La cattedrale di San Pietro a Venezia; e il leone San Marco simbolo della città

Imboccando a destra salizada Streta, dopo qualche decina di metri, sempre a destra, calle larga de Castelo vi condurrà, attraverso ponte de San Piero, sull’isola di San Pietro di Castello, dove dinnanzi a voi, in campo San Piero, si staglia l’imponente chiesa di San Pietro di Castello, che fu cattedrale di Venezia fino al 1807, anno in cui il titolo passò a quella di San Marco.

Purtroppo, a causa della sua posizione posta fuori dal tragitto turistico, sono pochi coloro che, venendo a Venezia, riescono a visitare questo luogo suggestivo per fede, storia e tradizione, ed è per questo che vogliamo raccontarvi e documentare con immagini – seppur brevemente – questa amabile testimonianza.

cattedrale-spietrovenezia-2_54744dd606d9dAll’interno del tempio, si trova il suggestivo trono di San Pietro, sul quale, secondo la tradizione popolare, si sarebbe seduto l’apostolo nel corso della sua lunga permanenza ad Antiochia.

Secondo una leggenda locale il trono di San Pietro fu usato come sicuro nascondiglio per il Sacro Graal (il calice da cui bevve Cristo) durante il suo trasferimento in Europa dalla fortezza iraniana di Takht-I-Sulai- man (trono di Salomone).

Il grande seggio contenente la preziosissima reliquia venne affidato dai Sufi (i mistici dell’Islam) a Federico II per tramite di alcuni crociati teutonici. Federico II avrebbe poi custodito il sacro calice nel castello ottagonale di Casteldelmonte, in Puglia.

A memoria di quell’incredibile ritrovamento, il portale del duomo di Bari reca una immagine di Re Artù con l’indicazione stilizzata del nascondiglio.

Quanto al trono, giunse a Venezia più tardi e di esso si sa che il dossale è formato da una stele funeraria musulmana, decorata su entrambi i lati con motivi arabi e versetti del Corano.

cattedrale-spietrovenezia-5_54744f0ed500fEntrando nella Chiesa, alla vostra destra, si trova l’Altare di San Pietro:

due colonne in rosso di fiandra si ergono verso il cielo con ai lati due statue marmoree raffiguranti i Profeti Isaia e Geremia. La pala centrale, opera di Marco Basaiti, XV sec. raffigura San Pietro in Cattedra con i Santi Nicolò, Andrea, Jacopo e Antonio.

Qui accanto la cattedra marmorea di Antiochia di San Pietro – il grande seggio  detto trono di San Pietro -, dono di Michele Paleologo imperatore d’Oriente al Doge Pietro Gradenigo; è costituito da vari pezzi marmorei (vedere anche foto dell’album in fondo).

Lo schienale era una stele funeraria musulmana decorata con versetti del Corano e iscrizioni in caratteri cufici.

Traduzione dall’arabo cufico dell’iscrizione scolpita sullo schienale della “cattedra di San Pietro”:

Corano, Sura III, vv. 192-194

O Signore! Dacci quel che Tu ci promettesti, per bocca dei Tuoi Messaggeri, e non ci svergognare nel giorno della risurrezione.

Corano Sura XXIII, v. 118

E Tu perdona! Abbi pietà! Tu sei dei pietosi il migliore!

Sull’isola, originariamente chiamata Olivolo per la presenza di numerosi uliveti, o forse per la sua forma simile a un’oliva, si insediarono i primi gruppi di abitanti che fondarono la confederazione di isole da cui ebbe inizio la storia millenaria della Serenissima.

Se siete fortunati, e il periodo è quello giusto, potreste imbattervi nella tradizionale festa di San Pietro di Castello, o in una delle piacevoli iniziative che gli abitanti del sestiere organizzano nel corso del Carnevale, che tra gennaio e febbraio impazza per tutta la città.

Quando i Patriarchi lasciarono questo luogo per stabilirsi a San Marco, i parroci che li succedettero occuparono da subito una delle case che sorgono a sinistra della chiesa.

