Ricordiamo a tutti che, la Giornata Mondiale del Malato si celebra nella giornata dell’11 febbraio, in onore della Beata Vergine di Lourdes, anche per riflettere sulla Apparizione che ha privilegiato, e privilegia, in modo speciale gli ammalati. In questo link troverete in forma integrale tutti gli interventi magisteriali di Benedetto XVI a seguire, invece, vi proponiamo la bellissima raccolta integrale dei MESSAGGI di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del Malato. Per le foto, ingranditele passandoci sopra con il mouse, per poterle scaricare.
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MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PER LA XIV GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (Anno 2006)
Cari fratelli e sorelle,
l’11 febbraio 2006, memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, si terrà la 14ª Giornata Mondiale del Malato. Lo scorso anno la Giornata si è svolta nel Santuario mariano di Mvolyé a Yaoundé, e in quell’occasione i fedeli ed i loro Pastori, a nome dell’intero Continente africano, hanno riaffermato il loro impegno pastorale per gli ammalati. La prossima sarà ad Adelaide, in Australia, e le manifestazioni culmineranno con la Celebrazione eucaristica nella Cattedrale dedicata a San Francesco Saverio, infaticabile missionario delle popolazioni dell’Oriente. In tale circostanza, la Chiesa intende chinarsi con particolare sollecitudine sui sofferenti, richiamando l’attenzione della pubblica opinione sui problemi connessi col disagio mentale, che colpisce ormai un quinto dell’umanità e costituisce una vera e propria emergenza socio-sanitaria. Ricordando l’attenzione che il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II riservava a questa annuale ricorrenza, anch’io, cari fratelli e sorelle, vorrei rendermi spiritualmente presente alla Giornata Mondiale del Malato, per soffermarmi a riflettere in sintonia con i partecipanti sulla situazione dei malati di mente nel mondo e per sollecitare l’impegno delle Comunità ecclesiali a testimoniare loro la tenera misericordia del Signore.
In molti Paesi non esiste ancora una legislazione in materia ed in altri manca una politica definita per la salute mentale. C’è poi da notare che il prolungarsi di conflitti armati in diverse regioni della terra, il succedersi di immani catastrofi naturali, il dilagare del terrorismo, oltre a causare un numero impressionante di morti, hanno generato in non pochi superstiti traumi psichici, talora difficilmente recuperabili. Nei Paesi ad alto sviluppo economico, poi, all’origine di nuove forme di malessere mentale gli esperti riconoscono anche l’incidenza negativa della crisi dei valori morali. Ciò accresce il senso di solitudine, minando e persino sfaldando le tradizionali forme di coesione sociale, ad iniziare dall’istituto della famiglia, ed emarginando i malati, particolarmente quelli mentali, considerati sovente come un peso per la famiglia e per la comunità. Vorrei qui rendere merito a quanti, in modi e a livelli diversi, operano perché non venga meno lo spirito di solidarietà, ma si perseveri nel prendersi cura di questi nostri fratelli e sorelle, ispirandosi a ideali e principi umani ed evangelici.
Incoraggio pertanto gli sforzi di chiunque si adoperi perché a tutti i malati di mente sia dato accesso alle cure necessarie. Purtroppo, in molte parti del mondo i servizi per questi malati risultano carenti, insufficienti o in stato di disfacimento. Il contesto sociale non sempre accetta i malati di mente con le loro limitazioni, e anche per questo si registrano difficoltà nel reperire le risorse umane e finanziarie di cui c’è bisogno. Si avverte la necessità di meglio integrare il binomio terapia appropriata e sensibilità nuova di fronte al disagio, così da permettere agli operatori del settore di andare incontro più efficacemente a quei malati ed alle famiglie, le quali da sole non sarebbero in grado di seguire adeguatamente i congiunti in difficoltà. La prossima Giornata Mondiale del Malato è un’opportuna circostanza per esprimere solidarietà alle famiglie che hanno a carico persone malate di mente.
Desidero ora rivolgermi a voi, cari fratelli e sorelle provati dalla malattia, per invitarvi ad offrire insieme con Cristo la vostra condizione di sofferenza al Padre, sicuri che ogni prova accolta con rassegnazione è meritoria ed attira la benevolenza divina sull’intera umanità. Esprimo apprezzamento a quanti vi assistono nei centri residenziali, nei Day Hospitals, nei Reparti di diagnosi e cura, e li esorto a prodigarsi perché mai venga a mancare a chi è nel bisogno un’assistenza medica, sociale e pastorale rispettosa della dignità che è propria di ogni essere umano. La Chiesa, specialmente mediante l’opera dei cappellani, non mancherà di offrirvi il proprio aiuto, essendo ben consapevole di essere chiamata a manifestare l’amore e la sollecitudine di Cristo verso quanti soffrono e verso coloro che se ne prendono cura. Agli operatori pastorali, alle associazioni ed organizzazioni del volontariato raccomando di sostenere, con forme ed iniziative concrete, le famiglie che hanno a carico malati di mente, verso i quali auspico che cresca e si diffonda la cultura dell’accoglienza e della condivisione, grazie pure a leggi adeguate ed a piani sanitari che prevedano sufficienti risorse per la loro concreta applicazione. Quanto mai urgente è la formazione e l’aggiornamento del personale che opera in un settore così delicato della società. Ogni cristiano, secondo il proprio compito e la propria responsabilità, è chiamato a dare il suo apporto affinché venga riconosciuta, rispettata e promossa la dignità di questi nostri fratelli e sorelle.
