Leone XIV: la sinodalità è uno dei modi di attuare la natura della Chiesa che è comunione.

  • È questa la Chiesa che Leone XIV sembra sognare e ricostruire: una Chiesa che cammina sì, ma non a caso; che dialoga sì, ma nel Verbo; che include sì, ma nella verità. Una Chiesa che non confonde il vento dello Spirito con le correnti del mondo, e che, proprio per questo, rimane giovane, cattolica e viva. (Don Mario Proietti cpps)

Prima di riportare il Documento integrale ed originale del Discorso del Papa, suggeriamo l’aiuto della riflessione di Don Mario Proietti a “come-prendere” (comprendere), il Discorso del Papa. Naturalmente tenendo a mente già di altri articoli recentissimi:

Il sensus fidelium non è automatico ed è necessario per il vero Cammino sinodale

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LA SINODALITÀ SECONDO LEONE XIV: NON UNA PROCEDURA, MA LO SPAZIO DI DIO
 
Ci sono discorsi papali che scorrono come acqua, e altri che scavano il terreno della Chiesa. Quello pronunciato oggi da Leone XIV ai membri dell’International Youth Advisory Body appartiene alla seconda categoria. Con parole semplici e ferme, il Papa ha delineato ancora una volta i criteri del suo magistero: partecipazione, sinodalità, missione. E come ogni vero maestro di teologia, prima di indicare i sentieri, ha chiarito i termini.
 
È un gesto antico e sapiente. Ricorda la scuola dei grandi maestri medievali, per i quali nessun dialogo era possibile senza una previa esplicitazione dei concetti. Leone XIV procede con quella stessa lucidità scolastica: definisce prima, interpreta poi, agisce solo dopo. E così, con un tratto di penna, restituisce alle parole ecclesiali la precisione che avevano perduto.
 
La frase chiave del suo discorso basterebbe da sola: «Non si tratta di una procedura assembleare, ma di un modo di fare spazio all’azione di Dio, tramite l’ascolto dello Spirito». In una sola riga, il Papa smonta la caricatura tecnocratica che spesso accompagna la parola “sinodalità” e la restituisce alla sua sorgente spirituale. Non è un metodo di governo, ma una disposizione del cuore. Non è un organigramma, ma una grazia.
 
Per Leone XIV, la partecipazione ecclesiale nasce dal Cuore di Cristo: chi si unisce a Lui nella preghiera e nei sacramenti comincia a sentire come Lui sente, a guardare come Lui guarda. Da questa intimità nasce la vera comunione e, di conseguenza, la missione. La sinodalità è dunque il nome di una vita nello Spirito, non di una struttura di potere.
 
Nel suo discorso si riconosce un ordine perfetto: la partecipazione nasce dall’amicizia con Cristo; la sinodalità è l’ascolto reciproco nello Spirito; la missione è la naturale fioritura di entrambe. È la teologia della Chiesa vivente, dove la comunione non è un sentimento, ma una forma di vita.
 
Ogni parola, in Leone XIV, è collocata nel suo posto giusto. Partecipazione non significa adesione a un progetto, ma comunione nella fede. Sinodalità non indica un parlamento ecclesiale, ma l’esperienza di camminare insieme nello Spirito. Missione non è il risultato di un piano strategico, ma il frutto dell’obbedienza alla grazia. È la logica della Chiesa di sempre, ma espressa con la precisione del pensiero e la serenità del magistero.
 
Con questo linguaggio, il Papa prende le distanze, senza polemiche ma con chiarezza, da certe derive sociologiche che negli ultimi anni hanno rischiato di ridurre la sinodalità a processo orizzontale o inclusivo. Egli riporta tutto alla verticalità della grazia: non si parte dal basso, ma dall’alto. Non dal consenso, ma dall’ascolto. Non dalla volontà dell’uomo, ma dall’azione dello Spirito.
 
Nel linguaggio di Leone XIV, la sinodalità non è una novità dottrinale, ma il nome rinnovato di una realtà antica: la communio. È la Chiesa stessa che, nella varietà dei doni e nella distinzione dei ministeri, vive l’unità dello Spirito. Il Papa non introduce un concetto ecumenico o sociologico, ma riafferma un principio cattolico: la sinodalità è la comunione che cammina, non la gerarchia che si scioglie.
 
La communio è, da sempre, il principio vitale della Chiesa: unità organica, non orizzontale; diversità ordinata, non parità indistinta. È la communio hierarchica dei Padri e dei Concili, dove la partecipazione non abolisce l’autorità, ma la illumina; dove la gerarchia non opprime, ma custodisce; dove la voce dei fedeli non si sostituisce al Magistero, ma lo accoglie e lo testimonia.
 
