C’è un piccolo, piccolissimo, gregge di vescovi rimasto fedele al Vangelo ed è quello che, pur perseguitato dal mondo e dalla Sante Sede, ha già vinto la buona battaglia.
AGGIORNAMENTO: Ci sbagliavamo: il gregge non è affatto piccolo.
San Gregorio Magno, nel suo grandioso apostolato, non si dimenticò di affermare: “Che lo zolfo evochi i fetori della carne, lo conferma la storia stessa della Sacra Scrittura, quando parla della pioggia di fuoco e zolfo versata su Sodomia dal Signore. Egli aveva deciso di punire in essa i crimini della carne, e il tipo stesso del suo castigo metteva in risalto l’onta di quel crimine. Perché lo zolfo emana fetore, il fuoco arde. Era quindi giusto che i sodomiti, ardendo di desideri perversi originati dal fetore della carne, perissero ad un tempo per mezzo del fuoco e dello zolfo, affinchè dal giusto castigo si rendessero conto del male compiuto sotto la spinta di un desiderio perverso” (San Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, XIV, 23, vol. II, pag. 371)
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«Dobbiamo dire di no», afferma in un video messaggio il vescovo emerito di Tyler, Texas, mons. Joseph Strickland, recentemente defenestrato da papa Francesco per non aver seguito il suo programma ma il Vangelo di Nostro Signore. «Non incorporeremo questo nella vita della Chiesa perché dobbiamo semplicemente dire “no”. E deve essere una voce unita», aggiunge rivolgendosi anche ai confratelli vescovi. «È improbabile che ciò accada ora, ma abbiamo bisogno di una voce unita, qualcosa di simile a un concilio, per affrontare la confusione e le questioni che sorgono continuamente per conoscere la verità di Gesù Cristo che è immutabile».
Un altro vescovo americano, mons. Robert McManus, titolare di Worcester, in un comunicato ufficiale ha voluto precisare che «queste benedizioni sono offerte per le persone stesse, non per la loro unione».
Anche il vescovo della diocesi spagnola di Orihuela-Alicante, mons. Jose Ignacio Munilla, ha spiegato che mentre si possono benedire le singole persone, ciò non può essere fatto per quelle coppie che tali non sono perché non vivono la sessualità secondo la volontà di Dio: «Il Vangelo ci invita a benedire tutti coloro che si aprono al dono di Dio — ha scritto su X –, anche coloro che vivono situazioni emotive irregolari; mentre non ci concede alcun potere di benedire le loro unioni contrarie al disegno di Dio».
Il vescovo diocesano di Astana, in Kazakistan, mons. Tomash Peta, e il suo ausiliare, mons. Athanasius Schneider, in un comunicato ufficiale del 19 dicembre, hanno dichiarato che «come successori degli Apostoli, e fedeli al solenne giuramento fatto in occasione della nostra consacrazione episcopale “di conservare il deposito della fede nella purezza e nell’integrità, secondo la tradizione sempre e dovunque osservata nella Chiesa fin dai tempi degli Apostoli”, esortiamo e vietiamo ai sacerdoti e ai fedeli dell’Arcidiocesi di Santa Maria in Astana di accettare o compiere qualsiasi forma di benedizione delle coppie in situazione irregolare e delle coppie dello stesso sesso».
La conferenza episcopale del Malawi, in Africa, ha comunicato ufficialmente che «al fine di evitare confusione tra i fedeli — scrivono gli otto vescovi — , ordiniamo che, per ragioni pastorali, le benedizioni per le unioni omosessuali non sono permesse in Malawi».
AGGIORNAMENTO 21/12/2023
La conferenza episcopale dello Zambia, in Africa, ha dato istruzioni ai sacerdoti di non attuare il recente documento del Vaticano sulla “benedizione” delle coppie dello stesso sesso. In una dichiarazione rilasciata mercoledì 20 dicembre, i vescovi hanno osservato che il nuovo documento di Roma, Fiducia supplicans, “ha sollevato diverse domande, confusioni e ansie tra i fedeli e le persone di buona volontà, dal momento che ora è diventato un problema di permettere la benedizione dei matrimoni omosessuali”. Hanno poi precisato che “sulla base delle Sacre Scritture che presentano gli atti omosessuali come atti di grave depravazione”, “la Conferenza riafferma l’insegnamento tradizionale della Chiesa che dichiara “gli atti omosessuali come intrinsecamente disordinati e contrari alla legge naturale”. Pertanto, ‘in nessuna circostanza possono essere approvati’”. Perciò “per evitare qualsiasi confusione e ambiguità pastorale e per non infrangere la legge del nostro Paese che proibisce le unioni e le attività tra persone dello stesso sesso, e ascoltando la nostra eredità culturale che non accetta le relazioni tra persone dello stesso sesso, la Conferenza stabilisce che la Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede del 18 dicembre 2023 riguardante la benedizione delle coppie dello stesso sesso sia presa come ulteriore riflessione e non per l’attuazione in Zambia”. I vescovi hanno concluso chiamando coloro che vivono nella sodomia “a intraprendere il cammino di conversione con maggiore fiducia nella misericordia e nell’amore di Dio”.
Un’altra conferenza episcopale africana, quella della Nigeria, ha comunicato che non saranno benedette coppie dello stesso sesso, assicurando “all’intero popolo di Dio che l’insegnamento della Chiesa cattolica sul matrimonio rimane lo stesso. Non esiste quindi nella Chiesa alcuna possibilità di benedire le unioni e le attività tra persone dello stesso sesso. Ciò andrebbe contro la legge di Dio, gli insegnamenti della Chiesa, le leggi della nostra nazione e la sensibilità culturale del nostro popolo”.
La prima conferenza episcopale europea a dichiarare ufficialmente il “no” a queste nuove forme di benedizioni irregolari, è stata quella dell’Ucraina. «Vediamo il pericolo di formulazioni ambigue che provocano interpretazioni divergenti tra i fedeli», hanno scritto i vescovi. «Ciò che ci è sfuggito nel documento è che il Vangelo chiama i peccatori alla conversione, e senza una chiamata a lasciare la vita peccaminosa delle coppie omosessuali, la benedizione può sembrare un’approvazione». Pertanto non può esserci benedizione per chi vive in uno stato di peccato senza pentimento e conversione.
Mentre mons. Marian Eleganti OSB, vescovo ausiliario emerito della diocesi di Chur, Svizzera, ha scritto che «il cosiddetto magistero di Francesco, che si presenta come qualcosa di nuovo e senza precedenti rispetto alla tradizione, è un neologismo concettuale senza senso del cardinale Fernandez, perché i papi, come i vescovi, sono custodi dell’insegnamento della Chiesa e della sua Tradizione ininterrotta». L’omosessualità è «una pratica e un’unione peccaminosa non può essere benedetta perché contraddice l’ordine della creazione e la volontà di Dio, e in tal caso la benedizione non può né essere data né ricevuta fruttuosamente. […] Si tratta di teologia, non di psicologia. La Chiesa non può contraddirsi attraverso i secoli ma cresce nella sua comprensione della rivelazione. La valutazione negativa dell’omosessualità appartiene a quest’ultimo”». Questo è ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. «Le verità sono eterne e non cambiano con lo spirito del tempo — ha spiegato mons. Eleganti –. In altre parole, papi e vescovi non apportano nulla di proprio, ma interpretano la fede costante della Chiesa secondo la tradizione senza rompere con essa».
AGGIORNAMENTO 22-12-2023
Il card. Gerhard Muller, prefetto emerito del Dicastero della Dottrina della Fede, ha demolito la Fiducia Supplens con un magistrale testo pubblicato da La Nuova BQ, in cui scrive: «[…] il cardinale Fernández ha dichiarato a Infovaticana che non è l’unione a essere benedetta, bensì la coppia, ma questo significa giocare con i concetti, poiché la coppia è definita proprio dalla sua unione. La difficoltà di benedire l’unione è particolarmente evidente nel caso dell’omosessualità. Perché la benedizione, nella Bibbia, ha a che fare con l’ordine creato da Dio, che Egli vide che era cosa buona. Quest’ordine poggia sulla differenza sessuale tra maschio e femmina, chiamati a essere una sola carne. La benedizione di una realtà che si oppone alla creazione non solo non è possibile, ma è blasfema».
Il cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier ha rilevato: «Al dibattito su “Fiducia Supplicans” manca una parola essenziale. Eppure quella parola fu la prima sulle labbra di Gesù quando pronunciò il suo primissimo insegnamento: “Convertitevi e credete al Vangelo!”».
Mons. Robert Mutsaerts, vescovo ausiliare della diocesi di ‘s-Hertogenbosch nei Paesi Bassi, ha denunciato la «diabolica ambiguità» contenuta nella Fiducia Supplens. Facendo notare che «è un ritornello ripetitivo in questo pontificato: la mancanza di chiarezza, la semina di confusione. Il Papa che dice di non cambiare la dottrina della Chiesa, ma allo stesso tempo crea opportunità per la pratica contraria. Non si può mantenere la dottrina e prevedere altri criteri».
Ma è l’Africa il continente che si sta dimostrando il baluardo della difesa del Vangelo, nonostante le minacciose e vergognose intimazioni dei vescovi tedeschi. Il cardinale Frindolin Ambongo, presidente del Simposio della Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar, ha reso pubblica una sua lettera a tutti i presidente della conferenze episcopali in cui scrive che «l’ambiguità di questa dichiarazione – che si presta a molte interpretazioni e manipolazioni – sta causando molte perplessità tra i fedeli e credo che… dobbiamo parlare chiaramente su questo tema per dare una guida chiara ai nostri cristiani».
AGGIORNAMENTO DEL 23/12/2023
I vescovi della conferenza episcopale del Camerun hanno comunicato: «Proibiamo formalmente ogni benedizione di “coppie omosessuali” nella Chiesa del Camerun». Spiegando che «differenziare tra contesti liturgici e non liturgici» per tali benedizioni «è ipocrisia».
Le altre conferenze episcopali africane che hanno dichiarato il “no” alle benedizione delle coppie dello stesso sesso sono quelle del Rwanda e dello Zambia. Le conferenze episcopali del Kenya e del Ghana usano un linguaggio più diplomatico, spiegando che le benedizioni possono essere date alle «singole persone», non ai loro «stili di vita», pertanto «non si possono benedire le coppie dello stesso sesso».
Persino la conferenza episcopale del Canada, usando anch’essa un linguaggio di non opposizione al Vaticano, ha fatto sapere che le singole persone saranno sì benedette, ma che rimane il divieto di benedire la loro situazione.
La seconda conferenza episcopale europea a proibire le “omobenedizioni” è quella polacca. «Poiché compiere atti sessuali al di fuori del matrimonio, cioè al di fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta alla trasmissione della vita, è sempre un’offesa alla volontà e alla saggezza di Dio, come espresso nel sesto comandamento… le persone che hanno tali relazioni non possono ricevere la benedizione. Questo vale in particolare per le persone che hanno relazioni omosessuali», scrive P. Leszek Gęsiak, portavoce della Conferenza episcopale polacca, dopo aver consultato i membri del Consiglio permanente della Conferenza.
L’arcivescovo emerito di Filadelfia, mons. Charles J. Chaput, ha rilevato che «il matrimonio non è lo scopo di “Fiducia Supplicans”. Il punto è la natura morale delle unioni tra persone dello stesso sesso, e questa è una distinzione cruciale». Infatti «le relazioni che la Chiesa ha sempre considerato peccaminose sono ora spesso descritte come “irregolari”. Ciò neutralizza la realtà del comportamento moralmente difettoso e porta a confusione su ciò che possiamo e non possiamo chiamare “peccato”». L’accompagnamento deve portare alla conversione, non all’inclusione senza pentimento. «Papa, vescovi, sacerdoti e diaconi sono chiamati dalla loro vocazione ad essere profeti oltre che pastori. Papa Francesco sembra spesso separare questi ruoli mentre Gesù stesso li ha sempre incarnati entrambi nel suo ministero», chiosa mons. Chaput.
Il primo prelato italiano ha aver pubblicato delle note chiare sulla Fiducia Supplicans è mons. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia e San Remo. «Con le benedizioni impartite per simili situazioni, come possono essere santificate le circostanze della vita se esse sono contrarie al Vangelo? Come possono queste benedizioni disporre coloro che le richiedono a ricevere principale proprio dei Sacramenti ai quali non possono manco accostarsi? […] La difficoltà, pertanto, è di benedire persone in forza del loro trovarsi in una situazione che contraddice il Vangelo e, quindi, la verità stessa dell’uomo, ovvero situazioni che si oppongono al bene». Il no di mons. Suetta a tali pseudo benedizioni è un vero atto di carità pastorale, perché come egli stesso scrive «non può esserci misericordia vera senza l’imprescindibile base della giustizia e della verità».
AGGIORNAMENTO 24/12/2023
L’arcivescovo greco-cattolico ucraino, mons. Sviatoslav Shevchuk ha ha dichiarato che la recente dichiarazione del Vaticano sulle benedizioni non liturgiche delle coppie “irregolari” e dello stesso sesso non si applica alle Chiese cattoliche orientali. La Fiducia Supplicans «non affronta questioni di fede o di morale cattolica, non fa riferimento ad alcuna prescrizione del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali e non menziona i cristiani orientali. Pertanto, sulla base del can. 1492 del CCCC, questa Dichiarazione si applica esclusivamente alla Chiesa latina e non ha alcun valore legale per i fedeli della Chiesa greco-cattolica ucraina», ha affermato. Comunque anche i vescovi ucraini di rito latino hanno comunicato che non saranno benedette coppie dello stesso sesso.
Mons. Hector Aguer, arcivescovo emerito di La Plata, Argentina, ha rilevato gravemente che «la “Fiducia supplicans” mostra dove puntava il capitolo otto dell’esortazione “Amoris laetitia”, che diceva in modo morbido che le persone che vivono in queste situazioni irregolari possono talvolta ricevere i sacramenti. Era un inizio che ora si rivela nella sua piena dimensione. Ma questa è una conseguenza del metodo di papa Francesco, che è appunto la dissimulazione. È così che l’attuale pontificato su molte questioni propone una nuova posizione che corregge la dottrina della Chiesa e l’inalterabile Tradizione». Per cui la conclusione non può che essere che non si deve obbedire alla Fiducia Supplicans: «È perfettamente corretto negare le benedizioni alle coppie omosessuali e a quelle in situazione irregolare».
AGGIORNAMENTO DEL 28/12/2023
Anche la Conferenza Episcopale Ungherese ha emesso un comunicato inerente alla Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, Fiducia supplicans, del 18 dicembre scorso, in cui si legge: «Considerando la situazione pastorale del nostro Paese, la Conferenza Episcopale specifica che i ministri ordinati possono benedire tutte le persone individualmente, indipendentemente dalla loro identità di genere e dal loro orientamento sessuale, 𝗺𝗮 𝗲̀ 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗻𝗲𝗰𝗲𝘀𝘀𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗲𝘃𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗶 𝗶𝗺𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝗿𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝗯𝗲𝗻𝗲𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗲 𝗰𝗼𝗽𝗽𝗶𝗲 𝗱𝗶 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼, 𝗻𝗼𝗻𝗰𝗵𝗲́ 𝗽𝗲𝗿 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝘃𝗶𝘃𝗼𝗻𝗼 𝗶𝗻 𝘂𝗻 𝗺𝗮𝘁𝗿𝗶𝗺𝗼𝗻𝗶𝗼 𝗰𝗮𝗻𝗼𝗻𝗶𝗰𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝗮𝗹𝗶𝗱𝗼 𝗼 𝗶𝗻 𝘂𝗻’𝘂𝗻𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗼 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗼 𝘀𝗲𝘀𝘀𝗼».
AGGIORNAMENTO DEL 3/1/2023
La diocesi di Petropolis, in Brasile, ha comunicato: «Sono vietate le benedizioni a gruppi che pretendono in tale modo giustificare una situazione irregolare, oggettivamente contraria alla morale cristiana e alla vera natura del matrimonio, il che potrebbe recare scandalo e confusione ai fedeli».