Duc in altum! Questo invito di Cristo a Pietro ed agli Apostoli lo rivolgo alle Comunità ecclesiali sparse nel mondo e, in modo speciale, a quanti sono al servizio dei malati, perché, con l’aiuto di Maria Salus infirmorum, testimonino la bontà e la paterna sollecitudine di Dio. La Vergine Santa conforti quanti sono segnati dalla malattia e sostenga coloro che, come il buon Samaritano, ne leniscono le piaghe corporali e spirituali. A ciascuno assicuro un ricordo nella preghiera, mentre volentieri imparto a tutti la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 8 Dicembre 2005
BENEDICTUS PP. XVI
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PER LA XV GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (Anno 2007)
Cari fratelli e care sorelle,
l’11 febbraio 2007, giorno in cui la Chiesa celebra la memoria liturgica di Nostra Signora di Lourdes, si svolgerà a Seoul, in Corea, la Quindicesima Giornata Mondiale del Malato. Un certo numero di incontri, conferenze, raduni pastorali e celebrazioni liturgiche avrà luogo con i rappresentanti della Chiesa in Corea, con il personale sanitario, i malati e le loro famiglie. Ancora una volta, la Chiesa guarda a quanti soffrono e richiama l’attenzione sui malati incurabili, molti dei quali stanno morendo a causa di malattie in fase terminale. Essi sono presenti in ogni continente, in particolare in luoghi in cui la povertà e le difficoltà causano miseria e dolore immensi. Conscio di tali sofferenze, sarò spiritualmente presente alla Giornata Mondiale del Malato, unito a quanti si incontreranno per discutere della piaga delle malattie incurabili nel nostro mondo e incoraggeranno gli sforzi delle comunità cristiane nella loro testimonianza della tenerezza e della misericordia del Signore.
L’essere malati porta inevitabilmente con sé un momento di crisi e un serio confronto con la propria situazione personale. I progressi nelle scienze mediche spesso offrono gli strumenti necessari ad affrontare questa sfida, almeno relativamente ai suoi aspetti fisici. La vita umana, comunque, ha i suoi limiti intrinseci, e, prima o poi, termina con la morte. Questa è un’esperienza alla quale è chiamato ogni essere umano e alla quale deve essere preparato. Nonostante i progressi della scienza, non si può trovare una cura per ogni malattia, e, quindi, negli ospedali, negli ospizi e nelle case in tutto il mondo ci imbattiamo nella sofferenza di numerosi nostri fratelli e numerose nostre sorelle incurabili e spesso in fase terminale. Inoltre, molti milioni di persone nel mondo vivono ancora in condizioni insalubri e non hanno accesso a risorse mediche molto necessarie, spesso del tipo più basilare, con il risultato che il numero di esseri umani considerato “incurabile” è grandemente aumentato.
La Chiesa desidera sostenere i malati incurabili e quelli in fase terminale esortando a politiche sociali eque che possano contribuire a eliminare le cause di molte malattie e chiedendo con urgenza migliore assistenza per quanti stanno morendo e per quanti non possono contare su alcuna cura medica. È necessario promuovere politiche in grado di creare condizioni in cui gli esseri umani possano sopportare anche malattie incurabili ed affrontare la morte in una maniera degna. A questo proposito, è necessario sottolineare ancora una volta la necessità di più centri per le cure palliative che offrano un’assistenza integrale, fornendo ai malati l’aiuto umano e l’accompagnamento spirituale di cui hanno bisogno.
Questo è un diritto che appartiene a ogni essere umano e che tutti dobbiamo impegnarci a difendere.
Desidero incoraggiare gli sforzi di quanti operano quotidianamente per garantire che i malati incurabili e quelli che si trovano nella fase terminale, insieme alle proprie famiglie, ricevano un’assistenza adeguata e amorevole.
La Chiesa, seguendo l’esempio del Buon Samaritano, ha sempre mostrato particolare sollecitudine per gli infermi. Mediante i suoi singoli membri e le sue istituzioni, continua a stare accanto ai sofferenti e ai morenti, cercando di preservare la loro dignità in questi momenti significativi dell’esistenza umana. Molti di questi individui, personale sanitario, agenti pastorali e volontari, e istituzioni in tutto il mondo, servono instancabilmente i malati, negli ospedali e nelle unità per le cure palliative, nelle strade cittadine, nell’ambito dei progetti di assistenza domiciliare e nelle parrocchie.
Ora, mi rivolgo a voi, cari fratelli e care sorelle che soffrite di malattie incurabili e che siete nella fase terminale. Vi incoraggio a contemplare le sofferenze di Cristo crocifisso e, in unione con Lui, a rivolgervi al Padre con totale fiducia nel fatto che tutta la vita, e la vostra in particolare, è nelle sue mani. Sappiate che le vostre sofferenze, unite a quelle di Cristo, si dimostreranno feconde per le necessità della Chiesa e del mondo. Chiedo al Signore di rafforzare la vostra fede nel Suo amore, in particolare durante queste prove che state affrontando. Spero che, ovunque voi siate, troviate sempre l’incoraggiamento e la forza spirituali necessari a nutrire la vostra fede e a condurvi più vicini al Padre della vita. Attraverso i suoi sacerdoti e i suoi collaboratori pastorali, la Chiesa desidera assistervi e stare al vostro fianco, aiutandovi nell’ora del bisogno, e quindi, rendendo presente l’amorevole misericordia di Cristo verso chi soffre.
Infine, chiedo alle comunità ecclesiali in tutto il mondo, e in particolare a quante si dedicano al servizio degli infermi, a continuare, con l’ausilio di Maria, Salus Infirmorum, a rendere un’efficace testimonianza della sollecitudine amorevole di Dio, nostro Padre. Che la Beata Vergine, nostra Madre, conforti quanti sono malati e sostenga quanti hanno dedicato la propria vita, come Buoni Samaritani, a curare le ferite fisiche e spirituali dei sofferenti. Unito a voi nel pensiero e nella preghiera, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica quale pegno di forza e di pace nel Signore.
