Trascrizione della conferenza di P. Dermine OP del 27 agosto 2015 all’annuale Meeting di Rimini.
Tutti i cristiani sono chiamati a intraprendere il combattimento spirituale, non solo contro le proprie tendenze peccaminose, ma soprattutto contro il demonio. La fede cristiana non è primariamente una morale, ma un affidarsi a Cristo per la liberazione dall’avversario. La preghiera è fondamentale, intesa come ricerca di Dio stesso, del digiuno come atto d’amore e distacco, della capacità di rialzarsi dopo le cadute, e dell’importanza della comunità cristiana per il sostegno reciproco. Infine, si evidenzia il ruolo cruciale della Beata Vergine Maria e del sacramento della riconciliazione come strumenti fondamentali in questa lotta spirituale.
Cari amici, ho parlato del combattimento spirituale, quella che san Paolo chiama la buona battaglia della nostra fede. È il combattimento quotidiano che siamo chiamati ad affrontare con la grazia di Cristo. Lo scopo è lasciare trionfare il Signore nella nostra vita e in quella di tanti altri. Questo combattimento costituisce il vero rimedio contro tutto ciò che congiura contro il bene spirituale della nostra anima. Come avete sentito, il termine combattimento spirituale è biblico.
Alcuni dicono che la religione sia solo una consolazione, una forma di rilassamento. In realtà, se vogliamo essere cristiani sul serio, dobbiamo prepararci ad entrare in un combattimento. Questo combattimento riflette la condizione drammatica dell’umanità. Ci sono molti riferimenti biblici a questo combattimento, usando parole come “guerra” e termini affini.
C’è un combattimento a più livelli. Prima di tutto, dobbiamo combattere contro le nostre tendenze peccaminose. Queste hanno effetti devastanti nella nostra vita. Guardate, la maggior parte dei nostri problemi, anche a livello sociale e politico, sono dovuti ai nostri peccati. I problemi non sono dovuti essenzialmente alla mancata applicazione delle leggi, ma al fatto che, in ultima analisi, siamo peccatori. Come dice Giacomo, da dove vengono le guerre e le liti in mezzo a noi? Non vengono forse dalle nostre passioni che fanno guerra nelle nostre membra?. Le guerre e le divisioni nascono dal cuore dell’uomo. Se non combattiamo le nostre tendenze peccaminose, rimaniamo schiavi. San Paolo dice in Romani: “nelle mie membra vedo un’altra legge che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra”.
Questo è il primo aspetto del combattimento, contro il peccato, però non è l’aspetto unico e forse principale al centro del nostro combattimento spirituale. Se il discorso si applicasse solo o principalmente alla lotta contro le nostre brutte tendenze, la nostra fede sarebbe una specie di morale. Certo, cerca di promuovere l’equilibrio e la crescita delle persone, ma la nostra fede non è principalmente questo. Non riusciamo a scrollarci di dosso il peccato solo perché non ce la mettiamo tutta. Guardate, non basta volere per potere. Se bastasse, non avremmo bisogno di un salvatore. Noi facciamo propositi, giustamente, ma io, e forse anche voi, non riesco ad essere fedele alla maggior parte dei miei propositi. Questo perché c’è qualcosa di ferito in noi, le conseguenze del peccato originale, che ha bisogno di essere curato. Dio deve intervenire; se non interviene per medicare le mie ferite, io non posso superare i miei peccati. Se non capiamo questo, non siamo nel mistero della salvezza.
Però, c’è un altro motivo per cui da soli non ci riusciamo, e sul quale non insistiamo abbastanza. Questo motivo ha un nome personale: si chiama il demonio. Anch’esso è al centro del nostro combattimento spirituale. Noi non lottiamo solo o principalmente contro brutte tendenze o comportamenti sbagliati. Siamo chiamati a lottare contro il demonio.
