Budda in fila indiana

Per la sua 80° conferenza dal titolo “Budda in fila indiana” il Centro Culturale Amici del Timone di Staggia ha avuto il piacere di ospitare il 21 aprile 2017 Padre François Dermine. Presidente del GRIS (Gruppo di Ricerca e di Informazione Socio-religiosa), è deputato alle questioni di religiosità alternativa dalla CEI, insegna come professore allo Studio Teologico Domenicano di Bologna e conduce su Radio Maria la trasmissione “Mistici, veggenti e medium”.

In una sala stracolma come nei grandi eventi Padre Dermine ha spiegato come, a suo parere, l’avvento in occidente delle tecniche di meditazione orientali siano in parte responsabili della secolarizzazione e dell’allontanamento dalla fede cattolica. La visione buddista è quindi un’eresia per la Chiesa Cattolica e somiglia alla gnosi.

Buonasera a tutti e grazie per essere qui, come sempre un piacere parlare con voi.

Questo tema delle tecniche di meditazione orientali è per me di fondamentale importanza perché, a mio avviso, sono in parte responsabili del lento e impercettibile processo di allontanamento dal Cristianesimo che porta alla secolarizzazione. Queste tecniche, come cercherò di spiegarvi, non sono affatto neutrali.

Vi dico subito che non sono uno che vede il demonio dappertutto. Anzi, per farvi capire, ho praticato lo yoga per diciassette anni, smettendo nel 1987. CLICCA QUI: https://cooperatores-veritatis.org/wp-content/uploads/2023/02/ratzinger-cdf-alcuni-aspetti-della-meditazione-cristiana.pdf

Era uno yoga strettamente psicofisico, ma l’ho lasciato per motivi che vi illustrerò. Non mi si può quindi accusare di pregiudizi; al contrario, ho guardato queste tecniche con occhio favorevole inizialmente. Le mie idee sono cambiate solo dopo averle studiate a fondo.

Il mio interesse per questo argomento è nato intorno al 1985, quando una diocesi vicino a Bologna mi interpellò. Alcune persone mi segnalarono che i responsabili dell’apostolato della preghiera stavano diffondendo la meditazione trascendentale invece di parlare della preghiera cristiana. Mi misi quindi a studiare questo fenomeno, e stavo per scrivere un libro sull’argomento. Fortunatamente, nell’ottobre del 1989, la Chiesa pubblicò un documento cruciale.

Si tratta del documento della Congregazione per la Dottrina della Fede intitolato “Alcuni aspetti della meditazione cristiana”, firmato dal Cardinale Joseph Ratzinger. Questo testo, che definirei geniale, è scaricabile da internet, è breve (venti pagine) e si legge molto bene. Il suo scopo era rispondere a una domanda precisa: “È possibile in un cammino di fede cristiano ricorrere alle tecniche orientali di meditazione?”.

Quando parliamo di “oriente” in questo contesto, non ci riferiamo all’Europa dell’Est, ma all’India, da cui sono sorte religioni importantissime come l’Induismo e il Buddismo. Il Buddismo, pur essendo quasi scomparso dall’India, si è diffuso ampiamente in Cina, Giappone, Sud-est asiatico e ora si sta diffondendo anche in Occidente, seppur in modo discreto e contenuto.

Il documento, come ho detto, affronta le tecniche ispirate all’Induismo e al Buddismo, come lo Zen o la Meditazione Trascendentale. Tuttavia, a mio avviso, commette un errore: mettere la Meditazione Trascendentale sullo stesso piano dell’Induismo, del Buddismo e dello Yoga.

  • La Meditazione Trascendentale è un movimento più o meno settario nato in India nel 1953, fondato da un certo Maharishi Mahesh Yogi. Egli voleva proporre agli indiani una tecnica di meditazione accessibile a tutti, non solo ai guru. Inizialmente non ebbe successo in India e decise di venire in Occidente, dove, a suo dire, la gente era “più aperta”.
  • Qui in Occidente, ebbe un successo notevole, grazie all’adesione di grandi nomi dello spettacolo, come i Beatles e Mia Farrow.
  • Però, questo successo era basato su un raggiro: la tecnica consisteva nella ripetizione interiore di un mantra che doveva essere personale, ma si scoprì poi che ne esistevano solo sedici, assegnati in base all’età. Per questo, ritengo sia sbagliato accomunare la Meditazione Trascendentale alle grandi tradizioni religiose come l’Induismo e il Buddismo.