Dal Vaticano, 8 dicembre 2006
BENEDICTUS PP. XVI
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PER LA XVI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (Anno 2008)
Cari fratelli e sorelle!
1. L’11 febbraio, memoria della Beata Maria Vergine di Lourdes, si celebra la Giornata Mondiale del Malato, occasione propizia per riflettere sul senso del dolore e sul dovere cristiano di farsene carico in qualunque situazione esso si presenti. Quest’anno tale significativa ricorrenza si collega a due eventi importanti per la vita della Chiesa, come si comprende già dal tema scelto “L’Eucaristia, Lourdes e la cura pastorale dei malati”: il 150° anniversario delle apparizioni dell’Immacolata a Lourdes, e la celebrazione del Congresso Eucaristico Internazionale a Québec, in Canada. In tal modo viene offerta una singolare opportunità per considerare la stretta connessione che esiste tra il Mistero eucaristico, il ruolo di Maria nel progetto salvifico e la realtà del dolore e della sofferenza dell’uomo.
I 150 anni dalle apparizioni di Lourdes ci invitano a volgere lo sguardo verso la Vergine Santa, la cui Immacolata Concezione costituisce il dono sublime e gratuito di Dio ad una donna, perché potesse aderire pienamente ai disegni divini con fede ferma e incrollabile, nonostante le prove e le sofferenze che avrebbe dovuto affrontare. Per questo Maria è modello di totale abbandono alla volontà di Dio: ha accolto nel cuore il Verbo eterno e lo ha concepito nel suo grembo verginale; si è fidata di Dio e, con l’anima trafitta dalla spada del dolore (cfr Lc 2,35), non ha esitato a condividere la passione del suo Figlio rinnovando sul Calvario ai piedi della Croce il “sì” dell’Annunciazione. Meditare sull’Immacolata Concezione di Maria è pertanto lasciarsi attrarre dal «sì» che l’ha congiunta mirabilmente alla missione di Cristo, redentore dell’umanità; è lasciarsi prendere e guidare per mano da Lei, per pronunciare a propria volta il “fiat” alla volontà di Dio con tutta l’esistenza intessuta di gioie e tristezze, di speranze e delusioni, nella consapevolezza che le prove, il dolore e la sofferenza rendono ricco di senso il nostro pellegrinaggio sulla terra.
2. Non si può contemplare Maria senza essere attratti da Cristo e non si può guardare a Cristo senza avvertire subito la presenza di Maria. Esiste un legame inscindibile tra la Madre e il Figlio generato nel suo seno per opera dello Spirito Santo, e questo legame lo avvertiamo, in maniera misteriosa, nel Sacramento dell’Eucaristia, come sin dai primi secoli i Padri della Chiesa e i teologi hanno messo in luce. “La carne nata da Maria, venendo dallo Spirito Santo, è il pane disceso dal cielo”, afferma sant’Ilario di Poitiers, mentre nel Sacramentario Bergomense, del sec. IX, leggiamo: “Il suo grembo ha fatto fiorire un frutto, un pane che ci ha riempito di angelico dono. Maria ha restituito alla salvezza ciò che Eva aveva distrutto con la sua colpa”. Osserva poi san Pier Damiani: “Quel corpo che la beatissima Vergine ha generato, ha nutrito nel suo grembo con cura materna, quel corpo dico, senza dubbio e non un altro, ora lo riceviamo dal sacro altare, e ne beviamo il sangue come sacramento della nostra redenzione. Questo ritiene la fede cattolica, questo fedelmente insegna la santa Chiesa”. Il legame della Vergine Santa con il Figlio, Agnello immolato che toglie i peccati del mondo, si estende alla Chiesa Corpo mistico di Cristo. Maria – nota il Servo di Dio Giovanni Paolo II – è “donna eucaristica” con l’intera sua vita per cui la Chiesa, guardando a Lei come a suo modello, “è chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo Mistero santissimo” (Enc. Ecclesia de Eucharistia, 53). In questa ottica si comprende ancor più perché a Lourdes al culto della Beata Vergine Maria si unisce un forte e costante richiamo all’Eucaristia con quotidiane Celebrazioni eucaristiche, con l’adorazione del Santissimo Sacramento e la benedizione dei malati, che costituisce uno dei momenti più forti della sosta dei pellegrini presso la grotta di Massabielles.
La presenza a Lourdes di molti pellegrini ammalati e di volontari che li accompagnano aiuta a riflettere sulla materna e tenera premura che la Vergine manifesta verso il dolore e le sofferenza dell’uomo. Associata al Sacrificio di Cristo, Maria, Mater Dolorosa, che ai piedi della Croce soffre con il suo divin Figlio, viene sentita particolarmente vicina dalla comunità cristiana che si raccoglie attorno ai suoi membri sofferenti, i quali recano i segni della passione del Signore. Maria soffre con coloro che sono nella prova, con essi spera ed è loro conforto sostenendoli con il suo materno aiuto. E non è forse vero che l’esperienza spirituale di tanti ammalati spinge a comprendere sempre più che “il divin Redentore vuole penetrare nell’animo di ogni sofferente attraverso il cuore della sua Madre santissima, primizia e vertice di tutti i redenti”? (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Salvifici doloris, 26).
