Leone XIV agli educatori: La Chiesa è Madre e Maestra; attenti a non danneggiare i formatori

  • Il Papa non ha scritto un’enciclica, ma di fatto l’ha pronunciata in tre giorni. Ha consegnato al mondo un manifesto dell’educazione cristiana per l’era digitale: un’educazione che nasce dal cuore, si nutre della mente e si compie nell’amore. (Don Mario Proietti cpps)

Condividiamo, degli ultimi interventi di Papa Leone XIV al mondo delle scuole cattoliche, degli studenti e degli educatori, formatori ed insegnanti… le riflessioni di Don Mario Proietti attraverso il quale siamo aiutati a come “ascoltare e leggere” quanto il Papa ci sta dicendo…

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Lettera Apostolica di Leone XIV: l’educazione come partecipazione alla verità di Cristo


CAMMINI DELLA MENTE VERSO DIO. IL MAGISTERO EDUCATIVO DI LEONE XIV E LA LIBERTÀ DELL’INTELLIGENZA CRISTIANA

Nel giorno successivo al grande incontro con gli studenti del Giubileo del mondo educativo, Papa Leone XIV ha accolto in Vaticano i rappresentanti dell’Organizzazione delle Università Cattoliche dell’America Latina e dei Caraibi (ODUCAL). Due discorsi, uno dopo l’altro, che compongono una vera pedagogia dello spirito: ieri il Papa ha parlato ai giovani, indicando la via del cuore; oggi si rivolge al mondo accademico, indicando la via della mente.

Nella solenne cornice della Sala Clementina, il Pontefice ha tracciato la missione dell’università cattolica come “cammino della mente verso Dio”. In questa espressione si condensa una visione che supera la semplice funzione culturale o sociale dell’istituzione universitaria. L’università cattolica, dice il Papa, deve incarnare la sua identità più profonda: essere luogo di ricerca della verità, di sviluppo integrale della persona, di formazione di intelletti dotati di senso critico, cuori di fede e cittadini impegnati per il bene comune. È un ideale che chiede eccellenza, competenza e professionalità, ma anche libertà interiore e orientamento soprannaturale.

Queste parole, pronunciate nel contesto del Giubileo dell’Educazione, sono di straordinaria attualità. Viviamo un tempo in cui la mente sembra rinunciare a pensare: i social alimentano le reazioni più che la riflessione, e molti confondono la fedeltà alla verità con l’appartenenza a una parte. Leone XIV, invece, ricorda che il senso critico autentico non è la sfiducia universale, ma la capacità di discernere alla luce di Dio. Non si tratta di opporsi a tutto, ma di cercare la verità con mente libera e cuore purificato.

Il Papa chiede di formare “intelletti dotati di senso critico”, e il suo invito è anche una correzione ai nostri tempi digitali. Troppi si limitano a replicare le idee che confermano il proprio schieramento, come se la fede potesse ridursi a identità ideologica. Ma la mente cristiana, dice Leone XIV, è libera perché è redenta: non ragiona per slogan, ma per amore della verità. La fede, quando è autentica, non chiude il pensiero, lo trasfigura.

Il senso critico evangelico è questa libertà dell’intelligenza che nasce dalla grazia. È la mente che non si piega al clamore, che non si lascia sedurre dall’odio né dal consenso. È la ragione che contempla, giudica e ama. Una mente così non difende idee astratte, ma serve il vero; e chi serve il vero, illumina senza ferire.

Leone XIV restituisce così all’università cattolica la sua missione più alta: non produrre esperti, ma formare sapienti; non generare specializzazioni, ma persone intere. E, in un mondo che ha smarrito la direzione, invita i credenti a camminare “verso Dio”, perché solo Lui è il punto di fuga dell’intelligenza e la meta della libertà.

Nel giro di due giorni, il Papa ha offerto una visione completa dell’educazione: il cuore che guarda in alto e la mente che sale a Dio. Due percorsi che si ricongiungono nella stessa direzione. È la nuova “universitas” di Leone XIV: un’alleanza di cuore e di intelletto, per costruire un mondo che pensi con verità e ami con sapienza.

Il discorso di questa mattina conferma l’impressione di ieri: l’invito a superare il disorientamento culturale e sociale del nostro tempo, facendo nostra l’espressione di Dante che, uscendo con Virgilio dalle tenebre infernali, esclama: «E uscimmo a riveder le stelle».


“E USCIMMO A RIVEDER LE STELLE”

IL CIELO DELL’EDUCAZIONE SECONDO LEONE XIV: DAL BUIO DELL’INDIFFERENZA ALLA LUCE DELLA VERITÀ

Il Giubileo del mondo educativo ha offerto al Papa l’occasione per parlare al cuore della nuova generazione. Il discorso di Leone XIV agli studenti non è stata una semplice esortazione motivazionale, ma un atto di magistero sapienziale: parole che restituiscono all’educazione la sua vocazione spirituale e la collocano di nuovo nel centro della missione ecclesiale.

Fin dalle prime righe, il Pontefice si presenta come maestro: ricorda i suoi anni di insegnamento e guarda ai giovani con tenerezza e fermezza insieme. La figura di Pier Giorgio Frassati diventa il punto di partenza di un itinerario che unisce fede, ragione e slancio verso l’alto. “Vivere senza fede non è vivere, ma vivacchiare” è la sentenza che introduce il tema dell’audacia: il Papa invita i ragazzi a non accontentarsi di esistenze piatte, a sognare in grande, a cercare la pienezza che solo Dio può dare.