Il 29 dicembre 2023 mons. Marc Aillet, vescovo di Bayonne, Lescar e Oloron, in Francia, in una lettera al suo presbiterio, ha scritto che «se le persone lo richiedono, a impartire loro una benedizione, a condizione che sia rivolta a ciascuno individualmente, chiamandoli alla conversione e invitandoli a chiedere l’aiuto della grazia che il Signore concede a tutti coloro che gliela chiedono per conformare la propria vita alla Volontà di Dio».
Il cardinale William Goh Seng Chye, arcivescovo di Singapore, ha ribadito che non si può benedire ciò che è contro la volontà di Dio e ha denunciato «la negativa influenza dei mass media che normalizzano divorzio, relazioni LGBT e promuovono la promiscuità».
La Conferenza Episcopale del Togo, in Africa, ha ufficialmente vietato ai sacerdoti di impartire benedizioni alle “coppie” dello stesso sesso e a quelle irregolari.
La Chiesa e la tremenda crisi del Magistero. A colloquio con il vescovo Schneider
Su Fiducia Supplicans, Crisis Magazine – Peter Kwasniewski: “Una chiarificazione che offusca: In certi aspetti, la chiarificazione di FS peggiora il documento stesso. Infine, e soprattutto, c’è una fondamentale dimenticanza (o una studiata finzione?) su come le azioni comunicano un significato. Fernández può dire fino allo sfinimento che una rapida benedizione di una coppia gay o di una coppia di divorziati e risposati non è una “giustificazione” o un “avallo” del loro stile di vita, ma l’azione in sé mostra che la Chiesa pone il suo manto di benedizione su di loro, il che, per qualsiasi persona comune, suggerisce una sorta di “che Dio benedica questa brava coppia e faccia in modo che facciano meglio ciò che stanno già facendo”. Se così non fosse, perché la gente dovrebbe rivolgersi a un sacerdote per una tale benedizione, invece che, per esempio, a un vicino di casa a caso, o al segretario della parrocchia, o al custode.(…) A questo punto, sembra che Fernández stia solo gridando al vento che “non c’è nessun problema!” semplicemente perché lui e Francesco pensano o dicono che non c’è nessun problema – come se credessero che la realtà si piega alle loro pie concezioni (cioè, presumendo intenzioni oneste, il che non è affatto certo). (…) Indubbiamente, i suoi sostenitori direbbero che la Fiducia Supplicans è un brillante esempio di ascolto del “sensus fidelium” che sale dalla gente comune, che chiede a gran voce benedizioni a prescindere dalle loro situazioni disordinate. Tuttavia, questo finisce per essere una strana forma di elitarismo, perché solo una certa porzione di fedeli lo chiede, e un gran numero di fedeli non lo vuole – ma a quanto pare il loro sensus fidelium è completamente da trascurare.(…) Ecco perché, francamente, Fiducia Supplicans non è così radicale come Amoris Laetitia. Quello è stato il documento micidiale che ha contraddetto il solenne insegnamento dogmatico di Trento e il precedente magistero papale definitivo, come Richard Spinello ha sottolineato qui solo una settimana fa. La Fiducia Supplicans ne è una sorta di appendice ritardata. Se da un lato dobbiamo continuare, con fermezza e rispetto, a rifiutare l’assenso e l’attuazione di questa Dichiarazione di guerra, dall’altro non dobbiamo dimenticare – o peggio, rifiutare ingenuamente di riconoscere – che si tratta solo di un ulteriore tassello inserito in un puzzle pazientemente costruito negli ultimi undici anni“.
1-1-24, di Simon Caldwell
Ogni volta che ci si appresta a incontrare persone di alta statura morale c’è la tentazione di considerarle anche in termini fisicamente grandiosi. La Gran Bretagna, ingannata dai media nel pensare che il defunto papa Benedetto XVI fosse il “Panzer Kardinal”, o “il Rottweiler di Dio”, in occasione della sua visita nel Regno Unito nel 2010 si aspettava una personalità del genere, ma scoprì un uomo la cui gentilezza e timidezza serviva a nascondere l’acciaio interiore della fedeltà al Vangelo e una chiarezza di pensiero più acuta delle schegge levigate dell’ossidiana.
Il vescovo Athanasius Schneider è un uomo dello stesso stampo. Come Benedetto, è di etnia tedesca, timido e dalla parlata pacata, ma pieno di calore, umiltà e intelligenza (parla sette lingue moderne e capisce anche il latino e il greco antico). L’aspetto è un po’ quello del maestro di scuola, di buone maniere, e ha una certa somiglianza con Justin Welby, l’arcivescovo di Canterbury.
Come nel caso del papa san Giovanni Paolo II, la sua fede si è formata sotto l’oppressione. Nato in Unione Sovietica, la sua famiglia faceva sessanta miglia col favore dell’oscurità per partecipare alla Messa in segreto. Sua madre, Maria, ospitò il beato Oleksa Zaryckyj, un sacerdote ucraino martirizzato dai comunisti nel 1963, e per un periodo la sua famiglia fu incarcerata in un campo di lavoro. Fuggirono nella Germania occidentale quando Anton (Atanasio è il nome adottato quando si unì ai Canonici Regolari della Santa Croce di Coimbra) aveva dodici anni.
Ora, di nuovo nell’ex Unione Sovietica come vescovo ausiliare di Astana in Kazakistan, le sue opportunità di viaggiare sono limitate ma ha fatto due viaggi all’estero in altrettanti mesi. Il primo è stato per lanciare il suo ultimo libro Credo. The Compendium of the Catholic Faith, un catechismo che gli è stato chiesto da Sophia Institute Press, casa editrice con sede negli Stati Uniti. Il libro è sotto forma di domande e risposte e include sezioni aggiuntive su questioni recenti come l’ideologia di genere, le pratiche New Age e la Massoneria. La prima tiratura di 17 mila copie è andata esaurita in sei settimane.
Il secondo viaggio è avvenuto per tenere una conferenza su L’autorità politica e i doveri della coscienza agli studenti dell’Università di Cambridge. L’ho incontrato il giorno dopo nella Chiesa dei Martiri inglesi, nel centro della città, e gli ho chiesto cosa intendesse il cardinale Robert Sarah, ex prefetto della Congregazione del culto divino, quando, durante la presentazione del suo libro, ha avvertito il pubblico che la Chiesa cattolica è entrata in una “crisi del Magistero”.
“Stava semplicemente esponendo le prove di quanto vediamo”, ha detto monsignor Schneider. “In questo pontificato abbiamo avuto diversi atti che non hanno corrisposto all’insegnamento del Magistero precedente, e questa è una crisi”.
Ha detto che l’affermazione della validità del pluralismo religioso da parte di Francesco ad Abu Dhabi, quando il papa ha suggerito che Dio non solo ha permesso le religioni non cristiane ma le ha anche volute, è stato un esempio della crisi, e un altro è stata la decisione dei vescovi argentini di permettere a cattolici divorziati e risposati di ricevere la Santa Comunione.
Nel suo intervento, il cardinale Sarah ha anche affermato che il “Magistero autentico” non scomparirà mai nonostante tali errori, ma il problema è, sottolinea monsignor Schneider, che nel frattempo si sta creando molta confusione.
È una benedizione, aggiunge, che Francesco scelga di non coinvolgere il “Magistero definitivo” quando introduce tali novità. Francesco adotta un approccio dottrinale volutamente ambiguo, ma per monsignor Schneider questo rappresenta un sostanziale fallimento nell’esercizio del ministero petrino: “La natura dell’ufficio del papa è, come disse Gesù Cristo a Pietro: conferma i tuoi fratelli nella fede. Questo è il suo primo compito”.
“Tutti gli atti o le parole che non rafforzano la fede ma sono contrari ad essa, o indeboliscono la fede o la confondono, sono contrari al ministero papale perché il ministero di Pietro è punto di riferimento nella Chiesa, di unità di fede e nella governance”.
È d’accordo con il cardinale Sarah sul fatto che l’assenza di chiarezza ha creato “una cacofonia” di voci contrarie e contrastanti.
“Nella Chiesa si sentono quasi quotidianamente voci contraddittorie tra i vescovi e questo è contrario alla fede cattolica. Esiste una sola fede. L’effetto sui fedeli è che sono scandalizzati da queste voci contraddittorie e sono confusi. Adesso non sanno quale sia la verità e questo ha un effetto molto dannoso su tutta la Chiesa. Questa confusione e questo linguaggio ambiguo, soprattutto nel campo della morale, significano anche che le persone stanno perdendo il senso del bene e del male. È la moralità del mondo. La Chiesa cattolica romana sta diventando come una delle tante organizzazioni del mondo, non distinguendosi dai punti di vista e dall’agenda del mondo. Lo vediamo: promuove il relativismo morale e adotta il linguaggio del mondo”.
“L’effetto è anche che altre persone che cercano la verità – diciamo i non cattolici o i non cristiani che guardavano al papato come un’istituzione che dava certezza e chiarezza – non possono più orientarsi verso Roma”.
Difficilmente si possono quindi biasimare le nuove generazioni di cattolici se si rivolgono sempre di più alla tradizione, dove trovano la bellezza e la verità “espresse in modo forte”.
Monsignor Schneider ha celebrato una messa nella scuola cattolica di St. Paul, a Milton Keynes, al termine della quale ha tenuto un discorso, promosso dalla Latin Mass Society, dal titolo Ripristinare tutte le cose in Cristo.
L’affluenza crescente di giovani alla messa tradizionale è, a suo giudizio, manifestazione di un movimento soprannaturale di origine divina perché “dimostra l’anelito al sacro. La Messa antica offre un’atmosfera di maggiore soprannaturalità e la bellezza attrae i giovani”.
“Se un giovane si converte, non vuole essere la metà di qualcosa. Queste giovani anime desiderano essere autentiche. Se mi converto per allontanarmi dal mondo non mi piace vedere che parte del mondo è nella Chiesa e nella liturgia. Questo è un fenomeno evidente. Si può andare in tutto il mondo e la domenica, dove c’è la messa tradizionale, le chiese sono gremite di giovani famiglie e di bambini. Ci dà speranza per il futuro”.
Il vescovo Schneider descrive Summorum pontificum, la lettera apostolica di Benedetto XVI del 2007 che ha liberato la Messa antica, come un “documento epocale”, e pensa che Traditionis custodes, il motu proprio di Francesco del 2021 che ha cercato di annullare tali riforme, non riuscirà nell’intento, perché i giovani vogliono la tradizione: “Traditionis custodes non ha efficacia. Non può fermare i fedeli. La messa tradizionale è un tesoro di tutta la Chiesa. Un solo papa non è in grado di fermare tutto ciò”.
Ciò non significa che Francesco non ci proverà, e qui veniamo al trattamento riservato a monsignor Joseph Strickland, che a novembre è stato licenziato dopo, tra le altre cose, essersi rifiutato di attuare la Traditionis custodes nella sua diocesi di Tyler, nel Texas.
“Ciò passerà alla storia come una grande ingiustizia contro un vescovo che ha svolto solo il suo compito in un momento di confusione. Ora questa voce è stata messa a tacere, e questa era l’intenzione evidente e chiara”.
“Considero che sia stata commessa un’ingiustizia enorme e palese. Quella di Strickland era una specie di voce profetica, ma per molti nella Chiesa era un ostacolo e hanno voluto allontanarla”.
“Allo stesso tempo, il papa non rimuove, e anzi in alcuni casi promuove, cardinali e vescovi che distorcono o minano pubblicamente la fede, come quei vescovi che promuovono apertamente l’ideologia Lgbt e non vngono toccati. È un segno evidente e una dimostrazione che il papa ha un’altra intenzione: l’intenzione di mettere a tacere e di fermare quelle comunità e quei vescovi nella Chiesa che sono ancora fedeli e attaccati alla fede e alla tradizione e alla liturgia. È una sorta di persecuzione interna”.
Schneider è altrettanto schietto riguardo al sinodo sulla sinodalità. Gli ho chiesto se ne potrà uscire qualcosa di buono e la sua risposta è stata un secco “no”.
Nella Chiesa ortodossa come in quella cattolica il “sinodo dei vescovi” è sempre stato proprio questo: un incontro tra vescovi, ma nel convegno di ottobre a Roma il papa ha dato il diritto di voto ai laici cattolici, mettendoli alla pari dei vescovi, autentici interpreti del Magistero.
Ancora una volta, agli occhi di monsignor Schneider ciò rivela un programma: un egualitarismo in contrasto con la costituzione divina della Chiesa. Il risultato del sinodo, spiega, è stato niente di meno che un “artificio di ambiguità”.
Ulteriori problemi all’interno della Santa Sede sono evidenti. Si pensi al trattamento riservato a padre Marko Rupnik, l’artista sloveno espulso dai gesuiti dopo essere stato accusato di abusi sessuali da circa venticinque donne. La sua successiva incardinazione nella diocesi natale, dove è libero di esercitare il suo ministero sacerdotale, ha suggerito che un amico del papa, se accusato di atroci fallimenti morali, può avere un trattamento privilegiato invece di una punizione esemplare.
I fedeli cattolici, spiega Schneider, devono rispondere a tali crisi con una “crociata di preghiera” internazionale, implorando Dio di restaurare la Santa Sede come “segno di chiarezza” che rafforzi i fedeli “inequivocabilmente nella verità”.
L’alternativa sarebbe vedere la Chiesa divisa tra chi aderisce al “Magistero autentico” e chi preferisce le novità del nuovo, e in quella direzione si apre la via dello scisma.
Fonte: catholicherald.co.uk
Card. Sarah: «Ringrazio le conferenze episcopali che si sono opposte a Fiducia Supplicans»
Pubblichiamo uno stralcio dell’intervento che il cardinale Robert Sarah, prefetto emerito al Culto divino, ha affidato al vaticanista Sandro Magister.
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(…) La verità è la prima delle misericordie che Gesù offre al peccatore. Sapremo a nostra volta fare opera di misericordia nella verità? Per noi è grande il rischio di ricercare la pace del mondo, la popolarità mondana che si acquista a prezzo della menzogna, dell’ambiguità e del silenzio complice. Questa pace del mondo è falsa e superficiale. Perché la menzogna, il compromesso e la confusione generano la divisione, il sospetto e la guerra tra fratelli. Lo ha ricordato recentemente papa Francesco: “Diavolo significa ‘divisore’. Il diavolo vuol sempre creare divisione” [2]. Il diavolo divide perché « in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna » (Gv 8,44).
Proprio la confusione, la mancanza di chiarezza e di verità e la divisione hanno turbato e oscurato la festa di Natale di quest’anno. Alcuni media asseriscono che la Chiesa cattolica incoraggia la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso. Mentono. Fanno il lavoro del divisore. Alcuni vescovi vanno nella stessa direzione, seminano il dubbio e lo scandalo nelle anime dei fedeli pretendendo di benedire le unioni omosessuali come se fossero legittime, conformi alla natura creata da Dio, come se potessero condurre alla santità e alla felicità umana. Non fanno che generare errori, scandali, dubbi e delusioni. (…)
Che fare di fronte alla confusione che il divisore ha seminato fin nel cuore della Chiesa? “Con il diavolo non si discute!”, ha detto papa Francesco. “Non si negozia, non si dialoga; non lo si sconfigge trattando con lui, è più forte di noi. Il diavolo lo sconfiggiamo opponendogli con fede la Parola divina. In questo modo Gesù ci insegna a difendere l’unità con Dio e tra di noi dagli attacchi del divisore. La Parola divina è la risposta di Gesù alla tentazione del diavolo” [3]. Nella logica di questo insegnamento di papa Francesco, anche noi non discutiamo con il divisore. Non entriamo in discussione con la dichiarazione “Fiducia supplicans”, né con i diversi suoi utilizzi che abbiamo visto moltiplicarsi.
Semplicemente rispondiamo con la Parola di Dio e con il magistero e l’insegnamento tradizionale della Chiesa. (…) Con il Catechismo della Chiesa Cattolica (2357), possiamo quindi affermare: « L’omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura (cf Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1Cor 6,10; 1Tm 1,10), che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che ‘gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati’ (CDF, dichiarazione ‘Persona humana’ 8). Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita.
Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati”. Qualsiasi approccio pastorale che non richiamasse questa verità oggettiva verrebbe meno alla prima opera di misericordia che è il dono della verità. (…) Ma un discepolo di Gesù non può fermarsi qui. Di fronte alla donna adultera, Gesù fa opera di perdono nella verità: « Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più » (Gv 8,11). Offre un cammino di conversione, di vita nella verità.
