Leone XIV dona la Rosa d’Oro a Maria: qui la sua mariologia

11 e 12 ottobre: Giubileo Mariano con il Papa… qui i testi e le foto. Seguono in fondo altri interventi Mariani di Papa Leone XIV.

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La Rosa d’oro e i Pontefici

La bellissima riflessione-preghiera di Papa Leone XIV al:

GIUBILEO DELLA SPIRITUALITÀ MARIANA – VEGLIA DI PREGHIERA E ROSARIO PER LA PACE
MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE LEONE XIV
Piazza San Pietro – Sabato, 11 ottobre 2025
 
Cari fratelli e sorelle,
siamo raccolti in preghiera, questa sera, insieme con Maria la Madre di Gesù, così come era solita fare la prima Chiesa di Gerusalemme (At 1,14). Tutti insieme, perseveranti e concordi, non ci stanchiamo di intercedere per la pace, dono di Dio che deve diventare nostra conquista e nostro impegno.
 
Spiritualità mariana autentica
In questo Giubileo della spiritualità mariana, il nostro sguardo di credenti cerca nella Vergine Maria la guida del nostro pellegrinaggio nella speranza, guardando alle sue virtù umane ed evangeliche, la cui imitazione costituisce la più autentica devozione mariana (cfr Conc. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 65.67). Come lei, la prima dei credenti, vogliamo essere grembo accogliente dell’Altissimo, «tenda umile del Verbo, mossa solo dal vento dello Spirito» (S. Giovanni Paolo II, Angelus, 15 agosto 1988). Come lei, la prima dei discepoli, chiediamo il dono di un cuore che ascolta e si fa frammento di cosmo ospitale. Attraverso di lei, Donna addolorata, forte, fedele, chiediamo di ottenerci il dono della compassione verso ogni fratello e sorella che soffre e per tutte le creature.
Guardiamo alla Madre di Gesù e a quel piccolo gruppo di donne coraggiose presso la Croce, per imparare anche noi a sostare come loro accanto alle infinite croci del mondo, dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli, per portarvi conforto, comunione e aiuto. In lei, sorella di umanità, ci riconosciamo, e con le parole di un poeta le diciamo:
– «Madre, tu sei ogni donna che ama;
madre, tu sei ogni madre che piange
un figlio ucciso, un figlio tradito.
Questi figli mai finiti di uccidere»
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Vergine della Pasqua, insieme a tutti coloro in cui continua a compiersi la passione di tuo Figlio.
 
Fate quello che vi dirà
Nel Giubileo della spiritualità mariana, la nostra speranza si illumina della luce mite e perseverante delle parole di Maria che il Vangelo ci riferisce. E tra tutte, sono preziose le ultime pronunciate alle nozze di Cana, quando, indicando Gesù, dice ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Poi non parlerà più. Dunque queste parole, che risultano quasi un testamento, devono essere carissime ai figli, come ogni testamento di una madre.
Qualsiasi cosa Lui vi dica. Lei è certa che il Figlio parlerà, la sua Parola non è finita, crea ancora, genera, opera, riempie di primavere il mondo e di vino le anfore della festa. Maria, come un segnale indicatore, orienta oltre sé stessa, mostra che il punto di arrivo è il Signore Gesù e la sua Parola, il centro verso cui tutto converge, l’asse attorno al quale ruotano il tempo e l’eternità.
Fate la sua Parola, raccomanda. Fate il Vangelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne, fatica e sorriso. Fate il Vangelo, e si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta ad accesa.
Fate qualsiasi cosa vi dica: tutto il Vangelo, la parola esigente, la carezza consolante, il rimprovero e l’abbraccio. Ciò che capisci e anche ciò che non capisci. Maria ci esorta ad essere come i profeti: a non lasciare andare a vuoto una sola delle sue parole (cfr 1Sam 3,19).
E tra le parole di Gesù che non vogliamo lasciar cadere, una risuona in particolare oggi, in questa veglia di preghiera per la pace: quella rivolta a Pietro nell’orto degli ulivi: “Metti via la spada” (cfr Gv 18,11). Disarma la mano e prima ancora il cuore. Come già ho avuto modo di ricordare in altre occasioni, la pace è disarmata e disarmante. Non è deterrenza, ma fratellanza, non è ultimatum, ma dialogo. Non verrà come frutto di vittorie sul nemico, ma come risultato di semine di giustizia e di coraggioso perdono.
Metti via la spada è parola rivolta ai potenti del mondo, a coloro che guidano le sorti dei popoli: abbiate l’audacia del disarmo! Ed è rivolta al tempo stesso a ciascuno di noi, per farci sempre più consapevoli che per nessuna idea, o fede, o politica noi possiamo uccidere. Da disarmare prima di tutto è il cuore, perché se non c’è pace in noi, non daremo pace.
 