Per farvelo capire, vorrei leggere un testo che senz’altro conoscete, dalla lettera agli Efesini di san Paolo apostolo, capitolo 6. San Paolo dice: “Rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza“. Lui può, noi no. Dobbiamo indossare l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La frase importante è: “La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue“. “Carne e sangue” vuol dire anche la nostra umanità ferita. La nostra battaglia non è solo contro questo, ma “contro i principati e le potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti“. Il discorso prosegue su questa falsariga.
Quindi, noi non combattiamo solo contro la carne e il sangue, contro ciò che è legato alla nostra umanità. Combattiamo contro qualcuno che mira a dominarci. Da questo qualcuno possiamo essere liberati. Abbiamo bisogno di essere liberati perché siamo prigionieri. Questo è il motivo essenziale per cui diciamo che dobbiamo essere salvati. Questo discorso è diffuso nella Bibbia. Per esempio, Sapienza 2,24 dice che per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo. Il diavolo è colui che semina la zizzania (Matteo 13,39). In Luca 8,12, il diavolo porta via la parola dal cuore di coloro che l’hanno ascoltata. Giovanni 13,2 dice che il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda di tradire. Atti 10,38 dice che Gesù passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, ed eravamo noi prima di ricevere la grazia di Dio. Efesini 4,27 dice di non dare occasione al diavolo. Vedete, la stessa parola di Dio attribuisce al demonio un ruolo importante nella nostra disgrazia, una disgrazia tale che il Verbo di Dio si è dovuto incarnare e venirci a salvare. Senza l’intervento di Dio, non possiamo vincere il demonio.
Questo non è un discorso pessimistico. La nostra fede cristiana comporta proprio questo. La Gaudium et Spes, un documento ottimistico del Concilio Vaticano II, lo ribadisce dicendo che tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre, lotta cominciata fin dall’origine e destinata a durare fino all’ultimo giorno. Quindi, noi siamo nel bel mezzo di una lotta che il demonio conduce nei nostri confronti. Questa lotta la svolge soprattutto contro noi credenti. L’Apocalisse è chiara. Il drago si infuriò e andò a fare guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e hanno la testimonianza di Gesù. E guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è disceso su di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo.
È un affare serio. Noi abbiamo a che fare con un avversario che supera nettamente le nostre forze. Un avversario molto più intelligente di noi perché è puro spirito. È capace di ingannarci, di sedurci, soprattutto attraverso la tentazione. Questo è un tema diffusissimo sin dall’inizio della Parola di Dio. Il peccato originale è avvenuto in seguito a una tentazione, a una seduzione, perché la tentazione è una seduzione. A volte il demonio è presentato come una bestia violenta, altre volte come un seduttore. Forse la seduzione è peggiore dell’aspetto violento. San Pietro ci esorta: “Siate sobri, vigilate. Il vostro nemico il diavolo, come leone ruggente, va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede”. Resistete al demonio, al seduttore.
Nella Bibbia risulta chiaramente questa componente della lotta contro lo spirito del male. Se non corriamo questo aspetto, non corriamo nemmeno il senso della missione di Gesù. Gesù è venuto, dice la prima lettera di Giovanni, per distruggere le opere del demonio. Se uno non capisce che la nostra lotta non è solo o principalmente contro le nostre brutte tendenze ma contro qualcuno, passiamo completamente accanto all’essenziale del messaggio cristiano. Tutt’al più, il messaggio cristiano diventa un messaggio per persone perbene: siate buoni, siate generosi… una morale insomma. Io credo nella morale; la mia materia di insegnamento è la teologia morale. Certo, per essere fedeli a Dio, dobbiamo cercare di fare la sua volontà, non assecondando comportamenti immorali. Ce la dobbiamo mettere tutta. Però, la vita cristiana non consiste essenzialmente o principalmente in una vita morale, ma in qualcos’altro. Consiste nell’affidarsi a Gesù Cristo perché lui ci liberi dall’avversario.