La dichiarazione “Fiducia supplicans” scrive che la benedizione è invece destinata alle persone che « mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo. » (n. 31). Ma cosa c’è di buono, di vero e di umanamente valido in una relazione omosessuale, definita dalle Sacre Scritture e dalla Tradizione come una depravazione grave e “intrinsecamente disordinata”? (…) L’unica cosa da chiedere alle persone che vivono una relazione contro natura è di convertirsi e di conformarsi alla Parola di Dio.
Con il Catechismo della Chiesa Cattolica (2358-2359), possiamo fare ulteriore chiarezza dicendo: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione. Le persone omosessuali sono chiamate alla castità.
Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana”. (…) La Parola di Dio trasmessa dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione è quindi il solo fondamento solido, il solo fondamento di verità su cui ogni conferenza episcopale deve poter costruire una pastorale di misericordia e di verità verso le persone omosessuali. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci offre una sintesi potente, risponde al desiderio del Concilio Vaticano II « di condurre tutti gli uomini, facendo risplendere la verità del Vangelo, a cercare e ad accogliere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza » [4].
Devo ringraziare le conferenze episcopali che hanno già fatto quest’opera di verità, in particolare quelle del Camerun, del Ciad, della Nigeria, ecc., di cui condivido e faccio mie le decisioni e la ferma opposizione alla dichiarazione “Fiducia supplicans”. Dobbiamo incoraggiare le altre conferenze episcopali nazionali o regionali e ogni vescovo a fare lo stesso. Facendo così, non ci opponiamo a papa Francesco, ma ci opponiamo fermamente e radicalmente a un’eresia che mina gravemente la Chiesa, Corpo di Cristo, perché contraria alla fede cattolica e alla Tradizione. (…)
L’Africa ha una viva coscienza del necessario rispetto della natura creata da Dio. Non si tratta di apertura mentale e di progresso sociale come pretendono i media occidentali. Si tratta di sapere se i nostri corpi sessuati sono il dono della saggezza del Creatore o una realtà priva di significato, se non artificiale. (…) Consentitemi inoltre di non cadere in vani cavilli a proposito del significato della parola benedizione. È ovvio che possiamo pregare per il peccatore, è ovvio che possiamo chiedere a Dio la sua conversione. È ovvio che possiamo benedire l’uomo che, poco a poco, si rivolge a Dio per chiedere umilmente la grazia di un cambiamento vero e radicale della sua vita.
La preghiera della Chiesa non si rifiuta a nessuno. Ma non può mai essere deviata facendola diventare una legittimazione del peccato, della struttura del peccato, o anche dell’occasione prossima del peccato. Il cuore contrito e penitente, anche se è ancora lontano dalla santità, deve essere benedetto. Ma ricordiamoci che, di fronte al rifiuto della conversione e all’irrigidimento, dalla bocca di san Paolo non esce nessuna parola di benedizione ma piuttosto questo avvertimento: « Tu, con il tuo cuore duro e ostinato, accumuli collera su di te per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere’” (Rm 2,5-6). (…)
Non si abbia quindi paura se non siamo compresi e approvati dal mondo. Gesù ce l’ha detto: “Il mondo odia me, perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive” (Gv 7,7). Solo quelli che appartengono alla verità possono intendere la sua voce. Non spetta a noi essere approvati e fare unanimità. Ricordiamo il grave monito di papa Francesco all’inizio del suo pontificato: « Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore…
Un raffinato ma tranciante commento di un filosofo laico all’ereticale pastrocchio denominato Fiducia supplicans
Dire bene di ciò che è male? Liberi pensieri di un filosofo su “Fiducia supplicans”
(s.m.) Ricevo e pubblico. L’autore della nota, Thibaud Collin, è professore di filosofia a Parigi e ha pubblicato saggi importanti sulla crisi contemporanea del matrimonio.
Il “wokismo” al quale egli si richiama è l’odierna ondata di ripulsa di tutto ciò che è visto derivare da passate discriminazioni. Nella Chiesa, è la ragione naturale demolita da una nuova e contraddittoria religione dell’inclusione, nel nome della misericordia.
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UN « WOKISMO » ECCLESIALE
di Thibaud Collin
Josef Ratzinger non ha mai smesso di ricordare che la Chiesa primitiva fece la scelta, da un lato, della ragione alla ricerca della saggezza contro il mito e, dall’altro, della natura, oggetto d’interrogazione della ragione contro la consuetudine allora dominante. Questa scelta originale suggellò il divenire dell’intelligenza della fede e fondò gli stretti legami che uniscono la teologia e la filosofia.
La lettura di “Fiducia supplicans” solleva interrogativi nello spirito del lettore filosofo. Come dice Boileau ne “L’arte poetica” (1674) “ciò che si concepisce bene si enuncia con chiarezza e le parole per dirlo vengono facilmente”. Ma una lettura attenta della dichiarazione del 18 dicembre e del comunicato stampa del 4 gennaio 2024 non consente di sciogliere alcune confusioni. Le osservazioni che seguono non hanno altro scopo che quello di contribuire alla comprensione di questo testo.
La domanda centrale ci sembra essere: a chi Dio deve dare la sua benedizione quando il sacerdote la invoca sulle persone che gliela chiedono?
Fino al paragrafo 30 compreso, la dichiarazione, dopo aver distinto differenti tipi di benedizione, considera come soggetti recettori della benedizione gli individui. Poi all’improvviso nel paragrafo 31 afferma che queste distinzioni fondano la possibilità di “benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso”. Questo passaggio dall’individuo alla coppia non è giustificato anche se è il cuore del testo, tutti ammettendo che Dio può benedire una persona umana in quanto tale.
La dichiarazione afferma quindi che il soggetto recettore di una benedizione, anche se informale ed effettuata in dieci secondi, può essere “una coppia irregolare” o “una coppia dello stesso sesso”. Ma benedire una coppia è la stessa cosa che benedire due individui? Il che fa sorgere la domanda: che cosa fa sì che una coppia sia una coppia?
Una coppia è un tutto che è più della somma delle sue parti, cioè dei due individui. È un’entità che ha una consistenza propria, un essere relazionale distinto dai due termini in relazione. Qual è il fondamento di questo essere se non la scelta reciproca con la quale questi due individui acconsentono insieme allo stesso legame che li lega? In breve, nel diritto naturale ciò che costituisce una coppia è il matrimonio.
Il matrimonio è un’istituzione irriducibile a una semplice relazione di intersoggettività perché i due coniugi assumono un legame oggettivo che la natura umana, la società e ultimamente Dio offrono loro. I due individui si impegnano l’uno con l’altro in quanto uomo e donna e la loro alleanza è potenzialmente il luogo della venuta all’essere di un terzo, il figlio. La nozione di coppia connota quindi in essa stessa la coniugalità che, ricordiamolo, ha come radice il giogo, strumento distinto dai due buoi che lega insieme. Parlare, quindi, di “coppia irregolare” o di “coppia dello stesso sesso” è carico di significato perché un tale linguaggio riconosce, almeno implicitamente, che la relazione tra questi due individui partecipa analogicamente all’ordine della coniugalità. Questa è la logica secolare di alcune legislazioni civili che considerano il matrimonio come dissolubile e sessualmente indifferenziato. Certo non è la logica cattolica riaffermata nei paragrafi 4 e 11 della dichiarazione.
Ma come leggere a rigore di logica il paragrafo 31 dopo le affermazioni dei paragrafi 4 e 11? Utilizzare la nozione di coppia per designare la relazione tra due individui non sposati basta a significare che la Chiesa riconosce ormai che la relazione sessuale è di per sé sufficiente affinché questi due individui formino un’entità a sé stante, capace di essere il soggetto recettore di una benedizione di Dio? E può Dio benedire una relazione che forma una “coppia” il cui elemento costitutivo è in contraddizione con il suo disegno di sapienza e di amore verso gli esseri umani?
A questa domanda il paragrafo 31 sembra rispondere dicendo che Dio benedice “tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni”. Ma chi non vede che benedire ciò che è buono in una relazione non significa benedire la relazione stessa? Eppure la dichiarazione afferma che è la coppia stessa che può essere benedetta da Dio. Il testo passa dall’individuo alla coppia come soggetto recettore grazie agli elementi positivi che sono implicati nella relazione. Dio non benedirebbe i loro rapporti sessuali contrari alla sua sapiente volontà, ma i beni autentici che sono vissuti e condivisi. Dio benedirebbe il loro rapporto in quanto è un’amicizia, un rapporto in cui ciascun amico è apprezzato dall’altro nel suo stesso valore di persona e mai ridotto ai suoi valori sessuali.
Dovremmo dunque concludere che con questa dichiarazione la Chiesa insegna ormai che ogni amicizia crea una coppia, mentre finora “essere in coppia” era un’espressione riferita a un legame esclusivo differente dai legami di amicizia? Ciò sembrerebbe improbabile. Il significato delle parole resiste quindi ai nostri interrogativi e ci porta a formulare un’ipotesi interpretativa per cogliere la comprensione del testo.
Come l’apertura del matrimonio civile a persone dello stesso sesso ha modificato la natura stessa del matrimonio, così la possibilità di benedire “coppie irregolari” o “dello stesso sesso” cambia la natura della benedizione. Come si chiamerebbe allora questa nuova benedizione? La nostra ipotesi è che diventi sinonimo di riconoscimento, intendendo con questo termine tutto il carico semantico che le “minoranze discriminate e risvegliate” hanno investito in quella che chiamiamo “la politica del riconoscimento”. Offrendo la possibilità di essere benedetti in quanto “coppia”, “Fiducia supplicans” vuole dimostrare a queste persone sofferenti che sono amate da Dio. Qualificando la loro relazione come “coppia”, autorizza i sacerdoti a utilizzare la loro mediazione sacerdotale per attribuire “de facto” una certa legittimità alla loro situazione relazionale.
Se così non fosse, sarebbe bastato dire che il sacerdote può benedire ogni individuo e non ci sarebbe stato bisogno di inventare un nuovo tipo di benedizione. Il testo afferma che mentre la benedizione liturgica esige che ciò che è benedetto sia “conforme alla volontà di Dio” (paragrafo 9), la “semplice benedizione” non esige che vi siano “condizioni morali” previe. È noto che il Rituale Romano offre già numerose benedizioni che non esigono le stesse disposizioni individuali previste per la ricezione dei sacramenti. Dobbiamo quindi considerare che l’espressione “condizioni morali” designa qui situazioni relazionali (e non individuali) contrarie alla volontà di Dio. Il nuovo tipo di benedizione è pensato come un gesto pastorale inteso a significare “la forza incondizionata dell’amore di Dio” (paragrafo 12).
Poniamoci allora la domanda su cosa presuppone qui il testo. Qual è il tipo di benedizione che manifesta maggiormente l’amore incondizionato di Dio: la benedizione condizionata (liturgica) o la benedizione incondizionata (spontanea)? La risposta è nella domanda! La benedizione liturgica discrimina? Sì, ma non sono le persone ad essere discriminate bensì le situazioni relazionali, alcune delle quali possono essere benedette da Dio perché conformi alla sua volontà e altre no perché gli sono contrarie. Quindi il criterio per distinguere i due tipi di benedizione è che la benedizione liturgica discrimina le “coppie irregolari” e le “coppie dello stesso sesso”, mentre la nuova benedizione non le discrimina.
Si tratterebbe quindi della manifestazione di una volontà ecclesiale di “inclusione” (paragrafo 19) che il testo giustifica come manifestazione dell’infinita misericordia di Dio. Così Dio sarebbe “inclusivo” quando benedice spontaneamente e non liturgicamente tutte le “coppie”, mentre coloro che rifiutassero di benedire alcune “coppie” sarebbero “giudici che solo negano, respingono, escludono” (paragrafo 13). La logica inclusiva che rifiuta di differenziare promuove una indifferenziazione semantica del termine coppia. La logica liturgica e dogmatica invece distingue; e in questa veste viene presentata nel testo come se manifestasse meno la bontà di Dio. Ma allora che cosa vuole Dio? Può volere con una mano ciò che rifiuta con l’altra? Può Dio parlare bene di ciò che contraddice il suo disegno sapiente e benevolo?
Come uscire da questa contraddizione? Lo si può fare sia negando che Dio possa voler benedire “coppie irregolari” e “coppie dello stesso sesso” in quanto tali, sia rimettendo in discussione le fondamenta su cui si è basata finora la Chiesa per affermare che Dio non può voler benedire tali “coppie”.
Di qui la domanda capitale: in che misura la dichiarazione “Fiducia supplicans” decostruisce implicitamente la dottrina morale e antropologica fondante la pratica delle benedizioni? Se così fosse, essa farebbe sua un’altra logica, quella dell’inclusione, giustificata in nome di una pastorale presentata come più adeguata alla misericordia divina.
Questa nuova pastorale sarebbe la forma ecclesiale del “wokismo”, perché genererebbe “de facto” una decostruzione di ciò che le si oppone: l’ordine naturale umano finora assunto dalla dottrina cattolica e giudicato oggi discriminatorio dallo spirito del mondo.
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Sandro Magister è vaticanista all’Espresso.
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IL CARD. AMBONGO HA SPIEGATO AL PAPA IL NO DELL’AFRICA ALLA FIDUCIA SUPPLICANS
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“NON POSSIAMO ESSERE PROMOTORI DELLA DEVIAZIONE SESSUALE”
Il cardinale Ambongo ha spiegato al Papa il perché del no radicale della Chiesa in Africa alla Fiducia supplicans.
Il Presidente del Simposio delle conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (CEAM) e membro del gruppo cardinalizio (G9) che consiglia proprio il Papa, lo ha riferito in un’intervista spiegando come è nata la lettera dei vescovi africani contro la benedizione delle unioni omosessuali. Inoltre ha criticato fortemente la depravazione dell’Occidente.
L’arcivescovo di Kinshasa e cardinale ha denunciato che “L’Occidente, poiché non ama i bambini, vuole attaccare la cellula fondamentale dell’umanità, che è la famiglia” per “distruggere la famiglia e la società”.
Il cardinale conferma che la perdita dei valori cristiani in Occidente ha delle conseguenze: “Non amano i bambini, ma anche per rilanciare la loro economia sono costretti a cercare persone all’estero. A poco a poco scompariranno. Auguriamo loro una buona fine”. E avverte che ciò che l’Africa rifiuta sono quelle pratiche che vogliono loro imporre, quelle che il presidente Putin chiama “costumi decadenti dell’Occidente”.
“È la decadenza culturale e morale di una società. Una società in declino. Ma questo ce lo vogliono imporre”.
L’alto prelato ha denunciato le azioni criminali dell’ONU: “Oggi, il sistema delle Nazioni Unite sta cercando di promuovere l’ideologia LGBT che, attraverso gli organismi delle Nazioni Unite, in particolare l’UNICEF, l’OMS e altre strutture delle Nazioni Unite, ci impone la sua cultura attraverso i finanziamenti. E se non accettiamo ci tagliano i finanziamenti. Tuttavia, la nostra cultura in Africa non è così. Sì, abbiamo tanti difetti, ma non possiamo essere incolpati dell’omosessualità. Possiamo trovare casi isolati, come quelli che abbiamo avuto in Uganda. I martiri dell’Uganda conoscono la loro storia. L’omosessualità era praticata dalla nobiltà in Uganda. Era una pratica piuttosto mistica. Come in alcune culture, ti viene fatto credere che per avere potere devi avere rapporti con parenti stretti. Questa è una concezione mistica. La società non funziona così. Quella pratica non esiste in noi”.
Partendo da questo contesto, il cardinale ha spiegato la reazione della Chiesa in Africa alla Fiducia Supplicans.
“Quando il 18 dicembre abbiamo ricevuto il documento Fiducia supplicans, firmato dal prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede e cofirmato da Sua Santità Papa Francesco, in Africa c’è stato scalpore. Non capivamo cosa stava succedendo nella Chiesa. Anche altre chiese che ci hanno chiamato hanno detto che contiamo sulla Chiesa cattolica per opporsi a questa ideologia. Ora lei è la prima ad autorizzare la benedizione delle coppie omosessuali. Tutti hanno sofferto per questo. Sono iniziate le reazioni. E con tutta responsabilità ho scritto a tutte le conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar”.