Leone XIV mostra che le parole nuove possono essere davvero cattoliche solo se conservano la sostanza antica. Non è un linguaggio di rottura, ma di restituzione: riporta le parole nella loro casa teologica, perché non diventino strumenti di ambiguità.
Così, “sinodalità” non è lo slogan di una stagione, ma il volto vivo della Chiesa che, nello Spirito, si lascia guidare da Cristo per portare il Vangelo al mondo.
 
Con questo discorso, il Papa ha ricordato ai vescovi e al popolo di Dio che la sinodalità autentica non cambia la Chiesa: la converte. Chiede ai pastori di essere padri che ascoltano e discernono nello Spirito, non amministratori di consultazioni; e ai fedeli di essere figli che partecipano nella fede, non commentatori ecclesiali.
 
È questa la Chiesa che Leone XIV sembra sognare e ricostruire: una Chiesa che cammina sì, ma non a caso; che dialoga sì, ma nel Verbo; che include sì, ma nella verità. Una Chiesa che non confonde il vento dello Spirito con le correnti del mondo, e che, proprio per questo, rimane giovane, cattolica e viva.
 

DISCORSO DEL SANTO PADRE LEONE XIV
AI MEMBRI DELL'”INTERNATIONAL YOUTH ADVISORY BODY”
DEL DICASTERO PER I LAICI, LA FAMIGLIA E LA VITA

Sala dei Papi
Venerdì, 31 ottobre 2025

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Cari giovani, buongiorno e benvenuti!

Siete stati chiamati a far parte di un organismo consultivo, l’International Youth Advisory Body (IYAB),legato al Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che ha lo scopo di far conoscere alla Santa Sede il “punto di vista dei giovani” su vari temi che sono al cuore della missione della Chiesa. Vi ringrazio per la vostra disponibilità e il vostro impegno a dialogare e a riflettere insieme, come avete fatto in questi giorni, per offrire il vostro contributo ai collaboratori del Papa nella Curia Romana. Condivido con voi tre brevi riflessioni sulla partecipazione, la sinodalità, la missione.

Partecipazione

Per svolgere il vostro compito, siete chiamati anzitutto a sentirvi partecipi della vita e della missione della Chiesa, che, come sapete bene, è una missione universale, cioè rivolta a tutti gli uomini e le donne, di ogni area geografica, di ogni cultura e condizione sociale. Da dove nasce l’autentica partecipazione ecclesiale? Direi che nasce dalla vicinanza al Cuore di Cristo. Ha cioè una radice spirituale, non ideologica o politica.

Nella sua preghiera rivolta al Padre poco prima di morire, trasmessaci dal Vangelo di Giovanni, Gesù dice: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,20-21). Gesù non si interessa solo alla cerchia ristretta dei discepoli che ha davanti, ma guarda oltre: il suo pensiero va a tutti gli uomini, anche quelli lontani, anche quelli che verranno in futuro. Vorrebbe che tutti si aprissero alla parola di salvezza che i suoi discepoli porteranno e che tutti trovassero in essa l’unità della fede e dell’amore reciproco. In una parola, il Signore porta sempre nel suo Cuore il mondo intero. Qui sta la sorgente della partecipazione.

Chi è vicino a Gesù, chi diventa suo amico nella preghiera, attraverso i Sacramenti e nella vita quotidiana, comincia a sentire come Lui sente; comincia a portare nel cuore il mondo intero: nulla gli è estraneo, nessuna persona gli è indifferente. Le sofferenze degli altri, i loro bisogni, le loro aspirazioni lo riguardano, lo toccano. Da qui il desiderio di partecipare, di sentirsi parte della missione universale della Chiesa, rivolta a tutti. Questo coinvolgimento è anche un segno di maturità umana e spirituale: il bambino è preoccupato solo dei propri bisogni, la persona matura sa condividere i problemi degli altri e li fa suoi.

Anche voi, dunque, siete chiamati a questa maturità e siete invitati ad “immergervi” in Cristo, così da sentire come Lui sente e vedere come Lui vede. In particolare, vi interessano le attese e le difficoltà dei giovani, di tutti i giovani del nostro tempo, che vi esorto a guardare con la compassione di Cristo, cercando di immaginare come, a partire dalla nostra fede, la Chiesa può andare loro incontro.

Sinodalità

Un secondo aspetto: la sinodalità. Sapete che la sinodalità è uno dei modi di attuare la natura della Chiesa che è comunione. A immagine della Santissima Trinità, anche la Chiesa è una comunione di persone: fedeli di ogni età, lingua e nazionalità che procedono insieme, che si arricchiscono a vicenda, che mettono in comune i beni spirituali propri di ciascuno.