Se ci fate caso, nella Parola di Dio ci viene spiegato che i nostri stessi peccati non sono dovuti semplicemente alle nostre tendenze sbagliate. Non si parla solo di invidia, si parla di spirito di invidia. Non si parla solo di inganno, si parla di spirito di inganno. Ricordate l’episodio dei 400 profeti di Baal. Dio dice che sono stati mossi dallo spirito della menzogna. Quindi, non è solo che si sono messi d’accordo, ma loro stessi sono stati ingannati da uno spirito. Vi rendete conto che l’aspetto morale e l’aspetto della tentazione e dell’azione diabolica è sempre presente. Voler affrontare la Parola di Dio senza tener conto di questa realtà non ci consente di entrare nel vivo del messaggio cristiano. Ma soprattutto, ci fa rimanere nei nostri peccati. Se non siamo consapevoli che il demonio ci tenta e ci perseguita, e che non ce la possiamo cavare senza affidarci a Dio, affidandoci solo alle nostre buone intenzioni, non ne usciamo fuori.
La parola greca “diabolus”, da cui deriva “diavolo”, indica mettersi di traverso, ostacolare, dividere. Quando vado nelle scuole, i giovani sono interessati al demonio; anche la maggior parte delle persone. Devo servirmi del demonio per parlare di Gesù Cristo. Vogliono sentire parlare di esorcismo, possessione, ecc.. Io mi sforzo di dire loro che l’azione principale e più pericolosa del demonio non è l’ossessione, la vessazione o la possessione diabolica. L’azione più pericolosa per la nostra salvezza è la tentazione. La tentazione mira a dividerci: da Dio prima di tutto, tra di noi, e dentro di noi. Quante volte la mia intelligenza va da una parte e la mia sensibilità dall’altra?. Questa divisione in noi è frutto in parte delle conseguenze del peccato originale, ma il demonio la esaspera, agisce sulle nostre ferite. Abbiamo davvero bisogno di un intervento di Dio.
Allora, in conclusione, cosa fare? Prima di tutto, dobbiamo avere un approccio alla Parola di Dio che è quello dei santi. I santi hanno cercato prima di tutto Dio, non principalmente i favori o i benefici, ma Lui. Hanno cercato di convertirsi e hanno pregato molto perché il Signore li risanasse e li liberasse dall’azione soprattutto ordinaria del demonio. Questi sono gli interpreti autentici del Vangelo. Per inciso, se qualcuno non crede nell’esistenza del demonio e della sua azione, deve cancellare il 95% dei santi canonizzati, perché quasi tutti hanno detto di avere avuto a che fare con la sua azione. Se il demonio non esiste, i santi sarebbero persone psicopatiche o suggestionabili; non sarebbero attendibili. Non ha senso.
Quindi, la prima cosa è prendere coscienza di questa componente nella nostra vita cristiana. Anche se non è la principale. La principale è Dio. Noi non siamo chiamati a pensare sempre al demonio. Come diceva Teresa d’Avila, se certe persone invece di dire “demonio, demonio” dicessero “Dio, Dio”, sarebbero molto più tranquille e vicine al Signore. Non dobbiamo mettere il demonio al centro della nostra attenzione, però dobbiamo prendere atto della sua esistenza e della sua azione. Questo è il primo passo per porre rimedio alla nostra condizione umana drammatica.
Le altre condizioni che ne scaturiscono sono la preghiera, i sacramenti e la carità fraterna. La carità fraterna smantella l’azione del demonio. Dove il demonio distrugge, noi, con la grazia di Dio e attraverso la carità fraterna, siamo chiamati a ricostruire. Questo implica che non ci dobbiamo abbandonare alla critica sistematica, alla maldicenza, ad accusare sempre gli altri senza metterci in discussione. Questo è assolutamente mortifero per la vita cristiana.