Torniamo alla con-cattedrale

La Basilica di San Pietro Apostolo, sorge sull’isola “Olivolo” o di Castello, una delle prime isole rialtine ad essere abitate e che, insieme a Rivoalto, Gemini, Luprio, Canaleclo e Dorsoduro formarono l’antichissima confederazione delle isole dell’Estuario quando Venezia non era ancora città.

Mentre fu detta di Castello da un castello che il doge Pietro Tribuno vi costruì per la difesa della città.

Sin dal settimo secolo, sorse sull’isola un tempio dedicato ai SS. Sergio e Bacco edificato a spese della nobile famiglia Samacali, che si chiamò poi Caotorta.

Nell’ottavo secolo, al posto di questo tempio, fu eretta la Chiesa di San Pietro, che da allora acquistò sempre più importanza nella vita religiosa della città di Venezia: fu prima sede di Vescovado, poi nel 1451 Papa Nicolò V attribuì al Vescovo di Castello Lorenzo Giustiniani (il cui corpo è tuttora conservato nella Basilica) anche la carica di Patriarca di Grado e da allora la Cattedrale di San Pietro fu sede del Patriarcato di Venezia, rimanendolo fino al 1807, quando il titolo passò a San Marco, fino allora Cappella particolare del doge.

La chiesa nel corso dei secoli subì svariati lavori di ampliamento e modifica, anche a causa dei numerosi incendi che la colpirono; della vecchia chiesa gotica non si è salvato nulla; l’attuale basilica si deve al progetto di Andrea Palladio, realizzato però, anni dopo e con varianti, dal suo discepolo Francesco Smeraldi, detto “Fracà”, mentre la sistemazione interna è opera di Giovanni Girolamo Grapiglia.

L’opera segna il passaggio fra il ’500 e il ’600: alla struttura tipicamente Palladiana come lo testimoniano le quattro grosse colonne corinzie in facciata, la trabeazione a forte rilievo, il timpano maggiore e la sovrastruttura orizzontale, si affianca la fantasia pittorica del barocco veneziano.

cattedrale-spietrovenezia-3_54744ff9165a6FACCIATA

(vedere foto album)

La facciata presenta il caratteristico schema palladiano con i timpani laterali spezzati e timpano centrale con chiusura orizzontale; all’interno del timpano le simboliche chiavi incrociate non con la tiara ma con la Croce a doppie braccia in uso nella Chiesa Orientale (detta poi, dopo lo scisma, Ortodossa).

Breve Guida alla Visita

La Chiesa è a croce latina a tre navate con copertura a crociera, una grandiosa cupola è sostenuta da quattro archi su robusti pilastri con capitelli corinzi. La navata centrale termina con un profondo presbiterio; le due cappelle in fondo alle navate laterali ed il transetto hanno copertura a botte.

Durante i lavori del XVII secolo, per volere del Card. Francesco Vendramin, venne aggiunta una cappella al termine del braccio sinistro del transetto, attigua alla cappella Landò, preesistente alla chiesa stessa.

Degne di nota due grandi tele ai lati della porta principale: a destra Cena di Gesù con i suoi Discepoli, pittura di scuola veneziana di Jacopo Beltrame, 1618 circa, a sinistra Cena della Pasqua Ebraica con Gesù e i Dodici.

cattedrale-spietrovenezia-6_5474505c29c27Il Presbiterio

Imponente e maestoso è il Presbiterio con l’Altare Maggiore – opera di Baldassarre Longhena (1649) costruito da Clemente Moli – nel quale si conservano le spoglie del primo Patriarca di Venezia San Lorenzo Giustiniani (1380 + 1455), dietro l’Altare Maggiore si trovano anche le tombe dei tre Patriarchi: Giovanni Tiepolo (al centro), Alviso Foscari (a sinistra) e Alvise Sagredo (adestra).

Sotto l’imponente organo costruito nel 1754 da Pietro Nacchini, giace il corpo della Beata Giuliana Giustiniani, nipote del Santo Patriarca.

cattedrale-spietrovenezia-4_547450d5ec181Ai due lati del Presbiterio si ergono le due Cappelle laterali: una è la Cappella del Santissimo Sacramento, l’altra è la Cappella della Croce.