Il cardinale ha proseguito spiegando la sua procedura. “Ho scritto a tutte le conferenze episcopali dell’Africa per inviarmi le loro reazioni riguardo a questi documenti. Ho stampato tutte le reazioni di tutte le conferenze episcopali. Ne ho fatto la sintesi: un documento dal titolo ‘Sintesi delle reazioni delle conferenze episcopali dell’Africa’. E personalmente ho scritto a Sua Santità Papa Francesco una lettera di 7 pagine. L’ho scritto non solo come presidente del CEAM, ma come suo consigliere, membro del consiglio dei nove cardinali che accompagnano il Papa nella riforma della Chiesa. Sono stata a Roma la settimana scorsa. Sono partito lunedì per arrivare a Roma martedì alle 6 del mattino. Ho soggiornato a Casa Santa Marta, dove vive il Papa. È lì che soggiorniamo quando veniamo per l’incontro dei collegi cardinalizi”.
Il Pontefice, ha spiegato il porporato, “ha ricevuto la mia lettera, l’ha letta e in meno di due ore mi ha detto che mi avrebbe ricevuto alle 18,30 dello stesso giorno. Abbiamo parlato di alcune cose che avevo scritto nella mia lettera. È una lettera personale al Papa. Non è stata resa pubblica. Ma la sintesi delle reazioni dei vescovi africani era un documento destinato a essere reso pubblico. E il Papa era molto dispiaciuto. Devo dire che è stato lui il primo a subire tutte le reazioni che arrivavano da ogni parte del mondo. Ne soffre perché è un essere umano. La gente africana non è interessata a queste benedizioni. Ciò che interessa adesso è una comunicazione che rassicuri la gente dell’Africa, che calmi gli animi dei fedeli. E lui, come pastore, è stato toccato da questa situazione”.
Il cardinale ha aggiunto che il Papa ha detto: “La metterò subito in contatto con il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, cardinale Fernández. Quella stessa sera, alle 19,30, eravamo seduti a tavola con lui. Lo ha fatto venire. E abbiamo deciso di lavorare il giorno successivo. Il giorno dopo mi sono recato al Dicastero per la Dottrina della Fede, che è il dicastero più importante dal punto di vista della fede cattolica. Con il prefetto, io al computer, una segretaria che scrive, abbiamo preparato un documento. L’abbiamo preparato in dialogo e accordo con Papa Francesco, tanto che in ogni momento lo abbiamo chiamato per fargli domande, per vedere se era d’accordo con quella formulazione. Alla fine ho firmato il documento come presidente del SECAM a nome di tutta la Chiesa cattolica in Africa. E il prefetto del dicastero lo ha cofirmato, non il documento che è stato reso pubblico, ma quello che conserviamo in archivio. Il documento si intitola “NO alla benedizione delle coppie omosessuali nelle Chiese cattoliche”.
Il cardinale spiega che nonostante il testo sembri firmato ad Accra, sede del SECAM, “l’ho firmato a Roma”:
«Questo per esprimere la nostra posizione oggi in Africa e lo facciamo in spirito di comunione, di sinodalità con Papa Francesco e con il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, che in Africa non c’è posto per benedire gli omosessuali coppie.
Non c’è posto. Dobbiamo rispettare le persone omosessuali perché sono esseri umani. Non dovremmo guardarli, trattarli con disprezzo. Sono creature di Dio. Se un individuo omosessuale chiede una benedizione, noi benediciamo quella persona. Possiamo benedirlo come persona. Perché anche un criminale, quando vado alla prigione di Makala, lì ci sono dei criminali. Persone che hanno massacrato, che hanno ucciso. Ma quando chiedono la benedizione, noi gliela diamo. Ma perché ti benediciamo? Nella speranza che la grazia della benedizione possa aiutarti a convertirti. E se benediciamo un omosessuale è anche per dirgli che il suo orientamento sessuale non è conforme alla volontà di Dio. E speriamo che la benedizione possa aiutarti a cambiare. Perché l’omosessualità è condannata dalla Bibbia e dall’insegnamento della Chiesa. Non possiamo essere promotori della deviazione sessuale. “Lasciateli fare nelle loro case, ma non nelle nostre.”
(*) È vero che alcuni vescovi del Nord Africa (Marocco e Algeria) si sono mostrati d’accordo con il testo del cardinale Fernández, ma se si aggiungono i fedeli delle loro diocesi, non arrivano nemmeno a cinquantamila, la maggior parte sono residenti stranieri .in quei paesi. C’è anche la circostanza che l’omosessualità è punibile con il carcere, quindi è impossibile che le coppie dello stesso sesso vengano benedette.
D’altra parte, questi vescovi nordafricani tendono ad essere europei, con i loro pregiudizi ideologici. Alcuni di loro si sono vantati di non aver battezzato nessuno. Dall’altro lato ci sono le fiorenti chiese africane, martiri e, a differenza delle chiese nordafricane, con la più alta percentuale di frequenza alla messa e di vita sacramentale nel mondo.
LA RESISTENZA DILAGA….
Teologia “contestuale” e Fiducia Supplicans

FOTO: MEDIA VATICANI

LA DIFFERENZA CATTOLICA
Giorgio Weigel – Giovedì 18 gennaio 2024
Nella lettera apostolica Ad Theologiam Promovendam (Promuovere la teologia), pubblicata da Papa Francesco il 1 novembre 2023, la Chiesa è stata esortata a fare teologia contestualmente: come afferma il motu proprio, la teologia deve essere “fondamentalmente contestuale… capace di leggere e interpretare il Vangelo nelle condizioni in cui vivono quotidianamente gli uomini e le donne, in ambienti geografici, sociali e culturali diversi”. In che misura Fiducia Supplicans (Supplicating Trust), la Dichiarazione sulle “benedizioni” emessa dal cardinale Victor Manuel Fernández e dal Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) il 18 dicembre 2023, soddisfa questo standard?
Non molto bene per niente. Consideriamo i “contesti” che Fiducia Supplicans ignora.
Il contesto mediatico. Secondo l’istantanea interpretazione mediatica, il Papa, nella causa Fiducia Supplicans, avrebbe autorizzato i sacerdoti a “benedire” le coppie dello stesso sesso, punto e basta – anche se la Dichiarazione stessa affermava che tali “benedizioni” non dovevano essere considerate liturgiche, dovevano essere richiesto spontaneamente, comportava la “benedizione” dei singoli individui, e doveva essere condotto in modo tale che l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio come “unione inclusiva, stabile e indissolubile di un uomo e di una donna, naturalmente aperta alla procreazione” (come dice Papa Francesco lo ha messo lo scorso luglio) non è stata compromessa. Il cardinale Fernández si è successivamente lamentato del fatto che le sottili distinzioni di cui abbondavano i Fiducia Supplicans erano state ignorate nei primi resoconti dei media. Se il cardinale non si aspettava esattamente questo risultato, non faceva però i conti con il contesto mediatico globale in cui sarebbe stata accolta la Fiducia Supplicans. E se il cardinale fosse davvero scontento del modo in cui veniva interpretato il suo documento, perché non ha ricontestualizzato Fiducia Supplicans (per così dire) richiamando il clero che prontamente ha impartito “benedizioni” omosessuali in un modo che era ovviamente preesistente? -pianificato (anche per attirare l’attenzione dei media), che era quasi liturgico e che confondeva inequivocabilmente le linee dottrinali e morali che il cardinale sosteneva che il suo documento avesse tracciato?
I contesti evangelici e culturali. Alcune ore dopo l’emissione della Fiducia Supplicans, ho ricevuto una telefonata da un arcivescovo africano, profondamente preoccupato per l’impatto che la Dichiarazione avrebbe avuto sugli sforzi della sua Chiesa locale di essere la Chiesa dei discepoli missionari a cui Papa Francesco aveva chiesto. Come ha spiegato l’arcivescovo, i pentecostali cristiani locali erano inorriditi davanti a Fiducia Supplicans; lo erano anche i musulmani locali; e la missione evangelica della Chiesa cattolica era così diventata molto più difficile. Il cardinale Fernández e i suoi colleghi del DDF hanno tenuto conto del “contesto” di quel vescovo nel creare Fiducia Supplicans? Nel preparare la Dichiarazione, il cardinale e il DDF hanno considerato i “diversi… ambienti geografici, sociali e culturali” delle Chiese locali delle “periferie” cattoliche, celebrate da questo pontificato e citate come fonti di riflessione teologica in Ad Theologiam Promovendam? Sembra di no. L’unico “contesto” ecclesiastico che riesco a discernere in Fiducia Supplicans è quello della Chiesa di Lite Cattolica, aggrappato all’affermazione completamente falsificata secondo cui placare lo Spirito decostruttivo del tempo è più evangelicamente efficace che lavorare per convertire lo Spirito del tempo mediante la annuncio schietto del Vangelo, parti difficili (vedi Marco 1,15) e tutto il resto.
Il contesto sinodale. La questione di “benedire” le coppie dello stesso sesso è stata esaminata lo scorso ottobre al Sinodo 2023, dove sono state discusse le preoccupazioni sollevate dal mio amico africano. Se c’è stato un consenso raggiunto al Sinodo 2023, è stato che la Chiesa non dovrebbe autorizzare tali “benedizioni” – motivo per cui l’argomento non è stato menzionato nel Rapporto di sintesi finale del Sinodo. In che modo, allora, Fiducia Supplicans riflette il contesto sinodale in cui è così investito questo pontificato? Cosa significa “sinodalità” se un consenso sinodale può essere annullato dall’atto unilaterale di un dicastero della Curia, emesso senza alcuna seria consultazione con l’episcopato mondiale? Cosa significa per la futura discussione sulla “sinodalità” il fatto che così tanti singoli vescovi – e in realtà intere conferenze episcopali – abbiano severamente criticato, e in alcuni casi ripudiato, la Fiducia Supplicans?
Il contesto linguistico. Fiducia Supplicans viene presentata come un autentico sviluppo nella pratica pastorale di “benedire” coloro che provano attrazione per lo stesso sesso, ma quella “benedizione” “non convalida né giustifica nulla” (come ha detto in seguito il cardinale Fernández a The Pillar). Come hanno notato i vescovi del Camerun, tuttavia, “benedizione” segnala l’approvazione di ciò che viene benedetto in qualsiasi contesto linguistico: un’osservazione di buon senso che sottolinea quello che può essere descritto solo come il sofisma di Fiducia Supplicans.
C’era una volta, e non molto tempo fa, il dicastero incaricato della difesa della verità cattolica e della promozione della teologia dinamicamente ortodossa era fonte di chiarimento. Non è più così. E questo sarà un argomento in discussione nel prossimo interregno papale e nel prossimo conclave.
George Weigel è Distinguished Senior Fellow del Centro di etica e politiche pubbliche di Washington, DC
Mons. Bux: Fiducia Supplicans non appartiene al “Magistero autentico” e quindi non è vincolante. Non c’è obbligo di assenso religioso della volontà e dell’intelletto.
“Il dramma della Chiesa oggi è la separazione della pastorale dalla dottrina, cioè dell’amore dalla verità”, dice padre Bux. “E la stiamo pagando cara, come aveva previsto Giovanni Paolo II”. “Papa Francesco dovrebbe cancellare la Fiducia Supplicans e sostituire il prefetto con un uomo di ‘dottrina sicura, sana e pura’, per usare le parole dell’Apostolo a Tito”.
Rilancio una intervista rilasciata dal teologo Mons. Nicola Bux, già Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, e amico di Benedetto XVI, al giornalista Edward Pentin. L’intervista è apparsa sul blog di quest’ultimo. il 25.1.2024

Padre Bux, qual è stata la reazione generale ai Fiducia Supplicans in Italia: per lo più contraria, secondo lei, favorevole o ambivalente?
A causa della loro vicinanza alla Sede Apostolica, i vescovi italiani sembrano essere come cani muti: approvano o dissentono, o temono “rappresaglie”. Tra i fedeli e i non praticanti c’è chi considera Fiducia Supplicans, e i tentativi di giustificarla, un insulto alla propria intelligenza. Poi c’è chi conosce la dottrina della fede e della morale, soprattutto le norme della Rivelazione, e pone il primo dubium [dubbio o domanda] ai cinque cardinali inviati l’estate scorsa: È possibile che la Chiesa oggi insegni dottrine contrarie a quelle che ha insegnato in precedenza in materia di fede e di morale, sia dal Papa ex cathedra, sia nelle definizioni di un Concilio ecumenico, sia nel magistero ordinario universale dei vescovi sparsi nel mondo (cfr. Lumen Gentium 25)?
Di sicuro, Fiducia Supplicans non appartiene al “Magistero autentico” e quindi non è vincolante perché ciò che vi si afferma non è contenuto nella Parola di Dio scritta o trasmessa e che la Chiesa, il Romano Pontefice o il Collegio episcopale, sia definitivamente, cioè con sentenza solenne, sia con Magistero ordinario e universale, propone di credere come divinamente rivelata. Non si può nemmeno aderirvi con l’assenso religioso della volontà e dell’intelletto.
Cosa pensa del comunicato stampa del 4 gennaio volto a chiarire la dichiarazione? Ha risolto qualcosa?
Nella maggioranza dei battezzati prevale l’ignoranza, dovuta al fatto che per decenni si è preferito il sociale alla catechesi; per le coppie eterosessuali e omosessuali irregolari ciò che ora vale è: l’amore è amore. Chi usa la logica si oppone e allora sorge il secondo dubium dei cardinali: È possibile che in determinate circostanze un pastore possa benedire le unioni tra persone omosessuali, suggerendo così che il comportamento omosessuale in quanto tale non sarebbe contrario alla legge di Dio e al cammino della persona verso Dio? A questo dubium se ne lega un altro: Continua ad essere valido l’insegnamento sostenuto dal magistero ordinario universale, secondo cui ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio, e in particolare gli atti omosessuali, costituisce un peccato oggettivamente grave contro la legge di Dio, indipendentemente dalle circostanze in cui avviene e dall’intenzione con cui viene compiuto? Quindi, la dichiarazione del 4 gennaio è un classico tentativo di coprire le crepe.
È d’accordo sul fatto che la dichiarazione ha messo in luce divisioni che erano già presenti ma che ora sono uscite allo scoperto?
Benedetto XVI, nelle sue Note dell’11 aprile 2019, ha descritto l’origine dello sfacelo della morale cattolica, e quindi anche delle divisioni tra i cattolici, a causa del fatto di ritenere non peccaminosa la convivenza di una coppia sia eterosessuale che omosessuale. La divisione o scisma, prima sommersa, è ora emersa. Vedremo se sarà dichiarata formalmente in un prossimo evento ecclesiale, come un sinodo o un conclave. Di certo, il prossimo Papa dovrà fare i conti e decidere se approfondire la divisione o sanarla convocando un concilio. A chiunque si candidi come Papa, nelle congregazioni pre-conclave dovrà essere chiesto di rispondere ai dubia accumulati dal 2015, altrimenti la divisione della Chiesa si approfondirà.
Perché secondo lei c’è stata un’opposizione soprattutto in Africa e in Europa centro-orientale e non tanto negli Stati Uniti e in altri Paesi prevalentemente occidentali?
Perché in queste zone, cioè nell’emisfero settentrionale e occidentale, dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha contrastato l’ideologia relativista che era penetrata nella morale e aveva demolito la legge naturale con la formazione alla dottrina e alla vita in Cristo – cioè la morale cattolica, combattendo il pensiero neopagano. Così, il popolo è rimasto fedele. Poi, chiedete a un ebreo se è una benedizione (berakah) quando non ha una sacralità (diciamo che non è liturgica) e se si può benedire qualcosa che Dio maledice e aborrisce, come un peccato contro natura. Un amico ebreo che ha sentito parlare di Fiducia Supplicans mi ha detto: “Il Papa non conosce la Bibbia?”. Per non parlare del ridicolo dei musulmani e dell’allontanamento degli ortodossi che hanno ormai dichiarato impossibile l’unità con i cattolici. Fiducia Supplicans e i successivi comunicati sono il risultato dell’ignoranza del prefetto Fernandez.
Qual è il modo migliore per risolvere la confusione e la divisione che derivano da Fiducia Supplicans?