Ci sarebbero tante altre cose da fare per convertirci, per combattere la buona battaglia, ma le risparmio per stanchezza e preferisco lasciare spazio alle domande.
Qualcuno mi ha chiesto quanto bisogna pregare perché Dio ci liberi dal maligno. Gesù dice: “Pregate sempre per non entrare in tentazione“. Pregare sempre non significa stare tutto il giorno a pregare senza far altro. Significa dedicare del tempo a Dio ogni giorno, cercare di pensare a Lui nell’arco della giornata, ed evitare le tentazioni più esplicite, non metterci inutilmente nei guai. Però, la nostra preghiera non deve prima di tutto mirare alla liberazione dal demonio. Deve essere considerata come un tempo e un’attenzione che dedichiamo a Dio per pensare a Dio, per metterlo al centro della nostra attenzione.
San Tommaso d’Aquino diceva che la maggior parte dei cristiani si ferma alla speranza, non entra nella carità. Con la speranza, io mi aspetto grazie e benefici da Dio; quindi, penso a me, ai miei bisogni. La carità, contrariamente a quello che si pensa, non consiste prima di tutto nella generosità. San Paolo, nella prima Corinzi capitolo tredicesimo, dice che anche se dai tutte le tue sostanze o ti fai bruciare per gli altri, ma non hai la carità, non sei nulla. Questo vuol dire, come minimo, che la carità non è uguale alla generosità. San Tommaso dice che la carità consiste in un rapporto di amicizia che lega noi a Dio. Nell’amicizia, gli amici si cercano l’un l’altro. Se sono amico di una persona, è perché questa persona mi piace e voglio entrare in rapporto personale con lui. Non lo facciamo spesso, ma dovremmo dedicare una parte della nostra preghiera a rendersi consapevoli della presenza di Dio. Non vuol dire sentirLo, ma con un atto di fede rendersi consapevoli che Dio è presente e si sta al Suo cospetto. Pensare a Lui, ringraziarLo, e poi presentare le nostre intenzioni e bisogni. Pensare a Lui prima di tutto è la prima condizione per essere liberati dall’azione del demonio. Santa Caterina da Siena diceva di ricercare Dio per se stesso e in se stesso. Ovviamente, poi possiamo pregare per le nostre intenzioni.
La vita cristiana è un combattimento, anche contro la tentazione di metterci al centro di tutto. Anche quando ci rivolgiamo a Dio, a volte ricerchiamo noi stessi, il nostro vantaggio. Invece, bisogna cambiare orbita, anziché gravitare attorno a noi stessi, gravitare attorno a Lui. E qui ci vuole l’azione della grazia.
Mi è stata chiesta l’importanza del digiuno nel combattimento spirituale. Inteso non solo come privazione di cibo, ma a 360 gradi, come offerta a Dio. Affrontare con amore le situazioni difficili della vita è determinante. Quando san Paolo dice che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, dice proprio questo. Anche il peccato di cui ci siamo pentiti, perché ci fa prendere coscienza della nostra fragilità e ci porta ad affidarci ancora di più a Dio. Il digiuno inteso nel senso che ha detto la persona che ha posto la domanda è il digiuno fecondato e informato dalla carità, dall’atteggiamento di chi mette Dio al centro.
Il digiuno inteso nel senso proprio della parola, come privazione di qualcosa, è utile anche questo. Siamo chiamati per amore a privarci di determinate cose e offrirle al Signore. Questo contribuisce a renderci liberi, ad aiutarci a non rimanere dipendenti dagli stimoli esterni. Acquistiamo una nostra autonomia. Il digiuno ha una valenza spirituale notevole, e i santi hanno sempre insistito su questo.