3. Se Lourdes ci conduce a meditare sull’amore materno della Vergine Immacolata per i suoi figli malati e sofferenti, il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale sarà occasione per adorare Gesù Cristo presente nel Sacramento dell’altare, a Lui affidarci come a Speranza che non delude, Lui accogliere quale farmaco dell’immortalità che sana il fisico e lo spirito. Gesù Cristo ha redento il mondo con la sua sofferenza, con la sua morte e risurrezione e ha voluto restare con noi quale “pane della vita” nel nostro pellegrinaggio terreno. “L’Eucaristia dono di Dio per la vita del mondo”: questo è il tema del Congresso Eucaristico che sottolinea come l’Eucaristia sia il dono che il Padre fa al mondo del proprio unico Figlio, incarnato e crocifisso. E’ Lui che ci raduna intorno alla mensa eucaristica, suscitando nei suoi discepoli un’attenzione amorevole per i sofferenti e gli ammalati, nei quali la comunità cristiana riconosce il volto del suo Signore. Come ho rilevato nell’Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis, “le nostre comunità, quando celebrano l’Eucaristia, devono prendere sempre più coscienza che il sacrificio di Cristo è per tutti e pertanto l’Eucaristia spinge ogni credente in Lui a farsi ‘pane spezzato’ per gli altri” (n. 88). Siamo così incoraggiati ad impegnarci in prima persona a servire i fratelli, specialmente quelli in difficoltà, poiché la vocazione di ogni cristiano è veramente quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita del mondo.
4. Appare pertanto chiaro che proprio dall’Eucaristia la pastorale della salute deve attingere la forza spirituale necessaria a soccorrere efficacemente l’uomo e ad aiutarlo a comprendere il valore salvifico della propria sofferenza. Come ebbe a scrivere il Servo di Dio Giovanni Paolo II nella già citata Lettera apostolica Salvifici doloris, la Chiesa vede nei fratelli e nelle sorelle sofferenti quasi molteplici soggetti della forza soprannaturale di Cristo (cfr n. 27). Unito misteriosamente a Cristo, l’uomo che soffre con amore e docile abbandono alla volontà divina diventa offerta vivente per la salvezza del mondo. L’amato mio Predecessore affermava ancora che “quanto più l’uomo è minacciato dal peccato, quanto più pesanti sono le strutture del peccato che porta in sé il mondo d’oggi, tanto più grande è l’eloquenza che la sofferenza umana in sé possiede. E tanto più la Chiesa sente il bisogno di ricorrere al valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo” (ibid.). Se pertanto a Québec si contempla il mistero dell’Eucaristia dono di Dio per la vita del mondo, nella Giornata Mondiale del Malato, in un ideale parallelismo spirituale, non solo si celebra l’effettiva partecipazione della sofferenza umana all’opera salvifica di Dio, ma se ne possono godere, in certo senso, i preziosi frutti promessi a coloro che credono. Così il dolore, accolto con fede, diventa la porta per entrare nel mistero della sofferenza redentrice di Gesù e per giungere con Lui alla pace e alla felicità della sua Risurrezione.
5. Mentre rivolgo il mio saluto cordiale a tutti gli ammalati e a quanti se ne prendono cura in diversi modi, invito le comunità diocesane e parrocchiali a celebrare la prossima Giornata Mondiale del Malato valorizzando appieno la felice coincidenza tra il 150° anniversario delle apparizioni di Nostra Signora a Lourdes e il Congresso Eucaristico Internazionale. Sia occasione per sottolineare l’importanza della Santa Messa, dell’Adorazione eucaristica e del culto dell’Eucaristia, facendo in modo che le Cappelle nei Centri sanitari diventino il cuore pulsante in cui Gesù si offre incessantemente al Padre per la vita dell’umanità. Anche la distribuzione ai malati dell’Eucaristia, fatta con decoro e spirito di preghiera, è vero conforto per chi soffre afflitto da ogni forma di infermità.
La prossima Giornata Mondiale del Malato sia inoltre propizia circostanza per invocare, in modo speciale, la materna protezione di Maria su quanti sono provati dalla malattia, sugli agenti sanitari e sugli operatori della pastorale sanitaria. Penso, in particolare, ai sacerdoti impegnati in questo campo, alle religiose e ai religiosi, ai volontari e a chiunque con fattiva dedizione si occupa di servire, nel corpo e nell’anima, gli ammalati e i bisognosi. Affido tutti a Maria, Madre di Dio e Madre nostra, Immacolata Concezione. Sia Lei ad aiutare ciascuno nel testimoniare che l’unica valida risposta al dolore e alla sofferenza umana è Cristo, il quale risorgendo ha vinto la morte e ci ha donato la vita che non conosce fine. Con questi sentimenti, di cuore imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 11 gennaio 2008
BENEDICTUS PP. XVI
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
PER LA XVII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (Anno 2009)
Cari fratelli e sorelle!
la Giornata Mondiale del Malato, che ricorre il prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, vedrà le Comunità diocesane riunirsi con i propri Vescovi in momenti di preghiera, per riflettere e decidere iniziative di sensibilizzazione circa la realtà della sofferenza. L’Anno Paolino, che stiamo celebrando, offre l’occasione propizia per soffermarsi a meditare con l’apostolo Paolo sul fatto che, “come abbondano le sofferenze del Cristo in noi, così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione” (2 Cor 1,5). Il collegamento spirituale con Lourdes richiama inoltre alla mente la materna sollecitudine della Madre di Gesù per i fratelli del suo Figlio “ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata” (Lumen gentium, 62).