Il documento della Chiesa mette in evidenza due errori fondamentali dai quali il cristiano deve guardarsi quando medita: la cosiddetta pseudo-gnosi e il messalianismo.

La Pseudo-Gnosi

La gnosi è stata la più grande eresia che il Cristianesimo ha dovuto affrontare fin dall’inizio. Consiste nell’affermare che l’uomo è naturalmente Dio, o meglio, che la realtà è unica. Induismo e Buddismo sono forme di gnosi.

  • Queste religioni partono dal principio che la realtà che noi vediamo, il cosiddetto mondo fenomenico, non esiste, è pura illusione (maya). Io, ad esempio, credo di essere Padre François Dermine qui con voi a Staggia, ma per loro, questa è un’illusione.
  • Affermano che tutto ciò che è legato alla nostra esperienza è inesistente perché il mondo è intriso di sofferenza, male e impermanenza. L’impermanenza (una categoria buddista) significa che tutto è in continuo cambiamento, per cui non esistono cose che abbiano una consistenza intrinseca. Ad esempio, io non sono più colui che ero quando sono stato concepito, ma questo non significa che non esisto, perché il mio DNA, il mio nucleo personale, resiste ai cambiamenti.
  • Per il Buddismo e l’Induismo, il mondo non può esistere a causa del male e del cambiamento.

Per farvi capire meglio, vi ho letto alcune citazioni di un famoso buddista francese, Matthieu Ricard, collaboratore del Dalai Lama. Nel suo libro sull’altruismo, Ricard affronta la questione della persona:

  • Afferma che la nozione di persona è legittima solo se considerata come un “concetto pratico” per indicare la nostra esperienza vissuta, un flusso mentale che cambia a ogni istante.
  • Ricard scrive che il Buddismo conclude che “l’io non è inesistente perché se ne fa l’esperienza, ma esiste soltanto come illusione“. È come un miraggio nel deserto: lo percepiamo, ma non esiste.
  • Questo significa che, per loro, l’io percepito come entità è un “vuoto di esistenza autonoma e permanente”. Anche Maharishi Mahesh Yogi sosteneva che gli esseri che pensiamo esistano in realtà non esistono, perché ciò che esiste è al di là, trascendente.

Questa visione è per noi cristiani assolutamente inammissibile.

  • Se entriamo in questo modo di pensare, non possiamo rimanere cristiani, perché per noi la persona è assolutamente centrale. Il mistero principale del Cristianesimo è quello della Santissima Trinità, un Dio in tre persone.
  • Come diceva Kant, la persona non potrà mai essere un mezzo, ma solo un fine: la persona è sacrosanta.
  • È vero che Buddismo e Induismo insegnano il rispetto per la persona e la compassione. Ma cosa significa compassione se l’altro non esiste perché è “maya”?. La loro compassione è un esercizio mentale per decentrarsi da sé, per non sentirsi una persona esistente.
  • Per noi, la compassione e la carità consistono nel pensare all’altro davvero come un altro esistente.
  • Nella gnosi, esiste solo un principio unico; la molteplicità degli esseri non esiste veramente, siamo chiamati a scomparire in quel principio unico. Noi, invece, saremo interlocutori di Dio per l’eternità, e interlocutori tra di noi. Preferisco continuare a esistere come creatura e dialogare con Dio e il prossimo, piuttosto che scomparire nel “grand tout” in modo anonimo. Siamo molto, molto lontani dalla realtà cristiana.

Il Messalianismo

Il secondo errore è il messalianismo. Il documento lo definisce come quell’eresia del IV secolo in cui i falsi carismatici identificavano la grazia dello Spirito Santo con l’esperienza psicologica della sua presenza nell’anima.