Spiegare che non c’è pastorale senza “pasto”, perché “la dottrina è in realtà come il cibo, il cui possessore è colui che lo distribuisce” (San Gregorio Nazianzeno). La dottrina, quindi, è pastorale, ma se il pastore non la possiede, non può fare pastorale. Il dramma della Chiesa di oggi è la separazione della pastorale dalla dottrina, cioè dell’amore dalla verità. E la stiamo pagando cara, come aveva previsto Giovanni Paolo II. Papa Francesco dovrebbe cancellare Fiducia Supplicans e sostituire il prefetto con un uomo di “dottrina sicura, sana e pura”, per usare le parole dell’Apostolo a Tito.
Come pensa che questa vicenda influenzerà il prossimo Conclave?
Sicuramente il prossimo Papa, se non vuole essere tale solo per una parte della Chiesa, dovrà porsi la domanda: qual è la missione della Chiesa? Quella di conformarsi al mondo o di salvarlo? L’unità della Chiesa cattolica è compromessa da Fiducia Supplicans perché, su una verità morale così essenziale, accetta, in pratica, opinioni opposte tra le Chiese sparse nel mondo. Un esempio: Il nuovo vescovo di Foggia ha detto che la sua Chiesa sarà la “Chiesa di Francesco che benedice tutti”. Ma la Chiesa non è forse quella di Gesù Cristo?
Fernandez si è screditato pubblicando un documento che è l’opposto di quello del suo predecessore, [il cardinale Luis] Ladaria, nel 2021. Si tratterebbe di uno “sviluppo” o piuttosto di un’eterogenesi della dottrina? Il Dicastero e la Santa Sede si sono umiliati. Qualcuno ha già ribattezzato il Dicastero “per la distruzione della fede”. Il sospetto di ignoranza e malafede peserà su Fernandez in qualsiasi documento che firmerà in seguito. Dovrebbe dimettersi.
Perchè non possiamo accettare Fiducia supplicans? Risponde il domenicano Padre Pierrer sottolineando l’importanza del “sensus Fidei”
Di seguito proponiamo all’attenzione e alla riflessione dei lettori l’articolo-risposta di Padre Emmanuel Perrier, o.p. e pubblicato su La Revue Thomiste.
La dichiarazione “Fiducia supplicans” del 18 dicembre 2023 ha suscitato molto scalpore. In questo primo articolo ne esponiamo le ragioni principali.
Come figli della Chiesa fondata sugli apostoli, non possiamo che essere allarmati per lo sconvolgimento del popolo cristiano causato da un testo proveniente dall’entourage del Santo Padre[1]. È insopportabile vedere i fedeli di Cristo perdere fiducia nella parola del pastore universale, vedere i sacerdoti divisi tra il loro attaccamento filiale e le conseguenze pratiche che questo testo li costringerà ad affrontare, vedere i vescovi divisi. Questo fenomeno di vasta portata a cui stiamo assistendo è indicativo di una reazione nel sensus fidei. Il “senso della fede (sensus fidei)” è l’attaccamento del popolo cristiano alle verità di fede e di morale[2]. Questo attaccamento comune, “universale” e “indefettibile” deriva dal fatto che ogni credente è mosso dall’unico Spirito di Dio ad abbracciare le stesse verità. Ecco perché, quando le affermazioni sulla fede e sulla morale offendono il sensus fidei, c’è un istintivo movimento di diffidenza che si manifesta collettivamente. È necessario, tuttavia, esaminare la legittimità di questa sfida e le ragioni che la giustificano. In questa sede ci limiteremo alle sei ragioni che ci sembrano più salienti.
1. La benedizione è solo a scopo di salvezza
La benedizione è un’azione divina che dà vita e la cui fonte è il Padre. La sua benedizione è insieme parola e dono” (CCC 1078). Questa origine divina indica anche il suo fine, come esprime con forza San Paolo: Benedetto sia il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli per mezzo di Cristo. Egli ci ha scelti in Lui fin da prima della fondazione del mondo per essere santi e irreprensibili al suo cospetto nell’amore (Ef 1,3).
Ricordando l’origine e il fine di ogni benedizione, diventa chiaro quale grazia chiediamo quando benediciamo: deve portare la vita divina per essere “santi e irreprensibili alla sua presenza”. La benedizione, dunque, è solo per la santificazione e la liberazione dal peccato, e serve quindi a lodare Colui che ha fatto tutte le cose (Ef 1,12).
È impossibile per la Chiesa allontanarsi da questo ordine divino di benedire per la salvezza. Qualsiasi intenzione di benedire senza che questa benedizione sia esplicitamente ordinata ad essere “santa e immacolata”, anche per motivi altrimenti lodevoli, offende quindi immediatamente il sensus fidei.
2. La Chiesa non sa come benedire se non in una liturgia
Tutti sono chiamati a benedire Dio e a invocare le sue benedizioni. La Chiesa fa lo stesso e intercede per i suoi figli. Ma tra il singolo credente e la Chiesa, il soggetto che agisce non è della stessa natura, e questa differenza ha conseguenze importanti quando consideriamo l’azione della benedizione. Alla radice, le benedizioni ecclesiali – e con questo intendiamo le benedizioni della Chiesa stessa – emanano dall’unità misteriosa e indefettibile che costituisce il suo stesso essere[3]. Da questa unità che la lega al suo Sposo Gesù Cristo, deriva che le suppliche che essa rivolge sono sempre gradite a Dio; sono come le suppliche di Cristo stesso a suo Padre. Per questo, fin dall’inizio, la Chiesa non ha mai smesso di benedire, con la certezza di ottenere molti effetti spirituali di santificazione e liberazione dal peccato[4]. La benedizione è dunque un’attività vitale della Chiesa. Potremmo parlare dell’attività vitale del suo cuore: esso è fatto per assicurare la circolazione delle benedizioni, da Dio all’uomo e dall’uomo a Dio (cfr. Ef 1,3), secondo una sistole che diffonde le benedizioni divine e una diastole che accoglie le suppliche umane. Il risultato è che le benedizioni ecclesiali sono di per sé un’opera sacra. Si potrebbe addirittura dire che esse costituiscono l’essenza della liturgia cristiana, come testimoniano le fonti storiche[5]. Per la Chiesa, benedire secondo una qualche forma liturgica non è un’opzione; non può fare altrimenti per quello che è, per l’attività vitale del cuore ecclesiale. Ciò che ha il potere di fare, tuttavia, è stabilire le modalità e le condizioni delle benedizioni, il loro rituale, come avviene per i sacramenti[6].
Una benedizione non è dunque liturgica perché è stato istituito un rito, come se “liturgia” significasse “ufficiale”, o “obbligatorio”, o “istituzionale”, o “pubblico”, o “grado di solennità”; o come se “liturgia” fosse un’etichetta apposta dall’esterno a un’attività ecclesiale. Una benedizione è liturgica quando è ecclesiale, perché coinvolge il mistero della Chiesa nel suo essere e nel suo agire. È qui che entra in gioco il sacerdote[7]. Quando i fedeli si rivolgono al sacerdote per chiedere la benedizione della Chiesa e il sacerdote li benedice in nome della Chiesa, egli agisce nella persona della Chiesa. Ecco perché questa benedizione non può che essere liturgica, perché è l’intercessione della Chiesa a fornire questo sostegno e non l’intercessione di un singolo fedele.
Non sorprende quindi che il sensus fidei sia disturbato quando si insegna che un sacerdote, richiesto come ministro di Cristo, potrebbe benedire senza che questa benedizione sia un’azione sacra della Chiesa, semplicemente perché non è stato stabilito un rituale. Ciò equivale a dire o che la Chiesa non agisce sempre come Sposa di Cristo, o che non presume sempre di agire come Sposa di Cristo.
3. Ogni benedizione ha uno scopo morale
Una benedizione si applica a persone o cose a cui Dio concede liberamente un beneficio. Il dono concesso da una benedizione soddisfa quindi tre serie di condizioni. – Da parte di Dio, il dono è l’effetto della liberalità divina; ha sempre la sua fonte nella misericordia divina in vista della salvezza. Per questo Dio benedice in base a ciò che ha disposto come via di salvezza, Gesù Cristo Verbo incarnato, morto e risorto per redimerci, ma anche in base a ciò che è utile alla salvezza. Ne consegue, da un lato, che il dono non può essere contrario all’ordine creato, in particolare alla differenza primordiale tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre (cfr. 1Gv 1,5), tra la perfezione e la privazione della perfezione (cfr. Mt 5,48). Né il dono divino può essere contrario all’ordine della grazia, soprattutto in quanto ci rende giusti davanti a Dio (cfr. Rm 5,1ss.). D’altra parte, Dio dà secondo ciò che ritiene opportuno dare a ciascuno al momento opportuno. Dio vede più lontano di noi e vuole dare più di quanto ci aspettiamo. Per questo, tra l’altro, permette tribolazioni, prove e sofferenze (cfr. 1 Pt 1,3ss; 4,1ss) per potare ciò che è morto e far fruttificare ciò che è vivo (Gv 15,2). – Da parte del destinatario, il dono di una benedizione non presuppone che egli sia già perfetto, il che renderebbe il dono inutile, ma presuppone che egli abbia la fede e l’umiltà di riconoscere la propria imperfezione davanti a Dio. Inoltre, affinché il dono produca il suo effetto, il cuore deve essere disposto alla conversione e al pentimento. La benedizione non è per la stagnazione morale, ma per il progresso verso la vita eterna e l’allontanamento dal peccato. – Infine, dal lato della benedizione stessa, c’è un ordine: le benedizioni temporali sono in vista dei beni spirituali; le virtù naturali sono sostenute e ordinate dalle virtù teologali; i beni per se stessi sono in vista dell’amore per Dio e per il prossimo; la liberazione dai mali corporei è in vista delle libertà spirituali; la forza per superare i dolori è in vista della forza per respingere le colpe.
Tutto ciò dimostra che le benedizioni hanno sempre una finalità morale, nel senso che la morale è il modo umano di agire per il bene e di allontanarsi dal male: Dio dà i suoi doni perché l’uomo possa praticare la giustizia obbedendo ai comandamenti e avanzare sulla via della santità sull’esempio di Cristo; l’uomo riceve questi doni come agente razionale che riceve l’aiuto della grazia per diventare buono; i doni sono benefici per la crescita spirituale.
È quindi comprensibile che il sensus fidei sia disturbato quando le benedizioni sono presentate in modo tale da confondere il loro significato morale. Infatti, l’istinto di fede non è legato solo alle verità rivelate, ma si estende alla messa in pratica di queste verità in conformità con la morale del Vangelo e della Legge divina (cfr. ad es. Giacomo 2,14ss.). Per questo motivo il sensus fidei è restio a vedere neutralizzata o distorta la bussola morale delle benedizioni. – Ciò accade quando una condizione della benedizione viene enfatizzata a scapito di altre. Ad esempio, la misericordia e l’amore incondizionato di Dio per il peccatore non precludono la finalità di questa misericordia e di questo amore incondizionato, né annullano le condizioni da parte del beneficiario o l’ordine delle benedizioni. – Allo stesso modo, quando si parla degli effetti piacevoli (conforto, forza, tenerezza) si tace sugli effetti spiacevoli, anche se sono le vie necessarie alla liberazione (conversione, rifiuto del peccato, lotta contro i vizi, guerra spirituale). – Infine, quando ci limitiamo a termini generali (carità, vita) senza indicare le conseguenze concrete che sono la ragione stessa di una particolare benedizione.
4. Dio non benedice il male, a differenza dell’uomo
È necessario ricordare che dalle prime parole della Sacra Scrittura fino alle ultime, la Rivelazione afferma la bontà di Dio e delle sue opere? Dio non solo è vivo, ma è la Vita (Gv 14,6). Dio non è solo buono, è buono per essenza (cfr. Lc 18,19). Per questo “non c’è aspetto del messaggio cristiano che non sia in parte una risposta alla domanda sul male” (CCC, 309), non solo perché l’uomo si pone questa domanda, ma prima di tutto perché Dio è Dio. A differenza di Dio, l’uomo è diviso di fronte al male. Fin dalla caduta originale, ci siamo allontanati dal bene divino a favore di altri fini. La Sacra Scrittura chiama questo modo di smarrirsi, di perdere di vista il vero bene per puntare a un bene apparente, come una freccia che manca il bersaglio, peccato. Il peccato è imputabile all’uomo a causa della sua colpa. E nella sua colpa, l’uomo si impegna nel male.
Questa è la differenza tra Dio e l’uomo: Dio non benedice mai il male, ma benedice sempre per liberarci dal male (una delle richieste del Padre Nostro, cfr. Mt 6,13), affinché siamo perdonati per i nostri peccati e smettiamo di commettere il male, affinché non siamo schiacciati dai nostri peccati ma riscattati da essi. Da parte sua, la tendenza dell’uomo peccatore è certamente quella di rifiutarsi di benedire il male, ma solo fino a un certo punto, cioè finché non prevale il suo compromesso con il male. Arrivato a questo punto, preferisce “compromettere o distorcere la misura del bene e del male per adattarla alle circostanze”, “fa della sua debolezza il criterio di verità sul bene, per sentirsi giustificato solo da essa”[8]. In altre parole, la caratteristica delle benedizioni umane è quella di manomettere regolarmente il termometro morale per accomodare un disordine rispetto al vero bene. Giovanni Paolo II ha presentato la parabola del fariseo e del pubblicano (cfr. Lc 18,9-14) come un’illustrazione sempre attuale di questa tentazione: il fariseo benedice Dio ma non ha nulla da chiedergli se non di conservarlo così com’è; il pubblicano confessa il suo peccato e implora da Dio una benedizione di giustificazione. Il primo ha manomesso il termometro, il secondo si cura fidandosi del termometro.
L’impressione che il termometro morale venga manomesso per benedire atti disordinati non può che rendere sospettoso il sensus fidei. Certo, questo sospetto deve essere depurato da qualsiasi proiezione in una morale ideale o in una rigidità morale valida solo per gli altri. Ma resta il fatto che il sensus fidei colpisce nel segno quando esprime allarme per il fatto che si possa dire che Dio benedice il male. Quale peccatore non sarebbe turbato se una voce autorizzata gli dicesse che, alla fine, la misericordia di Dio benedice senza liberare, e che d’ora in poi sarà accompagnato nella sua miseria ma anche abbandonato alla sua miseria?
5. Magistero: l’innovazione implica responsabilità
“A Dio che rivela dobbiamo portare l’obbedienza della fede” [9]. In concreto, poiché l’intelletto conosce per mezzo di proposizioni, l’obbedienza della fede è un assenso volontario a proposizioni vere. Per esempio, per fede riteniamo vera la proposizione: “Dio Padre Onnipotente è il creatore del cielo e della terra”. Tutte le verità a cui la fede è legata si trovano nell’”unico sacro deposito della parola di Dio”, costituito dalla Sacra Tradizione e dalla Sacra Scrittura. Questo sacro deposito ha un unico autentico interprete, il Magistero. Il Magistero “non è al di sopra della parola di Dio scritta o trasmessa”. Ha la responsabilità, con l’assistenza dello Spirito Santo, “di ascoltare con pietà, di santificare e di esporre fedelmente” la Parola di Dio quando insegna le verità in essa contenute[10]. L’insegnamento del Magistero si divide in due categorie[11]. Il Magistero cosiddetto “solenne” è un insegnamento privo di possibili errori. Le verità insegnate in modo solenne richiedono l’obbedienza della fede in un “omaggio completo dell’intelligenza e della volontà”[12]: è il caso di tutto ciò che è stato appena detto a proposito del sacro deposito della Parola di Dio e della funzione e responsabilità del Magistero. D’altra parte, il Magistero cosiddetto “ordinario” è un insegnamento assistito dallo Spirito Santo, e come tale deve essere accolto con un “religioso omaggio dell’intelligenza e della volontà”[13], anche se è infallibile solo se è universale.
Questi richiami sono importanti quando un testo, che ha tutta l’apparenza di un testo del Magistero cosiddetto “ordinario”, intende insegnare una proposta descritta come un “contributo specifico e innovativo” che comporta un “reale sviluppo”[14]. In questo caso, la proposta è la seguente:
“È possibile benedire le coppie in situazione irregolare e le coppie dello stesso sesso, in una forma che non deve essere fissata ritualmente dalle autorità ecclesiali, per non creare confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio” (FS, n. 31).