Il riferimento al Patto Educativo Globale di Papa Francesco segna la continuità del pensiero. Nel 2019 quel progetto nasceva come proposta di una “alleanza mondiale per una educazione più aperta e inclusiva”, volta a promuovere una fraternità universale. Era un’intuizione genuina: l’educazione come bene comune, fondamento della convivenza umana e via alla pace. Ma il linguaggio era ancora in gran parte orizzontale, segnato da una visione umanitaria e interreligiosa che, pur animata da buone intenzioni, rischiava di smarrire il centro cristiano.

Leone XIV riprende quel seme e lo fa germogliare nella luce della grazia. Non rigetta l’idea, la converte. Al posto del generico “villaggio educativo”, parla di “nuova stagione educativa” in cui giovani e adulti diventano “testimoni credibili di verità e di pace”. Il cambiamento è sostanziale: non più un’alleanza fra istituzioni, ma una comunione di persone rigenerate nel Vangelo. I giovani non sono destinatari passivi, ma protagonisti, chiamati a essere truth-speakers e peace-makers, uomini e donne di parola e di pace.

Su questo asse Leone XIV innesta le tre sfide educative che definiscono il suo magistero: vita interiore, digitale, pace. L’educazione alla vita interiore è la risposta alla società del rumore e dell’ansia. Il Papa cita sant’Agostino e il suo “cuore inquieto”: educare significa ascoltare quell’inquietudine, riconoscerla come desiderio d’infinito. La cultura contemporanea offre mille strumenti, ma non insegna più a conoscere sé stessi. Per questo il Papa invita a riscoprire il silenzio, la preghiera, la profondità del cuore.

Segue l’educazione al digitale: Leone XIV parla come un ex professore di matematica che conosce la seduzione dell’algoritmo. “Non lasciate che sia l’algoritmo a scrivere la vostra storia”: la tecnologia non è demonizzata, ma redenta. L’esempio di San Carlo Acutis diventa la prova che il digitale può essere via di santità se resta ordinato alla verità e alla comunione.

Infine l’educazione alla pace. “Disarmata e disarmante”: due parole che sintetizzano la rivoluzione cristiana del Vangelo. Non basta far tacere le armi, occorre disarmare i cuori. La pace nasce da una conversione del cuore, non da una diplomazia di compromessi.

Tutto questo viene racchiuso in una visione cosmica che affascina e istruisce. Il Papa parla di stelle, costellazioni, galassie: metafore che diventano catechesi. Ogni giovane è una stella, ma solo unendosi agli altri forma una costellazione capace di orientare il cammino del mondo. È l’immagine della Chiesa come comunione di luci diverse che ricevono splendore dal medesimo sole, Cristo, “sole di giustizia”.

Si potrebbe dire che Leone XIV ha compiuto nel Patto Educativo Globale ciò che Benedetto XVI fece con l’ecologia: ha tolto al progetto la patina sociologica e gli ha restituito l’anima teologica. L’educazione non è più presentata come mezzo di progresso, ma come cammino di santificazione. Il bene comune di cui parlava Francesco trova ora il suo principio e fine in Dio, che è Bene in senso pieno.

Questo passaggio è teologicamente decisivo. Francesco aveva intuito che il mondo ha bisogno di un patto educativo per rifondare l’umano; Leone XIV mostra che quel patto può reggersi solo se è un’alleanza con Dio. La fraternità universale diventa comunione dei discepoli; la scuola si trasforma in laboratorio di santità; il docente in testimone; lo studente in chiamato.

Il Giubileo del mondo educativo diventa così il segno di una maturità ecclesiale: ciò che era iniziato come movimento etico-sociale viene assunto nella dinamica della grazia. L’educazione torna a essere, come nei monasteri medievali, la fucina della civiltà cristiana. Leone XIV non abbandona l’intuizione di Francesco, la porta al suo compimento.

E chi ascolta, tra le sue parole, l’eco del motto di Frassati “Verso l’alto”, comprende che il nuovo Patto educativo non è più un programma, ma una vocazione: costruire un mondo che impari di nuovo a guardare al Cielo. Oggi, con Dante, possiamo dire: «E uscimmo a riveder le stelle».


IL VERO MAESTRO STA DENTRO. LEONE XIV E LA TRIADE EDUCATIVA DEL GIUBILEO

Nel giro di quarantotto ore, Leone XIV ha tracciato una vera Summa sull’educazione cristiana. Tre discorsi, tre destinatari, un unico respiro spirituale: agli studenti, la speranza del cuore; alle università, la libertà della mente; agli educatori, la carità che trasmette la verità. È una triade coerente e profondamente agostiniana, che ricompone le fratture della cultura contemporanea e restituisce all’educazione la sua vocazione soprannaturale.

Nell’incontro con gli studenti, il Papa aveva indicato l’orizzonte del cammino: “Verso l’alto”. La generazione di Frassati diventa il simbolo di un’umanità che non si accontenta delle apparenze, ma cerca l’infinito. In un mondo che vive di connessioni senza profondità, Leone XIV riporta la giovinezza alla sua essenza: il desiderio del cielo. Il sogno, per il Papa, non è evasione, è vocazione. L’educazione alla vita interiore è la prima alfabetizzazione della speranza.