Tra voi non sia così
Ascoltiamo ancora il Signore Gesù: i grandi del mondo si costruiscono imperi con il potere e il denaro (cfr Mt 20,25; Mc 10,42), «Voi però non fate così» (Lc 22,26). Dio non fa così: il Maestro non ha troni, ma si cinge un asciugamano e s’inginocchia ai piedi di ciascuno. Il suo impero è quel poco di spazio che basta per lavare i piedi dei suoi amici e prendersi cura di loro.
È anche l’invito ad acquisire un punto di vista diverso per guardare il mondo dal basso, con gli occhi di chi soffre, non con l’ottica dei grandi; per guardare la storia con lo sguardo dei piccoli e non con la prospettiva dei potenti; per interpretare gli avvenimenti della storia con il punto di vista della vedova, dell’orfano, dello straniero, del bambino ferito, dell’esule, del fuggiasco. Con lo sguardo di chi fa naufragio, del povero Lazzaro, gettato alla porta del ricco epulone. Altrimenti non cambierà mai niente, e non sorgerà un tempo nuovo, un regno di giustizia e di pace.
Così fa anche la Vergine Maria nel cantico del Magnificat, quando posa lo sguardo sui punti di frattura dell’umanità, là dove avviene la distorsione del mondo, nel contrasto tra umili e potenti, tra poveri e ricchi, tra sazi e affamati. E sceglie i piccoli, sta dalla parte degli ultimi della storia, per insegnarci a immaginare, a sognare insieme a lei cieli nuovi e terra nuova.
Beati voi
 
Fate quello che vi dirà. E noi ci impegniamo affinché si faccia nostra carne e passione, storia e azione, la grande parola del Signore: “Beati voi, operatori di pace” (cfr Mt 5,9).
Beati voi: Dio regala gioia a chi produce amore nel mondo, gioia a quanti, alla vittoria sul nemico, preferiscono la pace con lui.
Coraggio, avanti, in cammino, voi che costruite le condizioni per un futuro di pace, nella giustizia e nel perdono; siate miti e determinati, non lasciatevi cadere le braccia. La pace è un cammino e Dio cammina con voi.
Il Signore crea e diffonde la pace attraverso i suoi amici pacificati nel cuore, che diventano a loro volta pacificatori, strumenti della sua pace.
Ci siamo raccolti stasera in preghiera attorno a Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, come i primi discepoli nel cenacolo. A lei, donna pacificata nel profondo, Regina della pace, ci rivolgiamo:
 
Prega con noi, Donna fedele, grembo sacro al Verbo.
Insegnaci ad ascoltare il grido dei poveri e di madre Terra,
attenti ai richiami dello Spirito nel segreto del cuore,
nella vita dei fratelli, negli avvenimenti della storia,
nel gemito e nel giubilo del creato.
Santa Maria, madre dei viventi,
donna forte, addolorata, fedele,
Vergine sposa presso la Croce
dove si consuma l’amore e sgorga la vita,
sii tu la guida del nostro impegno di servizio.
Insegnaci a sostare con te presso le infinite croci
dove il tuo Figlio è ancora crocifisso,
dove la vita è più minacciata;
a vivere e testimoniare l’amore cristiano
accogliendo in ogni uomo un fratello;
a rinunciare all’opaco egoismo
per seguire Cristo, vera luce dell’uomo.
Vergine della pace, porta di sicura speranza,
Accogli la preghiera dei tuoi figli!