Nella Chiesa sinodale, dunque, si vuole ascoltare che cosa lo Spirito Santo dice ai giovani, si vuole accogliere i loro carismi, i doni specifici della loro età e della loro sensibilità.

Nella Chiesa sinodale i giovani sono chiamati anche a farsi portavoce dei loro coetanei. Attraverso di voi, infatti, si vuole anche prestare attenzione alle voci dei giovani più deboli, più poveri, di quelli soli, dei rifugiati, di coloro che lottano per integrarsi nella società e accedere alle opportunità educative, voci che troppo spesso sono soffocate dal rumore dei potenti, di chi ha successo, di coloro che vivono in realtà “esclusive”.

Per un altro verso, la Chiesa sinodale per i giovani è anche una sfida, una provocazione, potremmo dire, perché li spinge a non vivere la fede isolatamente. Sapete che negli ultimi anni molti giovani si sono avvicinati alla fede tramite i social, mediante programmi di successo e testimoni cristiani molto popolari sul web. C’è il rischio, tuttavia, che la fede conosciuta on-line, rimanga un’esperienza solo individuale, che rassicura intellettualmente ed emotivamente, ma non diventa mai “corpo”, rimane disincarnata, cioè staccata dal “corpo ecclesiale”, non è vissuta con gli altri, nella concretezza delle situazioni di vita, delle relazioni e della condivisione reale. Gli algoritmi dei social media troppo spesso creano solo una cassa di risonanza del soggetto, cioè colgono le preferenze e i gusti personali e le “rimandano indietro” amplificate, arricchite di proposte accattivanti. Ma ognuno rimane solo con sé stesso, prigioniero delle proprie inclinazioni e delle proprie proiezioni.

In questo senso, le esperienze di sinodalità vissuta fanno superare le barriere dell’io e stimolano i giovani a diventare membri effettivi della famiglia di Gesù Cristo per «vivere insieme la nostra fede ed esprimere il nostro amore in una vita comunitaria, condividendo il nostro affetto, il nostro tempo, la nostra fede e le nostre preoccupazioni con altri giovani. La Chiesa offre molte opportunità diverse per vivere la fede in comunità, perché insieme tutto è più facile» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 164).

Missione

Un ultimo aspetto: la missione. La sinodalità, quando è autentica, sfocia nella missione. Al cuore della sinodalità infatti c’è l’azione dello Spirito Santo. Non si tratta di una procedura assembleare, ma di un modo di fare spazio all’azione di Dio, tramite l’ascolto dello Spirito. Lo Spirito Santo vuole sempre “guidarci alla verità tutta intera” (cfr Gv 16,13), cioè ad accogliere sempre più in profondità Gesù che è la Verità, e ci “ricorda tutto ciò che Egli ci ha detto” (cfr Gv 14,26), attualizzando nell’oggi le sue parole. Lo Spirito, dunque, orienta alla missione.

Anche voi avrete modo di sperimentare come la preghiera comune, l’ascolto, il confronto aiutino a capire in che modo far presente il Vangelo nel mondo di oggi. Questo è il discernimento ecclesiale per la missione: comprendere in ogni epoca come far arrivare il Vangelo a tutti.

Tutto ciò richiede da voi giovani un cuore disposto ad ascoltare sia le “ispirazioni” dello Spirito sia le “aspirazioni” profonde di ogni persona, al di là delle apparenze, per cercare le vere risposte che danno senso alla vita; un cuore aperto alla chiamata di Dio e non fissato nei propri progetti, docile a comprendere e compatire prima di giudicare. La prospettiva della missione richiede anche la libertà dalle paure, perché il Signore ama chiamarci a percorrere strade nuove. E voi giovani potete essere, in questo senso, maestri di creatività e di coraggio.

Vi ringrazio, dunque, del contributo che darete per la missione: sarà un supplemento di energia e di slancio al cuore missionario della Chiesa. Il vostro organismo, infatti, fa parte di quel movimento spirituale più ampio – che comprende le GMG, la pastorale giovanile ordinaria, i nuovi movimenti giovanili –, che mantiene sempre giovane la Chiesa.

Cari giovani, voi rappresentate tanti vostri coetanei e attraverso di voi anche loro possono “parlare” alla Chiesa. Siate certi che la vostra voce viene ascoltata e presa sul serio. Il vostro contributo, la vostra presenza è preziosa. Lo Spirito Santo vi guidi, vi dia luce e vi rafforzi nella gioia della testimonianza cristiana. Vi benedico di cuore.

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