  • Sostenevano che se durante la preghiera ci si sente bene, c’è lo Spirito Santo; se non c’è benessere, la preghiera non è autentica.
  • Il documento condanna questo, affermando che scambiare il benessere interiore per autentiche consolazioni dello Spirito Santo è un modo totalmente erroneo di concepire il cammino spirituale.
  • Per chi si impegna seriamente nella preghiera, verranno comunque tempi in cui sembrerà di vagare in un deserto e di non sentire nulla di Dio. Questi periodi non sono risparmiati a nessuno che prenda sul serio la preghiera.
  • In quei momenti, anche se la preghiera può sembrare artificiale o inutile, essa è in realtà espressione della propria fedeltà a Dio, rimanendo alla Sua presenza anche senza consolazioni soggettive.

Effetti Pratici e Tecniche di Meditazione

Questi errori comportano effetti pratici precisi sulla preghiera.

  • Se si entra nella mentalità gnostica, la preghiera diventa una ricerca di un “vuoto mentale”. Induismo e Buddismo, infatti, promuovono tecniche di meditazione incentrate sul vuoto mentale. Il ragionamento è: se il pensiero mi riporta a questa realtà illusoria, devo fare il vuoto con esercizi precisi.
  • Lo Yoga:
    • È la matrice di tutte le tecniche meditative orientali.
    • In sanscrito, la parola “yoga” è l’equivalente della parola “religione”: unificare.
    • Lo yoga è stato escogitato dall’Induismo per consentire all’uomo di tagliarsi fuori dalla realtà esterna e corporea, superare il mondo esterno per rientrare nel profondo del proprio sé (l’atman). L’atman non è un sé psicologico, ma l’equivalente del Brahman. Se si riesce a risalire all’atman, si raggiunge il Brahman.
    • Questo cammino meditativo è strettamente individualista e solitario, non interpersonale come la Trinità cristiana. Non è un movimento verso l’altro o verso l’esterno, ma un movimento statico verso l’interno, completamente opposto al cammino spirituale cristiano.
  • Il Buddismo:
    • Essendo una “eresia” dell’Induismo, si concentra sull’aspetto mentale e sul vuoto mentale.
    • Escogita varie tecniche per impedire all’uomo di ragionare e pensare, cercando il vuoto.
    • I principali indirizzi del Buddismo sono quello tibetano (Dalai Lama) e quello giapponese (Zen).
    • La tecnica buddista tibetana consiste nel mettersi in una posizione rilassata (spesso quella del loto), fare silenzio e, quando ci si accorge di pensare, concentrarsi sul respiro, immaginando il pensiero che entra ed esce.
    • Nello Zen, le tecniche sono simili ma aggiungono, ad esempio, i kōan, questioni paradossali che il maestro dà al discepolo per sconcertarlo e fargli capire che il pensare non porta da nessuna parte, incoraggiandolo a non pensare affatto.

Il Distacco e la Meditazione

  • Questo tipo di preghiera buddista non ha nulla a che fare con il Cristianesimo.
  • Spesso mi si chiede se il Buddismo insegni un distacco dalle cose più efficace del Cristianesimo. In Occidente, sembra di sì, perché il loro distacco non è spirituale, ma mentale.
  • Per loro, la causa della sofferenza è il desiderio e l’amore: se non desideri e non ami nulla, non soffrirai.
  • Per noi, invece, non si tratta di non amare niente, ma di amare di più, con un amore sempre più vero, che metta ordine nei nostri affetti. Questo richiede una conversione e un cambiamento di mentalità, rieducando l’amore attraverso la virtù, che è un “ordo amoris”, l’ordine degli amori.
  • Devi amare il Signore tuo Dio con tutto il cuore, l’anima e le forze, e il prossimo come te stesso. Non puoi investire tutto sulla famiglia o sul fidanzato, perché solo Dio può riempire il cuore e la mente.
  • Il distacco mentale buddista, ottenuto con esercizi, attrae molto perché promette un benessere immediato: ti senti meglio non dando più importanza a nulla, sei distaccato da tutto, guardi da lontano.
  • Ma questo è un modo di pensare completamente estraneo e opposto a quello cristiano, è fuorviante.