GIUBILEO DELLA SPIRITUALITÀ MARIANA

SANTA MESSA  

OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV 

Piazza San Pietro
XXVIII domenica del Tempo Ordinario, 12 ottobre 2025

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Sorelle e fratelli carissimi,

l’apostolo Paolo si rivolge oggi a ciascuno di noi, come a Timoteo: «Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide» (2Tm 2,8). La spiritualità mariana, che nutre la nostra fede, ha Gesù come centro. Come la domenica, che apre ogni nuova settimana nell’orizzonte della sua Risurrezione dai morti. «Ricordati di Gesù Cristo»: questo solo conta, questo fa la differenza tra le spiritualità umane e la via di Dio. In «catene come un malfattore» (v. 9), Paolo ci raccomanda di non perdere il centro, di non svuotare il nome di Gesù della sua storia, della sua croce. Ciò che noi riteniamo eccessivo e crocifiggiamo, Dio lo risuscita perché «non può rinnegare sé stesso» (v. 13). Gesù è la fedeltà di Dio, la fedeltà di Dio a sé stesso. Bisogna dunque che la domenica ci renda cristiani, riempia cioè della memoria incandescente di Gesù il sentire e il pensare, modificando il nostro vivere insieme, il nostro abitare la terra. Ogni spiritualità cristiana si sviluppa da questo fuoco e contribuisce a renderlo più vivo.

La Lettura dal Secondo Libro dei Re (5,14-17) ci ha ricordato la guarigione di Naamàn, il Siro. Gesù stesso commentò questo brano nella sinagoga di Nazaret (cfr Lc 4,27) e l’effetto della sua interpretazione sulla gente del paese fu sconcertante. Dire che Dio aveva salvato quello straniero malato di lebbra piuttosto che quelli che c’erano in Israele scatenò una reazione generale: «Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù» (Lc 4,28-29). L’Evangelista non fa cenno alla presenza di Maria, che poteva trovarsi là e provare ciò le era stato annunciato dall’anziano Simeone, quando aveva portato il neonato Gesù al tempio: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,34-35).

Sì, carissimi, «la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» ( Eb 4,12). Così, Papa Francesco vide a sua volta nella vicenda di Naamàn il Siro una parola penetrante e attuale per la vita della Chiesa. Parlando alla Curia Romana, disse: «Quest’uomo è costretto a convivere con un dramma terribile: è lebbroso. La sua armatura, quella stessa che gli procura fama, in realtà copre un’umanità fragile, ferita, malata. Questa contraddizione spesso la ritroviamo nelle nostre vite: a volte i grandi doni sono l’armatura per coprire grandi fragilità. […] Se Naamàn avesse continuato solo ad accumulare medaglie da mettere sulla sua armatura, alla fine sarebbe stato divorato dalla lebbra: apparentemente vivo, sì, ma chiuso e isolato nella sua malattia». [1]

Da questo pericolo ci libera Gesù, Lui che non porta armature, ma nasce e muore nudo; Lui che offre il suo dono senza costringere i lebbrosi guariti a riconoscerlo: soltanto un samaritano, nel Vangelo, sembra rendersi conto di essere stato salvato (cfr Lc 17,11-19). Forse, meno titoli si possono vantare, più è chiaro che l’amore è gratuito. Dio è puro dono, sola grazia, ma quante voci e convinzioni possono separarci anche oggi da questa nuda e dirompente verità!

Fratelli e sorelle, la spiritualità mariana è a servizio del Vangelo: ne svela la semplicità. L’affetto per Maria di Nazaret ci rende con lei discepoli di Gesù, ci educa a tornare a Lui, a meditare e collegare i fatti della vita nei quali il Risorto ancora ci visita e ci chiama. La spiritualità mariana ci immerge nella storia su cui il cielo si è aperto, ci aiuta a vedere i superbi dispersi nei pensieri del loro cuore, i potenti rovesciati dai troni, i ricchi rimandati a mani vuote. Ci impegna a ricolmare di beni gli affamati, a innalzare gli umili, a ricordarci la misericordia di Dio e a confidare nella potenza del suo braccio (cfr Lc 1,51-54). Il suo Regno, infatti, viene coinvolgendoci, proprio come a Maria ha chiesto il “sì”, pronunciato una volta e poi rinnovato di giorno in giorno.