Mi è stato chiesto del rialzarsi come elemento fondamentale del combattimento. Essere buoni incassatori, diciamo. Certamente è un aspetto fondamentale. Il demonio cerca di esasperarci e portarci alla disperazione, a non rialzarci dicendo che è inutile o che Dio non vuole aiutare. Rialzarsi è fondamentale, però bisogna anche capire che se Dio permette che cadiamo, c’è un motivo. Siamo tentati di focalizzarci sui peccati più eclatanti, come la debolezza della carne. Nonostante il desiderio di uscirne, non ci riusciamo. Perché Dio permette che non riusciamo a superare certi peccati nonostante l’impegno?. Perché, secondo me, Lui ha di mira peccati molto meno eclatanti, più spirituali, ma molto più pericolosi per la nostra salvezza, legati essenzialmente all’orgoglio. L’orgoglio consiste nel sentirsi autosufficienti rispetto a Dio, superiori agli altri, o incapaci di fare determinate cose. In ultima analisi, Dio ha di mira l’unico peccato che merita pienamente questo nome: l’orgoglio. Salmo 118 dice “liberami signore dal grande peccato”, che si riferisce all’orgoglio. Se una persona con i suoi sforzi riesce a dominare la sua sensibilità, rischia di insuperbirsi. Allora, molte volte Dio permette che per anni lottiamo contro peccati più eclatanti perché ci fanno toccare con mano la nostra debolezza.
San Paolo, per non montare in superbia, ebbe una spina nella carne. Chiese di esserne liberato, ma il Signore rispose che la Sua grazia si manifesta pienamente nella debolezza. Questo non è un incitamento al peccato. È possibile che san Paolo, dopo le visioni, si sia trovato a combattere tentazioni molto concrete, anche sessuali, per essere umiliato. Se non cerchiamo di rialzarci, in ultima analisi ha vinto in noi l’orgoglio. Non accettiamo di toccare con mano la nostra debolezza e pensiamo sia inutile rialzarsi perché si cadrà ancora.
Ho l’impressione che in questi decenni ci sia stato un certo disarmo nella Chiesa e nella predicazione. Non si parla quasi più di combattimento spirituale. L’inferno viene spesso dipinto come vuoto, e il demonio, se anche c’è, è caricato a salve. Sostanzialmente, do ragione a chi nota questo. Questo aspetto è stato troppo trascurato.
Riguardo a come pregare, ho già detto qualcosa. Personalmente, cerco di dedicare un po’ del mio tempo al Signore ogni giorno. Le distrazioni vengono, ma bisogna sforzarsi di tornare a Dio. Nella nostra preghiera dobbiamo pensare a Lui. Poi ci sono le devozioni, come il rosario. Io non lo recito mai da fermo, ma mentre cammino o in macchina; altrimenti sento che non ci riesco. Preferisco fare una preghiera di adorazione quando mi fermo. Bisogna nutrire la nostra preghiera con la Parola di Dio e meditarla. Mi aiuta molto leggere i testi dei santi, le loro autobiografie. È lì che si vedono le meraviglie che Dio compie. Tutto ciò richiede un investimento. Abbiamo mille impegni, forse siamo chiamati a essenzializzare la nostra vita e mettere Dio al centro della giornata, possibilmente la preghiera e la Messa quotidiana. La Messa è una grazia potentissima e il mezzo ordinario escogitato da Gesù Cristo per avvicinarci a Lui e aumentare la comunione con Lui.
Mi è stato chiesto del ruolo della Beata Vergine Maria e dell’affidamento a lei. Riguardo all’adorazione eucaristica, certe persone dicono che non c’è bisogno di pregare davanti all’Eucaristia perché Dio è dappertutto. È vero, se non fosse qui a sostenerci nell’essere, cadremo nel nulla. Però, la presenza di Dio nell’Eucaristia mi ricollega all’umanità di Cristo. Nell’Eucaristia non c’è solo Dio, ma il prolungamento del Dio incarnato, Gesù Cristo. Pregare davanti all’Eucaristia lo reputo un dono grande. Noi siamo fatti non solo di spirito ma di corporeità. Abbiamo bisogno di vedere o toccare qualcosa di sensibile come l’Eucaristia. Se abbiamo fede, ci fanno pensare alla presenza del Verbo di Dio incarnato.