Poi, davanti ai rappresentanti delle università cattoliche, ha completato il quadro intellettuale: “Le università sono chiamate a diventare cammini della mente verso Dio”. È la traduzione teologica dell’itinerarium mentis in Deum di Bonaventura e della “idea di università” di Newman. La mente, redenta dalla grazia, cerca la verità non come possesso ma come comunione. Leone XIV riprende l’eredità di Maritain e la porta a compimento: il sapere non è fine a sé stesso, è un atto di adorazione. Lo sviluppo integrale della persona diventa la via per formare intelletti critici, cuori credenti e cittadini del bene comune.

Infine, rivolgendosi agli educatori, il Papa è sceso al livello più concreto: quello dell’incontro tra maestro e discepolo. Cita Sant’Agostino: “Il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero Maestro sta dentro.” In queste parole c’è la chiave di tutta la pedagogia cristiana: non si insegna con le nozioni, ma con la vita. L’educazione non è un flusso di dati, è una relazione che nasce dall’interiorità e si nutre di amore.

Leone XIV indica quattro pilastri agostiniani: interiorità, unità, amore e gioia. L’interiorità, come luogo dell’incontro con Dio, risposta alla dispersione di un mondo di schermi. L’unità, come esperienza ecclesiale: il Patto Educativo Globale riletto in Cristo, non come progetto politico ma come comunione di menti e cuori. L’amore, come forma del sapere: senza carità, ogni conoscenza diventa sterile. La gioia, come frutto della verità condivisa: “una fiamma che fonde insieme le anime e di molte ne fa una sola”, dice il Papa con Agostino.

Questa è la riforma più profonda che la Chiesa possa offrire al mondo dell’educazione: non una nuova metodologia, ma un nuovo cuore. “Danneggiare il ruolo dei formatori, ha detto il Papa, è ipotecare il proprio futuro.” È un monito drammatico, perché una civiltà che smette di stimare i suoi maestri smette di sperare.

Nei tre interventi si riconosce la stessa struttura del Vangelo: il Cristo che parla ai piccoli (gli studenti), che illumina i sapienti (le università) e che invia i suoi discepoli (gli educatori) a trasmettere l’amore ricevuto. L’educazione torna a essere ciò che sempre è stata nella tradizione cristiana: un atto di fede nella persona umana redenta.

Con Agostino, Leone XIV riporta il maestro e l’alunno dentro il mistero della Trinità: l’uno insegna, l’altro apprende, e in mezzo agisce lo Spirito, “interior magister” che illumina ogni intelligenza. L’educazione è allora il modo umano in cui Dio continua a dire la sua Parola nella storia.

Il Papa non ha scritto un’enciclica, ma di fatto l’ha pronunciata in tre giorni. Ha consegnato al mondo un manifesto dell’educazione cristiana per l’era digitale: un’educazione che nasce dal cuore, si nutre della mente e si compie nell’amore.

E chi ascolta la voce di questi tre discorsi comprende che il disorientamento culturale e sociale del nostro tempo può essere superato solo tornando all’essenziale: al Maestro interiore che è Cristo.

Oggi, con Dante, possiamo dire ancora una volta: «E uscimmo a riveder le stelle».


SEGUONO I TRE DISCORSI INTEGRALI DEL PAPA

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INCONTRO CON GLI STUDENTI IN OCCASIONE DEL GIUBILEO DEL MONDO EDUCATIVO

DISCORSO DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Aula Paolo VI – Giovedì, 30 ottobre 2025

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Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo,
La pace sia con voi!
 Cari ragazzi, care ragazze, buongiorno! Che gioia incontrarvi! Grazie a voi! Ho atteso questo momento con grande emozione: la vostra compagnia, infatti, mi fa ricordare gli anni nei quali insegnavo matematica a giovani vivaci come voi. Vi ringrazio per aver risposto così, per essere qui oggi, per condividere le riflessioni e le speranze che, attraverso di voi, consegno ai nostri amici sparsi in tutto il mondo.

Vorrei cominciare ricordando Pier Giorgio Frassati, uno studente italiano che, come sapete, è stato canonizzato durante quest’anno giubilare. Col suo animo appassionato per Dio e per il prossimo, questo giovane santo coniò due frasi che ripeteva spesso, quasi come un motto, lui diceva: “Vivere senza fede non è vivere, ma vivacchiare” e ancora: “Verso l’alto”. Sono affermazioni molto vere e incoraggianti. Anche a voi, perciò, dico: abbiate l’audacia di vivere in pienezza. Non accontentatevi delle apparenze o delle mode: un’esistenza appiattita su quel che passa non ci soddisfa mai. Invece, ognuno dica nel proprio cuore: “Sogno di più, Signore, ho voglia di più: ispirami tu!”. Questo desiderio è la vostra forza ed esprime bene l’impegno di giovani che progettano una società migliore, della quale non accettano di restare spettatori. Vi incoraggio, perciò, a tendere costantemente “verso l’alto”, accendendo il faro della speranza nelle ore buie della storia. Come sarebbe bello se un giorno la vostra generazione fosse riconosciuta come la “generazione plus”, ricordata per la marcia in più che saprete dare alla Chiesa e al mondo.