I lebbrosi che nel Vangelo non tornano a ringraziare, infatti, ci ricordano che la grazia di Dio può anche raggiungerci e non trovare risposta, può guarirci e non coinvolgerci. Guardiamoci, dunque, da quel salire al tempio che non ci mette alla sequela di Gesù. Esistono forme di culto che non ci legano agli altri e ci anestetizzano il cuore. Allora non viviamo veri incontri con coloro che Dio pone sul nostro cammino; non partecipiamo, come ha fatto Maria, al cambiamento del mondo e alla gioia del Magnificat. Guardiamoci da ogni strumentalizzazione della fede, che rischia di trasformare i diversi – spesso i poveri – in nemici, in “lebbrosi” da evitare e respingere.

Il cammino di Maria è dietro a Gesù, e quello di Gesù è verso ogni essere umano, specialmente verso chi è povero, ferito, peccatore. Per questo la spiritualità mariana autentica rende attuale nella Chiesa la tenerezza di Dio, la sua maternità. «Perché – come leggiamo nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium – ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto. In lei vediamo che l’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, i quali non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti. Guardando a lei scopriamo che colei che lodava Dio perché “ha rovesciato i potenti dai troni” e “ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1,52-53) è la stessa che assicura calore domestico alla nostra ricerca di giustizia» (n. 288).

Carissimi, in questo mondo assetato di giustizia e di pace, teniamo viva la spiritualità cristiana, la devozione popolare a quei fatti e a quei luoghi che, benedetti da Dio, hanno cambiato per sempre la faccia della terra. Facciamone un motore di rinnovamento e di trasformazione, come chiede il Giubileo, tempo di conversione e di restituzione, di ripensamento e di liberazione. Interceda per noi Maria Santissima, nostra speranza, e ancora e per sempre ci orienti a Gesù, il crocifisso Signore. In lui c’è salvezza per tutti.


[1]  Discorso ai membri del Collegio Cardinalizio e della Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi, 23 dicembre 2021.


Atto di affidamento del Papa alla Beata Vergine Maria

12 ottobre 2025

Vergine Santa, Madre di Cristo nostra Speranza, la tua premurosa presenza in questo Anno di Grazia ci accompagna e ci consola e ci dona nelle notti della storia la certezza che in Cristo il male è vinto e ogni uomo redento dal suo amore.

Discepola perfetta del Signore, hai custodito nel cuore tutte le cose di Dio, insegnaci ad ascoltare la Parola e a comprenderla interiormente per camminare sicuri nella via della santità.

Al tuo Cuore Immacolato affidiamo il mondo intero e tutta l’umanità, specialmente i tuoi figli tormentati dal flagello della guerra.

Avvocata di grazia, consigliaci la via della riconciliazione e del perdono, non mancare di intercedere per noi, nella gioia e nel dolore, e ottienici il dono della pace che tanto imploriamo.

Madre della Chiesa, accoglici benigna, perché sotto il tuo manto, possiamo trovare rifugio, ed essere soccorsi dal tuo materno aiuto nel travaglio della vita.

Con te, Vergine Immacolata, magnifichiamo il Signore, riconoscendo in ogni momento le grandi opere del suo amore.

Vergine Santa, Madre Assunta in Cielo, Regina della pace, Signora dal Cuore Immacolato, prega per noi!

ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

prima di concludere la celebrazione, desidero rivolgere il mio caloroso saluto a tutti voi, che vi siete radunati a pregare in questo grande “cenacolo” insieme con Maria, la Madre di Gesù. Voi rappresentate la multiforme realtà delle associazioni, dei movimenti, delle comunità animate dalla devozione mariana, che è propria di ogni cristiano. Vi ringrazio e vi esorto a fondare sempre la vostra spiritualità sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa.

Saluto tutti i gruppi di pellegrini, in particolare i laici agostiniani d’Italia e l’Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi.

Negli ultimi giorni, l’accordo sull’inizio del processo di pace ha regalato una scintilla di speranza in Terra Santa. Incoraggio le parti coinvolte a proseguire con coraggio il percorso tracciato, verso una pace giusta, duratura e rispettosa delle legittime aspirazioni del popolo israeliano e del popolo palestinese. Due anni di conflitto hanno lasciato ovunque morte e macerie, soprattutto nel cuore di chi ha perso brutalmente i figli, i genitori, gli amici, ogni cosa. Con tutta la Chiesa sono vicino al vostro immenso dolore. Oggi soprattutto a voi è rivolta la carezza del Signore, la certezza che, anche nel buio più nero, Egli resta sempre con noi: «Dilexi te – Ti ho amato». A Dio, unica Pace dell’umanità, chiediamo di guarire tutte le ferite e di aiutare con la sua grazia a compiere ciò che umanamente ora sembra impossibile: riscoprire che l’altro non è un nemico, ma un fratello a cui guardare, perdonare, offrire la speranza della riconciliazione.

