“E poiché “ove è Pietro ivi è la Chiesa” , e “Pietro parla per bocca del Romano Pontefice“, e “sempre vive nei suoi successori, e giudica” , e “appresta la verità della fede a coloro che la cercano” , perciò le divine parole sono da interpretare nel senso che ha tenuto e tiene questa Romana Cattedra del beatissimo Pietro; “la quale, madre di tutte le Chiese e maestra” , sempre serbò la fede consegnatale da Cristo Signore integra ed inviolata, ed in quella ammaestrò i fedeli, mostrando a tutti la via della salute e la dottrina dell’incorrotta verità.” (beato Pio IX – Qui pluribus)
Pio IX
Qui pluribus
Erano già molti anni da quando, insieme con Voi, Venerabili Fratelli, Ci affaticavamo secondo le Nostre forze di adempiere l’ufficio episcopale, sovraccarico di tante sollecitudini, e di pascere nei monti, nei rivi e nei pascoli ubertosi d’Israele la porzione del gregge cristiano affidata alle Nostre cure, quand’ecco, per la morte dell’illustre Predecessore Nostro Gregorio XVI (del quale ammireranno certamente i posteri la memoria e le gesta gloriose registrate con auree note nei fasti della Chiesa), subitamente e fuor d’ogni Nostra previsione fummo innalzati per arcano consiglio della divina Provvidenza al supremo Pontificato, non senza grandissimo turbamento e trepidazione dell’animo Nostro. Infatti, se il peso del ministero apostolico fu sempre giustamente reputato gravissimo e pericoloso, assai più terribile riesce in questi tempi difficilissimi per la società cristiana.
Noi, conoscendo appieno la Nostra debolezza, nel considerare i gravissimi uffici del supremo Apostolato, massimamente in mezzo a tante vicissitudini, Ci saremmo abbandonati alla mestizia e al pianto se non confidassimo in Dio, che è Nostra salvezza, che non abbandona mai chi pone in Lui la sua speranza, e che, per manifestare la virtù della sua potenza, a reggere la sua Chiesa sceglie sovente chi è più debole, affinché tutti sempre più conoscano essere la Chiesa da Lui solo governata e difesa con ammirabile provvidenza. Grandemente ancora Ci conforta la consolazione che abbiamo da Voi, Venerabili Fratelli, da Voi che siete compagni e coadiutori Nostri nel procurare la salvezza delle anime e che, chiamati a partecipare delle Nostre sollecitudini, con ogni cura e con ogni studio attendete all’adempimento del vostro ministero e alle opere della santa milizia.
Allorché dunque Ci fummo assisi, benché immeritevoli, in questa sublime Cattedra del Principe degli Apostoli, e nella persona del Beato Pietro ricevemmo dallo stesso eterno Principe dei Pastori il gravissimo ufficio di pascere e governare non solo gli agnelli, cioè l’universo Popolo cristiano, ma anche le pecore, cioè i Vescovi, niente certamente desiderammo più che d’indirizzare a Voi tutti una parola che Vi dimostrasse l’intimo affetto di carità che Ci stringe a Voi. Pertanto, dopo aver preso, secondo il costume e l’istituto dei Nostri Predecessori, nella Basilica Lateranense il possesso del sommo Pontificato, senza frapporre indugio, con questa lettera eccitiamo la Vostra esimia pietà, affinché con sempre maggiore alacrità e diligenza vegliate sul gregge affidatovi e, combattendo il nemico dell’uman genere con vigore e costanza episcopali (come conviene a buoni soldati di Gesù Cristo), stiate saldi per la difesa della casa d’Israele.
Nessuno di Voi ignora, Venerabili Fratelli, quanto acerba e terribile guerra muovano, in questa nostra età, contro la Chiesa cattolica uomini congiunti fra loro in empia unione, avversari della sana dottrina, disdegnosi della verità, intenti a tirare fuori dalle tenebre ogni mostro di opinioni, e con tutte le forze accumulare, divulgare e disseminare gli errori presso il popolo. Con orrore certamente e con dolore acerbissimo ripensiamo tutte le mostruosità erronee e le nocive arti e le insidie con le quali si sforzano questi odiatori della verità e della luce, peritissimi artefici di frodi, di estinguere ogni amore di giustizia e di onestà negli animi degli uomini; di corrompere i costumi; di sconvolgere i diritti umani e divini; di scuotere e, se pur potessero, di rovesciare dalle fondamenta la Religione cattolica e la società civile.
Sapete, Venerabili Fratelli, che questi fierissimi nemici del nome cristiano, miseramente tratti da un cieco impeto di folle empietà, sono giunti a tale temerità di opinioni che “aprendo la bocca a bestemmiare Iddio” (Ap 13,6) con inaudita audacia, non si vergognano d’insegnare apertamente che i sacrosanti misteri della nostra Religione sono invenzioni umane; accusano la dottrina della Chiesa cattolica di contraddire al bene ed ai vantaggi della società umana; né temono di rinnegare la divinità di Cristo medesimo. E per potere più facilmente sedurre i popoli ed ingannare gl’incauti e gl’inesperti, si vantano che solo a loro siano note le vie della prosperità umana; né dubitano di arrogarsi il nome di filosofi, quasi che la filosofia, che si aggira tutta nella investigazione delle verità naturali, debba rifiutare quelle che lo stesso supremo e clementissimo autore della natura, Iddio, per singolare beneficio e misericordia si è degnato di manifestare agli uomini, affinché conseguano vera felicità e salvezza. Quindi con fallace e confuso argomento non cessano mai di magnificare la forza e l’eccellenza della ragione umana contro la fede santissima di Cristo, e audacemente blaterano che la medesima ripugna alla ragione umana. Del che niente si può pensare od immaginare né di più stolto, né di più empio, né di più ripugnante alla ragione medesima. Sebbene infatti la fede sia al di sopra della ragione, pur tuttavia fra di esse non si può trovare nessuna vera discordanza e nessun dissidio, quando ambedue prendono origine da una stessa fonte d’immutabile ed eterna verità, da Dio Ottimo Massimo; e per tale motivo vicendevolmente si aiutano, di modo che la retta ragione dimostra e difende la verità della fede, e la fede libera la ragione da ogni errore e mirabilmente la illustra, la rafforza e la perfeziona con la cognizione delle cose divine.
Né con minore fallacia certamente, Venerabili Fratelli, questi nemici della divina rivelazione, con somme lodi esaltando il progresso umano, vorrebbero con temerario e sacrilego ardimento introdurlo perfino nella Religione cattolica; come se essa non fosse opera di Dio, ma degli uomini, ovvero invenzione dei filosofi, da potersi con modi umani perfezionare.
Contro siffatto delirare possiamo ben ridire la parola con cui Tertulliano rimproverava i filosofi della sua età, “che fecero il Cristianesimo Stoico, o Platonico, o Dialettico” . E certamente poiché non è la nostra santissima Religione un risultato della ragione umana, ma fu da Dio clementissimamente manifestata agli uomini, ognuno intende facilmente che dall’autorità di Dio medesimo essa acquista ogni sua forza, né la ragione umana può mutarla o perfezionarla.
Bensì alla umana ragione appartiene il cercare con ogni diligenza il fatto della rivelazione, affinché non sia ingannata ed erri in una cosa di tanta importanza, e per rendere a Dio un ossequio ragionevole, come sapientissimamente insegna l’Apostolo, quando sia certa che Iddio le ha parlato.