Questo, cari ragazzi, non può rimanere il sogno di una persona sola: uniamoci allora per realizzarlo, testimoniando insieme la gioia di credere in Gesù Cristo. Come possiamo riuscirci? La risposta è essenziale: attraverso l’educazione, uno degli strumenti più belli e potenti per cambiare il mondo.

L’amato Papa Francesco, cinque anni fa, ha lanciato il grande progetto del Patto Educativo Globale, e cioè un’alleanza di tutti coloro che, a vario titolo, lavorano nell’ambito dell’educazione e della cultura, per coinvolgere le giovani generazioni in una fraternità universale. Voi, infatti, non siete solo destinatari dell’educazione, ma i suoi protagonisti. Perciò oggi vi chiedo di allearvi per aprire una nuova stagione educativa, nella quale tutti — giovani e adulti — diventiamo credibili testimoni di verità e di pace. Per questo vi dico: siete chiamati a essere truth-speakers e peace-makers, persone di parola e costruttori di pace. Coinvolgete i vostri coetanei nella ricerca della verità e nella coltivazione della pace, esprimendo queste due passioni con la vostra vita, con le parole e con i gesti quotidiani.

In proposito, all’esempio di san Pier Giorgio Frassati unisco una riflessione di san John Henry Newman, un santo studioso, che presto sarà proclamato Dottore della Chiesa. Egli diceva che il sapere si moltiplica quando viene condiviso e che è nella conversazione delle menti che si accende la fiamma della verità. Così la vera pace nasce quando tante vite, come stelle, si uniscono e formano un disegno. Insieme possiamo formare costellazioni educative, che orientano il cammino futuro.

Da ex professore di matematica e fisica, permettetemi di fare con voi qualche calcolo. Avrete l’esame di matematica tra poco forse? Vediamo… Sapete quante stelle ci sono nell’universo osservabile? È un numero impressionante e meraviglioso: un sestilione di stelle – un 1 seguito da 21 zeri! Se le dividessimo tra gli 8 miliardi di abitanti della Terra, ogni uomo avrebbe per sé centinaia di miliardi di stelle. Ad occhio nudo, nelle notti limpide, possiamo scorgerne circa cinquemila. Anche se le stelle sono miliardi di miliardi, vediamo solo le costellazioni più vicine: queste però ci indicano una direzione, come quando si naviga per mare.

Da sempre i viaggiatori hanno trovato la rotta nelle stelle. I marinai seguivano la Stella Polare; i Polinesiani attraversavano l’oceano memorizzando mappe stellari. Secondo i contadini delle Ande, che ho incontrato da missionario in Perù, il cielo è un libro aperto che segna le stagioni della semina, della tosatura, dei cicli della vita. Persino i Magi hanno seguito una stella per arrivare a Betlemme ad adorare Gesù Bambino.

Come loro, anche voi avete stelle-guida: i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, i buoni amici, bussole per non perdervi nelle vicende liete e tristi della vita. Come loro, siete chiamati a diventare a vostra volta luminosi testimoni per chi vi sta accanto. Ma, come dicevo, una stella da sola resta un punto isolato. Quando si unisce alle altre, invece, forma una costellazione, come la Croce del Sud. Così siete voi: ognuno è una stella, e insieme siete chiamati a orientare il futuro. L’educazione unisce le persone in comunità vive e organizza le idee in costellazioni di senso. Come scrive il profeta Daniele, «quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno» (Dn 12,3): che meraviglia: siamo stelle, sì, perché siamo scintille di Dio. Educare significa coltivare questo dono.

L’educazione, infatti, ci insegna a guardare in alto, sempre più in alto. Quando Galileo Galilei puntò il cannocchiale al cielo, scoprì mondi nuovi: le lune di Giove, le montagne della Luna. Così è l’educazione: un cannocchiale che vi permette di guardare oltre, di scoprire ciò che da soli non vedreste. Non fermatevi, allora, a guardare lo smartphone e i suoi velocissimi frammenti d’immagini: guardate al Cielo, guardate verso l’alto.

Cari giovani, voi stessi avete suggerito la prima delle nuove sfide che ci impegnano nel nostro Patto Educativo Globale, esprimendo un desiderio forte e chiaro; avete detto: “Aiutateci nell’educazione alla vita interiore.” Sono rimasto veramente colpito da questa richiesta. Non basta avere grande scienza, se poi non sappiamo chi siamo e qual è il senso della vita. Senza silenzio, senza ascolto, senza preghiera, perfino le stelle si spengono. Possiamo conoscere molto del mondo e ignorare il nostro cuore: anche a voi sarà capitato di percepire quella sensazione di vuoto, di inquietudine che non lascia in pace. Nei casi più gravi, assistiamo a episodi di disagio, violenza, bullismo, sopraffazione, persino a giovani che si isolano e non vogliono più rapportarsi con gli altri. Penso che dietro a queste sofferenze ci sia anche il vuoto scavato da una società incapace di educare la dimensione spirituale, non solo tecnica, sociale e morale della persona umana.

