Don Alberto Secci esplora il significato profondo delle tentazioni di Cristo, esortando i fedeli a non considerarle un mero esercizio liturgico. Si sottolinea come i misteri di Cristo, incluse le tentazioni nel deserto, siano intrinsecamente legati all’esperienza umana. Don Alberto invita a non psicologizzare la tentazione, ma ad affrontarla concretamente, imitando l’obbedienza di Gesù alla volontà del Padre. Vivere le tentazioni con Cristo significa accogliere la grazia e crescere spiritualmente, trasformando le difficoltà in occasioni di santificazione. La Quaresima, quindi, diventa un tempo per abbracciare la lotta interiore con determinazione e gioia.
I misteri di Cristo sono più nostri che suoi
Trascrizione dell’omelia di Don Alberto Secci del 9 marzo 2025, prima Domenica di Quaresima.
Sia lodato, Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Entriamo nel mistero delle tentazioni di Cristo.
Per entrare in Quaresima occorre entrare dentro il mistero delle tentazioni di Cristo, così evitiamo il grande pericolo di un gioco liturgico, per cui giochiamo a far la Quaresima. non sentite che è così? Adesso c’è la Quaresima, poi c’è la Pasqua, poi c’è l’estate col tempo ordinario, poi torna l’Avvento… Un gioco!
Non è un gioco! Tutto corrisponde ai misteri della vita di Cristo. Cosa sono i misteri? Ciò che Gesù Cristo, Dio fatto uomo, ha vissuto.
E non a caso, nella prima domenica di Quaresima, il mistero che ci è chiesto di guardare — ma più che guardare — è il mistero, il fatto, delle tentazioni di Cristo nel deserto.
Grazie a Dio la Chiesa ci fa considerare questo, sennò la Quaresima, ripeto, diventa un gioco, anche quando è fatta bene, ma è un gioco nostro, anche di penitenzia seria, ma è nostra, non serve.
Tutto ciò che il Signore ha vissuto, ciò che Gesù Cristo ha vissuto come uomo vero, che è anche Dio, ma come uomo! C’è la verità del Natale, dell’Incarnazione, da non dimenticare! Se no tutto salta, eh?
Se non è una finzione Gesù condotto dallo Spirito del deserto, il demonio che gli dice questo, Lui che gli risponde: “Non è così!”. È una vera tentazione quella di Cristo! Ma come? Il Signore è tentato? Sì!
Sapete cos’è la tentazione? Sapete dargli un volto? Sapete sentirne per esperienza? Andate alle vostre tentazioni
Cristo è stato tentato. Non è un gioco. Non è una finzione.
È il mistero dell’unione delle due nature nella persona di Gesù. Vero Dio e vero, vero, vero uomo!
Ma non sono le tentazioni tutto ciò che il Signore ha vissuto nei 33 anni su questa terra, ciò che Cristo ha vissuto come vero uomo e vero Dio. I misteri del Signore Gesù Cristo sono anche i nostri, sono anche i nostri, anzi sono più nostri che suoi.
Un grande autore spirituale, Columba Giuseppe Marmion, ha pagine bellissime su questo. Le abbiamo anche fatte tante volte, in Dottrina, ma le dimentichiamo. I misteri di Cristo sono più nostri che suoi. Ma sono veri, ciò che il Signore ha vissuto è vero. È reale. Non è finzione retorica.
Perché sono nostri i misteri di Cristo?
Ciò che il Signore ha vissuto e quindi anche le tentazioni nel deserto — vi supplico, ci vuole questa premessa, se non è chiaro, se non moralizziamo in modo laico sulla tentazione. Cioè, la riduzione moralistica del cristianesimo, è mortale.
Facciamo diventare la questione delle tentazioni una buffonata, mentre è una cosa drammatica. Drammatica vuol dire che non è tragica, ma c’è una profondità di vita che ti hai chiesto di vivere, che noi non cogliamo, per cui perdiamo la grazia delle tentazioni.
Sì, ho detto la grazia delle tentazioni. Oso arrivare fino a dire delle cose che possono sembrare contraddittorie, ma per far capire.
Tutti i misteri, tutto ciò che il Signore ha vissuto è anche nostro, perché, per primo, Gesù Cristo li ha vissuti per noi.
Tutta la sua vita umana, l’ha vissuta per noi. Certo, l’ha vissuta obbediente al Padre, per la gloria di Dio Padre. “Io faccio sempre ciò che piace al Padre”, dice Gesù, quindi è per questo che lo fa. Ma per la gloria del Padre vuol dire anche per noi e per la nostra salvezza, per cui tutto ciò che il Signore ha vissuto, comprese le tentazioni del deserto, sono per noi.
