Un abitino sulle spalle. La Madre del Carmelo nel cuore

Ai primi vespri della festa della Madonna del Carmelo.

di Don Mario Proietti (15-07-2025)

Porto l’abitino della Madonna del Carmelo da quando ero bambino. Non per mia scelta, ma per quella di mia madre. Fu lei a consacrarmi a Maria, come tante madri cristiane hanno fatto nei secoli, con quella sapienza nascosta che viene dal cuore e dalla fede. Non ricordo il giorno esatto, ma ricordo che c’era sempre: discreto, leggero, nascosto sotto i vestiti, eppure capace di farmi sentire protetto, accompagnato, quasi segnato. Con il passare degli anni non l’ho abbandonato. Anzi, più ne ho compreso il significato, più ne ho avvertito la necessità.

Alla vigilia della festa della Madonna del Carmine, sento il bisogno di rendere grazie e di raccontare, anche solo per un momento, cosa significhi portare addosso questo piccolo segno, che piccolo non è.
La consacrazione alla Madonna del Carmelo è, prima di tutto, una consegna. Quando una madre affida un figlio a Maria, compie un gesto teologico: riconosce che il figlio non le appartiene, ma è di Dio, e lo pone sotto la custodia di Colei che ha generato la Vita stessa. È un atto di fede profonda, che affonda le radici nel Vangelo: «Donna, ecco tuo figlio… e da quell’ora il discepolo la prese con sé» (Gv 19,26-27).

Quel giorno, pur senza saperlo, sono diventato anche io “figlio della Vergine”, uno dei piccoli affidati alle sue cure. E Maria non dimentica. Mai. Chi si mette sotto il suo manto, là resta. Non per diritto, ma per grazia.

L’abitino non è un semplice oggetto devozionale. È un abito. E, come ogni abito, dice appartenenza. Non è un amuleto, non è una garanzia automatica di salvezza. È un richiamo quotidiano a rivestirsi di Cristo, a vivere sotto lo sguardo della Madre, a lasciarsi plasmare dal Vangelo. È il segno visibile di un legame invisibile, forte come la morte, fedele come una promessa eterna.

I carmelitani hanno compreso questo bene: Maria non solo accompagna la vita cristiana, ma la forma, la modella, la guida. Chi si consacra a Lei, sceglie la via della preghiera, del silenzio, del fuoco nascosto che arde nel cuore. Sceglie, in fondo, di vivere ogni giorno come sul Monte Carmelo: cercando Dio, contemplando la Sua presenza, intercedendo per il mondo.

Nella tradizione carmelitana si ricorda la visione di san Simone Stock, al quale la Madonna promise: «Chi morirà rivestito di questo scapolare non soffrirà il fuoco eterno». Questa frase, tanto spesso fraintesa, non è una licenza per vivere come si vuole, ma un richiamo alla misericordia di Dio, mediata da Maria, e alla responsabilità di vivere come figli della Luce. Lo scapolare è un impegno. A vivere in grazia. A pregare. A convertirsi. A portare Maria non solo sulle spalle, ma nel cuore e nella vita.
Oggi, dopo tanti anni, porto ancora lo stesso segno che mi fu imposto da piccolo. Consumati i primi, ne ho ricevuti altri, ma non è cambiato nulla. Non è cambiata la Madre, né è cambiato il figlio. Maria non si stanca mai di aspettarci, di seguirci, di coprirci con il suo manto. E ogni volta che metto l’abitino, è come se mi rivestissi di lei, come se le dicessi di nuovo: “Madre, prendimi con te”.

In questi primi vespri della sua festa, vorrei dire grazie. Per ogni giorno in cui, senza saperlo, sono stato custodito. Per ogni caduta da cui sono stato rialzato. Per ogni timore che si è sciolto nel suo sguardo. L’abitino non mi ha tolto le prove, ma mi ha ricordato che non ero solo.

A chi legge e non ha mai conosciuto questa devozione, vorrei dire: provate. Chiedete di essere consacrati. Mettetevi sotto il manto della Madonna. Portate l’abitino, magari cominciando con semplicità. Non cambia la vita da fuori, ma la trasforma dentro. E nel tempo, questa trasformazione si vede, si tocca, si irradia.

Alla fine, ciò che conta non è l’abito di stoffa, ma quello spirituale. E Maria, madre e regina del Carmelo, ci prepara un giorno per essere vestiti di gloria.

(fonte)

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