Con dolore invece seguo le notizie dei nuovi, violenti attacchi che hanno colpito diverse città e infrastrutture civili in Ucraina, provocando la morte di persone innocenti, tra cui bambini, e lasciando moltissime famiglie senza elettricità e riscaldamento. Il mio cuore si unisce alla sofferenza della popolazione, che da anni vive nell’angoscia e nella privazione. Rinnovo l’appello a mettere fine alla violenza, a fermare la distruzione, ad aprirsi al dialogo e alla pace!

Sono vicino al caro popolo peruviano in questo momento di transizione politica. Prego affinché il Perù possa continuare nella via della riconciliazione, del dialogo e dell’unità nazionale.

Oggi in Italia si ricordano le vittime degli incidenti sul lavoro: preghiamo per loro e per la sicurezza di tutti i lavoratori.

Ed ora rivolgiamoci a Maria con fiducia filiale.



SI VEDA QUI:

Leone XIV: “Beati gli operatori di pace” (Mt 5,9) La Chiesa in Libano

e regala una Rosa D’Oro a Nostra Signora del Libano

 


BEATA VERGINE MARIA DI GUADALUPE – SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Basilica di San Pietro, venerdì 12 dicembre 2025 – Multimediale ]

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Cari fratelli e sorelle:

Nella lettura del Siracide ci viene presentata una descrizione poetica della Sapienza, un’immagine che trova la sua piena identità in Cristo, «sapienza di Dio» ( 1 Cor  1,24), il quale, quando venne la pienezza del tempo, si fece carne, nascendo da donna (cfr  Gal  4,4). Anche la tradizione cristiana ha letto questo brano in chiave mariana, perché evoca la donna preparata da Dio ad accogliere Cristo. Chi, infatti, se non Maria può dire: «In me è ogni grazia della via e della verità, ogni speranza di vita e di virtù» ( Sir  24,25)? Per questo la tradizione cristiana non esita a riconoscerla come «madre dell’amore» ( ibid.,  v. 24).

Nel Vangelo, ascoltiamo come Maria viva la dinamica di chi lascia che la Parola di Dio entri nella sua vita e la trasformi. Come un fuoco ardente che non si può contenere, la Parola ci spinge a condividere la gioia del dono ricevuto (cfr  Ger  20,9;  Lc  24,32). Esultando per l’annuncio dell’angelo, comprende che la gioia di Dio si compie nella carità, e per questo corre a casa di Elisabetta.

Davvero le parole della Piena di Grazia sono «più dolci del miele» ( Sir  24,27). Basta il suo saluto perché il bambino nel grembo di Elisabetta sussulti di gioia, e lei, piena di Spirito Santo, si chieda: «Chi sono io perché la madre del mio Signore venga a me?» ( Lc  1,43). Questa gioia culmina nel  Magnificat , dove Maria riconosce che la sua felicità viene dal Dio fedele, che ha rivolto il suo sguardo al suo popolo e lo ha benedetto (cfr  Sal  66,2) con un’eredità più dolce del miele nel favo (cfr  Sir  24,20): la presenza stessa del suo Figlio.

Durante tutta la sua vita, Maria porta questa gioia là dove la gioia umana è insufficiente, dove il vino è venuto meno (cfr  Gv  2,3). È ciò che accade a Guadalupe. Al Tepeyac, risveglia negli abitanti delle Americhe la gioia di sapersi amati da Dio. Nelle apparizioni del 1531, parlando a san Juan Diego nella sua lingua nativa,  dichiara di «desiderare ardentemente» che lì venga costruita una «sacra casetta», dalla quale glorificherà Dio e lo manifesterà (cfr  Nican Mopohua , 26-27). In mezzo a conflitti senza fine, ingiustizie e sofferenze che cercano sollievo, la Madonna di Guadalupe proclama il nucleo del suo messaggio: «Non sono forse qui io, che sono tua Madre?» ( ibid. , 119). È la voce che fa risuonare la promessa della fedeltà divina, la presenza che sostiene quando la vita diventa insopportabile.