Da giovane, sant’Agostino era un ragazzo brillante, ma profondamente insoddisfatto, come leggiamo nella sua autobiografia, Le Confessioni. Egli cercava dappertutto, tra carriera e piaceri, e ne combinava di tutti i colori, senza però trovare né verità né pace. Finché non ha scoperto Dio nel proprio cuore, scrivendo una frase densissima, che vale per tutti noi: «Il mio cuore è inquieto finché non riposa in Te». Ecco allora che cosa significa educare alla vita interiore: ascoltare la nostra inquietudine, non fuggirla né ingozzarla con ciò che non sazia. Il nostro desiderio d’infinito è la bussola che ci dice: “Non accontentarti, sei fatto per qualcosa di più grande”, “non vivacchiare, ma vivi”.

La seconda delle nuove sfide educative è un impegno che ci tocca ogni giorno e del quale voi siete maestri: l’educazione al digitale. Ci vivete dentro, e non è un male: ci sono opportunità enormi di studio e comunicazione. Non lasciate però che sia l’algoritmo a scrivere la vostra storia! Siate voi gli autori: usate con saggezza la tecnologia, ma non lasciate che la tecnologia usi voi.

Anche l’intelligenza artificiale è una grande novità – una delle rerum novarum, cioè delle cose nuove – del nostro tempo: non basta tuttavia essere “intelligenti” nella realtà virtuale, ma bisogna essere umani con gli altri, coltivando un’intelligenza emotiva, spirituale, sociale, ecologica. Perciò vi dico: educatevi ad umanizzare il digitale, costruendolo come uno spazio di fraternità e di creatività, non una gabbia dove rinchiudervi, non una dipendenza o una fuga. Anziché turisti della rete, siate profeti nel mondo digitale!

A questo riguardo, abbiamo davanti un attualissimo esempio di santità: San Carlo Acutis. Un ragazzo che non si è fatto schiavo della rete, usandola invece con abilità per il bene. San Carlo unì la sua bella fede alla passione per l’informatica, creando un sito sui miracoli eucaristici, e facendo così di Internet uno strumento per evangelizzare. La sua iniziativa ci insegna che il digitale è educativo quando non ci rinchiude in noi stessi, ma ci apre agli altri: quando non ti mette al centro, ma ti concentra su Dio e sugli altri.

Carissimi, arriviamo infine alla terza nuova grande sfida che oggi vi affido e che sta al cuore del nuovo Patto Educativo Globale: la educazione alla pace. Vedete bene quanto il nostro futuro venga minacciato dalla guerra e dall’odio che dividono i popoli. Questo futuro può essere cambiato? Certamente! Come? Con un’educazione alla pace disarmata e disarmante. Non basta, infatti, far tacere le armi: occorre disarmare i cuori, rinunciando a ogni violenza e volgarità. In tal modo, un’educazione disarmante e disarmata crea uguaglianza e crescita per tutti, riconoscendo l’uguale dignità di ogni ragazzo e ragazza, senza mai dividere i giovani tra pochi privilegiati che hanno accesso a scuole costosissime e tanti che non accesso all’educazione. Con grande fiducia in voi, vi invito a essere operatori di pace anzitutto lì dove vivete, in famiglia, a scuola, nello sport e tra gli amici, andando incontro a chi proviene da un’altra cultura.

Per concludere, carissimi, il vostro sguardo non sia rivolto alle stelle cadenti, cui si affidano desideri fragili. Guardate ancora più verso l’alto, verso Gesù Cristo, «il sole di giustizia» (cfr Lc 1,78), che vi guiderà sempre nei sentieri della vita.


DISCORSO DI SUA SANTITÀ IL SANTO PADRE LEONE XIV
AI MEMBRI DELL’ORGANIZZAZIONE DELLE UNIVERSITÀ CATTOLICHE DELL’AMERICA LATINA E DEI CARAIBI (ODUCAL)

Clementine Hall – Venerdì 31 ottobre 2025

Multimediale ]

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EN  –  ES  –  PT

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La pace sia con voi.

Buongiorno a tutti e benvenuti. Cercherò di essere un po’ veloce perché vorrei salutare tutti personalmente. Poi, viviamo un momento molto fraterno, nel contesto di questo Giubileo , della vostra presenza qui a Roma.

Saluto il Presidente dell’Organizzazione delle Università Cattoliche dell’America Latina e dei Caraibi, Padre Anderson Antonio Pedroso, SÌ, benvenuto, e tutti i membri dell’ODUCAL che, svolgendo diversi ruoli, servono la missione educativa della Chiesa.

Il vostro pellegrinaggio a Roma, in occasione del Giubileo del Mondo dell’Educazione , è un segno visibile dei legami di collaborazione e di affetto che devono caratterizzare la vostra Organizzazione. Siete consapevoli che, tra gli obiettivi di questa rete di oltre cento istituzioni, vi è la promozione dell’istruzione superiore cattolica e il servizio alla società, creando spazi di incontro tra fede e cultura, per annunciare il Vangelo nell’ambiente universitario.

Questo cammino condiviso è già molto eloquente, perché esprime la missione stessa per cui l’Università è nata nella Chiesa cattolica: essere un «centro incomparabile di creatività e di diffusione del sapere per il bene dell’umanità» [1], nel quale «lo sforzo congiunto dell’intelligenza e della fede consente agli uomini di raggiungere la piena misura della loro umanità» [2] .