Fondamentale in questo è il ruolo di Maria. Tutti i santi hanno sentito il bisogno di affidarsi in qualche modo a Maria, di pregarla. Per esempio, Teresa di Gesù Bambino faceva fatica a recitare il rosario, ma aveva grande devozione per Maria. Maria è la Madre di Dio, vicinissima a Suo Figlio, e quindi ha un potere su Suo Figlio. Ma è vicinissima a Dio perché più di tutti si è avvicinata a Lui spiritualmente, seguendo fino in fondo la Sua Parola. Affidarci alla Madonna senz’altro moltiplica la potenza della nostra preghiera. Farla passare attraverso Maria implica che la nostra preghiera viene potenziata. Questo è fuori dubbio. Dobbiamo riflettere molto su Maria.
Maria è grande perché immacolata e Madre di Dio, va bene. Però, a mio avviso, è grande soprattutto perché, pur vivendo nel nostro mondo dominato dall’egoismo e dalla cattiveria, è rimasta lontana dal peccato. Adamo ed Eva, pur non avendo il peccato originale e vivendo in massima armonia, hanno peccato. Maria Santissima, pur vivendo nel nostro mondo segnato dal peccato, non ha peccato. Questo è straordinario. Ed è per questo che Maria è associata alla gloria del Figlio. Affidare il nostro cammino a lei è il miglior modo per crescere. Anche perché più di lei nessuno ha avuto la percezione della propria debolezza e fragilità. Quando nel Magnificat Maria dice “Ha guardato l’umiltà della sua serva”, umiltà vuol dire piccolezza. Si sente piccola piccola, pur essendo senza peccato. Il senso della propria piccolezza davanti a Dio. Per questo, lei sa insegnarci moltissimo. Dobbiamo meditare su di lei e chiedere aiuto, anche perché la figura materna rappresenta sempre un punto di riferimento.
Mi è stato chiesto del sacramento della riconciliazione, la confessione. Forse oggi è un po’ desueto. Diciamo che è la porta stretta nella lotta contro il nostro orgoglio. La maggior parte dei cristiani si comunica, ma molti meno si confessano. Questo ci deve far riflettere. Attraverso la confessione, prendiamo ulteriormente coscienza della nostra fragilità. Se siamo sinceri, facciamo l’esperienza del perdono. Io, perlomeno, quando esco dal confessionale, esco sollevato. Non solo per aver tolto un impegno, ma perché mi sono sentito dire “sei perdonato“. Non è una cosa da poco. Si fa l’esperienza del perdono di Dio e ci si avvicina sempre più al nocciolo della nostra debolezza, senza però nutrire complessi di inferiorità. Penso che nei complessi di inferiorità ci sia molto orgoglio, perché continuiamo a gravitare attorno a noi stessi. Non si tratta semplicemente di prendere atto di quello che siamo.
Infine, nella nostra vita sperimentiamo difficoltà, tensioni, fatiche. Mi è stata chiesta una nota sulla preziosità dell’abbracciare la nostra croce. Non solo sopportarla o accettarla, ma offrirla per la salvezza delle anime, per concorrere all’opera della redenzione con la nostra povertà. Sì, senz’altro. Affrontare la croce non è solo una lotta personale. Facciamo parte di un corpo mistico, quindi ha delle ripercussioni su noi stessi e su tutti. Dobbiamo credere che qualsiasi atto di carità, di amore nell’affrontare queste situazioni, ha un effetto che va oltre la nostra piccola persona. Ha un effetto che coinvolge anche gli altri. Io, se sono quello che sono nel bene, sono convinto che sia anche grazie al sacrificio e alla preghiera, anche attuale, di tante persone che offrono. Questa è la mia convinzione.