Sotto l’altare della Cappella della Croce troviamo il corpo di San Giovanni Duce di Alessandria e sopra l’altare la spettacolare Croce bizantina, in rame a sbalzo su legno datata al XIV secolo (altre immagini le trovate nell’album fotografico).

Notevoli ed imponenti le due tele laterali dedicate alla Santissima Croce. Sul soffitto si lascia pregustare San Carlo Borromeo nella gloria di Dio.

cattedrale-spietrovenezia-7_5474515f93b56Eretta dal Vescovo Marco Lando nel 1425 troviamo, sul lato sinistro, la Cappella di Ognissanti.

Qui si conserva ancora una predella originale dell’altare precedente, in mosaico, del II secolo.

Subito dopo la spettacolare Cappella Vendramin.

La Cappella è dedicata alla Madonna del Carmine intenta a prelevare le Anime dal Purgatorio.

cattedrale-spietrovenezia-9_547451bb6f71dLa Cappella è dedicata al Patriarca di Venezia Francesco Vendramin (Venezia, 10 ottobre 1555 – Venezia, 7 ottobre 1619) nella quale si ergono otto statue marmoree atte a descrivere le virtù testimoniate dal Patriarca: ingegno, agricoltura e astronomia, generosità e poesia, fermezza, virtù e umile teologia.

Suggestivo l’Altare dedicato a Maria Santissima Immacolata e Assunta.

La statua proviene dalla Chiesa del Corpus Domini soppressa nell’era napoleonica. In marmo greco la statua realizzata da G. M. Morlaiter (1699-1782) è stata trasportata nella cattedrale di San Pietro dalla Scuola Grande di Carità.


Seguono ora alcune immagini che il sito Cooperatores Veritatis ha scattato per voi.

Questo slideshow richiede JavaScript.


Cosa c’entra San Marco, il leone e Venezia?

Il leone, da sempre simbolo di forza, fierezza, maestosità, nobiltà e coraggio, venne associato a Marco per come enfatizza la potenza della Resurrezione, la maestà e la regalità di Cristo e per le caratteristiche del suo Vangelo.

Ogni veneziano ama il suo Leone. In quello strano felino con le ali e su quel suo libro con sopra scritto “pax tibi Marce, evangelista meus”, sono rappresentati tutti i caratteri con cui Venezia ama pensare e descrivere sé stessa: potenza, saggezza, giustizia, pietà religiosa, pace e, se proprio serve, anche forza militare.
Una antichissima leggenda narra che il Santo Marco, a seguito di un naufragio nelle lagune, vide apparire un angelo in forma di leone alato. L’angelo parlò e annunciò a Marco che proprio in quelle terre paludose egli avrebbe trovato un giorno riposo: Pax tibi Marce, evangelista meus. Hic requiescet corpus tuum.
“Pace a te Marco, mio evangelista. Qui riposerà il tuo corpo.”

Il Leone può essere “andante”, quando si vede per intero con la zampa anteriore destra poggiata sul libro; oppure a “mo’eca” (moleca) cioè rappresentato frontalmente, accovacciato tanto da assumere l’aspetto simile a quello di un granchio (la moleca, appunto). Il nostro leone può essere rappresentato con il libro (erroneamente indicato come il Vangelo) oppure con la spada. Vediamo quali possono essere le diverse interpretazioni simboliche:
– sono molte le immagini del doge inginocchiato davanti al leone con il libro aperto, perché questo è il simbolo della sovranità della Serenissima;
– il libro chiuso e la spada impugnata è invece ritenuto simbolo della condizione di guerra (ma è una credenza popolare, non suffragata da alcuna fonte storica);
– infine, il libro aperto e la spada impugnata sarebbe simbolo della giustizia.

Poche città al mondo si identificano con il simbolo del proprio santo patrono come Venezia. Ancora oggi come in passato il riferimento è immediato: che sia in piedi o sdraiato, con il libro aperto o con la spada sguainata, in atteggiamento bellicoso o pacifico, è facile identificare il leone alato con la Serenissima.

La sua sagoma compare in tutto ciò che in qualche modo si rifà a Venezia a vario titolo. Dalle monete ai sigilli, dalle patere ai proclami, dai bassorilievi alle sculture presenti nel Dogado e nei territori del suo Stato da terra e del suo Stato da mar.

