E in Inno al corpo e al futuro . Assunzione della Vergine Maria 1968, in: Ill., Resurrezione e vita eterna = Raccolta degli scritti, volume 10 (Freiburg i. Br. 2012) 645-649, citato. 648.)
Se c’è spazio per noi in Dio, allora c’è spazio anche per tutti gli altri uomini in cielo. Se paradiso significa che viviamo nel Cristo esaltato e perfetto, allora include anche tutte le persone che insieme formano l’unico corpo di Cristo e che non sono semplicemente vicine le une alle altre in cielo, ma sono il paradiso le une con le altre e in comunità con Cristo. . Per Papa Benedetto il cielo è dunque una realtà comunitaria elementare: «Il cielo non conosce isolamento; È la comunità aperta dei santi e quindi anche il compimento di ogni convivenza umana, che non è competizione, ma conseguenza della pura apertura al volto di Dio». (J. Ratzinger, Escatologia – Morte e vita eterna (Ratisbona 1977) 191).
È quindi del tutto chiaro che la confessione cristiana della vita eterna non è altro che la confessione che Dio è reale. Mettere Dio al centro dell’attenzione è la preoccupazione principale di Papa Benedetto XVI. stato. Perché in un tempo in cui Dio è spesso percepito come estraneo e superfluo e soffriamo di una certa perdita dell’udito o addirittura della sordità verso Dio, ci ha ricordato che è giunto il momento di pensare a Dio. Per il teologo fedele alla Cattedra di Pietro non potrebbe esserci priorità più grande di quella di dare agli uomini di oggi l’accesso a Dio, alla sua verità e bellezza. Questa centralità di Dio costituisce l’eredità duratura della sua teologia, che egli ha sempre preso in parola, in quanto la realtà vivente di Dio ne è il tema centrale.
Chi dice Dio dice anche vita eterna. Perché chiunque ama, Dio gli rende partecipe di se stesso, della sua eternità. La confessione a Dio porta automaticamente alla fede nella vita eterna. Perché senza una risposta alla ricerca di Dio da parte dell’uomo, la morte alla fine rimarrebbe un mistero crudele. Ma se Dio è reale, cioè il Dio che si è fatto uomo a Natale e che in questo essere umano ci ha mostrato il suo volto, allora esiste la vita eterna e allora la morte non è la fine, ma piuttosto il passaggio al Dio vivente.
Alla luce della fede cristiana, la vita eterna non inizia solo dopo la morte, ma già adesso nella nostra vita terrena, quando viviamo alla presenza di Dio, per così dire faccia a faccia con Dio. Il momento più profondo e bello della nostra vita ci viene donato con la celebrazione della Santissima Eucaristia. Come “pharmakon athanasias”, come “cura per l’immortalità”, ci offre un’esperienza preliminare della vita eterna nel mezzo della nostra vita. È già Parusia, venuta del Signore, e insieme vedetta dell’arrivo finale con Lui.
Ciò già e non ancora è espresso in modo molto profondo e bello nell’inno eucaristico “Adoro te devote”, che risale a San Tommaso d’Aquino: “O Gesù, che ora solo il mio occhio vede in velo; Quando sazierai il desiderio che arde nel mio petto: affinché io possa guardarti a volto scoperto e essere luce nella tua gloria per sempre? Per Papa Benedetto XVI Questo anelito eucaristico è già compiuto quando gli sarà permesso di prendere parte alla cena nuziale celeste nella comunità dei santi e pronuncerà senza interruzione la sua ultima parola nella vita terrena: “Signore, ti amo”.
Ma viviamo ancora nel cortile dell’eternità ed esprimiamo la nostra gratitudine per la vita e l’opera di Papa Benedetto XVI. nella grande preghiera di ringraziamento della Chiesa, nell’Eucaristia, che celebriamo nell’anelito che ci venga rivelato quello splendore nascosto, che l’evangelista Giovanni ha condensato come il vero mistero del Natale e che Papa Benedetto XVI ha condensato. ha testimoniato con la sua vita: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, e noi abbiamo visto la sua gloria, la gloria del Figlio unigenito proveniente dal Padre, pieno di grazia e di verità».
(vaticannews – scr)

Un Vescovo ha autorizzato e pubblicato una preghiera per la devozione privata a papa Benedetto XVI.
Il vescovo Carlos Rossi Keller della diocesi di Frederico Westphalen nello stato brasiliano del Rio Grande do Sul ha pubblicato la preghiera in portoghese, spagnolo, francese e italiano, spiegandone le ragioni: «Come figli della Chiesa dobbiamo pregare e chiedere a Dio il suo eterno riposo in cielo»
«Ma come testimonianze della sua generosa dedizione a Dio e sapendo che le sue ultime parole sono state ‘Signore, ti amo’, possiamo anche chiedere privatamente la sua intercessione».
Il Vescovo ha sottolineato che
«in conformità con i decreti di Papa Urbano VIII, dichiariamo che non è in alcun modo destinato a precludere il giudizio dell’autorità ecclesiastica e che questa preghiera non ha scopo di culto pubblico».
Il Vescovo ha altresì osservato che le grazie attribuite all’intercessione di papa Benedetto XVI devono essere comunicate al Vicariato di Roma, con una lettera scritta al seguente indirizzo:
Sua Eminenza il cardinale vicario per la diocesi di Roma
Piazza di S. Giovanni in Laterano
6, 00184 Roma RM, Italia
La preghiera per la devozione privata è la seguente:
+ Dio Eterno e Onnipotente, che hai ispirato nel cuore del tuo servo,
Papa Benedetto XVI, il sincero desiderio di incontrarti ed annunciarti, diventando un umile “cooperatore della verità”
e offrendosi come servo, per Cristo e per la Chiesa,
fa’ che anche io sappia amare la Chiesa di Cristo e come poter seguire nella mia vita le verità eterne che essa proclama.
Degnati, Signore, di glorificare il tuo servo, Papa Benedetto XVI,
e concedi, per sua intercessione, la grazia che ora ti chiedo (esprimi la tua richiesta). Amen.
1Pater Noster, Ave Maria e Gloria…
Ricordiamo che la Preghiera non è superstizione… quando invochiamo i Santi chiedendo il loro favore presso Dio, vogliamo e dobbiamo anche vivere coerentemente la Fede che diciamo di professare, con tutte le conseguenze che la testimonianza cristiana e vera comporta. Infine, alla richiesta di grazie, dobbiamo ricordare ed unire sempre quel FIAT VOLUNTAS TUA, sia fatta sempre la volontà di Dio.. imparare ad accogliere il DOVERE DI STATO e cercare di comprendere i progetti che Dio ha su ognuno di noi per capire che, la sofferenza, non è una “disgrazia”…