Oggi, l’università cattolica – come ha affermato Papa Francesco – rimane uno degli strumenti migliori che la Chiesa offre al nostro tempo, ed è espressione di quell’amore che anima ogni azione della Chiesa, cioè l’amore di Dio per la persona umana. [3]

Fin dalle origini della vita universitaria in America Latina, la Chiesa è stata una forza trainante nell’educazione. Le prime università del continente – come quelle di Santo Domingo, di San Marcos a Lima, in Messico, e molte altre – sono nate dall’iniziativa di vescovi, religiosi e missionari convinti che l’annuncio di Gesù Cristo, «Via, Verità e Vita» ( Gv 14,6), «è parte integrante del messaggio cristiano di salvezza». [4]

Le università che voi rappresentate, animate dalla stessa convinzione, «sono chiamate a diventare “cammini della mente verso Dio” » [5], incarnando così l’identità cattolica che deve distinguerle. La finalità dell’istruzione superiore cattolica non è altro che ricercare lo sviluppo integrale della persona umana, formando intelletti dotati di senso critico, cuori di fede e cittadini impegnati per il bene comune. E tutto questo, con eccellenza, competenza e professionalità.

Siete ben consapevoli delle sfide che l’educazione deve affrontare oggi. Con creatività, e sapendo che la grazia vi sostiene, proseguite nella missione che la Chiesa vi affida.

Vi sono grato per tutto il vostro impegno e il vostro lavoro nel portare avanti questo grande compito e vi affido alla Vergine Maria, Trono della Sapienza, affinché, come Lei, siate sempre docili all’azione di Colui che è la Sapienza stessa, Gesù Cristo nostro Signore. Che Dio vi benedica. Grazie di cuore.

Preghiamo come ci ha insegnato Gesù:

Padre nostro .

[Benedizione].

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[1] San Giovanni Paolo II, Cost. ap. Ex corde Ecclesiae , 1.

[2] Ivi , 5.

[3] Cfr. Francesco, Discorso alla Delegazione della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (19 gennaio 2024).

[4] Id., Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Congregazione per l’Educazione Cattolica (20 febbraio 2020).

[5] Messaggio ai partecipanti alla 28a Assemblea generale della FIUC (21 luglio 2025).


DISCORSO DEL SANTO PADRE LEONE XIV
AGLI EDUCATORI IN OCCASIONE DEL GIUBILEO DEL MONDO EDUCATIVO

Piazza San Pietro – Venerdì, 31 ottobre 2025

[Multimedia]

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Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
La pace sia con voi!
 Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Sono molto contento di potervi incontrare: educatori provenienti da tutto il mondo e impegnati ad ogni livello, dalla Scuola elementare all’Università.

Come sappiamo, la Chiesa è Madre e Maestra (cfr S. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra, 15 maggio 1961, 1), e voi contribuite a incarnarne il volto per tanti alunni e studenti alla cui educazione vi dedicate. Grazie infatti alla luminosa costellazione di carismi, metodologie, pedagogie ed esperienze che rappresentate, e grazie al vostro impegno “polifonico” nella Chiesa, nelle Diocesi, in Congregazioni, Istituti religiosi, associazioni e movimenti, voi garantite a milioni di giovani una formazione adeguata, tenendo sempre al centro, nella trasmissione del sapere umanistico e scientifico, il bene della persona.

Anch’io sono stato insegnante nelle Istituzioni educative dell’Ordine di Sant’Agostino e vorrei perciò condividere con voi la mia esperienza, riprendendo quattro aspetti della dottrina del Doctor Gratiae che considero fondamentali per l’educazione cristiana: l’interiorità, l’unità, l’amore e la gioia. Sono principi che vorrei diventassero i cardini di un cammino da fare insieme, facendo di questo incontro l’inizio di un percorso comune di crescita e arricchimento reciproco.

Circa l’interiorità, Sant’Agostino dice che «il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero maestro sta dentro» (In Epistolam Ioannis ad Parthos Tractatus 3,13), e aggiunge: «Quelli che lo Spirito non istruisce internamente, se ne vanno via senza aver nulla appreso» (ibid.). Ci ricorda, così, che è un errore pensare che per insegnare bastino belle parole o buone aule scolastiche, laboratori e biblioteche. Questi sono solo mezzi e spazi fisici, certamente utili, ma il Maestro è dentro. La verità non circola attraverso suoni, muri e corridoi, ma nell’incontro profondo delle persone, senza il quale qualsiasi proposta educativa è destinata a fallire.

Noi viviamo in un mondo dominato da schermi e filtri tecnologici spesso superficiali, in cui gli studenti, per entrare in contatto con la propria interiorità, hanno bisogno di aiuto. E non solo loro. Anche per gli educatori, infatti, frequentemente stanchi e sovraccarichi di compiti burocratici, è reale il rischio di dimenticare ciò che S. John Henry Newman sintetizzava con l’espressione: cor ad cor loquitur (“il cuore parla al cuore”) e che S. Agostino raccomandava, dicendo: «Non guardare fuori. Ritorna a te stesso. La verità risiede dentro di te» (De vera religione, 39, 72). Sono espressioni che invitano a guardare alla formazione come a una via su cui insegnanti e discepoli camminano insieme (cfr S. Giovanni Paolo II, Cost. ap. Ex corde Ecclesiae, 15 agosto 1990, 1), consapevoli di non cercare invano ma, al tempo stesso, di dover cercare ancora, dopo aver trovato. Solo questo sforzo umile e condiviso – che nei contesti scolastici si configura come progetto educativo –  può portare alunni e docenti ad avvicinarsi alla verità.