Chi infatti ignora o può ignorare che a Dio che parla si debba prestare ogni fede, e che alla ragione medesima niente sia più conforme che l’acquietarsi e l’aderire fermamente alle cose che si conoscano rivelate da Dio il quale non può essere né ingannato né ingannatore?
Ma quanti meravigliosi e splendidi argomenti esistono per convincere l’umana ragione che la Religione di Cristo sia divina e che “ogni principio dei nostri dogmi venga dal Signore dei Cieli” ; e però della nostra fede niente sia più certo, più sicuro, più santo ed edificato sopra più soldi fondamenti! Questa fede, maestra della vita, guida della salvezza, liberatrice di tutti i vizi, feconda madre e nutrice di virtù, fu sigillata con la nascita, la vita, la morte, la resurrezione, la sapienza, i prodigi, le predizioni del suo autore e perfezionatore Gesù Cristo. Sfolgoreggiante da ogni parte di una luce di soprannaturale dottrina; arricchita dei tesori delle celesti dovizie; ampiamente illustre ed insigne per i vaticini dei profeti, per lo splendore di tanti miracoli, per la costanza di tanti martiri, per la gloria di tutti i santi; questa fede vivificata dalle salutari leggi di Cristo, ritraendo sempre nuova vita dalle stesse crudelissime persecuzioni, con il solo vessillo della Croce percorse l’orbe universo e per terra e per mare, dal luogo ove nasce sin dove muore il sole. Dileguata la fallacia degli idoli, sgombrata la caligine degli errori, trionfando di ogni sorta di nemici, illuminò con la luce delle dottrine e assoggettò al soavissimo giogo di Cristo medesimo popoli, genti, nazioni quantunque barbare per ferocia, e diverse d’indole, di costumi, di leggi, d’istituti, annunziando a tutti la pace, annunziando beni. Le quali cose certamente risplendono da ogni parte di tanta luce, di sapienza e di potenza divina, che la mente ed il pensiero di ciascuno facilmente intendono che la fede di Cristo è opera di Dio.
Pertanto la ragione umana, conoscendo chiaramente per siffatti argomenti splendidissimi e fermissimi, che Dio è l’autore della fede, non può sospingersi più oltre, ma, tolta ogni difficoltà e rimosso ogni dubbio, conviene che presti ossequio alla fede medesima, tenendo per cosa data da Dio tutto ciò che essa propone da credere e da fare.
E di qui si vede chiaro quanto errino coloro che, abusando della ragione e stimando opera umana la parola di Dio, a loro arbitrio osano spiegarla ed interpretarla, quando Iddio medesimo ha costituito una viva autorità, la quale insegni e stabilisca il vero e legittimo senso della sua celeste rivelazione, e con infallibile giudizio definisca ogni controversia di fede e di costumi, affinché i fedeli non siano raggirati da ogni turbinio di dottrina, né siano per umana nequizia indotti in errore. La quale viva ed infallibile autorità è in quella sola Chiesa che da Cristo Signore fu edificata sopra Pietro, Capo, Principe e Pastore della Chiesa universale, la cui fede, per divina promessa, non verrà mai meno, ma sempre e senza intermissione durerà nei legittimi Pontefici i quali, discendendo dallo stesso Pietro ed essendo collocati nella sua Cattedra, sono anche eredi e difensori della sua medesima dottrina, della dignità, dell’onore e della sua potestà.
E poiché “ove è Pietro ivi è la Chiesa” , e “Pietro parla per bocca del Romano Pontefice“, e “sempre vive nei suoi successori, e giudica” , e “appresta la verità della fede a coloro che la cercano” , perciò le divine parole sono da interpretare nel senso che ha tenuto e tiene questa Romana Cattedra del beatissimo Pietro; “la quale, madre di tutte le Chiese e maestra” , sempre serbò la fede consegnatale da Cristo Signore integra ed inviolata, ed in quella ammaestrò i fedeli, mostrando a tutti la via della salute e la dottrina dell’incorrotta verità. Ed è questa appunto la “principale Chiesa donde nacque l’unità sacerdotale” ; questa la metropoli della pietà “nella quale è intera e perfetta la solidità della Religione cristiana” , “nella quale sempre fiorì il principato della Cattedra Apostolica” , “cui a motivo del suo primato è necessario che si stringa ogni altra Chiesa, cioè dovunque sono i fedeli” , “perché chi non raccoglie con lei, disperde” .
Noi dunque, che per imperscrutabile giudizio di Dio siamo collocati in questa Cattedra di verità, eccitiamo grandemente nel Signore la Vostra egregia pietà, Venerabili Fratelli, affinché con ogni sollecitudine e con ogni studio vogliate assiduamente ammonire ed esortare i fedeli affidati alla Vostra cura che, aderendo fermamente a questi principi, non si lascino mai ingannare da coloro che, sotto specie dell’umano progresso ma con abominevole intenzione, vogliono distruggere la fede ed assoggettarla empiamente alla ragione, e manomettere la parola del Signore, con grandissima ingiuria a Dio medesimo che, mediante la sua celeste Religione, con tanta clemenza provvide al bene ed alla salute degli uomini.
Conoscete ancora, Venerabili Fratelli, altre mostruosità di errori ed altre frodi, con cui i figli del secolo acerbamente impugnano la divina autorità e le leggi della Chiesa, per conculcare insieme i diritti della potestà civile e di quella sacra. A questo mirano inique macchinazioni contro questa Romana Cattedra del Beatissimo Pietro, nella quale Cristo pose l’inespugnabile fondamento della sua Chiesa. A questo mirano altresì quelle sette segrete che occultamente sorsero dalle tenebre per corrompere gli ordini civili e religiosi, e che dai Romani Pontefici Nostri Predecessori più volte furono condannate con lettere apostoliche che Noi, con la pienezza della Nostra Potestà Apostolica, confermiamo e ordiniamo che siano diligentissimamente osservate. Questo vogliono le scaltrissime società Bibliche mentre, rinnovando le vecchie arti degli eretici, senza badare a spese non si peritano di spargere fra gli uomini anche più rozzi i libri delle divine Scritture, volgarizzati contro le santissime regole della Chiesa e sovente corrotti con perverse spiegazioni, affinché, abbandonate la divina tradizione, la dottrina dei Padri e l’autorità della Chiesa cattolica, tutti interpretino la parola del Signore secondo il loro privato giudizio e, guastandone il senso, cadano in errori gravissimi.
Gregorio XVI di santa memoria, al quale seppure con minori meriti siamo succeduti, emulando gli esempi dei suoi Predecessori, con sua lettera apostolica riprovò tali società , e Noi parimenti le vogliamo condannate. Altrettanto diciamo di quel sistema che ripugna allo stesso lume della ragione naturale, che è l’indifferenza della Religione, con il quale costoro, tolta ogni distinzione fra virtù e vizio, fra verità ed errore, fra onestà e turpitudine, insegnano che qualsivoglia religione sia ugualmente buona per conseguire la salute eterna, come se fra la giustizia e le passioni, fra la luce e le tenebre, fra Cristo e Belial potesse mai essere accordo o comunanza. Mira al medesimo fine la turpe cospirazione contro il sacro celibato dei Chierici, fomentata, oh che dolore!, anche da alcuni uomini di Chiesa, miseramente dimentichi della propria dignità, e cedevoli agli allettamenti della voluttà. A questo tende altresì la perversa istituzione di ammaestrare nelle discipline filosofiche, con le quali si corrompe l’incauta gioventù, propinandole il fiele del drago nel calice di Babilonia.