Quanto alla conclusione, essa contraddice un Responsum dello stesso Dicastero, emesso tre anni prima, la cui proposizione principale è la seguente:
“Non è lecito dare la benedizione a relazioni o unioni, anche stabili, che comportino pratiche sessuali al di fuori del matrimonio. La presenza in queste relazioni di elementi positivi [non è sufficiente…] poiché questi elementi sono al servizio di un’unione non ordinata al disegno del Creatore”[15].
Ci troviamo quindi di fronte a due proposizioni, che pretendono entrambe di essere vere in quanto emanate dall’”unico interprete autentico” del deposito rivelato, ma che allo stesso tempo sono contraddittorie. Per risolvere questa contraddizione, dobbiamo rivolgerci alle ragioni addotte in ciascuno dei testi.
La dichiarazione Fiducia supplicans ha il privilegio di essere più recente[16]. Nelle sue motivazioni afferma di non contraddire il precedente Responsum: le due proposizioni sarebbero vere, ciascuna secondo una relazione diversa, in modo da essere complementari. La benedizione delle coppie omosessuali a) sarebbe infatti illecita se avvenisse liturgicamente in una forma ritualmente fissata (soluzione del Responsum), ma b) diventerebbe possibile se avvenisse senza rito liturgico e “evitando che diventi un atto liturgico o semiliturgico simile a un sacramento” (FS, n. 36).
Se leggiamo ora il Responsum, vediamo che, nonostante i chiarimenti forniti, la contraddizione rimane. Certo, si corre il pericolo di una confusione con la benedizione nuziale, a cui risponde Fiducia supplicans. Ma questo non è il suo argomento principale. Come spiega il testo sopra citato, la benedizione di una coppia è la benedizione delle relazioni che la compongono, e queste relazioni stesse nascono e sono sostenute da atti umani. Di conseguenza, se gli atti umani sono disordinati (cioè, come abbiamo detto, perdono di vista il vero bene e si attaccano a un bene apparente), se quindi sono peccati, la benedizione della coppia sarebbe automaticamente la benedizione di un male, indipendentemente dagli atti moralmente buoni compiuti altrove (come il sostegno reciproco). L’argomento del Responsum si applica quindi a qualsiasi benedizione venga impartita, sia essa rituale o meno, legata a un sacramento o meno, pubblica o privata, preparata o spontanea. È proprio per ciò che rende questa coppia una coppia per cui la loro benedizione è impossibile.
Ciò che emerge da questo confronto è l’estrema leggerezza con cui Fiducia supplicans si assume la responsabilità magisteriale, nonostante il tema fosse controverso e, contenendo una proposta “innovativa”, fosse richiesta una maggiore attenzione alle condizioni stabilite dal Concilio Vaticano II. In effetti, il testo accumula argomenti a favore di una maggiore sollecitudine pastorale nelle benedizioni, ma questa sollecitudine può benissimo essere soddisfatta da benedizioni su singoli individui, e nessuno degli argomenti forniti giustifica che queste benedizioni siano effettuate su coppie. Più sfortunatamente, il documento elude l’obiezione centrale di Responsum e diluisce i problemi sollevati dalla sua stessa proposta invece di costruire un caso solido, mostrando con il ricorso alla Scrittura e alla Tradizione a) a quali condizioni sarebbe possibile benedire una realtà senza benedire il peccato ad essa collegato, b) come questa soluzione si armonizzerebbe con il Magistero precedente.
L’incoerenza e la mancanza di responsabilità del Magistero sono senza dubbio una causa di grande disturbo per il sensus fidei. In primo luogo, perché introducono incertezza sulle verità effettivamente insegnate dal Magistero ordinario. Più seriamente, minano la fiducia nell’assistenza divina del Magistero e nell’autorità del successore di Pietro, che appartengono al sacro deposito della Parola di Dio.
6. La cura pastorale in un momento di esautorazione gerarchica
Dio è la fonte di ogni benedizione e l’uomo può benedire in nome di Dio solo in modo ministeriale. Il potere di benedire concesso ad Aronne e ai suoi figli (Num 6,22-27), poi agli apostoli (Mt 10,12-13; Lc 10,5-6) e ai ministri ordinati è quindi una concessione accompagnata dall’obbligo di benedire nel Nome di Dio solo ciò che Dio può benedire. La storia della Chiesa ci ricorda che l’usurpazione del potere di benedire da parte dei sacerdoti si traduce in uno sfregio duraturo del volto di Dio agli occhi degli uomini. Questa gravità ci impone di essere prudenti nella cura pastorale delle benedizioni. Da questo punto di vista, la dichiarazione Fiducia supplicans ha posto sia il Magistero che i pastori in una situazione insostenibile, per tre motivi.
In primo luogo, sostenendo che le benedizioni per le coppie irregolari e dello stesso sesso sono possibili a condizione che non vi sia alcun rituale o liturgia, il documento promuove un approccio pastorale, rifiutando però di dare ai pastori qualsiasi indicazione sulle parole e sui gesti appropriati per significare le grazie dispensate dalla Chiesa[17]. Il Dicastero si è anche esplicitamente proibito di regolare gli eccessi, le esagerazioni o gli errori che sono destinati a sorgere, soprattutto in questo settore così delicato, con grande danno per i fedeli che queste benedizioni dovrebbero aiutare[18]. Questa rinuncia all’autorità ecclesiale è coerente con la soluzione promossa. Ma il fatto stesso che essa porti, in questa particolare materia, a sollevare il Romano Pontefice e con lui tutti i vescovi dalla responsabilità della santificazione dei fedeli (munus sanctificandi), alla quale sono comunque tenuti dalla costituzione divina della Chiesa, solleva degli interrogativi[19]. Non si tratta del margine di manovra lasciato ai pastori, ma dell’instaurazione di una “clandestinità istituzionalizzata” per un intero settore dell’attività ecclesiale.
In secondo luogo, il principio introdotto da Fiducia supplicans non ha limiti propri. Certo, la dichiarazione si riferisce in particolare alle “coppie in situazione irregolare e alle coppie dello stesso sesso”. Lasciamo a ciascuno immaginare la varietà di situazioni che rientrano in questo quadro, dalle più scellerate alle più oggettivamente scandalose, e che tuttavia potrebbero essere benedette, così come le coppie di buona volontà e quelle ferite dalla vita che cercano sinceramente l’aiuto divino. Infatti, rinunciando ai riti di benedizione, si rinuncia anche alla loro preparazione, durante la quale i pastori ne giudicano l’opportunità, ne discernono le intenzioni e aiutano a guidarli nella giusta direzione. Allo stesso modo, rendendo incontrollabile la pratica di queste benedizioni, accettiamo in anticipo tutti gli abusi che si verificheranno. Inoltre, il titolo della dichiarazione (“sul significato pastorale delle benedizioni”) e il suo contenuto aprono la strada a un’applicazione molto più ampia, poiché non c’è motivo di limitarla alle coppie. Infatti, seguendo il principio che sta alla base del documento, diventerebbe possibile benedire qualsiasi situazione oggettiva di peccato in quanto tale o qualsiasi situazione oggettivamente determinata dal peccato in quanto tale, anche la più contraria al Vangelo e la più abominevole agli occhi di Dio. Tutto potrebbe essere benedetto… purché non ci siano riti o liturgie.
In terzo luogo, quando i superiori scaricano le responsabilità sugli inferiori, questi ultimi sono lasciati a portare l’intero carico. In questo caso, la Fiducia supplicans invita i pastori a una maggiore sollecitudine pastorale, e le indicazioni che il testo fornisce sono preziose per loro. Da questo punto di vista, il Magistero aiuta i ministri ordinati a esercitare il loro ufficio. D’altra parte, istituzionalizzando la clandestinità nei casi più spinosi, darà luogo a nuove richieste di benedizioni, lasciando gli stessi ministri completamente indifesi. D’ora in poi, i sacerdoti non potranno più contare sul supporto delle norme liturgiche ed episcopali per decidere cosa devono o possono fare. Di fronte a pressioni o ricatti, non potranno più nascondersi dietro l’autorità della Chiesa e rispondere: “non è possibile, la Chiesa non lo permette”. Non potranno più fare affidamento su criteri ben ponderati per giudicare l’opportunità o la direzione da prendere. In ogni caso difficile, dovranno portare sulla propria coscienza il peso della decisione che sono stati costretti a prendere da soli, chiedendosi se sono stati servi fedeli o corruttori del volto di Dio agli occhi degli uomini.
Questo triplice abbandono non può che essere dolorosamente avvertito dal sensus fidei, dai pastori e dai fedeli, come l’impressione che il gregge sia stato lasciato a se stesso, senza guida. Tale carenza è certamente controbilanciata dall’incoraggiamento a una maggiore carità, a prendersi cura dei più deboli, ad accogliere i più bisognosi dell’aiuto divino. Ma era necessario opporre e sacrificare l’una all’altra? Non dovevano forse sostenersi a vicenda?
La Fiducia supplicans ha avuto luogo. Anche risalendo a diversi secoli fa, questo documento non ha equivalenti. I problemi tra il popolo di Dio sono arrivati e non possono essere cancellati. Ora dobbiamo lavorare per riparare i danni e per garantire che le cause, comprese quelle che abbiamo identificato, siano affrontate prima che l’esplosione si diffonda. Questo sarà possibile solo rimanendo uniti attorno al Santo Padre e pregando per l’unità della Chiesa.
Padre Emmanuel Perrier, o.p. (frate domenicano del Convento di San Tommaso d’Aquino a Tolosa)
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Müller: su Fiducia supplicans chiarimenti che confondono
Secondo il porporato tedesco i vari, vani e contraddittori tentativi di spiegare la Dichiarazione più controversa del pontificato fomentano più che sciogliere i dubbi.
Occorre un «ritorno alla chiarezza della Parola di Dio», più che «prostrarsi all’ideologia Lgbt». Lo ha detto il card. Gerhard L. Müller, prefetto emerito della Dottrina della Fede, intervistato dal National Catholic Register riguardo all’ormai famigerata Dichiarazione Fiducia supplicans e ai vani e contraddittori tentativi di chiarificazione.
«Non c’era bisogno di questo documento, ma ora le interpretazioni successive si relativizzano e non fanno altro che approfondire, ampliare la confusione», dice Müller a Edward Pentin, anche perché le persone omosessuali «non vengono portate alla Chiesa relativizzando la verità e sminuendo la grazia, ma dal puro Vangelo di Cristo». Ma il problema per l’ex prefetto si colloca più a monte: «Non esiste un’antropologia chiara, una dottrina chiara: cos’è la grazia? Cos’è il peccato? Cos’è il peccato originale? Quali sono i peccati personali? Cosa fare con la tua volontà e la cooperazione del tuo libero arbitrio con la grazia?».
Sull’eventualità di ritirare Fiducia supplicans Müller risponde che « questa è una domanda per il Papa ed è sua responsabilità. Ma penso che con tutte queste interviste e interpretazioni dell’interpretazione delle interpretazioni, le cose non stiano migliorando».

Don Nicola Bux
NON ESISTONO BENEDIZIONI NON LITURGICHE
Vatican News del 27 febbraio 2024, ha pubblicato l’articolo: Fiducia supplicans, benedizioni non liturgiche e quella distinzione di Ratzinger. Il titolo accosta la recente Dichiarazione, ad alcuni passaggi contenuti nell’Istruzione Ardens Felicitatis del 14 settembre 2000, promulgata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, prefetto il cardinal Ratzinger, con oggetto le preghiere per ottenere da Dio la guarigione. Quel documento nasceva dalla necessità di mettere ordine nella confusione di quegli anni, circa i raduni di preghiera e il carisma di guarigione.
L’accostamento che l’articolo di Vatican News fa, tra le preghiere di cui parla l’Istruzione Ardens Felicitatis e le benedizioni di Fiducia Supplicans è del tutto errato. La preghiera è una domanda insistente, come la parola stessa indica, la benedizione è una formula di approvazione – bene dicere – dall’alto, cioè da parte di Dio. Il buon pastore, a cui accenna l’articolo, che non si dà pace finché non trova la pecorella smarrita, non va a benedire la pecora perché si è smarrita, ma a prenderla sulle spalle per riportarla all’ovile, non senza farle intendere che è andata fuori strada.
Ma torniamo all’Istruzione. Sin dal titolo: Instructio de orationibus ad obtinendam a Deo sanationem (sulle preghiere per ottenere da Dio la guarigione), spiega l’obbiettivo: invocare la liberazione dal male corporale e spirituale. Nessuna preghiera può essere fatta a Dio per confermare lo stato di peccato in cui si fosse caduti. Infatti, il desiderio di felicità insito nel cuore umano, si unisce sempre con la volontà di ottenere la liberazione dalle malattie e di comprenderne il senso, quando se ne fa esperienza.
L’Istruzione Ardens Felicitatis, interveniva pure a disciplinare la novità crescente di raduni di preghiera, che si uniscono a celebrazioni liturgiche finalizzate ad implorare da Dio la guarigione. In casi non del tutto rari, si diffonde la voce di avvenute guarigioni; in tal modo, cresce l’aspettativa di ciò, e l’interesse per tali raduni. In tale contesto, si fa appello ad un opinabile carisma di guarigione. Raduni di questo tipo, indetti per ottenere guarigione, suscitano domande su come li valuti l’autorità ecclesiastica, in specie riguardo all’aspetto liturgico su cui essa deve vigilare e dare norme, affinché sia disciplinato rettamente. A tal fine, l’Istruzione premette la parte dottrinale riguardante le grazie di guarigione e le preghiere per ottenerle. Innanzitutto, il significato della malattia e della guarigione nell’economia della salvezza. Nell’Antico Testamento, il malato che implora da Dio la guarigione, riconosce che a causa dei suoi peccati è afflitto da giuste pene. Ma la malattia affligge anche il giusto, e l’uomo chiede a Dio ragione di ciò: è celebre il caso di Giobbe. Questi è figura di Gesù Cristo, della cui passione, secondo l’Apostolo, l’uomo può essere partecipe col suo dolore e persino gioire (Col 1,24): a tal punto, il Nuovo Testamento eleva la sofferenza.
In secondo luogo, l’Istruzione, presenta il desiderio di guarigione e la preghiera per ottenerla. Dopo che il malato ha accettato la volontà di Dio, è pienamente umano il suo desiderio di riacquistare la salute; non deve abbattersi ma pregare, e il Signore lo curerà. Il documento non si limita alla preghiera di guarigione da parte di ogni singolo fedele per sé e per gli altri, ma ricorda che la Chiesa eleva questa preghiera, specialmente mediante l’Unzione dei malati, che allevia e può anche guarire dal male fisico e psichico, per l’efficacia del sacramento, che è un annunzio di risurrezione. L’Epistola di Giacomo, infatti, mostra come la preghiera dell’unzione non è semplicemente ‘per’ ma ‘sull’infermo’, cioè si tratta di un’azione efficace, come ha definito il concilio di Trento.
Il documento presenta altri tre aspetti: Gesù stesso ha esercitato il carisma di guarigione, dono dello Spirito che viene concesso pure ad alcuni fedeli; le preghiere di guarigione nella tradizione e il carisma di guarigione nell’attuale contesto.
La seconda parte dell’Istruzione, presenta le disposizioni disciplinari. L’art. 2: Le preghiere per ottenere la guarigione – sottolinea – si chiamano liturgiche se si trovano nei libri liturgici approvati, altrimenti sono preghiere spontanee (a proposito di queste devono restare distinte dalle liturgiche e non si devono confondere con quelle: cfr. anche art.5, §1 e 2). Quindi non sono benedizioni, e non hanno efficacia, soprattutto se il fedele non vuol abbandonare lo stato di peccato. Anche il riferimento all’Ordo benedictionis infirmorum, presente nel Rituale Romanum, nel punto 2 dell’Istruzione, riguarda “i testi eucologici”, cioè le preghiere di guarigione in esso contenute, non le formule di benedizione che costituiscono invece il sacramentale vero e proprio; si noti la disposizione dell’art.8 § 2, sulla necessità di tenere distinte le preghiere di esorcismo dalle celebrazioni per ottenere la guarigione, sia liturgiche che non. Dunque, l’articolo di Vatican News incorre in una clamorosa svista, chiamando in causa Ratzinger.