Il leone nella storia di Venezia
Per scovare il più antico gonfalone della storia di Venezia dobbiamo andare indietro nel tempo di più di mille anni. Troviamo una croce d’oro su sfondo azzurro, lo stesso colore che identificava l’impero bizantino di cui Venezia era parte. I gonfaloni usati dalle navi della flotta veneziana erano invece di colore rosso, associato alla forza militare.
A questa bandiera vennero poi aggiunte sei code di lato a rappresentare i sei sestieri. Nel gonfalone attuale della Regione Veneto le fasce diventano sette, come le provincie. Al centro il leone con il libro aperto, a simboleggiare la sovranità dello Stato.

Nei mesi che seguono la caduta della Repubblica di Venezia nel 1797, i suoi leoni di pietra diventano bersaglio degli scalpellini, che ne distruggono circa cinquemila. Un ritorno del leone in grande stile si avrà durante i moti risorgimentali del 1848 quando riappare sul tricolore della Repubblica di san Marco, in alto sulla banda verde.

Perché il simbolo di san Marco è il leone alato?
La rappresentazione di Marco in forma di leone si rifà all’iconografia cristiana derivante dalle visioni profetiche del versetto dell’Apocalisse di san Giovanni. È però san Girolamo che alla fine del IV secolo assegna definitivamente un animale ad ognuno: il leone a san Marco, l’aquila a san Giovanni, il bue a san Luca e l’angelo a san Matteo.

Il leone alato è associato a San Marco per le parole con le quali comincia il suo Vangelo. Questo inizia con la descrizione di san Giovanni Battista, che nell’immaginario cristiano era vestito con una pelle di leone, e con la frase evangelica di una voce che grida nel deserto e che richiamava l’idea di un ruggito.

Il leone della Piazzetta, innalzato, come il S. Teodoro, su di una colonna di granito egiziano con capitello medievale, raffigura un leone alato in bronzo (forse un tempo dorato), con ricca criniera, che avanza con le fauci spalancate. La più antica menzione è del 1293, quando però si parla già di restauri; e poiché la colonna sulla quale si trova fu portata a Venezia nel 1172, tra queste due date (metà del XIII sec. circa) va posta la collocazione del leone. Fu asportato da Napoleone che lo collocò a Parigi nella Place des Invalides, e tornò a Venezia nel 1815; in questa occasione cadde, si ruppe in molti pezzi e fu restaurato .

Il leone di san Marco che identifica Venezia
La storia di Venezia è intrecciata a doppio filo con quella dell’evangelista Marco, il suo santo protettore, e del suo simbolo, il leone alato. Secondo la tradizione Marco fece sosta in un’isola della laguna veneta dove ricevette l’apparizione di un angelo, che lo salutò con le parole che troviamo sempre sul libro che il leone tiene aperto tra le sue zampe ‘Pax tibi Marce, evangelista meus, hic requiescet corpus tuum’ che significa ‘Pace a te Marco, mio evangelista, qui riposi il tuo corpo’.

Marco muore ad Alessandria d’Egitto il 25 aprile del 72 e il suo corpo è costudito all’interno di una chiesa fino a quando, trafugato da due mercanti veneziani, arriva a Venezia che gli costruisce una piccola cappella per ospitarlo. Rifatta ed ingrandita due volte diventerà la Basilica di san Marco che oggi conosciamo.

San Marco divenne in seguito patrono della città ma è solo dal XIII secolo che Venezia inizia ad identificarsi con il simbolo del suo patrono, il leone alato. Col passare del tempo assume sempre più una valenza politica, comparendo negli atti ufficiali della città e diventando riconoscibile anche al di fuori dei propri confini.

Libro aperto o libro chiuso?
La questione sul significato del libro aperto e del libro chiuso riscuote sempre molto interesse. Prima di continuare a leggere vi chiedo di fare attenzione ad una cosa: i suoi significati collegati non sono universalmente accettati in quanto la Serenissima non codificò mai i propri simboli. Attribuire il libro aperto alla pace e quello chiuso alla guerra sono frutti della tradizione e come tali vanno presi.