A questo punta la nefanda dottrina del Comunismo, come dicono, massimamente avversa allo stesso diritto naturale; una volta che essa sia ammessa, i diritti di tutti, le cose, le proprietà, anzi la stessa società umana si sconvolgerebbero dal fondo. A questo aspirano le tenebrose insidie di coloro che, in vesti di agnelli, ma con animo di lupi, s’insinuano con mentite apparenze di più pura pietà e di più severa virtù e disciplina: dolcemente sorprendono, mollemente stringono, occultamente uccidono; distolgono gli uomini dalla osservanza di ogni religione, e fanno scempio del gregge del Signore.
Che diremo infine, per tralasciare molte altre cose a Voi notissime, del terribile contagio di tanti volumi e libercoli che volano da ogni parte ed insegnano a peccare, artificiosamente composti, pieni di fallacia, con immensa spesa disseminati per ogni luogo a divulgare pestifere dottrine, a depravare le menti e gli animi degli incauti con gravissimo detrimento della Religione? Da questa colluvie di errori e da questa sfrenata licenza di pensiero, di parole e di scritture, avviene poi che si peggiorino i costumi, che sia dispregiata la santissima Religione di Cristo e vituperata la maestà del culto divino, che sia travagliata la potestà di questa Sede Apostolica, combattuta e ridotta in turpe schiavitù l’autorità della Chiesa, conculcati i diritti dei Vescovi, violata la santità del matrimonio, scosso il governo d’ogni autorità, oltre tanti altri danni della società cristiana e civile, che insieme con Voi, Venerabili Fratelli, siamo costretti a lamentare.
In tante vicende dunque di cose e di tempi, angustiati nel profondo del cuore per la salvezza del gregge a Noi divinamente affidato, niente lasceremo intentato, niente non provato secondo il dovere del Nostro apostolico ministero, per provvedere con tutte le forze al bene della famiglia cristiana. Ma la Vostra illustre pietà, la Vostra virtù, la Vostra prudenza, Venerabili Fratelli, Noi eccitiamo nel Signore, affinché mediante il celeste aiuto, insieme con Noi, difendiate coraggiosamente la causa di Dio e della Chiesa, come domandano il luogo in cui sedete e la dignità di cui siete rivestiti. Con quanto ardore dobbiate combattere, bene intendete vedendo le ferite della intemerata Sposa di Cristo e l’impeto acerbissimo dei suoi nemici. E primieramente ben sapete essere Vostro compito difendere con episcopale vigore la fede cattolica e vegliare con ogni studio affinché il gregge a Voi consegnato rimanga stabile ed immobile nella fede: chi “non l’avrà serbata integra ed inviolata, senza dubbio perirà in eterno” . A difendere pertanto ed a conservare questa fede ponete ogni diligenza, non cessando mai d’insegnarla a tutti, raffermando gl’incerti, convincendo i contraddittori, confortando i deboli, nulla dissimulando o tollerando che possa in alcun modo ottenebrare la purezza della fede medesima. Né con minore forza d’animo fomenterete in tutti l’unione con la Chiesa cattolica, fuori della quale non vi è salvezza, e l’obbedienza verso questa Cattedra di Pietro alla quale, come a fermissimo fondamento, tutto l’edificio della Nostra santissima Religione sta appoggiato. Con pari costanza però abbiate cura di custodire le santissime leggi della Chiesa, per le quali fioriscono e s’invigoriscono la virtù e la Religione.
Essendo poi “gran pietà l’aprire i nascondigli degli empi e debellare in essi il demonio a cui servono” , per quanto è in Noi Vi preghiamo che scopriate al popolo fedele le svariate insidie, le frodi, gli errori dei nemici; e lo allontaniate diligentemente dai libri pestiferi; e lo esortiate assiduamente affinché fuggendo le sette e le società degli empi come la faccia del serpente, eviti con la massima cura tutte quelle cose che avversano l’integrità della fede, della Religione e dei costumi.
Perciò non sia mai che Voi cessiate di predicare il Vangelo, in modo che il popolo cristiano ogni giorno cresca più erudito nei santi precetti della legge cristiana e nella scienza di Dio, si allontani dal male, faccia il bene e cammini nelle vie del Signore. E poiché Voi sapete che siete ambasciatori di Cristo, che si protestò di essere mansueto ed umile di cuore, e che non venne per chiamare i giusti ma i peccatori, lasciando a noi esempio affinché seguissimo le sue orme, non stancatevi se alcuni troverete erranti, fuori della via della verità e della giustizia, di richiamarli e di rimproverarli con animo dolce e mansueto e con paterne ammonizioni, e di riprenderli ed ammonirli con ogni bontà, pazienza e dottrina, “quando spesso verso i malvagi possa più la benevolenza della severità e delle minacce, più la carità della forza” .
Procurate ancora con ogni efficacia, Venerabili Fratelli, di far sì che i fedeli seguano la carità, cerchino la pace ed adempiano attentamente le opere della carità e della pace, in modo che deposte le inimicizie, composte le discordie, tutti si amino con vicendevole carità, siano perfetti nell’unità del sentire e del volere, ed abbiano una medesima parola e siano unanimi in Gesù Cristo Signor Nostro. Inculcate nel popolo cristiano l’obbedienza e la soggezione dovuta ai Principi ed alle potestà, insegnando secondo la dottrina dell’Apostolo che “non è potestà se non da Dio” (Rm 12,1.2), e che coloro che resistono alla potestà resistono al volere di Dio e quindi si acquistano la dannazione; mai da nessuno possa essere violato senza colpa il precetto di ubbidire alla stessa potestà, a meno che non sia comandata qualche cosa che contrasti alle leggi di Dio e della Chiesa.
Ma poiché “niente serve ad istruire gli altri nella pietà e nel culto del Signore, quanto la vita e l’esempio di coloro che si dedicarono al divino ministero” , e poiché tale suole essere per lo più il popolo, quali sono i sacerdoti, nella Vostra singolare sapienza vedete chiaramente, Venerabili Fratelli, che dovete Voi con sommo studio lavorare affinché il Clero sia ornato di serietà di costumi, integrità di vita, santità e dottrina, affinché sia diligentissimamente mantenuta la disciplina ecclesiastica secondo le norme dei sacri canoni, ed ove fosse caduta si restituisca nell’antico splendore. Per questo ben sapete quanto dobbiate guardarvi, per comando dell’Apostolo, d’imporre inconsideratamente le mani, ma vorrete iniziare nei sacri ordini e destinare a trattare i santi misteri soltanto coloro che per diligente indagine conoscerete degni di onorare le Vostre diocesi con la virtù e la sapienza, fuggendo tutto ciò che ai chierici è vietato, attendendo alla lettura, alle esortazioni, alla dottrina, “facendosi esempio dei fedeli nelle parole, nella conversazione, nella carità, nella fede, nella castità” (1Tm 4,12), per meritarsi la venerazione di tutti ed infiammare il popolo negli esercizi della Religione cristiana. Meglio è certamente, come sapientissimamente ammonisce l’immortale Benedetto XIV Nostro Predecessore, “meglio è avere minor numero di ministri, ma buoni, idonei ed utili anziché molti, i quali poi nulla valgano nella edificazione del corpo di Cristo, che è la Chiesa” .