In nessun punto dell’Istruzione si parla di benedizioni. Se si vuole, la distinzione tra preghiere ‘per ottenere’ e benedizioni ‘che ottengono’, è analoga a quella che la liturgia orientale fa tra formule deprecatorie e formule dichiarative. Conviene chiarire poi, che ‘liturgico’ (dal greco: azione del popolo santo) è il culto pubblico della Chiesa, popolo di Dio adunato nel Nome della Trinità; ‘non liturgico’, invece, è l’esercizio di pietà che il singolo fedele fa’ da solo o con altri, ma non coinvolge la Chiesa e necessita la di lei vigilanza, affinché non scivoli in isterismi, artifizi, spettacoli (cfr. art 5, § 3). La liturgia e la pietà privata sono ordinate l’un l’altra, ma non vanno confuse.
Infine, conviene affermare che la benedizione, in ebraico berakah, quale atto spirituale e sacro, fa memoria, loda la presenza di Dio e intercede, affinché la sua potenza discenda sulla persona o sull’oggetto e li santifichi; presenza e discesa possono essere ricondotte rispettivamente a Cristo e allo Spirito Santo: come, nei sacramenti, l’anamnesi e l’epiclesi. La benedizione nutre ed esprime la fede, attraverso il segno di croce e l’aspersione dell’acqua benedetta. La benedizione è un sacramentale, cioè una estensione della grazia del sacramento, che per essere ricevuta esige la buona disposizione a ricevere l’effetto principale del sacramento a cui è ordinato (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, a. 1667).
Premesso che la benedizione non è compatibile con uno stato di peccato – non si può benedire ciò che disgrega, consuma, distrugge – a quale sacramento è ordinata la benedizione di una coppia irregolare? Non è vero che la benedizione non promuove e non giustifica nulla, perché essa promuove implicitamente gli “atti disordinati” e la pseudo unione. Nel testo di Fiducia Supplicans, ricorre esplicitamente sette volte l’espressione “benedizioni di coppie dello stesso sesso”: ma di uno stesso sesso non esiste coppia, perché sono simili, e i simili fanno un paio, non una coppia.
Dunque, non esiste una benedizione che non sia liturgica, quando è fatta da un ministro ordinato, che esercita il munus sanctificandi con e nella sacra liturgia, a nome della Chiesa. L’articolo di Vatican News, dunque, è ingannevole e costituisce una spudorata falsificazione, forse con l’intento di piacere a corte.
Anche i vescovi cattolici in Russia dicono no a queste false benedizioni
MOSCA, 1 marzo
I vescovi cattolici russi ritengono inaccettabile la benedizione delle coppie dello stesso sesso
I vescovi cattolici hanno osservato che la Chiesa è consapevole della sua speciale responsabilità nel sostenere e rafforzare il matrimonio e la famiglia “come comunità privilegiata e unità primaria della società”, e benedice e circonda le unioni matrimoniali e le famiglie con la cura pastorale
MOSCA, 1 marzo. /TASS/. La dottrina della Chiesa cattolica romana sul matrimonio e sulla famiglia rimane immutata anche dopo la pubblicazione di una pertinente dichiarazione vaticana, e la benedizione delle coppie dello stesso sesso è inaccettabile, ha affermato la Conferenza dei vescovi cattolici russi in una comunicazione riguardante i risultati di una riunione plenaria dei vescovi di Listvyanka, nella regione di Irkutsk, secondo le informazioni pubblicate sul sito web dell’arcidiocesi cattolica romana di Mosca.
“Tenendo conto dei malintesi sorti riguardo alla dichiarazione [della Santa Sede del 18 dicembre 2023] ‘Fiducia supplicans’, la Conferenza dei Vescovi cattolici della Russia ha ritenuto necessario sottolineare che la dottrina cattolica [romana] sulla famiglia e sul matrimonio rimane immutato. Solo un uomo e una donna uniti in matrimonio formano una famiglia insieme ai loro figli. <…>. Per evitare tentazioni e confusioni, la Conferenza dei Vescovi cattolici della Russia sottolinea il fatto che la benedizione di qualsiasi tipo di Le coppie che persistono in rapporti non regolamentati dal punto di vista della morale cristiana (convivenza, seconde nozze bigame, matrimoni omosessuali) sono inaccettabili”, si legge nella comunicazione degli anziani religiosi.
I Vescovi cattolici hanno osservato che la Chiesa è consapevole della sua speciale responsabilità nel sostenere e rafforzare il matrimonio e la famiglia “come comunità privilegiata e unità primaria della società”, e benedice e circonda le unioni matrimoniali e le famiglie con la cura pastorale.
“Nello spirito di misericordia evangelica e di amore materno, la Chiesa non ha e non rifiuta la preghiera di intercessione alle persone in diverse situazioni, chiedendo per loro la grazia di Dio, necessaria per la conversione, il rafforzamento nelle buone intenzioni, e l’inizio o la continuazione della via della giustizia”, aggiunge la comunicazione.
La dichiarazione “Fiducia supplicans” del Vaticano è stata adottata il 18 dicembre 2023 dal Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) della Chiesa Cattolica Romana ed è stata poi firmata da Papa Francesco. Per la prima volta nella storia della Chiesa cattolica romana, un documento vaticano suggerisce forme per benedire le unioni tra persone dello stesso sesso, chiarendo al contempo che tali benedizioni non sono equivalenti al sacramento del matrimonio.
Dopo la pubblicazione della dichiarazione vaticana, i vescovi cattolici in Africa e Madagascar, Kazakistan, Ungheria e alcuni altri paesi, nonché i vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina, hanno deciso che non avrebbero benedetto le unioni omosessuali e che il documento vaticano non ha valore ecclesiastico o legale. La dichiarazione è stata condannata anche dalla Chiesa ortodossa russa. In precedenza, il Vaticano aveva anche affermato che i rappresentanti delle minoranze sessuali, come tutti i credenti, possono essere battezzati, così come essere padrini e testimoni di una cerimonia nuziale celebrata in una chiesa.
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La dottrina della Chiesa cattolica romana sul matrimonio e sulla famiglia rimane immutata anche dopo la pubblicazione di una importante dichiarazione vaticana, e la benedizione delle coppie dello stesso sesso resta inaccettabile, ha affermato la Conferenza dei vescovi cattolici russi in una comunicazione riguardante i risultati di una riunione plenaria dei vescovi di Listvyanka, nella regione di Irkutsk, secondo le informazioni pubblicate sul sito web dell’arcidiocesi cattolica romana di Mosca.
“Tenendo conto dei malintesi sorti riguardo alla dichiarazione [della Santa Sede del 18 dicembre 2023] ‘Fiducia supplicans’, la Conferenza dei Vescovi cattolici della Russia ha ritenuto necessario sottolineare che la dottrina cattolica [romana] sulla famiglia e sul matrimonio rimane immutata. Solo un uomo e una donna uniti in matrimonio formano una famiglia insieme ai loro figli. <…>. Per evitare tentazioni e confusioni, la Conferenza dei Vescovi cattolici della Russia sottolinea il fatto che la benedizione di qualsiasi tipo di coppie che persistono in rapporti non regolamentati dal punto di vista della morale cristiana (convivenza, seconde nozze bigame, matrimoni omosessuali) sono inaccettabili”, si legge nella comunicazione degli responsabili religiosi.
I Vescovi cattolici hanno osservato che la Chiesa è consapevole della sua speciale responsabilità nel sostenere e rafforzare il matrimonio e la famiglia “come comunità privilegiata e unità primaria della società”, e benedice e circonda le unioni matrimoniali e le famiglie con la cura pastorale.
“Nello spirito di misericordia evangelica e di amore materno, la Chiesa non ha e non rifiuta la preghiera di intercessione alle persone in diverse situazioni, chiedendo per loro la grazia di Dio, necessaria per la conversione, il rafforzamento nelle buone intenzioni, e l’inizio o la continuazione della via della giustizia”, aggiunge la comunicazione.
ma non è obbligatorio…. leggere qui (articolo con approvazione del Papa) https://www.laciviltacattolica.it/articolo/affidarsi-al-signore-e-alla-sua-misericordia/ “la benedizione è una possibilità, non un obbligo. Obbligo, sì, è accogliere, accompagnare, aiutare a fare dei passi, anche se piccoli, in direzione della verità del Vangelo.”

Insieme a circa 30 altre comunità cristiane in Norvegia, i vescovi cattolici hanno firmato una dichiarazione ecumenica sulle questioni della teoria del genere e della sessualità, per dare «un contributo costruttivo»; il documento intitolato “Dichiarazione ecumenica sulla diversità di genere e sessuale” è stato pubblicato ieri e «nasce in preghiera, dal nostro impegno per la nostra nazione e dal desiderio di costruirla», afferma il presidente della Conferenza episcopale nordica, Erik Varden von Trondheim.
In un’intervista con Cna Deutsch, il vescovo ha spiegato: «Il progetto ha come sottofondo una dichiarazione ecumenica del 2016 sul matrimonio, di cui anche i vescovi cattolici sono stati cofirmatari. Un seminario tenutosi questa primavera ha stimolato l’idea che sarebbe potuto essere costruttivo prendere in considerazione una dichiarazione simile sulla questione della “diversità” sessuale e di genere, un argomento attualmente molto discusso e che incide profondamente sulla vita di molte persone».
In una società che non riconosce, anzi rifiuta, la realtà oggettiva delle cose, è ancor più importante dimostrare che la visione antropologica cristiana «è in linea con i dati empirici. Una comprensione cristiana della vita è eminentemente concreta», spiega ancora con Trondheim. È da qui che prende le mosse la dichiarazione ecumenica, che si prefigge di riconoscere la «realtà biologica […] nel rispetto dei diritti dei bambini». «Dio è il Creatore dell’universo e lo sostiene nell’esistenza. Ha creato l’essere umano come uomo e donna. Tutti gli esseri umani sono creati a immagine di Dio. Tutti sono profondamente amati da Lui e possiedono lo stesso inalienabile valore e la stessa inviolabile dignità. Il matrimonio, secondo l’ordine della creazione e del diritto naturale, è l’unione tra un uomo e una donna. Il matrimonio è stato istituito da Dio, confermato da Cristo e dagli Apostoli, e riconosciuto dalla Chiesa cristiana in tutti i secoli (cfr. Genesi 1,26-28 e Matteo 19,4-6). Il matrimonio tra un uomo e una donna costituisce il quadro biblico per le relazioni sessuali. Altre forme di relazioni sessuali sono varianti di una “diversità sessuale” che contraddice la teologia della creazione biblica e l’etica di Gesù, anche se tali relazioni fossero caratterizzate da fedeltà duratura», così inizia la dichiarazione.
Poiché è necessario oramai spiegare l’ovvio, nel testo si ribadisce la realtà biologica dell’uomo e della donna: «Esistono solo due sessi biologici: maschile e femminile. Il sesso dell’essere umano è deciso nel momento del concepimento. Il nostro sesso è determinato dalla grandezza e dalla funzione delle cellule germinali»; per poi spiegare che «l’idea che esista un sesso soggettivo e una “identità di genere” che si possa scegliere liberamente e che si basi sui sentimenti è il risultato di un’ideologia e non ha fondamento nella biologia o nella scienza naturale».
Chiarendo che la Chiesa cattolica non è «un corpo lontano, cinico e burocratico», bensì «Mater e Magistra» – afferma ancora nell’intervista il presidente della Conferenza episcopale nordica -, l’impegno dei sacerdoti sarà sempre accompagnare tutti, in quanto «ogni essere è amato da Dio». Tuttavia, si chiarisce che «come pastori […] siamo ordinati a proclamare e insegnare non idee di nostra creazione, ma il Vangelo di Cristo come insegnato ed esposto dal Magistero della Chiesa cattolica». Da “Madre e Maestra”, la Chiesa ha una profonda conoscenza ed esperienza nel campo dell’animo umano e della persona, per questo «cerca di farci crescere oltre le nostre categorie e aspettative troppo ristrette, verso quella pienezza dell’essere che la tradizione cristiana chiama santità, una partecipazione alla vita di Dio stesso», senza fare «concessioni a scapito delle verità bibliche, anche se tali verità sono in conflitto con linee guida politiche o tendenze sociali attuali».
A partire da questi assunti, nella dichiarazione si passa a mettere in guardia rispetto ai danni che producono l’ideologia gender e la grande menzogna che una persona possa essere nata nel corpo sbagliato – la storia di Luka Hein ne manifesta tutte le ferite (qui per leggere la nostra intervista) -: «È estremamente problematico far confrontare i bambini e gli adolescenti con l’idea […] che esistano “ragazzi, ragazze e altri generi” e insegnare loro che esiste un “genere interiore”». La dichiarazione invita a guardare ai danni già fatti: «Le conseguenze della vicenda della clinica Tavistock in Inghilterra [qui per leggere l’intervista alla giornalista della Bbc che ha condotto un’inchiesta sul caso] sono un esempio ben noto di come sono state affrontate queste ferite, ma non è certo l’unico», aggiunge nell’intervista von Trondheim.
I vescovi affrontano poi il tema dei diritti, oggi innominabili, che ha il bambino: «Privare consapevolmente e intenzionalmente un bambino della possibilità di conoscere la madre o il padre o le famiglie dei genitori biologici – ad esempio attraverso la fecondazione artificiale o la maternità surrogata – è una violazione della volontà creativa di Dio e dei diritti del bambino». Sebbene infatti «tutti i bambini sono ugualmente preziosi e amati da Dio, indipendentemente dal modo in cui sono stati concepiti», è necessario ribadire che «il benessere del bambino deve sempre avere la priorità rispetto alle richieste e ai desideri degli adulti», senza peraltro contrastare la stessa Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia nell’articolo 7 citata dai vescovi: «È un diritto umano del bambino conoscere i propri genitori e, per quanto possibile, essere accudito da loro».
In ultimo, la dichiarazione afferma: «La libertà di opinione e di coscienza e la libertà religiosa sono per noi valori centrali ed essenziali»; ed è proprio all’interno di questa libertà che «crediamo che anche la nostra voce meriti di essere ascoltata», prosegue l’intervista. Senza far mistero che «le autorità governative e le istituzioni pubbliche abusino del loro mandato e del loro potere quando cercano di costringere cittadini e organizzazioni ad adattarsi alla “teoria queer” riguardo al genere, alla sessualità e al matrimonio» è ancor più urgente il ruolo della Chiesa nell’«affermare la preziosità della vita la preziosità della vita di ogni persona in cui vogliamo riconoscere una sorella, un fratello, un potenziale amico, vedendola, per quanto possibile, come la vede Dio, cioè con immensa speranza», conclude il vescovo Erik Varden von Trondheim.
Io gay dico: “se la Chiesa vuole mostrare vero rispetto, porti Cristo, non il falso conforto di padre Martin”
Mi ha molto colpito questa testimonianza di Joseph Sciambra, omosessuale, una testimonianza che nasce dalla carne, la sua. Per usare le sue parole, una possente denuncia contro il “falso conforto di padre James Martin”.
All’età di sedici anni, dopo un’indifferente educazione cattolica, mi sono recato inspiegabilmente in visita al sacerdote locale.
Non sapevo bene perché volevo vederlo. E’ stato durante l’apice della crisi dell’AIDS, ed ero terrorizzato, perché in quel tempo ero fuori di me. Ero un ragazzino triste e solo, senza amici maschi o modelli di ruolo. Avevo abbandonato la fede cattolica, ma volevo parlare con un uomo – qualsiasi uomo – e non sapevo dove altro andare. Nervosamente farfugliando poche semplici parole, mi sono seduto nel confessionale ed ho detto al sacerdote: “Sono gay“. Il sacerdote mi assicurò che Dio aveva capito. Dio mi aveva “fatto così“. Il suo tentativo di compassione e comprensione portò alla luce ricordi delle mie classi di “religione” di scuola media e superiore, durante le quali era stato sottolineato il primato della coscienza. Secondo il sacerdote, avrei dovuto praticare “sesso sicuro“. Questo era il ruolo proprio della coscienza: doveva indurmi ad agire “responsabilmente“.