Secondo. Vivendole Gesù è nostro modello. A un certo punto il Signore disse “Io sono la via”, cioè io sono il modello, io sono il metodo con cui devi vivere tutto, anche le tentazioni.
Terzo. I misteri di Cristo, quindi anche le tentazioni del deserto, sono nostre, più nostre che sue, perché, vivendole, Cristo forma una sola cosa con noi: è il mistero della Chiesa, il Christus totus, Capo e membra. Noi siamo le membra di Cristo, lui è il Capo, un corpo unico, il corpo mistico di Cristo.
Quindi quando Gesù vive la sua vita terrena, quando vive le tentazioni nel deserto, le vive unito a noi. Non dimentichiamolo questo. Non dimentichiamolo quando ci sarà chiesto di entrare in tentazione.
È vero che cambia tutto con queste tre considerazioni. Ciò che il Signore vive, lo vive per noi, come nostro modello, con noi, unitissimo a noi.
C’è una frase di Columbo Marmion che dice: “L’Eterno Padre ci ha veduti insieme col Figlio suo. Dio Padre ci ha veduti dall’eternità — pensate! — ci ha veduti col Figlio suo in ciascuno dei misteri vissuti da Gesù”.
Quando Gesù vive le tentazioni del deserto, Dio Padre vede Gesù tentato nel deserto e vede noi tentati e vede le nostre tentazioni. Cambia tutto! Cambia la Quaresima!
Non se ne può più di questo cristianesimo ridotto, scheletrico, moralista, laico, umano e solo umano — ridicolo, che gioca a chiamare “peccato” e “tentazione” senza lottare mai. Senza voler vedere i risultati di una lotta.
L’Eterno Padre, permettetemi di insistere, ci ha veduti insieme col Figlio suo in ciascuno dei misteri vissuti da Gesù e che Cristo li ha adempiuti in qualità di Capo della Chiesa, cioè di nostro Capo, per cui i misteri di Cristo sono più nostri che suoi.
Allora possiamo capire quello che è narrato dal Vangelo. Signore Gesù è spinto, condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal demonio; condotto dallo Spirito, docto, condotto.
La tentazione, se Gesù ha vissuto questo per noi e con noi, e Dio Padre vede questo come nella nostra vita, voi capite che la tentazione non è un’obiezione ma una condizione. Una condizione necessaria.
Noi facciamo fatica perché siamo distrutti mentalmente da questo pacifismo che ha preso la vita spirituale. Noi, i Santi, li pensiamo pacifici, con le palpebre un po’ abbassate, sempre con le labbra esterne in alto, sorridenti, silenziosi, accomodanti… ma non sono così i Santi. Neanche quelli che hanno fatto della dolcezza o una vigilanza continua. Andate a leggere gli scritti di San Francesco di Sales, che è il Dottore della dolcezza, ma che durezza costa quella dolcezza? Perché c’è una lotta! Perché occorre essere condotti nel deserto per essere tentati dal demonio.
Noi neanche entriamo in tentazione, perché vedete, entra in tentazione chi si è messo al servizio di Dio. Gli altri non sono tentati, gli altri sono consegnati al diavolo. Le tentazioni non sono quelle dei peccatori che non sanno se aggiungere o fermarsi nel peccato, le tentazioni sono quelle di chi ha deciso di obbedire a Dio.
Mi viene in mente la Sacra Scrittura che dice: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione”. Questa è la tentazione che è la tentazione di Cristo.
La vita cristiana è una milizia su questa terra. Certo, vissuta dentro la grazia pacificante del Signore, ma è una milizia, è un esercizio, è un esercito in battaglia.
La Chiesa, proprio per quello che ci siamo detti — perché i misteri di Cristo sono più nostri che suoi — , ha sempre accompagnato le persone, le anime perché vivessero bene il tempo della tentazione. È compito della Chiesa.
Il compito della Chiesa non è camuffare, non è non dire più che c’è la tentazione, non è diminuire la gravità del peccato, perché la tentazione non sia avvertita tale. È chiaro che se ti hanno decodificato il peccato e ti hanno detto che va bene lo stesso, quale tentazione dovrai avere? Hai già rinunciato alla battaglia! Capite come frega il pacifismo cristiano su questo campo?
La tentazione ha il suo lato terribile, perché si accompagna sempre anche con un oscuramento. È come se in quel momento la volontà ti impedisse di capire, o l’ottenebramento della mente affievolisca la volontà. Che cosa bisogna fare?
Per vivere la tentazione, primo, non dimenticare che Cristo l’ha vissuta.