Né ignorate di dovere con maggior diligenza investigare principalmente i costumi e la scienza di coloro ai quali si commette la cura ed il reggimento delle anime, affinché, come fedeli dispensatori della multiforme grazia di Dio, procurino continuamente di pascere e aiutare il popolo a loro affidato con l’amministrazione dei sacramenti, con la predicazione della divina parola, con l’esempio delle buone opere, e conformarlo ai precetti, agli istituti ed agli insegnamenti della Religione per condurlo nelle vie della salvezza. Voi comprendete chiaramente che se i Parroci ignorano o trascurano il loro ufficio, ne segue tosto che i costumi dei popoli si corrompano, si rilassi la disciplina cristiana, si rallenti e si scuota il culto della Religione, e nella Chiesa si introducano facilmente tutti i vizi e le corruttele. Affinché poi la parola di Dio che “viva, efficace e più penetrante di una spada a doppio taglio” (Eb 4,12) ci è stata data in salute delle anime, per colpa dei ministri non divenga infruttuosa, non cessate giammai, Venerabili Fratelli, di ammonire i sacri oratori che, ben valutando la gravità del loro ufficio, esercitino religiosissimamente il ministero evangelico, non già con gli argomenti della persuasione umana, né con ambizioso e vuoto apparato di umana eloquenza, ma con la manifestazione dello spirito e della virtù, in modo che trattando rettamente la parola della verità, e non predicando se stessi, ma Cristo Crocifisso, apertamente e chiaramente con grave e limpido linguaggio, secondo la dottrina della Chiesa cattolica e dei Padri annunzino ai popoli i dogmi ed i precetti della nostra santissima Religione, spieghino accuratamente i particolari doveri di ciascuno, ispirino in tutti l’orrore della colpa, infiammino alla pietà, affinché i fedeli, salutevolmente ristorati con la parola di Dio, evitino i vizi, seguano le virtù, fuggano le pene eterne, e siano fatti capaci di conseguire la gloria celeste.
Con la Vostra pastorale sollecitudine e prudenza avvertite, eccitate sempre gli ecclesiastici tutti a meditare quale ministero abbiano ricevuto nel Signore, così che tutti adempiano diligentissimamente il proprio ufficio, amino soprattutto il decoro della Casa di Dio, e con intimo senso di pietà e senza interruzione preghino fervidamente, e secondo il precetto della Chiesa recitino le ore canoniche, con le quali possono impetrare per sé divini aiuti che li soccorrano nelle gravi incombenze del loro ufficio, e possano ancora rendere Dio placato e propizio al popolo cristiano.
Siccome poi, Venerabili Fratelli, alla Vostra sapienza non sfugge che la Chiesa non può avere idonei ministri se non da Chierici ottimamente cresciuti ed istruiti e che dalla loro istruzione per gran parte dipende tutto il corso del rimanente della loro vita, così tutto il nerbo del Vostro zelo episcopale sia principalmente indirizzato a questo: a che i giovani Chierici fin dai teneri anni siano correttamente ammaestrati nella pietà, nella solida virtù, nelle lettere e nelle più severe discipline, soprattutto nelle sacre. Per la qual cosa niente avrete più a cuore di procurare con ogni mezzo la istituzione dei seminari, secondo le prescrizioni dei Padri Tridentini , dove ancora non esistono; dove già sono istituiti vorrete, se sia necessario, ampliarli e fornirli di ottimi rettori e di maestri, e con attentissimo e continuo studio vegliare affinché i giovani Chierici vi siano santamente e religiosamente educati nel timore di Dio, nella disciplina ecclesiastica, nelle scienze sacre secondo la dottrina cattolica, scevre da ogni errore, nelle tradizioni della Chiesa, negli scritti dei Santi Padri, nelle sacre cerimonie, nei riti; così potrete avere forti ed industriosi operai i quali, di animo veramente sacerdotale rettamente avviati negli studi, abbiano forza di coltivare diligentemente nella calamità il campo del Signore, e di combatterne strenuamente le battaglie.
Oltre a questo, conoscendo quanto valga a conservare la dignità e la santità dell’ordine ecclesiastico il pio istituto degli esercizi spirituali, il Vostro zelo episcopale curerà sommamente questa salutare opera, né tralascerete di ammonire e di esortare tutti coloro che sono chiamati al servizio divino, affinché spesso si ritraggano in santa solitudine per deporre le cure esteriori e, con la meditazione delle cose eterne e divine, si purifichino dalle macchie contratte tra la polvere mondana, e possano rinnovare lo spirito ecclesiastico e, spogliato l’uomo vecchio, con le sue opere rivestire il nuovo che è creato in giustizia e santità.
Né Vi rincresca se alquanto più lungamente Ci siamo intrattenuti intorno alla educazione ed alla disciplina del Clero. Non ignorate, infatti, che vi sono molti i quali, infastiditi per la incostanza e mutabile varietà degli errori, sentono la necessità di professare la nostra Religione santissima, e tanto più facilmente saranno condotti con l’aiuto di Dio ad abbracciarne la dottrina, i precetti, i consigli, quanto più vedranno risplendere la pietà e l’integrità del Clero, congiunte alla sapienza ed ai virtuosi esempi.
Del resto non dubitiamo, carissimi Fratelli, che Voi tutti, accesi d’ardente carità verso Dio e verso gli uomini, infiammati di sommo amore per la Chiesa, forniti di virtù quasi angeliche, armati di zelo episcopale e di prudenza, congiunti in un medesimo desiderio di santa volontà, seguiterete le orme degli Apostoli ed imiterete, come a Vescovi si conviene, Gesù Cristo, esempio di tutti i Pastori, del quale siete ambasciatori.
Per confermare a Voi medesimi gli animi del Vostro gregge, illuminare con lo splendore della Vostra santità il Clero ed il popolo fedele, vorrete mostrarvi ricchi di misericordia, e compatendo coloro che ignorano ed errano, cercherete con amore le pecore che si smarriscono, secondo l’esempio del Pastore evangelico e, ponendole con paterno affetto sulle Vostre spalle, le ricondurrete all’ovile, non cedendo a cura o fatica, perché verso tutte le anime a Noi care, redente col sangue preziosissimo di Cristo, e raccomandate alle Vostre cure religiosissimamente, adempiate tutti gli uffici della dignità pastorale col difenderle dall’impeto e dalle insidie dei lupi rapaci, con il ritrarle dai pascoli avvelenati, con l’avviarle a quelli salubri e sicuri, con il sospingerle tutte mediante le opere Vostre, con la parola e con l’esempio nel porto della salvezza eterna.
Attendete dunque virilmente, Venerabili Fratelli, a procurare la gloria di Dio e della Chiesa, e con ogni alacrità, sollecitudine, vigilanza, in questa opera tutti insieme adoperatevi affinché, banditi completamente gli errori e divelti i vizi dalle radici, la fede, la Religione, la pietà e la virtù prendano sempre maggiore incremento, e tutti i fedeli, rifiutando le opere delle tenebre, come figli della luce camminino degnamente piacendo a Dio in tutte le cose, e fruttificando di ogni opera buona.