Meno di due anni dopo, sono entrato nel quartiere Castro di San Francisco. Per un po’ di tempo, ho giocato al sicuro; più tardi, non l’ho fatto. Dopo qualche anno, in un momento in cui la mia vita non andava così bene, parlai con un altro sacerdote. Egli mi offrì lo stesso consiglio che mi aveva dato il primo sacerdote, ma aggiunse che avevo bisogno di stabilizzarmi con un partner. Ho provato anche questo. Ma non credo di aver fatto grandi cambiamenti nello stile di vita sulla base di quello che mi avevano detto questi sacerdoti. Per la maggior parte, la mia mente era già definita: credevo di essere nato gay. Che qualche Dio mi avesse fatto così o meno, non mi importava molto. In un certo senso, questi sacerdoti avevano facilitato la mia vita confermando ciò che già pensavo. Eppure a sedici anni, quando parlai con quel primo sacerdote, avevo segretamente voluto che dicesse qualcos’altro. Avevo voluto che fosse forte – Avevo voluto che mi salvasse da me stesso.
Oggi (cioè ieri, ndr) il celebre sacerdote James Martin, S.J. parla al World Meeting of Families di Dublino, Irlanda. Il tema della sua presentazione è “Mostrare accoglienza e rispetto nelle nostre parrocchie per le persone LGBT e le loro famiglie“. Nel suo libro Costruire un ponte: Come la Chiesa cattolica e la comunità LGBT possono entrare in un rapporto di rispetto, compassione e sensibilità, Martin loda il Catechismo per aver detto che gli omosessuali devono essere trattati con “rispetto, compassione e sensibilità” e che “ogni segno di ingiusta discriminazione deve essere evitata“. In superficie, il messaggio di James Martin appare compassionevole e sensibile.
In realtà, è conflittuale e confuso. Pur lodando l’appello del Catechismo alla sensibilità, Martin lo denuncia anche come “inutilmente offensivo“ nei confronti degli omosessuali perché descrive l’omosessualità come intrinsecamente disordinata. Martin ha proposto che il Catechismo adotti invece la frase “diversamente ordinato”.
Ma se quella frase fosse stata nel Catechismo quando sono tornato nella Chiesa cattolica dopo anni di vita nel peccato, sarei tornato solo alla mia morte. Dopo aver vissuto per più di un decennio come omosessuale sessualmente attivo, finalmente ho cercato Cristo come un uomo spezzato e umiliato. La mia salute era peggiorata. Avevo visto i miei amici morire di AIDS e ho capito che ero il successivo. Ma anche allora avevo paura di andarmene. Dove andare? Fortunatamente, ho trovato che potevo andare a casa. Anche se ogni sacerdote che ho incontrato presumeva che avrei dovuto continuare nel mio peccato, i miei genitori non lo hanno mai fatto. Mi hanno dato un posto per guarire.
Per un po’ di tempo ho lottato con il Catechismo e con Dio. Mi sono reso conto che l’attività omosessuale è sbagliata. Ho potuto vedere la natura distruttiva del sesso gay nel mio corpo in frantumi. Ma non potevo accettare che, durante tutti quegli anni trascorsi in un paese lontano, le mie sofferenze fossero state vane, che innumerevoli uomini gay fossero morti per niente, che tutti noi avessimo ceduto a una menzogna. Eppure lo abbiamo fatto. Nella mia epoca, alcuni ascoltavano la menzogna attraverso la cultura popolare, sulla scia di “Y.M.C.A.” (brano musicale, vedi sotto, ndr), che prometteva cameratismo maschile per quelli abbastanza coraggiosi da seguire Madonna e “Express Yourself”.
I sacerdoti superficialmente premurosi e compassionevoli che avevo incontrato in gioventù, infatti, non avevano fatto nulla per aiutarmi. Invece di dirmi la verità – che gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati – mi hanno dato delle pacche sulla schiena e mi hanno lasciato andare sulla mia strada. Invece di chiamarmi al celibato e incoraggiarmi a vivere una vita casta, mi hanno lasciato come mi hanno trovato: confuso. Le parole di questi sacerdoti, pronunciate a un giovane con pochissima fede, hanno permesso a quell’uomo di rimanere nel peccato mortale per anni, non pentito e separato da Dio.
Se questo consiglio sacerdotale può così danneggiare la vita di un giovane, immaginate il danno che le parole di padre Martin faranno agli innumerevoli giovani che partecipano sinceramente all’Incontro Mondiale delle Famiglie. Se la Chiesa vuole mostrare vero rispetto, compassione e sensibilità verso le persone omosessuali, deve offrire loro le parole di Cristo – non il falso conforto di padre Martin.
Fonte: First Thing
Io omosessuale sono stato incoraggiato alla omosessualità da sacerdoti della Chiesa cattolica
Joseph Sciambra è un uomo arrabbiato. Ha scandagliato le profondità della sottocultura omosessuale. Ha sofferto per il suo coinvolgimento nella promiscuità, nella pornografia, nell’abuso di droghe e nell’autolesionismo. Ne sta pagando ancora il prezzo, nella sofferenza fisica e psicologica. Ha visto un amico dopo l’altro morire di AIDS. Ora, avendo riscoperto la sua fede cattolica e riformato la sua vita, osserva frustrato come i preti cattolici incoraggiano i giovani uomini ad esplorare la stessa strada che lo ha quasi portato alla rovina, e come i vescovi cattolici si rifiutano di intervenire.
Nel suo libro Disordinato [Amazon porta solo la versione Kindle; copie cartacee sono disponibili sul sito web dell’autore], Sciambra racconta come si è immerso nella vita spericolata del famigerato quartiere di Castro di San Francisco. In alcuni dettagli espliciti descrive le degradanti pratiche sessuali che lì vengono accettate, pratiche che sono state guidate dalla disperazione emotiva. (Questo libro rimarrà su uno scaffale alto; non vorrei che i giovani impressionabili scoprissero questo tipo di squallore morale). In piena confessione, Sciambra non si risparmia, ma descrive i suoi peccati. Allo stesso tempo riesce a dare al lettore un forte senso di quanto fosse orribilmente infelice. Questo libro illustra vividamente come il peccato grave porta a una vita di desolazione.
Finalmente questo giovane autodistruttivo raggiunge un punto di non ritorno. La sua salute si deteriora completamente; è vicino alla morte, e non è molto interessato a rimanere in vita. Ma chiede aiuto, la madre risponde, e inizia il lungo cammino verso il recupero fisico e il ravvedimento morale.
Per questo lettore, la conversione spirituale è arrivata appena in tempo; non avrei potuto sopportare molto di più il tour che fa venire il volta stomaco attraverso un mondo di perversione e sfruttamento senza gioia. Ma la storia di Sciambra non è finita affatto.
Per prima cosa c’è la storia della conversione stessa. È sempre affascinante vedere come il “Segugio del Cielo” insegua un’anima errante. Nel caso di Sciambra, c’è la graduale realizzazione che per tutta la sua vita ha desiderato un rapporto intimo con un uomo da poter ammirare e di cui potersi fidare, fino a quando finalmente incontra il Dio-Uomo che solo Lui può riempire quel bisogno doloroso.
Ma c’è di più, purtroppo. Sciambra non può dimenticare che quando ha iniziato a esplorare la vita omosessuale, è stato incoraggiato dai sacerdoti cattolici.
Non dimenticherò mai come, durante un intervento fallito di una cena organizzata dai miei genitori, il prete abitualmente felice che avevano invitato per mettere il figlio ribelle sulla retta via mi dette una pacca sulla schiena e mi dice che stavo facendo proprio bene; appartenevo a Castro [quartiere gay di San Francisco] con coloro che mi capivano.
Non è stato un incidente isolato. In diverse occasioni, i sacerdoti a cui il giovane Sciambra si rivolse per un consiglio gli diedero lo stesso tipo di consiglio: abbracciare la sua omosessualità, continuare a fare le stesse cose che stavano torturando e corrompendo la sua anima.
Triste a dirsi, la stessa modalità continuò dopo la sua esperienza di conversione. Recuperando la sua fede, la sua salute e la sua sanità mentale, si fermò per un po’ di tempo presso una comunità religiosa – e lì scoprì la sottocultura omosessuale. Quando riferì il problema ai funzionari della Chiesa, aspettandosi una risposta rapida, rimase molto deluso.
Nella migliore delle ipotesi, la risposta che ho ricevuto è stata quella di un freddo sospetto… Nella comunità omosessuale maschile, non sono riuscito a trovare un solo uomo; nella gerarchia maschile della Chiesa cattolica, ho scoperto lo stesso dilemma. Per un minuto ho pensato di andarmene. Non ne vale la pena. Ma, dove potrei andare? L’angoscia che ho sopportato nella Chiesa cattolica ha superato quella che ho vissuto a Castro.
E continua ancora oggi. Spinto dallo zelo di un convertito e dal ricordo di amici morti miseramente per malattie autoinflitte, Sciambra si assume la responsabilità di agire come missionario verso gli omosessuali. Torna a Castro, distribuendo grani di rosario. Va alle sfilate del Gay Pride e dice ai partecipanti che Gesù li ama. Cerca, nei suoi modi non convenzionali, di diffondere il messaggio di guarigione del Vangelo. E si arrabbia, perché non riceve alcun aiuto dalla Chiesa che ama.
Peggio ancora: incontra l’opposizione, non solo occasionalmente ma costantemente. I vescovi che appoggiano il messaggio sovversivo di padre James Martin, naturalmente, non avranno tempo di parlare con Sciambra. Ma anche altri vescovi – quelli che hanno la reputazione di essere ortodossi – lo evitano. È un paria.
Così Sciambra ha portato la sua causa su Internet. Con una presenza molto attiva sui social media, denuncia la sottocultura gay all’interno della Chiesa e la negligenza della gerarchia che permette a questa sottocultura di prosperare. Non tira pugni.
Prima che iniziassi questa campagna di sensibilizzazione, pensavo che la mia lotta sarebbe stata con la comunità gay laica. No, quello non è stato il fronte di battaglia. C’è una guerra civile gay nella Chiesa. Quelli che si battono per la verità sono pochi e mal equipaggiati; non abbiamo quasi nessun sostegno da parte della gerarchia. Nel frattempo la parte che sostiene la cultura gay controlla intere parrocchie e ministeri LGBT in quasi tutte le principali arcidiocesi… e decide anche chi deve parlare al più grande raduno di cattolici degli Stati Uniti: il Congresso dell’Educazione Religiosa di Los Angeles.
Disordinato è un libro strano che, ad essere sinceri, avrebbe potuto beneficiare del lavoro di un buon editore. Ci sono alcuni errori sintattici, alcuni passaggi ripetitivi, e alcuni problemi generali di organizzazione del materiale. Ma anche la presentazione grezza a volte trasmette un senso di urgenza che aumenta la potenza della presentazione.
Dopo aver raccontato la sua storia di vita, Sciambra aggiunge una serie di saggi, tutti riguardanti le sfide dell’affrontare l’omosessualità. Alla fine, il messaggio dell’autore è abbondantemente chiaro. Ma il saggio finale del libro è un altro resoconto autobiografico, di natura molto diversa. Sciambra racconta come lui e suo padre hanno evitato per un pelo la morte in un incendio nel bosco. Il racconto della sua frenetica, ultima disperata fuga – letteralmente guidare attraverso le fiamme – conclude il libro in modo emozionante, e rappresenta una metafora appropriata per la vita di Sciambra.
Fiducia supplicans, benedizioni non liturgiche e quella distinzione di Ratzinger
La dichiarazione Fiducia supplicans, pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della fede lo scorso dicembre, com’è noto e com’è stato peraltro ben sottolineato da molti, non cambia la tradizionale dottrina sul matrimonio che prevede la benedizione nuziale soltanto per l’uomo e la donna che si sposano. Ad essere approfondita dal documento, che ammette la possibilità di semplici benedizioni spontanee anche a coppie irregolari o composte da persone dello stesso sesso senza che questo significhi benedire la loro unione né approvare la loro condotta di vita, è invece la natura delle benedizioni. Fiducia supplicans infatti distingue tra quelle liturgiche o rituali, e quelle spontanee o pastorali. A proposito delle prime, le benedizioni liturgiche, esistono due modi di comprenderle. C’è un senso ampio, che considera ogni preghiera fatta da un ministro ordinato come “liturgica”, anche nel caso che venga data senza una forma rituale e senza attenersi a un testo ufficiale. E c’è un senso più stretto, secondo cui una preghiera o un’invocazione sulle persone è “liturgica” solo quando è eseguita “ritualmente”, e più precisamente quando si basa su un testo approvato dall’autorità ecclesiastica.
Alcuni dei critici che hanno messo in discussione la recente dichiarazione, di fatto ritengono lecito soltanto il senso ampio e pertanto non ritengono accettabile la distinzione tra preghiere o benedizioni “rituali” e “liturgiche”, e preghiere o benedizioni “pastorali” e “spontanee”. Fra questi, c’è ad esempio chi obietta che anche la liturgia ha una rilevanza pastorale. Ma a questo proposito è opportuno osservare che Fiducia supplicans, attribuisce alla parola “pastorale” un senso peculiare: vale a dire, il senso di una cura particolarmente rivolta all’accompagnamento di coloro a cui è offerta la benedizione; ad immagine del “buon pastore” che non si dà pace finché non trova ciascuno di coloro che si sono smarriti. Altri sostengono che tutte le preghiere sarebbero “liturgiche” e quindi tutte sarebbero soggette a ciò che è richiesto per la liturgia della Chiesa. A questa obiezione ha risposto lo stesso Papa Francesco, nel discorso rivolto ai partecipanti alla plenaria del Dicastero per la Dottrina della fede lo scorso 26 gennaio, insistendo sull’esistenza di benedizioni pastorali o spontanee che, «fuori da ogni contesto e forma di carattere liturgico – ha spiegato – non esigono una perfezione morale per essere ricevute». Le parole del Pontefice confermano dunque l’orientamento a considerare il senso più stretto per le benedizioni liturgiche.
Un precedente importante, a proposito della distinzione tra ciò che è liturgico e ciò che non lo è, lo si ritrova in una istruzione dell’anno 2000, pubblicata dall’allora Congregazione per la Dottrina della fede, firmata dal cardinale Joseph Ratzinger e approvata da Giovanni Paolo II.
Oggetto di quell’istruzione sono le preghiere per ottenere da Dio la guarigione. Al punto numero due della prima parte del documento si ricorda che «nel De benedictionibus del Rituale Romanum, esiste un Ordo benedictionis infirmorum, nel quale ci sono diversi testi eucologici che implorano la guarigione». Nella parte finale dell’istruzione, dedicata alle disposizioni disciplinari, c’è poi un articolo (2) che recita: «Le preghiere di guarigione si qualificano come liturgiche, se sono inserite nei libri liturgici approvati dalla competente autorità della Chiesa; altrimenti sono non liturgiche». Dunque si sancisce che esistono preghiere di guarigioni liturgiche o rituali, e altre che non lo sono, ma che pure sono legittimamente ammesse. Nell’articolo successivo si ricorda che quelle «liturgiche si celebrano secondo il rito prescritto e con le vesti sacre indicate nell’Ordo benedictionis infirmorum del Rituale Romanum». Da queste citazioni del testo firmato da Ratzinger e approvato da Papa Wojtyla si evince come il significato del termine “liturgico” utilizzato in Fiducia supplicans per definire le benedizioni rituali, diverse da quelle pastorali, rappresenti certamente uno sviluppo ma che si inserisce nell’alveo del magistero degli ultimi decenni.
Tra le benedizioni esistono poi altre distinzioni: alcune rappresentano delle consacrazioni, o il suggello al sacramento celebrato dagli sposi (nel caso della benedizione nuziale); altre rappresentano delle preghiere di invocazione che dal basso salgono verso Dio; altre ancora (è il caso degli esorcismi) hanno lo scopo di allontanare il male. Fiducia supplicans chiarisce ripetutamente che impartire una benedizione pastorale o spontanea – senza alcun elemento nuziale – a una coppia “irregolare” che si avvicina a un sacerdote o a un diacono non significa e non può rappresentare in alcun modo una forma di approvazione dell’unione tra i due. Non può, recita il documento, essere considerata «una legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio» né «a una prassi sessuale extra-matrimoniale». Il significato è invece quello di un’invocazione a Dio perché permette ai semi di bene di crescere nella direzione da Lui voluta.