Quest’anno la nostra attenzione si volge particolarmente ai bambini, le creature più deboli e indifese e, tra questi, ai bambini malati e sofferenti. Ci sono piccoli esseri umani che portano nel corpo le conseguenze di malattie invalidanti, ed altri che lottano con mali oggi ancora inguaribili nonostante il progresso della medicina e l’assistenza di validi ricercatori e professionisti della salute. Ci sono bambini feriti nel corpo e nell’anima a seguito di conflitti e guerre, ed altri vittime innocenti dell’odio di insensate persone adulte. Ci sono ragazzi “di strada”, privati del calore di una famiglia ed abbandonati a se stessi, e minori profanati da gente abietta che ne viola l’innocenza, provocando in loro una piaga psicologica che li segnerà per il resto della vita. Non possiamo poi dimenticare l’incalcolabile numero dei minori che muoiono a causa della sete, della fame, della carenza di assistenza sanitaria, come pure i piccoli esuli e profughi dalla propria terra con i loro genitori alla ricerca di migliori condizioni di vita. Da tutti questi bambini si leva un silenzioso grido di dolore che interpella la nostra coscienza di uomini e di credenti.
La comunità cristiana, che non può restare indifferente dinanzi a così drammatiche situazioni, avverte l’impellente dovere di intervenire. La Chiesa, infatti, come ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est, “è la famiglia di Dio nel mondo. In questa famiglia non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario” (25, b). Auspico, pertanto, che anche la Giornata Mondiale del Malato offra l’opportunità alle comunità parrocchiali e diocesane di prendere sempre più coscienza di essere “famiglia di Dio”, e le incoraggi a rendere percepibile nei villaggi, nei quartieri e nelle città l’amore del Signore, il quale chiede “che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel bisogno” (ibid.). La testimonianza della carità fa parte della vita stessa di ogni comunità cristiana. E fin dall’inizio la Chiesa ha tradotto in gesti concreti i principi evangelici, come leggiamo negli Atti degli Apostoli. Oggi, date le mutate condizioni dell’assistenza sanitaria, si avverte il bisogno di una più stretta collaborazione tra i professionisti della salute operanti nelle diverse istituzioni sanitarie e le comunità ecclesiali presenti sul territorio. In questa prospettiva, si conferma in tutto il suo valore un’istituzione collegata con la Santa Sede qual è l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che celebra quest’anno i suoi 140 anni di vita.
Ma c’è di più. Poiché il bambino malato appartiene ad una famiglia che ne condivide la sofferenza spesso con gravi disagi e difficoltà, le comunità cristiane non possono non farsi carico anche di aiutare i nuclei familiari colpiti dalla malattia di un figlio o di una figlia. Sull’esempio del “Buon Samaritano” occorre che ci si chini sulle persone così duramente provate e si offra loro il sostegno di una concreta solidarietà. In tal modo, l’accettazione e la condivisione della sofferenza si traduce in un utile supporto alle famiglie dei bambini malati, creando al loro interno un clima di serenità e di speranza, e facendo sentire attorno a loro una più vasta famiglia di fratelli e sorelle in Cristo. La compassione di Gesù per il pianto della vedova di Nain (cfr Lc 7,12-17) e per l’implorante preghiera di Giairo (cfr Lc 8,41-56) costituiscono, tra gli altri, alcuni utili punti di riferimento per imparare a condividere i momenti di pena fisica e morale di tante famiglie provate. Tutto ciò presuppone un amore disinteressato e generoso, riflesso e segno dell’amore misericordioso di Dio, che mai abbandona i suoi figli nella prova, ma sempre li rifornisce di mirabili risorse di cuore e di intelligenza per essere in grado di fronteggiare adeguatamente le difficoltà della vita.
La dedizione quotidiana e l’impegno senza sosta al servizio dei bambini malati costituiscono un’eloquente testimonianza di amore per la vita umana, in particolare per la vita di chi è debole e in tutto e per tutto dipendente dagli altri. Occorre affermare infatti con vigore l’assoluta e suprema dignità di ogni vita umana. Non muta, con il trascorrere dei tempi, l’insegnamento che la Chiesa incessantemente proclama: la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza. E’ a Gesù crocifisso che dobbiamo volgere il nostro sguardo: morendo in croce Egli ha voluto condividere il dolore di tutta l’umanità. Nel suo soffrire per amore intravediamo una suprema compartecipazione alle pene dei piccoli malati e dei loro genitori. Il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, che dell’accettazione paziente della sofferenza ha offerto un esempio luminoso specialmente al tramonto della sua vita, ha scritto: “Sulla croce sta il «Redentore dell’uomo», l’Uomo dei dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinché nell’amore possano trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi” (Salvifici doloris, 31).
Desidero qui esprimere il mio apprezzamento ed incoraggiamento alle Organizzazioni internazionali e nazionali che si prendono cura dei bambini malati, particolarmente nei Paesi poveri, e con generosità e abnegazione offrono il loro contributo per assicurare ad essi cure adeguate e amorevoli. Rivolgo al tempo stesso un accorato appello ai responsabili delle Nazioni perché vengano potenziate le leggi e i provvedimenti in favore dei bambini malati e delle loro famiglie. Sempre, ma ancor più quando è in gioco la vita dei bambini, la Chiesa, per parte sua, si rende disponibile ad offrire la sua cordiale collaborazione nell’intento di trasformare tutta la civiltà umana in «civiltà dell’amore» (cfr Salvifici doloris, 30).