Fra le massime angustie, le difficoltà, i pericoli che non possono specialmente in questi tempi mancare al Vostro gravissimo ministero episcopale, non vogliate spaventarvi, ma prendete conforto nel Signore e nella potenza della virtù di Colui “che riguardandoci dall’alto intenti alla difesa del suo nome, rafforza i volenterosi, aiuta i combattenti, corona i vincitori” . Siccome poi non può esservi cosa a Noi più gradita né più desiderabile che l’aiutare con ogni affetto, opera e consiglio Voi che amiamo nelle viscere di Gesù Cristo, ed insieme con Voi difendere e propagare la gloria di Dio e la fede cattolica, e far salve le anime per le quali siamo pronti, se sia necessario, a dare la vita stessa, venite Fratelli, ve ne preghiamo e ve ne scongiuriamo, venite con grande animo e con grande fiducia a questa Sede del Beatissimo Principe degli Apostoli, centro della Unità Cattolica, fonte ed apice dell’Episcopato e di tutta la sua autorità; venite a Noi in qualunque momento avrete bisogno dell’aiuto, del conforto e dell’appoggio dell’autorità Nostra e della medesima Santa Sede.
Noi Ci confortiamo nella speranza che i Principi, carissimi figli Nostri in Gesù Cristo, per la loro pietà e Religione ricorderanno come la “Regia potestà è a loro conferita non solamente per governare il mondo, ma specialmente quale sostegno della Chiesa” , e che Noi “trattando la causa della Chiesa trattiamo quella del loro regno e della prosperità e della pace delle loro Province” . Sicché confidiamo che mediante l’aiuto e l’autorità loro assecondino i comuni Nostri voti, consigli e premure, e difendano la libertà e l’incolumità della Chiesa medesima “affinché il loro Potere sia difeso con la destra di Cristo” .
Affinché tutte queste cose avvengano felicemente e prosperamente secondo la Nostra attesa, accostiamoci con fiducia, Venerabili Fratelli, al trono della grazia, e con fervorose preghiere senza intermissione scongiuriamo nella umiltà del Nostro cuore il Padre delle misericordie, ed il Dio di ogni consolazione, che per i meriti dell’Unigenito suo Figlio si degni confortare, con l’abbondante copia dei celestiali favori, la Nostra debolezza, e con la Sua onnipotente virtù riduca in pace coloro che Ci combattono, e dovunque accresca la fede, la pietà, la devozione, la concordia; con che la santa sua Chiesa, eliminati intieramente le avversità e gli errori, goda la sospirata tranquillità e sia un solo ovile ed un solo Pastore.
Perché poi il clementissimo Signore più facilmente ascolti le Nostre preghiere ed esaudisca i Nostri voti, poniamo sempre per intermediaria presso di Lui la Santissima Madre di Dio, l’Immacolata Vergine Maria, che di noi tutti è madre dolcissima, mediatrice, avvocata, speranza sicurissima e fedelissima, del cui patrocinio nessuna cosa è presso Dio più valida e pronta. Invochiamo ancora il Principe degli Apostoli, al quale lo stesso Cristo consegnò le chiavi del Regno dei Cieli, e che stabilì pietra della sua Chiesa, contro la quale le porte dell’inferno non potranno prevalere giammai; invochiamo insieme a lui il coapostolo Paolo, e tutti i Santi del Cielo che, già coronati, posseggono la palma, affinché ottengano la desiderata abbondanza della divina grazia a tutto il popolo cristiano.
Infine, ad auspicio di tutti i doni celesti e a testimonianza del Nostro principalissimo affetto verso Voi, ricevete l’Apostolica Benedizione che dall’intimo del Nostro cuore, Venerabili Fratelli, diamo a Voi, a tutto il Clero ed ai fedeli affidati alla Vostra cura.
Dato in Roma il 9 novembre 1846, anno primo del Nostro Pontificato.
Magistero pontificio – Copertina
Il 24 aprile 1870 il beato Papa Pio IX, con l’approvazione del sacro Concilio Ecumenico Vaticano I, promulga la Costituzione dommatica “Dei Filius” sulla Fede Cattolica. Così recita l’ultimo canone: “Se qualcuno dirà che può accadere che ai dogmi della Chiesa si possa un giorno – nel continuo progresso della scienza – attribuire un senso diverso da quello che ha inteso e intende dare la Chiesa: sia anatema”.
COSTITUZIONE DOGMATICA
DEI FILIUS*
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO IX
Il Vescovo Pio, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del Sacro Concilio. A perpetua memoria.
Il Figlio di Dio e Redentore del genere umano, il Signore Nostro Gesù Cristo, accingendosi a ritornare al Padre celeste, promise che sarebbe rimasto con la sua Chiesa militante sulla terra, tutti i giorni, fino alla consumazione dei secoli. Pertanto Egli, in nessun tempo, mai tralasciò di essere sollecito ad aiutare la sua sposa diletta, di assisterla nell’insegnamento, di benedirla nelle sue opere, di soccorrerla nei pericoli. Questa sua salutare Provvidenza, come apparve di continuo da altri innumerevoli benefici, così si manifestò grandissima in quei frutti che pervennero a tutto l’Orbe cristiano dai vari Concili Ecumenici e segnatamente da quello di Trento, quantunque sia stato celebrato in tempi malagevoli.
Da questo Concilio infatti furono più espressamente definiti e più ampiamente esposti i dogmi santissimi della Religione, con la condanna e la repressione degli errori. Da tale Concilio venne reintegrata la disciplina ecclesiastica e più saldamente rinsaldata; fu promosso nel Clero l’amore della scienza e della pietà; furono preparati i collegi per educare gli adolescenti alla milizia sacerdotale; infine, furono restaurati i costumi del popolo cristiano con una più diligente istruzione dei fedeli e con l’uso più frequente dei Sacramenti. Ne derivò inoltre una maggiore comunione delle membra col Capo visibile, e si aggiunse maggior vigore a tutto il Corpo mistico di Cristo; si moltiplicarono gli ordini religiosi e gli altri istituti di pietà cristiana, e sorse quell’ardore assiduo e costante nel propagare largamente per il mondo il regno di Cristo, fino allo spargimento del sangue.
Ma mentre, con animo grato, rammentiamo doverosamente questi ed altri benefici che la divina clemenza ha elargito alla Chiesa, specialmente per mezzo dell’ultimo Sinodo ecumenico, non possiamo comprimere l’acerbo dolore causato principalmente dal fatto che o cadde in disprezzo presso moltissimi l’autorità del predetto santo Concilio, o perché si trascurarono i suoi sapientissimi decreti.
Certamente nessuno ignora che le eresie, già condannate dai Padri del Concilio Tridentino, si divisero in varie sette in conseguenza del rigetto che si faceva del divino magistero della Chiesa e con il lasciare in balìa del giudizio di ciascuno le verità relative alla religione; e queste sette, discordando tra loro e combattendosi, fecero venir meno in molti ogni fede in Cristo. Così le stesse Sacre Scritture, che prima erano proclamate come la sola fonte della verità e il codice unico della dottrina cristiana, finirono coll’essere ritenute non più libri divini, fino ad essere annoverate fra i racconti mitici.
Allora nacque e si diffuse ampiamente quella dottrina del razionalismo, o naturalismo, che combattendo in tutto la religione cristiana appunto perché di istituzione soprannaturale, con ogni sforzo si adopera di ottenere che, bandito il Cristo (il solo Signore e Salvatore nostro) sia dalla mente degli uomini, sia dalla vita e dai costumi dei popoli, si potesse instaurare il regno – come dicono – della pura ragione e della natura. Abbandonata poi e rigettata la religione cristiana, rinnegato il vero Dio e il suo Cristo, alla fine molti precipitarono nel baratro del panteismo, del materialismo, dell’ateismo, cosicché, negando la stessa natura razionale e ogni norma di giustizia e di rettitudine, arrivano ad abbattere i fondamenti essenziali della società umana.