E veniamo così alla seconda parola: unità. Come forse sapete, il mio “motto” è: In Illo uno unum. Anche questa è un’espressione agostiniana (cfr Ennaratio in Psalmum 127, 3), che ricorda che solo in Cristo troviamo veramente unità, come membra unite al Capo e come compagni di viaggio nel percorso di continuo apprendimento della vita.

Questa dimensione del “con”, costantemente presente negli scritti di Sant’Agostino, è fondamentale nei contesti educativi, come sfida a “decentrarsi” e come stimolo a crescere. Per questa ragione, ho deciso di riprendere e attualizzare il progetto del Patto Educativo Globale, che è stato una delle intuizioni profetiche del mio venerato predecessore, Papa Francesco. Del resto, come insegna il Maestro di Ippona, il nostro essere non ci appartiene: «La tua anima – dice – […] non è più tua, ma di tutti i fratelli» (Ep. 243, 4, 6). E se ciò è vero in senso generale, lo è a maggior ragione nella reciprocità tipica dei processi educativi, in cui la condivisione del sapere non può che configurarsi come un grande atto d’amore.

Infatti proprio questa – amore – è la terza parola. Fa tanto riflettere, in merito, un distico agostiniano che afferma: «L’amore di Dio è il primo che viene comandato, l’amore del prossimo è il primo che si deve praticare» (In Evangelium Ioannis Tractatus 17, 8). In campo formativo, allora, ciascuno potrebbe chiedersi quale sia l’impegno posto per intercettare le necessità più urgenti, quale lo sforzo per costruire ponti di dialogo e di pace, anche all’interno delle comunità docenti, quale la capacità di superare preconcetti o visioni limitate, quale l’apertura nei processi di co-apprendimento, quale lo sforzo di venire incontro e rispondere alle necessità dei più fragili, poveri ed esclusi. Condividere la conoscenza non è sufficiente per insegnare: serve amore. Solo così essa sarà proficua per chi la riceve, in sé stessa e anche e soprattutto per la carità che veicola. L’insegnamento non può mai essere separato dall’amore, e una difficoltà attuale delle nostre società è quella di non saper più valorizzare a sufficienza il grande contributo che insegnanti ed educatori danno, in merito, alla comunità. Ma facciamo attenzione: danneggiare il ruolo sociale e culturale dei formatori è ipotecare il proprio futuro, e una crisi della trasmissione del sapere porta con sé una crisi della speranza.

E l’ultima parola-chiave è gioia. I veri maestri educano con un sorriso e la loro scommessa è di riuscire a svegliare sorrisi nel fondo dell’anima dei loro discepoli. Oggi, nei nostri contesti educativi, preoccupa veder crescere i sintomi di una fragilità interiore diffusa, a tutte le età. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a questi silenziosi appelli di aiuto, anzi dobbiamo sforzarci di individuarne le ragioni profonde. L’intelligenza artificiale, in particolare, con la sua conoscenza tecnica, fredda e standardizzata, può isolare ulteriormente studenti già isolati, dando loro l’illusione di non aver bisogno degli altri o, peggio ancora, la sensazione di non esserne degni. Il ruolo degli educatori, invece, è un impegno umano, e la gioia stessa del processo educativo è tutta umana, una «fiamma che fonde insieme le anime e di molte ne fa una sola» (S. Agostino, Confessiones, IV, 8,13).

Perciò, carissimi, vi invito a fare di questi valori – interioritàunitàamore e gioia – dei “punti cardine” della vostra missione verso i vostri allievi, ricordando le parole di Gesù: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Fratelli e sorelle, vi ringrazio per il lavoro prezioso che svolgete! Vi benedico di cuore e prego per voi.


VIDEOMESSAGGIO DI SUA SANTITÀ LEONE XIV 
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO “SENZA IDENTITÀ NON C’È EDUCAZIONE”

[Scuola Nostra Signora del Buon Consiglio, Madrid, 22 novembre 2025]

Multimediale ]

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Cari educatori:

Mi rivolgo a voi con sentimenti di profonda gioia e gratitudine. Il vostro impegno quotidiano è tutt’altro che facile di fronte alla continua trasformazione dei processi educativi, resa ancora più difficile dall’estrema digitalizzazione e dalla frammentazione culturale. Mi soffermo spesso a riflettere su quanto bene fate in mezzo a circostanze davvero complesse. La vostra missione al servizio della Chiesa è lievito vivo non solo per le nuove generazioni, ma anche per le comunità che trovano in essa un solido punto di riferimento (cfr Mt 13,33).

Voi rappresentate – attraverso la vostra storia e i vostri diversi approcci pedagogici – una ricchezza di carismi che formano la costellazione della paideia cristiana . Di fronte a questa vibrante costellazione, non dobbiamo perdere di vista la centralità di Cristo, la cui luce risplende su tutte le stelle. Questo caleidoscopio di colori così belli mi porta a riflettere sul tema del vostro Incontro: ” Senza identità non c’è educazione “. L’identità cristiana non è un’etichetta decorativa o un abbellimento, ma il nucleo stesso che dà senso, metodo e scopo al processo educativo.