Concludendo, vorrei esprimere la mia vicinanza spirituale a tutti voi, cari fratelli e sorelle, che soffrite di qualche malattia. Rivolgo un affettuoso saluto a quanti vi assistono: ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le sofferenze di chi è alle prese con la malattia. Un saluto tutto speciale è per voi, cari bambini malati e sofferenti: il Papa vi abbraccia con affetto paterno insieme con i vostri genitori e familiari, e vi assicura uno speciale ricordo nella preghiera, invitandovi a confidare nel materno aiuto dell’Immacolata Vergine Maria, che nel passato Natale abbiamo ancora una volta contemplato mentre stringe con gioia tra le braccia il Figlio di Dio fatto bambino. Nell’invocare su di voi e su ogni malato la materna protezione della Vergine Santa, Salute degli Infermi, a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 2 Febbraio 2009
BENEDICTUS PP. XVI
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
PER LA XIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (Anno 2010)
“Dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24)
Cari fratelli e sorelle!
Ogni anno, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 febbraio, la Chiesa propone la Giornata Mondiale del Malato. Tale circostanza, come ha voluto il venerabile Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti “la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana” (Lett. enc. Spe salvi, 38). Le iniziative che saranno promosse nelle singole Diocesi in occasione di questa Giornata, siano di stimolo a rendere sempre più efficace la cura verso i sofferenti, nella prospettiva anche della celebrazione in modo solenne, che avrà luogo, nel 2013, al Santuario mariano di Altötting, in Germania.
1. Ho ancora nel cuore il momento in cui, nel corso della visita pastorale a Torino, ho potuto sostare in riflessione e preghiera davanti alla Sacra Sindone, davanti a quel volto sofferente, che ci invita a meditare su Colui che ha portato su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati. Quanti fedeli, nel corso della storia, sono passati davanti a quel telo sepolcrale, che ha avvolto il corpo di un uomo crocifisso, che in tutto corrisponde a ciò che i Vangeli ci trasmettono sulla passione e morte di Gesù! Contemplarlo è un invito a riflettere su quanto scrive san Pietro: “dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24). Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra fede: ogni volta che il Signore parla della sua passione e morte, essi non comprendono, rifiutano, si oppongono. Per loro, come per noi, la sofferenza rimane sempre carica di mistero, difficile da accettare e da portare. I due discepoli di Emmaus camminano tristi per gli avvenimenti accaduti in quei giorni a Gerusalemme, e solo quando il Risorto percorre la strada con loro, si aprono ad una visione nuova (cfr Lc 24,13-31). Anche l’apostolo Tommaso mostra la fatica di credere alla via della passione redentrice: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo” (Gv 20,25). Ma di fronte a Cristo che mostra le sue piaghe, la sua risposta si trasforma in una commovente professione di fede: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28). Ciò che prima era un ostacolo insormontabile, perché segno dell’apparente fallimento di Gesù, diventa, nell’incontro con il Risorto, la prova di un amore vittorioso: “Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede” (Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2007).
2. Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso le piaghe del Cristo che noi possiamo vedere, con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l’umanità. Risorgendo, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice. Alla prepotenza del Male ha opposto l’onnipotenza del suo Amore. Ci ha indicato, allora, che la via della pace e della gioia è l’Amore: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Cristo, vincitore della morte, è vivo in mezzo a noi. E mentre con san Tommaso diciamo anche noi: “Mio Signore e mio Dio!”, seguiamo il nostro Maestro nella disponibilità a spendere la vita per i nostri fratelli (cfr 1 Gv 3,16), diventando messaggeri di una gioia che non teme il dolore, la gioia della Risurrezione.
San Bernardo afferma: “Dio non può patire, ma può compatire”. Dio, la Verità e l’Amore in persona, ha voluto soffrire per noi e con noi; si è fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo reale, in carne e sangue. In ogni sofferenza umana, allora, è entrato Uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenza si diffonde la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio per far sorgere la stella della speranza (cfr Lett. enc. Spe salvi, 39).
A voi, cari fratelli e sorelle, ripeto questo messaggio, perché ne siate testimoni attraverso la vostra sofferenza, la vostra vita e la vostra fede.
3. Guardando all’appuntamento di Madrid, nel prossimo agosto 2011, per la Giornata Mondiale della Gioventù, vorrei rivolgere anche un particolare pensiero ai giovani, specialmente a coloro che vivono l’esperienza della malattia. Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il “sì” di Dio all’uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Dal cuore trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina. Solo Lui è capace di liberare il mondo dal male e di far crescere il suo Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 3). Cari giovani, imparate a “vedere” e a “incontrare” Gesù nell’Eucaristia, dove è presente in modo reale per noi, fino a farsi cibo per il cammino, ma sappiatelo riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà, che hanno bisogno del vostro aiuto (cfr ibid., 4). A tutti voi giovani, malati e sani, ripeto l’invito a creare ponti di amore e solidarietà, perché nessuno si senta solo, ma vicino a Dio e parte della grande famiglia dei suoi figli (cfr Udienza generale, 15 novembre 2006).
4. Contemplando le piaghe di Gesù il nostro sguardo si rivolge al suo Cuore sacratissimo, in cui si manifesta in sommo grado l’amore di Dio. Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale scaturiscono sangue ed acqua (cfr Gv 19,34), “simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingano con gioia alla fonte perenne della salvezza” (Messale Romano, Prefazio della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù). Specialmente voi, cari malati, sentite la vicinanza di questo Cuore carico di amore e attingete con fede e con gioia a tale fonte, pregando: “Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, fortificami. Oh buon Gesù, esaudiscimi. Nelle tue piaghe, nascondimi” (Preghiera di S. Ignazio di Loyola).