Imperversando poi dovunque questa empietà, accadde miserabilmente che molti, pure figli della Chiesa cattolica, si smarrirono dalla via della vera pietà, ed oscurandosi in loro a poco a poco le verità, si attenuò anche il sentire cattolico. Trasportati da queste instabili e speciose dottrine, confondendo malamente la natura con la grazia, la scienza umana con la fede divina, arrivano a corrompere il senso genuino dei dogmi professati dalla Santa Madre Chiesa e mettono in pericolo l’integrità e la sincerità della fede.
In considerazione di tutte queste cose, come non possono commuoversi le intime viscere della Chiesa? Poiché, come Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano a conoscere la verità; come Cristo venne per salvare ciò che era perduto a congregare in uno i figli che erano dispersi, così la Chiesa, costituita da Dio Madre e Maestra dei popoli, ben sa di essere debitrice a tutti: pertanto è sempre pronta a sollevare i caduti, a sostenere i vacillanti, ad abbracciare quelli che ritornano, a confermare i buoni e ad indirizzarli verso le cose migliori.
Perciò in nessun tempo essa può astenersi dall’attestare e predicare la verità di Dio che risana ogni cosa, non ignorando quello che a lei è stato detto: “Lo Spirito mio che è in te, e le mie parole che posi sulla tua bocca, non si allontaneranno dalla tua bocca né ora, né mai” (Is 49,21).
Noi dunque, seguendo le orme dei Nostri Predecessori, in virtù del Nostro Apostolico mandato, non cessiamo mai d’insegnare e difendere la verità cattolica e di condannare le dottrine perverse.
Ora poi essendo qui uniti con Noi, deliberanti, tutti i Vescovi del mondo cattolico, dalla Nostra autorità congregati nello Spirito Santo in questo Concilio Ecumenico, fondandoci sulla parola di Dio, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, come l’abbiamo ricevuta, santamente custodita e genuinamente interpretata dalla Chiesa cattolica, determinammo di professare e dichiarare al cospetto di tutti, da questa Cattedra di Pietro, con la potestà a Noi trasmessa da Dio, la salutare dottrina di Cristo, proscrivendo e condannando gli errori ad essa contrari.
Capitolo I – Dio creatore di tutte le cose
La Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana crede e confessa che uno solo è il Dio vivo e vero, Creatore e Signore del cielo e della terra, onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito per intelletto, volontà e per ogni perfezione, il quale essendo unica singolare, assolutamente semplice ed immutabile sostanza spirituale deve essere predicato realmente e per essenza, distinto dal mondo, in sé e per sé beatissimo, ineffabilmente eccelso sopra tutte le cose che sono e che si possono concepire fuori di Lui.
Questo solo vero Dio, per la Sua bontà e per la Sua onnipotente virtù, non già per accrescere od acquistare la Sua beatitudine, ma per manifestare la Sua perfezione attraverso i beni che dona alle Sue creature, con liberissima decisione fin dal principio del tempo produsse dal nulla l’una e l’altra creatura contemporaneamente, la spirituale e la corporale, cioè l’angelica e la terrena, e quindi l’umana, costituita in comune di spirito e di corpo [Conc. Later. IV, c. 1, Firmiter].
Iddio, con la Sua provvidenza, conserva e governa tutte le cose che Egli ha creato, estendendosi da un confine all’altro con forza, e disponendo soavemente ogni cosa (Sap 8,1). Infatti, tutte le cose sono nude e scoperte ai Suoi occhi (cf. Eb 4,13), anche quelle che per libera scelta delle creature saranno in avvenire.
Capitolo II – La Rivelazione
La medesima Santa Madre Chiesa professa ed insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza al lume naturale della ragione umana attraverso le cose create; infatti, le cose invisibili di Lui vengono conosciute dall’intelligenza della creatura umana attraverso le cose che furono fatte (Rm 1,20). Tuttavia piacque alla Sua bontà e alla Sua sapienza rivelare se stesso e i decreti della Sua volontà al genere umano attraverso un’altra via, la soprannaturale, secondo il detto dell’Apostolo: “Dio, che molte volte e in vari modi parlò un tempo ai padri attraverso i Profeti, recentemente, in codesti giorni, ha parlato a noi attraverso il Figlio” (Eb 1,1-2).
Si deve a questa divina Rivelazione se tutto ciò che delle cose divine non è di per sé assolutamente inaccessibile alla ragione umana, anche nella presente condizione del genere umano può facilmente essere conosciuto da tutti con certezza e senza alcun pericolo di errore. Tuttavia non per questo motivo deve dirsi assolutamente necessaria la Rivelazione, ma perché nella Sua infinita bontà Dio destinò l’uomo ad un fine soprannaturale, cioè alla partecipazione dei beni divini, che superano totalmente l’intelligenza della mente umana; infatti Dio ha preparato per coloro che Lo amano quelle cose che nessun occhio vide, nessun orecchio mai udì, nessun cuore umano conobbe (1Cor 2,9).
Questa Rivelazione soprannaturale, secondo la fede della Chiesa universale, proclamata anche dal santo Concilio Tridentino, è contenuta nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte ricevute dagli Apostoli dalla stessa bocca di Cristo o dagli Apostoli dalla stessa bocca di Cristo o dagli Apostoli, ispirati dallo Spirito Santo, tramandate di generazione in generazione fino a noi [Conc. Trid., Sess. IV, Decr. De Can. Script.]. Ora questi libri, sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, integri in tutte le loro parti, come sono numerati nel decreto del medesimo Concilio e come si trovano tradotti nell’antica edizione latina, devono ritenersi per sacri e canonici. La Chiesa li considera sacri e canonici non perché, composti da opera umana, siano poi stati approvati dalla sua autorità, e neppure perché contengono la Rivelazione divina senza errore, ma perché, essendo stati scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio come autore e come tali sono stati affidati alla Chiesa.
Poiché quelle cose che il santo Concilio Tridentino decretò per porre conveniente freno alle menti presuntuose sono state interpretate in modo malvagio da taluni, Noi rinnoviamo il medesimo decreto e dichiariamo che questo è il suo significato: nelle cose della fede e dei costumi appartenenti alla edificazione della dottrina Cristiana deve essere tenuto per vero quel senso della sacra Scrittura che ha sempre tenuto e tiene la Santa Madre Chiesa, alla cui autorità spetta giudicare del vero pensiero e della vera interpretazione delle sante Scritture; perciò a nessuno deve essere lecito interpretare tale Scrittura contro questo intendimento o anche contro l’unanime giudizio dei Padri.
Capitolo III – La Fede
Essendo l’uomo, in tutto il suo essere, dipendente da Dio, suo Creatore e Signore, ed essendo la ragione creata completamente soggetta alla Verità increata, noi siamo tenuti a prestare con la fede il nostro pieno ossequio di mente e di volontà a Dio rivelante. La Chiesa cattolica professa che questa fede, che è l’inizio della salvezza dell’uomo, è una virtù soprannaturale, con la quale, sotto l’ispirazione e la grazia di Dio, crediamo che le cose da Lui rivelate sono vere, non per la loro intrinseca verità individuata col lume naturale della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio rivelante, il quale né può ingannarsi, né può ingannare. La fede è, per testimonianza dell’Apostolo, sostanza delle cose sperate, argomento delle non apparenti (Eb 11,1).