Secondo, che la nostra tentazione appartiene a Lui perché è il Dio fatto uomo e perché Dio Padre vede tutto questo insieme. Cambia, eh? Che la tentazione è sempre accompagnata con un grande senso di solitudine. Ricordiamoci di questo.
Terzo, diamo dignità al tempo della tentazione. Se Cristo è stato condotto nel deserto dallo Spirito per essere attentato dal demonio, perché buttare via questo tempo? Perché pensarlo una parentesi negativa e non una grande occasione per sperimentare la potenza della Grazia? Questa è la fregatura! È come se la vita cristiana fosse sospesa e ritorni dopo la tentazione. No, è lì che ti attende il Signore!
Infatti non capiamo neanche più cosa vuol dire et ne nos indúcas in tentatiónem. Tutte le discussioni sulla traduzione, perché vogliamo annullare la profondità del mistero di Cristo tentato, e di noi tentati nella sua tentazione.
Certo che abbiamo il dovere di chiedere al Signore “non presumere di noi, fa’ in modo che il tempo della tentazione non sia così ampio”, perché siamo deboli, perché siamo poveri, perché siamo peccatori. Ma, detto questo, occorre non vedere opposto alla volontà di Dio che si entri nella tentazione. Altrimenti, perché il Signore è stato condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato?
Terzo. Non dimentichiamo che la salvezza è un reale cambiamento nella grazia. Ogni operazione richiede la sofferenza e la lotta. Se non capiamo la tentazione, il tempo della tentazione, è perché non capiamo che occorre un reale cambiamento in noi. Ma come ci alleniamo a diventare altri da quello che siamo nella grazia di Dio se non entrando, con volontà, nella lotta, che è la stessa lotta di Cristo?
So di aver aver detto solo alcune cose… Il mistero è grande. Entriamo dentro questo mistero.
Permettetemi solo di dire un’ultima considerazione che sento importante. Nel tempo della tentazione, non si discute. La fregature è che abbiamo psicologizzato tutto, tutto, tutto. Dalle cose più materiali tutti sono dislessici, grafici, discalculici, tutti siamo malati più o meno psicologicamente, è tutto un modo per infiocchettare la confusione. Stiamo alle cose concrete!
Sei tentato cosa devi fare? Fai, fai! Non “ama le cose di Dio”, fai le cose che Dio ti ha detto! Ah, ritornerei ad amarle! Ti sono insopportabili? Continua a farle!
Continua a fare la volontà di Dio, non psicologizzare intorno alla tua tentazione. Inizia così il cedimento, eh? È così. Perché gli uomini di un tempo che erano peccatori, anche tanto, ma erano più salvati di noi su questo, perché erano molto concreti, non avevano la psicologia. Hai fatto questo o non l’hai fatto? hai detto questo o non l’hai detto? Anche la confessione diventa più semplice. Perché si cominciava a psicologizzare la confessione? State attenti alle circonlocuzioni di parole prima di dire il peccato. Di’ sto peccato e basta! Dillo, liberati!
Questo lo dico perché serve non solo a confessare più alla svelta se c’è tanta gente — perdonatemi queste battute, ma serve per sdrammatizzare — perché non psicologizzi, se no, quando psicologizzi, ti giustifichi così nella tentazione.
Gli uomini di un tempo non avevano tempo di questo. Quando una madre aveva 12 figli doveva farli mangiare, se no lo faceva era una disgraziata, punto e basta! Eh! No, mi piace far da mangiare, amo la casa, fallo, sennò quelli non mangiano! Così è la vita cristiana! Ti ha detto di andare a Messa, vai a messa! Sta suonando la campana, è in settimana, non c’è l’obbligo morale, vai! Se no stai a casa a girare le tue lagnanze! Vai! Come va il prete anche quando non ha voglia, quando non c’ha il fisico! Quando lo vedete un po’ agitato, ansioso, fedele, inchiodato all’altare, così portate oltre alla questione della Messa su tutte le cose della vita, falle.
Il tempo della tentazione non è discussione. Cosa fa Gesù? Il demonio lo psicologizza con pezzi di Bibbia: “Fu detto: Comanda queste pietre che diventino pane”. E Gesù risponde: “Non di solo pane vive l’uomo”. Discute? No, fa la volontà del Padre! E così su tutto il resto, su ogni tentazione.
Allora entriamo così in Quaresima, ma non perché è un obbligo liturgico a farla, perché questa è la vita e nient’altro che la vita. Facciamolo in modo lieto, con un po’ più di decisione. La Santità richiede un po’ di violenza con se stessi. Il Regno di Dio soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato!