Come i marinai che perdono di vista la stella polare, non è raro che una nave vada alla deriva senza meta. Per l’educazione cristiana, la bussola è Cristo. Senza la sua luce, la stessa missione educativa si svuota di significato e diventa un processo automatico privo della forza trasformativa offerta dal Vangelo (cfr Rm 12,2). Si tratta, pertanto, di rispondere pienamente a una vocazione e a un progetto del tutto originale, che si incarna nelle pratiche, nel curriculum e nella stessa comunità educativa. [1]

L’identità non è un mero accessorio o un tocco estetico, reso visibile attraverso rituali isolati o persino meccanismi ripetitivi e senza vita. L’identità è il fondamento che articola la missione educativa, ne definisce l’orizzonte di significato e ne guida le pratiche quotidiane, sia nel modo in cui insegniamo, sia nel modo in cui valutiamo e agiamo. Quando l’identità non riesce a informare le decisioni pedagogiche, rischia di diventare un ornamento superficiale che non può sostenere il lavoro educativo di fronte alle numerose tensioni culturali, etiche e sociali che caratterizzano i nostri tempi di polarizzazione e violenza.

Mi vengono in mente le parole di María Zambrano, la quale, riflettendo sulle sfide e sulle tensioni del mondo contemporaneo con la sua peculiare sensibilità poetica, è convinta che il legame tra presente e futuro non può fare a meno dell’eredità del passato, perché «la nostra anima è attraversata da sedimenti di secoli; le radici sono più grandi dei rami che vedono la luce». [2] Vi invito, pertanto, a riflettere su queste parole, guardando con speranza al futuro senza dimenticare la nostra storia, dalla quale dobbiamo imparare con saggezza.

Un’educazione autentica, pertanto, promuove l’integrazione tra fede e ragione. Non si tratta di poli contrapposti, ma di percorsi complementari per comprendere la realtà, formare il carattere e coltivare l’intelligenza. Di conseguenza, è essenziale che l’esperienza educativa promuova metodi che coinvolgano le scienze e la storia, così come l’etica e la spiritualità. Ciò si realizza pienamente in una comunità educativa che sia come una casa. Una collaborazione autentica tra famiglia, parrocchia, scuola e comunità locali accompagna concretamente ogni studente nel suo cammino di fede e di apprendimento.

A ben guardare, come già indicavano i venerati Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II , la Chiesa, nella sua missione educativa, riscopre il suo ruolo materno. È la madre che genera i credenti perché è sposa di Cristo. Quasi tutti i documenti conciliari invocano la maternità della Chiesa per svelare il suo mistero e la sua azione pastorale, come pure per estendere il suo amore in un abbraccio ecumenico ai «figli separati» e ai credenti di altre religioni, raggiungendo tutti gli uomini di buona volontà. Questo avviene ogni giorno nelle vostre scuole, aperte al dialogo e all’incontro tra le differenze. In esse, l’educazione diventa strumento di pace e di cura del creato. [3]

Di recente, durante il Giubileo per il mondo dell’educazione, abbiamo celebrato il 60° anniversario della dichiarazione conciliare Gravissimum educationis , che vi invito a rileggere con attenzione, apprezzandone l’attualità e la proiezione verso il futuro, nonostante i tanti anni trascorsi. La Chiesa, infatti, è stata esortata a «prendersi cura di tutta la vita umana, anche di quella terrena, in quanto connessa alla vocazione soprannaturale; perciò, essa ha un compito specifico riguardo al progresso e allo sviluppo dell’educazione» [4] .

In questo modo, l’icona della Chiesa Madre si presenta a noi non solo come espressione di tenerezza e di carità, ma anche come custode di quella capacità – ad essa intrinsecamente legata – di essere guida e maestra, essendo stata affidata dal «suo santissimo Fondatore […] a un duplice compito: generare figli, educarli e sostentarli, guidando con materna provvidenza la vita degli uomini e dei popoli, la cui alta dignità essa ha sempre rispettato e protetto con sollecitudine». [5]

In conclusione, è chiaro che l’opera educativa della Chiesa – svolta attraverso le scuole e le attività formative – non è semplicemente un lodevole impegno filantropico per rispondere o sostenere un bisogno sociale, ma è parte essenziale della sua identità e missione. Pertanto, vi incoraggio a impegnarvi con coraggio e a guardare avanti con quella speranza viva che si rinnova ogni giorno nella vostra passione educativa.

Ringraziandovi per tutti i vostri sforzi, cari educatori, vi saluto e vi benedico.

______________________

[1] Cfr. Congregazione per l’Educazione Cattolica, L’identità della scuola cattolica per una cultura del dialogo (25 gennaio 2022).

[2] M. Zambrano, Le parole del ritorno , Madrid 2009, 67.

[3] Cfr. Francesco, Discorso agli studenti e ai docenti della “Rete Nazionale delle Scuole della Pace” (28 novembre 2022).

[4] Concilio Ecumenico Vaticano II, Dichiarazione Gravissimum educationis , sull’educazione cristiana (28 ottobre 1965), Proem.

[5] San Giovanni XXIII, Lettera Enc. Mater et magistra (15 maggio 1961), 1.

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