Ma affinché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli aiuti interiori dello Spirito Santo, si unissero gli argomenti esterni della sua Rivelazione, cioè gli interventi divini, come sono principalmente i miracoli e le profezie che dimostrano luminosamente l’onnipotenza e la scienza infinita di Dio e sono segni certissimi della divina Rivelazione e adatti all’intelligenza di tutti. Per questo Mosè e i profeti, ma specialmente Cristo Signore fecero molti e chiari miracoli e profezie; e degli Apostoli leggiamo: “Essi poi partirono e predicarono dappertutto, cooperando il Signore e confermando la loro predicazione con prodigi che li accompagnavano” (Mc 16,20).
Sta pure scritto: “Abbiamo il linguaggio profetico più sicuro, che fate bene ad osservare, come lampada che splende in un luogo oscuro” [2Pt 1,19].
Benché, dunque, l’assenso alla fede non sia un cieco impulso dell’anima, tuttavia nessuno riesce ad aderire alla verità del Vangelo nel modo necessario per il conseguimento dell’eterna salvezza, senza l’illustrazione e l’ispirazione dello Spirito Santo, il quale dà a tutti soavità nel consentire e credere alla verità [Syn. Araus., II, can. 7]. Pertanto la stessa fede, anche quando non opera per la carità, è dono di Dio, e il suo atto è opera ordinata alla salvezza, con cui l’uomo presta a Dio libera obbedienza, cooperando e consentendo alla Sua grazia, alla quale però può sempre resistere.
Quindi si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio, scritta o trasmessa per tradizione, e che vengono proposte dalla Chiesa, o con solenne definizione, o con il magistero ordinario e universale, come divinamente ispirate, e pertanto da credersi.
Poiché senza la fede è impossibile piacere a Dio e giungere all’unione con i suoi figli, così senza di essa nessuno potrà mai essere assoluto, come pure nessuno conseguirà la vita eterna senza aver perseverato in essa sino alla fine. Affinché poi potessimo adempiere il dovere di abbracciare la vera fede e perseverare costantemente in essa, Dio, mediante il Suo Figlio Unigenito, istituì la Chiesa e la insignì di così chiare note perché potesse essere conosciuta da tutti come custode e maestra della parola rivelata. Infatti alla sola Chiesa cattolica appartengono tutte quelle cose così ricche e così meravigliose che sono state divinamente predisposte per la credibilità della fede cristiana. Anzi, la Chiesa, per se stessa, cioè per la sua ammirevole propagazione nel mondo, per la sua esimia santità e per l’inesausta fecondità di tutti i suoi beni, per la sua unità, per l’invitta solidità è un grande e perenne motivo di credibilità, una testimonianza irrefragabile della sua istituzione divina.
Onde avviene che essa, come vessillo levato fra le genti (Is 11,12), invita continuamente a sé quelli che non credono, e assicura i suoi figli che la fede da loro professata poggia su solidissimo fondamento. A questa testimonianza proviene un efficacissimo aiuto dalla suprema virtù. Infatti il misericordioso Signore eccita gli erranti, e li aiuta con la sua grazia affinché possano giungere a conoscere la verità; conferma con la stessa grazia coloro che trasse dalle tenebre nella sua mirabile luce, affinché perseverino nella stessa luce: non abbandona mai nessuno se non è abbandonato. Conseguentemente, non è pari la condizione di coloro che con il celeste dono della fede aderirono alla verità cattolica e la condizione di coloro che, guidati da opinioni umane, seguono una falsa religione. Infatti, quelli che sotto il magistero della Chiesa hanno ricevuto la fede, non possono avere alcun giusto motivo per cambiare o mettere in dubbio la loro fede. Stando così le cose, rendendo grazie a Dio Padre, il quale ci ha fatti degni di partecipare nella luce alla sorte dei santi, non trascuriamo tanta salvezza, ma guardando all’autore e perfezionatore della fede, Gesù, manteniamo immutata la confessione della nostra speranza.
Capitolo IV – Della Fede e della Ragione
L’ininterrotto pensiero della Chiesa cattolica sostenne e sostiene che esiste un duplice ordine di cognizioni, distinto non solo quanto al principio, ma anche riguardo all’oggetto; quanto al principio, perché in uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; quanto all’oggetto perché, oltre le cose a cui la ragione naturale potrebbe arrivare, ci viene proposto di credere misteri nascosti in Dio: misteri che non possono essere conosciuti senza la rivelazione divina. Per questo l’Apostolo, il quale asserisce che Dio è conosciuto dalle genti attraverso le cose che sono state create, trattando poi della grazia e della verità che ci sono venute da Gesù Cristo (Gv 1,17), afferma: “Noi parliamo di una sapienza di Dio, misteriosa, che è nascosta: di una sapienza che Dio ha ordinato prima dei secoli per la nostra gloria, e che nessuno dei principi di questa terra ha conosciuto. A noi è stata rivelata da Dio per mezzo del Suo Spirito: quello Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le cose profonde di Dio (1Cor 2,7-9). Lo stesso Figlio Unigenito ringrazia il Padre di aver tenuto nascoste queste cose ai sapienti e di averle rivelate ai pargoli” (Mt 11,25).
Per la verità, la ragione, quando è illuminata dalla fede e cerca diligentemente, piamente e con amore, ottiene, con l’aiuto di Dio, una certa comprensione dei misteri, già preziosa per sé, sia per l’analogia con le cose che già conosce naturalmente, sia per la connessione degli stessi misteri fra di loro relativamente al fine ultimo dell’uomo. Essa, però, non è mai in grado di comprendere tali misteri allo stesso modo delle verità che costituiscono l’oggetto naturale delle proprie capacità conoscitive. Infatti, i misteri di Dio trascendono per loro natura in modo così elevato l’intelletto creato, che anche se insegnati dalla Rivelazione e accolti con fede, restano tuttavia coperti dal velo della stessa fede e quasi avvolti nell’oscurità finché in questa vita mortale noi pellegriniamo lontani dal Signore: giacché noi camminiamo per fede e non per conoscenza (2Cor 5,7).
Ma sebbene la fede sia superiore alla ragione, pure non vi può essere nessun vero dissenso fra la fede e la ragione, poiché il Dio che rivela i misteri della fede e la infonde in noi è lo stesso che ha infuso il lume della ragione nell’animo umano; Dio non può quindi negare se stesso, né la verità contraddire la verità. La vana apparenza di queste contraddizioni nasce soprattutto o perché i dogmi della fede non sono stati compresi ed esposti secondo la mente della Chiesa, o perché false opinioni sono state considerate verità dettate dalla ragione. Stabiliamo pertanto che ogni asserzione contraria alla verità della fede illuminata è totalmente falsa [Conc. Lat. V, Bulla Apostolici regiminis]. La Chiesa, poi, che insieme con l’ufficio apostolico d’insegnare ha ricevuto pure il mandato di custodire il deposito della fede, ha da Dio anche il diritto e il dovere di proscrivere la falsa scienza, affinché nessuno sia ingannato da una filosofia vana e fallace (Col 2,8). Conseguentemente non solo è vietato a tutti i fedeli cristiani di difendere come legittime conclusioni della scienza tali opinioni che sono contrarie alla dottrina della fede, specialmente quando sono state riprovate dalla Chiesa, ma gli stessi cristiani sono assolutamente tenuti a considerarle come errori che hanno ingannevole parvenza di verità.