La maternità che Lei annuncia ci fa scoprire come figli. Chi ascolta «Io sono tua madre» ricorda che, dalla croce, l’«Ecco tua madre» corrisponde all’«Ecco tuo figlio» (cfr  Gv  19,26-27). E come figli, ci rivolgeremo a Lei per chiederle: «Madre, che cosa dobbiamo fare per essere i figli che il tuo cuore desidera?». Lei, fedele alla sua missione, ci dirà con tenerezza: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» ( Gv  2,5). Sì, Madre, vogliamo essere veri figli tuoi: indicaci come crescere nella fede quando le forze vengono meno e le ombre si moltiplicano. Aiutaci a comprendere che con Te anche l’inverno diventa tempo di rose.

E come tuo figlio, ti chiedo: Madre, insegna alle nazioni che desiderano essere tuoi figli a non dividere il mondo in fazioni inconciliabili, a non permettere all’odio di segnare la loro storia, né alle menzogne ​​di scrivere la loro memoria. Mostra loro che l’autorità deve essere esercitata come servizio, non come dominio. Istruisci i loro leader nel loro dovere di salvaguardare la dignità di ogni persona in ogni fase della vita. Fai di queste nazioni, tuoi figli, luoghi dove ogni persona possa sentirsi benvenuta.

Madre, accompagna i giovani, affinché ricevano da Cristo la forza di scegliere il bene e il coraggio di rimanere saldi nella fede, anche quando il mondo cerca di trascinarli in un’altra direzione. Mostra loro che tuo Figlio cammina al loro fianco. Non permettere che nulla turbi i loro cuori, affinché possano abbracciare senza paura i piani di Dio. Proteggili dalle minacce della criminalità, della dipendenza e dai pericoli di una vita senza senso.

Cerca, Madre, coloro che si sono allontanati dalla santa Chiesa: lascia che il tuo sguardo li raggiunga dove il nostro non può, abbatti i muri che ci separano e riportali a casa con la potenza del tuo amore. Madre, ti prego di piegare i cuori di coloro che seminano discordia verso il desiderio del tuo Figlio che «tutti siano una sola cosa» ( Gv  17,21) e di restituirli alla carità che rende possibile la comunione, perché nella Chiesa, Madre, i tuoi figli non possono essere divisi.

Rafforza le famiglie: i genitori, seguendo il tuo esempio, crescano i figli con tenerezza e fermezza, affinché ogni casa sia scuola di fede. Ispira, Madre, coloro che formano le menti e i cuori perché trasmettano la verità con la dolcezza, la precisione e la chiarezza che scaturiscono dal Vangelo. Incoraggia coloro che tuo Figlio ha chiamato a seguirlo più da vicino: sostieni il clero e la vita consacrata nella fedeltà quotidiana e rinnova il loro primo amore. Custodisci la loro vita interiore nella preghiera, proteggili nella tentazione, incoraggiali nella stanchezza e soccorri gli afflitti.

Vergine Santa, fa’ che anche noi, come te, custodiamo il Vangelo nel cuore (cfr  Lc  2,51). Aiutaci a comprendere che, pur essendone destinatari, non ne siamo i proprietari, ma, come san Juan Diego, ne siamo semplici servitori. Vivi convinti che dove giunge la Buona Notizia, tutto diventa bello, tutto si restaura, tutto si rinnova. «Chi ti segue non peccherà» (cfr  Sir  24,22); aiutaci a non macchiare con il nostro peccato e la nostra miseria la santità della Chiesa, che, come te, è madre.

Madre «del vero Dio, per il quale viviamo», vieni in aiuto del Successore di Pietro, perché confermi quanti gli sono affidati nell’unica via che conduce al Frutto benedetto del tuo grembo. Ricorda a questo tuo figlio, «al quale Cristo ha affidato  le chiavi del Regno dei cieli  per il bene di tutti», che queste chiavi servano « a legare e a sciogliere  e a redimere ogni umana miseria» ( S. Giovanni Paolo II ,  Omelia a Siracusa , 6 novembre 1994). E fa’ che, confidando nella tua protezione, possiamo avanzare sempre più uniti, con Gesù e tra di noi, verso la dimora eterna che Egli ha preparato per noi e dove Tu ci attendi. Amen.

 

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