Per noi cristiani, meditare significa pensare a qualcuno e a qualcosa. Per loro, significa non pensare a niente, rinchiudendosi in sé stessi e facendo il vuoto attorno a sé, dimenticando famiglia, lavoro, beni.

Lo Yoga “Cristiano” e la Visione della Chiesa

Non tutti gli yoga sono uguali. Quello psicofisico che ho praticato io non aveva la pretesa di mescolare yoga e preghiera. Tuttavia, è raro che lo yoga venga insegnato solo come tecnica psicofisica; generalmente, cerca sempre di far passare un messaggio.

  • Il Cardinal Ratzinger, interrogato sull’argomento, rispose che se lo yoga è ridotto a una semplice ginnastica che offre un aiuto per il rilassamento del corpo, può essere accettato. Ma deve essere realmente ridotto a un puro esercizio fisico di rilassamento, liberato da ogni elemento ideologico. Bisogna essere molto attenti a non introdurre una determinata visione dell’uomo, del mondo o della relazione tra uomo e Dio (la famosa gnosi).
  • Alla domanda se possa esistere uno “yoga cristiano”, rispose che nel momento in cui lo si chiama così, è già ideologizzato e appare come una religione, e questo non gli piace.
  • Il documento della Chiesa, in effetti, riconosce che si possono usare tecniche psicofisiche per predisporsi alla preghiera, ma poi bisogna pregare, meditare e pensare a chi si ha di fronte: Dio, Gesù Cristo, la Madonna.
  • Personalmente, se qualcuno mi chiede se può fare yoga psicofisico, lo metto in guardia: “Stai attento dove lo impari, stai molto attento a quello che ti diranno, perché alla base dello yoga c’è una religione, una visione della realtà che non è assolutamente neutrale“.

Nel mio libro ormai esaurito, “Mistici veggenti e medium: esperienze della vita a confronto”, riportavo le considerazioni di Santa Teresa d’Avila.

  • Lei venne a sapere di religiosi, principalmente domenicani della mistica renana (come Eckhart e Taulero), che diffondevano un tipo di meditazione incentrato sul vuoto mentale. Il loro ragionamento era: poiché Dio è al di sopra di ogni pensiero, è inutile pensare a Lui nella preghiera; meglio fare il vuoto per permettere a Dio di intervenire.
  • Questi maestri insegnavano tecniche di concentrazione, come fissare un punto sul muro per ore per non pensare a niente.
  • Santa Teresa d’Avila, venuta a conoscenza di queste tecniche, disse: “Quando vedo anime tutte intente a rendersi conto dell’orazione che hanno e così concentrate, e mentre la praticano che a quanto sembra non osano muoversi né divergere il pensiero, capisco quanto poco intendano del cammino per cui si arriva all’unione con Dio“.
  • Per lei, la cosa più importante nella meditazione è pensare a Dio e al Suo onore.
  • Con ancora più energia, affermava che se per giungere a Dio si pretende di non pensare a nulla, si è un traditore, perché per giungere a Dio si deve passare attraverso l’umanità di Cristo. Questa è la nostra essenza cristiana: contemplare Dio in Cristo. Se Dio vuole che tu giunga a una preghiera senza pensieri particolari, con la sola percezione della Sua presenza, quello sarà opera di Dio, non del tuo sforzo. Santa Teresa, sentire parlare di queste cose, “perdeva le staffe”.

Esempi di Cristiani e Sincretismo

Vorrei darvi alcuni esempi di cristiani che hanno voluto praticare queste tecniche e inserirle nel loro percorso:

  • Padre Dechanet, un benedettino: Trovandosi in un momento difficile, entrò in contatto con lo yoga, che, a suo dire, lo trasformò. Scrisse il libro “Lo yoga per i cristiani”. Affermava che la pratica dello yoga rendeva più arrendevoli, recettivi, aperti agli scambi personali con Dio, stimolava la fede e l’amore di Dio e del prossimo. In pratica, attribuiva allo yoga ciò che noi attribuiamo allo Spirito Santo.
  • Padre Enomiya Lassalle, un gesuita: Scrisse “Lo Zen cristiano” (o “Zen, via verso la luce”). In un libro di circa 150 pagine, menziona Gesù Cristo solo due volte, e in modo concessivo, dicendo che “durante la meditazione si può pensare a Gesù Cristo”, ma sottinteso che è meglio il vuoto mentale. Sosteneva che bisogna tralasciare i pensieri dialettici e le argomentazioni logiche, che sono ostacolo all’illuminazione. La sua idea era che bisogna superare il nostro “io” presunto per afferrare il “vero io”, la vera realtà, fino alla sorgente del nostro essere.
    • I buddisti non vi diranno direttamente che la persona non esiste. Mi è capitato di fare una conferenza dove evidenziavo che il Buddismo non dà spessore alla persona. Un’insegnante buddista mi disse che loro danno importanza alla persona, ma poi la definì una “manifestazione dell’Assoluto”. A quel punto, le chiesi: “Signora, ma lei dialoga con l’Assoluto?”. Ovviamente no, perché se sei parte dell’Assoluto, non c’è dialogo.
    • Questo per noi è centrale: non c’è vita cristiana senza rapporti interpersonali. Il più grande comandamento è amare Dio e il prossimo: sono relazioni interpersonali. La vita spirituale, le devozioni, i sacramenti, servono a migliorare la qualità dei nostri rapporti interpersonali con Dio e con il prossimo.
  • Anthony De Mello, un gesuita: Fu oggetto di una nota critica e condanna da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede. Insisteva molto sulla consapevolezza di sé stessi e del rapporto con il nostro sé. Citava Sant’Agostino, affermando che raggiungendo il nostro sé profondo, raggiungiamo Dio stesso.
    • Invece, Sant’Agostino dice tutto il contrario: “Non rimanere in te stesso, oltrepassa te stesso, perché tu non sei Dio“. Dio è più profondo e più grande di noi. Il vero pericolo è restare in sé stessi, perché noi non siamo Dio, siamo creature. De Mello, invece, insisteva sull’identificazione del nostro sé con Dio, insegnando tecniche per rientrare in noi stessi.

In molti di questi autori, c’è la ricerca del benessere interiore, cosa che non sempre accompagna la preghiera. La preghiera si nutre di fede e atti di volontà, e non è artificiosa. È l’occasione per dimostrare a Dio che, anche senza gratificazioni, vogliamo restare al Suo cospetto, e che Egli lavorerà attraverso il Suo apparente silenzio. Questa è la fedeltà a Dio e il rapporto interpersonale che siamo chiamati ad avere con Lui.

Domande e Approfondimenti

Vi lascio ora con alcune riflessioni nate dalle domande frequenti che ricevo:

  • Meditazione interiore o del profondo nazionale cristiana: Non le ho studiate approfonditamente, ma credo appartengano tutte alla stessa matrice della preghiera del profondo. Sebbene ci siano benedettini che le praticano anche in India, queste preghiere sono profondamente segnate dalle tecniche orientali. Per me, il rischio di sincretismo è grossissimo, di mettere insieme orientamenti di preghiera incompatibili. Se ci si impegna in questo tipo di meditazione o esercizi psicofisici, le nostre strade si dividono; non c’è compatibilità.
  • Dalai Lama su Cristiani e Buddisti: Un giorno gli chiesero se fosse possibile essere cristiano e buddista. Molto onestamente, rispose: “All’inizio sì, poi se uno approfondisce, le nostre strade si dividono“. Si cerca sempre una preghiera dove tutto tace e diventa tranquillo, ma che non ha niente a che fare con la ricerca del volto di un interlocutore che ci manca.
  • Realtà Fenomenica, Tempo e Spazio: La domanda se affermare che la realtà fenomenica non ha consistenza perché muta continuamente equivalesse ad affermare che il tempo è superiore allo spazio, osservando il corpo glorioso di Gesù. Per noi, sia il tempo che lo spazio hanno importanza, perché senza spazio non c’è distinzione, e senza distinzione non c’è esistenza autonoma di una pluralità di esseri. Il corpo glorioso di Gesù, pur essendo un corpo spirituale che può entrare a porte chiuse, ha uno spazio, e pur non essendo più soggetto alla temporalità come la conosciamo (vivremo nell’eternità), non sarà avulso dalla dimensione temporale. Parliamo di “cieli nuovi e terra nuova”; la dimensione spaziale non può essere superata per noi esseri umani. L’eternità è il possesso di tutto in un istante, come Dio, che non ha prima e dopo. Noi avremo una successione di esperienze anche in paradiso, perché la beatitudine, pur essendo senza successione in Dio, a livello dei nostri rapporti interpersonali, avrà una successione.
  • Meditazione e Contemplazione: Sono due cose diverse.
    • La meditazione è più discorsiva: si medita su qualcosa, si pensa a qualcosa, si elaborano pensieri successivi, si frullano i pensieri.
    • La contemplazione è uno sguardo su qualcosa o qualcuno, non sul vuoto. Ad esempio, nel Rosario contempliamo i misteri di Cristo, fissando lo sguardo su un mistero senza necessariamente entrare nei particolari, ma con il cuore.
    • Nel Buddismo, si parla sempre di conoscenza, non di amore. Loro mirano all’illuminazione, al Nirvana (lo spegnimento di qualsiasi pensiero).
    • Per noi, la contemplazione si fissa su un volto. Le distrazioni sono normali; dobbiamo ritornare a pensare a Dio. Questo esercizio ci fa capire che non abbiamo una “smania” per Dio, perché se lo amassimo davvero, penseremmo solo a Lui. Ma ci fa anche capire che Dio ci vuole bene così come siamo. Si tratta di educare i nostri affetti e amori per amare sempre più Dio; più lo ameremo, più sapremo contemplarlo spontaneamente, senza sforzi di concentrazione.
  • Differenza tra Induismo e Buddismo: Oltre al diverso focus nella meditazione (corporeità nello yoga induista, mentale nel buddismo), la principale differenza sta nel concetto di “sé”.
    • Nell’Induismo, esiste un “sé” (atman) profondo che è l’interfaccia del Brahman. Risalendo al proprio sé profondo, si raggiunge Dio (il Brahman).
    • Nel Buddismo, il sé non esiste (anātman, “senza atman”). Non abbiamo un sé, e neanche Dio ha un sé.
  • L’abolizione della figurazione nell’arte del Novecento e la ricerca del vuoto assoluto: Non sono un artista, ma è plausibile che l’arte si incarni nel suo ambiente storico e che ci sia una corrispondenza tra questa ricerca del vuoto nell’arte e l’assenza della persona.
  • I “Poteri” (Siddhis): Molti grandi teorici dello yoga, come Patanjali, sono contrari alla ricerca di questi poteri.
    • Maharishi Mahesh Yogi, invece, aveva una “scuola di siddhis” per imparare ad acquisire poteri, come il “volo”. Lui garantiva di insegnare a volare, ma si trattava di saltare su un materasso molto molleggiato. Non ho mai incontrato un meditante volante!.
    • Non escludo che certi guru possano avere poteri paranormali. Tuttavia, questi non sono carismi, che hanno sempre uno scopo spirituale (suscitare la fede) e discendono da Dio. I poteri di cui parliamo sono paranormali, possono essere sviluppati con l’intervento di esseri non dalla parte di Dio, e sono spesso medianici. Molte persone con poteri medianici hanno bisogno di essere esorcizzate, perché sono poteri che non vengono da Dio. La nostra natura umana è fatta per conoscere in modo umano, attraverso i sensi e l’intelligenza. Tutto ciò che è paranormale non è naturale e deve provenire da un essere superiore, divino o angelico (buono o demoniaco). Questi poteri non sono solo frutto di impegno meditativo, ma corrispondono a una ricerca del sovraumano dove si mescola l’orgoglio e il demonio ha buon gioco.

È stata una serata intensa e spero abbiate trovato spunti per meditare e approfondire. Grazie a tutti per la vostra presenza.

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