Il libro aperto è ritenuto simbolo della sovranità dello stato, infatti si trovano spesso nei quadri le raffigurazioni e i ritratti dei Dogi inginocchiati davanti al leone che ne tiene uno tra le zampe. Viceversa il libro chiuso può rappresentare la sovranità delegata e quindi quella delle magistrature pubbliche.

Il libro chiuso accompagnato dalla spada impugnata è ritenuto popolarmente simbolo di guerra, ma se questa è abbinata al libro aperto diventerebbe il simbolo della pubblica giustizia. Possiamo dire che il libro chiuso indicava uno stato di pericolo o emergenza in generale, come testimonia il fatto che fosse presente, ad esempio, nei documenti che contenevano le misure adottate in caso di pestilenza.

Il leone andante
Il leone andante è rappresentato di solito di profilo mentre marcia, appoggiato su tre zampe e con la quarta che tocca il libro, che può essere aperto o chiuso. Lo si trova spesso scolpito nei monumenti pubblici come le mura o le porte d’ingresso alla città, oppure sopra le colonne nelle piazze principali, non solo a Venezia ma anche nei suoi territori dell’entroterra o nei possedimenti istriani e dalmati e nelle isole greche, come segno immediatamente riconoscibile del dominio della Serenissima.

Quando vediamo un leone andante facciamo attenzione a dove appoggia le zampe. Fino al Cinquecento era perlopiù raffigurato con le zampe in acqua a rappresentare la potenza marittima di Venezia. Di seguito, con l’espansione sulla terraferma, iniziò a poggiare quelle anteriori sulla terra ad indicare la duplicità dei suoi domini con lo Stato da terra e con lo Stato da mar.
Esiste anche un altro tipo di leone simile a quello andante che è il leone rampante. Di profilo, dritto sulle zampe posteriori e con quelle anteriori che tengono il libro e la spada, pronto a colpire chiunque tenti di sbarrargli il passo.

GALLERIA


25 aprile San Marco Evangelista

San Marco, ebreo di origine, nacque probabilmente fuori della Palestina, da famiglia benestante. San Pietro, che lo chiama «figlio mio», lo ebbe certamente con sè nei viaggi missionari in Oriente e a Roma, dove avrebbe scritto il Vangelo. Oltre alla familiarità con san Pietro, Marco può vantare una lunga comunità di vita con l’apostolo Paolo, che incontrò nel 44, quando Paolo e Barnaba portarono a Gerusalemme la colletta della comunità di Antiochia. Al ritorno, Barnaba portò con sè il giovane nipote Marco, che più tardi si troverà al fianco di san Paolo a Roma. Nel 66 san Paolo ci dà l’ultima informazione su Marco, scrivendo dalla prigione romana a Timoteo: «Porta con te Marco. Posso bene aver bisogno dei suoi servizi». L’evangelista probabilmente morì nel 68, di morte naturale, secondo una relazione, o secondo un’altra come martire, ad Alessandria d’Egitto. Gli Atti di Marco (IV secolo) riferiscono che il 24 aprile venne trascinato dai pagani per le vie di Alessandria legato con funi al collo. Gettato in carcere, il giorno dopo subì lo stesso atroce tormento e soccombette. Il suo corpo, dato alle fiamme, venne sottratto alla distruzione dai fedeli. Secondo una leggenda due mercanti veneziani avrebbero portato il corpo nell’828 nella città di Venezia.

Preghiamo: + O Glorioso san Marco che foste sempre in onore specialissimo nella chiesa, non solo per i popoli da voi santificati, per il vangelo da voi scritto, per le virtù da voi praticate, e per il martirio da voi sostenuto, ma ancora per la cura speciale che mostrò Iddio per il vostro corpo portentosamente preservato sia dalle fiamme a cui lo destinarono gli idolatri nel giorno stesso della vostra morte, e sia dalla profanazione dei saraceni divenuti padroni del vostro sepolcro in Alessandria, fate che possiamo imitare tutte le vostre virtù.. Ve lo chiediamo per i meriti del Signore Gesù che amabilmente serviste in terra. Così sia. 3Gloria al Padre….

I commenti sono chiusi.

Crea un sito web o un blog su WordPress.com

Su ↑