5. Al termine di questo mio Messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Malato, desidero esprimere il mio affetto a tutti e a ciascuno, sentendomi partecipe delle sofferenze e delle speranze che vivete quotidianamente in unione a Cristo crocifisso e risorto, perché vi doni la pace e la guarigione del cuore. Insieme a Lui vegli accanto a voi la Vergine Maria, che invochiamo con fiducia Salute degli infermi e Consolatrice dei sofferenti. Ai piedi della Croce si realizza per lei la profezia di Simeone: il suo cuore di Madre è trafitto (cfr Lc 2,35). Dall’abisso del suo dolore, partecipazione a quello del Figlio, Maria è resa capace di accogliere la nuova missione: diventare la Madre di Cristo nelle sue membra. Nell’ora della Croce, Gesù le presenta ciascuno dei suoi discepoli dicendole: “Ecco tuo figlio” (cfr Gv 19,26-27). La compassione materna verso il Figlio, diventa compassione materna verso ciascuno di noi nelle nostre quotidiane sofferenze (cfr Omelia a Lourdes, 15 settembre 2008).
Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale del malato, invito anche le Autorità affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi, e, rivolgendo il mio pensiero a tutte le Diocesi, invio un affettuoso saluto ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, ai seminaristi, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le piaghe di ogni fratello o sorella ammalati, negli ospedali o Case di Cura, nelle famiglie: nei volti dei malati sappiate vedere sempre il Volto dei volti: quello di Cristo.
A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 21 Novembre 2010, Festa di Cristo Re dell’Universo.
BENEDICTUS PP. XVI
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
PER LA XX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
(11 FEBBRAIO 2012)
«Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!» (Lc 17,19)
Cari fratelli e sorelle!
In occasione della Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo il prossimo 11 febbraio 2012, memoria della Beata Vergine di Lourdes, desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza a tutti i malati che si trovano nei luoghi di cura o sono accuditi nelle famiglie, esprimendo a ciascuno la sollecitudine e l’affetto di tutta la Chiesa. Nell’accoglienza generosa e amorevole di ogni vita umana, soprattutto di quella debole e malata, il cristiano esprime un aspetto importante della propria testimonianza evangelica, sull’esempio di Cristo, che si è chinato sulle sofferenze materiali e spirituali dell’uomo per guarirle.
1. In quest’anno, che costituisce la preparazione più prossima alla Solenne Giornata Mondiale del Malato che si celebrerà in Germania l’11 febbraio 2013 e che si soffermerà sull’emblematica figura evangelica del samaritano (cfr Lc 10,29-37), vorrei porre l’accento sui «Sacramenti di guarigione», cioè sul Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, e su quello dell’Unzione degli Infermi, che hanno il loro naturale compimento nella Comunione Eucaristica.
L’incontro di Gesù con i dieci lebbrosi, narrato nel Vangelo di san Luca (cfr Lc 17,11-19), in particolare le parole che il Signore rivolge ad uno di questi: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!» (v. 19), aiutano a prendere coscienza dell’importanza della fede per coloro che, gravati dalla sofferenza e dalla malattia, si avvicinano al Signore. Nell’incontro con Lui possono sperimentare realmente che chi crede non è mai solo! Dio, infatti, nel suo Figlio, non ci abbandona alle nostre angosce e sofferenze, ma ci è vicino, ci aiuta a portarle e desidera guarire nel profondo il nostro cuore (cfr Mc 2 ,1-12).
La fede di quell’unico lebbroso che, vedendosi sanato, pieno di stupore e di gioia, a differenza degli altri, ritorna subito da Gesù per manifestare la propria riconoscenza, lascia intravedere che la salute riacquistata è segno di qualcosa di più prezioso della semplice guarigione fisica, è segno della salvezza che Dio ci dona attraverso Cristo; essa trova espressione nelle parole di Gesù: la tua fede ti ha salvato. Chi, nella propria sofferenza e malattia, invoca il Signore è certo che il Suo amore non lo abbandona mai, e che anche l’amore della Chiesa, prolungamento nel tempo della sua opera salvifica, non viene mai meno. La guarigione fisica, espressione della salvezza più profonda, rivela così l’importanza che l’uomo, nella sua interezza di anima e di corpo, riveste per il Signore. Ogni Sacramento, del resto, esprime e attua la prossimità di Dio stesso, il Quale, in modo assolutamente gratuito, «ci tocca per mezzo di realtà materiali …, che Egli assume al suo servizio, facendone strumenti dell’incontro tra noi e Lui stesso» (Omelia, S. Messa del Crisma, 1 aprile 2010). «L’unità tra creazione e redenzione si rende visibile. I Sacramenti sono espressione della corporeità della nostra fede che abbraccia corpo e anima, l’uomo intero» (Omelia, S. Messa del Crisma, 21 aprile 2011).
Il compito principale della Chiesa è certamente l’annuncio del Regno di Dio, «ma proprio questo stesso annuncio deve essere un processo di guarigione: “… fasciare le piaghe dei cuori spezzati” (Is 61,1)» (ibid.), secondo l’incarico affidato da Gesù ai suoi discepoli (cfr Lc 9,1-2; Mt 10,1.5-14; Mc 6,7-13). Il binomio tra salute fisica e rinnovamento dalle lacerazioni dell’anima ci aiuta quindi a comprendere meglio i «Sacramenti di guarigione».
2. Il Sacramento della Penitenza è stato spesso al centro della riflessione dei Pastori della Chiesa, proprio a motivo della grande importanza nel cammino della vita cristiana, dal momento che «tutto il valore della Penitenza consiste nel restituirci alla grazia di Dio stringendoci a lui in intima e grande amicizia» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1468). La Chiesa, continuando l’annuncio di perdono e di riconciliazione fatto risuonare da Gesù, non cessa di invitare l’umanità intera a convertirsi e a credere al Vangelo. Essa fa proprio l’appello dell’apostolo Paolo: «In nome di Cristo … siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20). Gesù, nella sua vita, annuncia e rende presente la misericordia del Padre. Egli è venuto non per condannare, ma per perdonare e salvare, per dare speranza anche nel buio più profondo della sofferenza e del peccato, per donare la vita eterna; così nel Sacramento della Penitenza, nella «medicina della confessione», l’esperienza del peccato non degenera in disperazione, ma incontra l’Amore che perdona e trasforma (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsin. Reconciliatio et Paenitentia, 31).