La fede e la ragione non solo non possono essere mai in contrasto fra loro, ma anzi si aiutano vicendevolmente in modo che la retta ragione dimostri i fondamenti della fede e, illuminata da questa, coltivi la scienza delle cose divine, e la fede, dal canto suo, renda la ragione libera da errori, arricchendola di numerose cognizioni. Pertanto, non è affatto vero che la Chiesa si opponga alla cultura delle arti e delle discipline umane; anzi, le coltiva e le favorisce in molti modi. Essa non ignora né disprezza i vantaggi che da esse provengono alla vita umana; anzi dichiara che esse, dato che derivano da Dio, Signore delle scienze, conducono l’uomo a Dio, con l’aiuto della Sua grazia, qualora siano debitamente coltivate. La Chiesa non vieta certamente che le diverse discipline si valgano dei propri principi e del proprio metodo, ciascuna nel proprio ambito, ma mentre riconosce questa giusta libertà, vigila attentamente che esse non accolgano nel proprio interno errori contrari alla divina dottrina, oppure che, travalicando i propri confini, non occupino né sconvolgano le materie appartenenti alla fede.
La dottrina della fede che Dio rivelò non è proposta alle menti umane come una invenzione filosofica da perfezionare, ma è stata consegnata alla Sposa di Cristo come divino deposito perché la custodisca fedelmente e la insegni con magistero infallibile. Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l’intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione [Vinc. Lir. Common., n. 28].
CANONI
I – Di Dio creatore di tutte le cose
1. Se qualcuno negherà l’unico vero Dio Creatore e Signore di tutte le cose visibili ed invisibili: sia anatema.
2. Se qualcuno non arrossirà affermando che nulla esiste all’infuori della materia: sia anatema.
3. Se qualcuno dirà che unica e identica è la sostanza, o l’essenza, di Dio e di tutte le cose: sia anatema.
4. Se qualcuno dirà che le cose finite, sia materiali, sia spirituali, o almeno le spirituali, sono emanate dalla sostanza divina; ovvero che la divina essenza per la sua manifestazione ed evoluzione diventa ogni cosa; ovvero infine che Dio è ente universale od indefinito, il quale determinando se stesso costituisce l’universo delle cose, distinto in generi, specie ed individui: sia anatema.
5. Se qualcuno non dichiara che il mondo e tutte le cose che in esso sono contenute, sia spirituali, sia materiali, secondo tutta la loro sostanza, sono stati da Dio prodotti dal nulla; o dirà che Dio non per volontà libera da ogni necessità, ma tanto necessariamente creò, quanto necessariamente ama se stesso; o negherà che il mondo sia stato creato a gloria di Dio: sia anatema.
II – Della Rivelazione
1. Se qualcuno dirà che l’unico vero Dio, nostro Creatore e Signore, non può essere conosciuto con certezza dal lume naturale della ragione umana, attraverso le cose che da Lui sono state fatte: sia anatema.
2. Se qualcuno dirà che non è possibile o spiegabile che l’uomo, attraverso la divina Rivelazione, sia ammaestrato e illuminato su Dio e sul culto che Gli si deve prestare: sia anatema.
3. Se qualcuno dirà che l’uomo non può essere divinamente elevato ad una conoscenza e ad una perfezione che superino quelle naturali, ma che può e deve da se stesso arrivare al possesso di ogni verità e di ogni bene in un continuo progresso: sia anatema.
4. Se qualcuno non accetterà come sacri e canonici i libri interi della sacra Scrittura, in tutte le loro parti, come li ha accreditati il santo Concilio Tridentino, o negherà che siano divinamente ispirati: sia anatema.
III – Della Fede
1. Se qualcuno dirà che la ragione umana è così indipendente che Dio non le può comandare la fede: sia anatema.
2. Se qualcuno dirà che la fede divina non si distingue dalla conoscenza naturale di Dio e delle cose morali, e che perciò non si richiede alla fede divina che la verità rivelata sia creduta per l’autorità di Dio rivelante: sia anatema.
3. Se qualcuno dirà che la Rivelazione divina non può rendersi credibile per segni esterni, e che perciò gli uomini devono procedere verso la fede solo attraverso l’interiore esperienza o l’ispirazione privata di ciascuno: sia anatema.
4. Se qualcuno dirà che i miracoli sono impossibili e che quindi la loro narrazione, anche se contenuta nella sacra Scrittura, sia da relegare tra le favole e i miti; ovvero che i miracoli non si possono mai conoscere con certezza, né per mezzo di essi si può conoscere e provare sufficientemente la divina origine della religione cristiana: sia anatema.
5. Se qualcuno dirà che l’assenso alla fede cristiana non è libero, ma che si produce necessariamente dagli argomenti della ragione umana; ovvero che la grazia di Dio è necessaria alla sola fede viva che opera per la carità: sia anatema.
6. Se qualcuno dirà che la condizione dei fedeli e quella di coloro che ancora non sono arrivati all’unica vera fede sono pari, così che i cattolici possono avere giusto motivo per mettere in dubbio la fede che già ricevettero sotto il magistero della Chiesa, sospendendone l’assenso finché non abbiano compiuto la dimostrazione scientifica della credibilità e della verità della loro fede: sia anatema.
IV – Fede e Ragione
1. Se qualcuno dirà che nella rivelazione divina non è contenuto alcun mistero vero e propriamente detto, ma che tutti i dogmi della fede possono essere compresi e dimostrati dalla ragione debitamente coltivata per mezzo dei principi naturali: sia anatema.
2. Se qualcuno dirà che le discipline umane devono essere trattate con tale libertà che le loro asserzioni, anche se contrarie alla dottrina rivelata, possono essere ritenute vere e non possono essere condannate dalla Chiesa: sia anatema.
3. Se qualcuno dirà che può accadere che ai dogmi della Chiesa si possa un giorno – nel continuo progresso della scienza – attribuire un senso diverso da quello che ha inteso e intende dare la Chiesa: sia anatema.
* * *
Pertanto, eseguendo il dovere del Nostro supremo ufficio pastorale, per le viscere di Gesù Cristo scongiuriamo tutti i fedeli di Cristo, specialmente coloro che presiedono o hanno l’ufficio d’insegnare, anzi comandiamo loro, con l’autorità dello stesso Dio e Salvatore nostro, che dedichino il loro studio e la loro opera per allontanare ed eliminare questi errori dalla Santa Chiesa e spandere la luce della purissima fede.
E poiché non basta evitare gli errori dell’eresia, se non si fuggono diligentemente anche tutti gli altri errori che più o meno ad essa si avvicinano, richiamiamo tutti al dovere di osservare anche le Costituzioni e i Decreti con i quali furono condannate e proibite da questa Santa Sede tutte le false dottrine e opinioni di questo genere che qui non sono esplicitamente indicate.
Dato a Roma, nella pubblica Sessione solennemente celebrata nella Basilica Vaticana l’anno dell’Incarnazione del Signore 1870, il 24 aprile, nell’anno ventiquattresimo del Nostro Pontificato.
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* U. Bellocchi (a cura di), Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, vol. IV: Pio IX (1846-1878), pp. 319-329, 1995, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano.