Dio, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), come il padre della parabola evangelica (cfr Lc 15,11-32), non chiude il cuore a nessuno dei suoi figli, ma li attende, li cerca, li raggiunge là dove il rifiuto della comunione imprigiona nell’isolamento e nella divisione, li chiama a raccogliersi intorno alla sua mensa, nella gioia della festa del perdono e della riconciliazione. Il momento della sofferenza, nel quale potrebbe sorgere la tentazione di abbandonarsi allo scoraggiamento e alla disperazione, può trasformarsi così in tempo di grazia per rientrare in se stessi e, come il figliol prodigo della parabola, ripensare alla propria vita, riconoscendone errori e fallimenti, sentire la nostalgia dell’abbraccio del Padre e ripercorrere il cammino verso la sua Casa. Egli, nel suo grande amore, sempre e comunque veglia sulla nostra esistenza e ci attende per offrire ad ogni figlio che torna da Lui, il dono della piena riconciliazione e della gioia.
3. Dalla lettura dei Vangeli, emerge chiaramente come Gesù abbia sempre mostrato una particolare attenzione verso gli infermi. Egli non solo ha inviato i suoi discepoli a curarne le ferite (cfr Mt 10,8; Lc 9,2; 10,9), ma ha anche istituito per loro un Sacramento specifico: l’Unzione degli Infermi. La Lettera di Giacomo attesta la presenza di questo gesto sacramentale già nella prima comunità cristiana (cfr 5,14-16): con l’Unzione degli Infermi, accompagnata dalla preghiera dei presbiteri, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché allevi le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spiritualmente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del Popolo di Dio.
Tale Sacramento ci porta a contemplare il duplice mistero del Monte degli Ulivi, dove Gesù si è trovato drammaticamente davanti alla via indicatagli dal Padre, quella della Passione, del supremo atto di amore, e l’ha accolta. In quell’ora di prova, Egli è il mediatore, «trasportando in sé, assumendo in sé la sofferenza e la passione del mondo, trasformandola in grido verso Dio, portandola davanti agli occhi e nelle mani di Dio, e così portandola realmente al momento della Redenzione» (Lectio divina, Incontro con il Clero di Roma, 18 febbraio 2010). Ma «l’Orto degli Ulivi è … anche il luogo dal quale Egli è asceso al Padre, è quindi il luogo della Redenzione … Questo duplice mistero del Monte degli Ulivi è anche sempre “attivo” nell’olio sacramentale della Chiesa … segno della bontà di Dio che ci tocca» (Omelia, S. Messa del Crisma, 1 aprile 2010). Nell’Unzione degli Infermi, la materia sacramentale dell’olio ci viene offerta, per così dire, «quale medicina di Dio … che ora ci rende certi della sua bontà, ci deve rafforzare e consolare, ma che, allo stesso tempo, al di là del momento della malattia, rimanda alla guarigione definitiva, alla risurrezione (cfr Gc 5,14)» (ibid.).
Questo Sacramento merita oggi una maggiore considerazione, sia nella riflessione teologica, sia nell’azione pastorale presso i malati. Valorizzando i contenuti della preghiera liturgica che si adattano alle diverse situazioni umane legate alla malattia e non solo quando si è alla fine della vita (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1514), l’Unzione degli Infermi non deve essere ritenuta quasi «un sacramento minore» rispetto agli altri. L’attenzione e la cura pastorale verso gli infermi, se da un lato è segno della tenerezza di Dio per chi è nella sofferenza, dall’altro arreca vantaggio spirituale anche ai sacerdoti e a tutta la comunità cristiana, nella consapevolezza che quanto è fatto al più piccolo, è fatto a Gesù stesso (cfr Mt 25,40).
4. A proposito dei «Sacramenti di guarigione» S. Agostino afferma: «Dio guarisce tutte le tue infermità. Non temere dunque: tutte le tue infermità saranno guarite… Tu devi solo permettere che egli ti curi e non devi respingere le sue mani» (Esposizione sul Salmo 102, 5: PL 36, 1319-1320). Si tratta di mezzi preziosi della Grazia di Dio, che aiutano il malato a conformarsi sempre più pienamente al Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo. Assieme a questi due Sacramenti, vorrei sottolineare anche l’importanza dell’Eucaristia. Ricevuta nel momento della malattia contribuisce, in maniera singolare, ad operare tale trasformazione, associando colui che si nutre del Corpo e del Sangue di Gesù all’offerta che Egli ha fatto di Se stesso al Padre per la salvezza di tutti. L’intera comunità ecclesiale, e le comunità parrocchiali in particolare, prestino attenzione nell’assicurare la possibilità di accostarsi con frequenza alla Comunione sacramentale a coloro che, per motivi di salute o di età, non possono recarsi nei luoghi di culto. In tal modo, a questi fratelli e sorelle viene offerta la possibilità di rafforzare il rapporto con Cristo crocifisso e risorto, partecipando, con la loro vita offerta per amore di Cristo, alla missione stessa della Chiesa. In questa prospettiva, è importante che i sacerdoti che prestano la loro delicata opera negli ospedali, nelle case di cura e presso le abitazioni dei malati si sentano veri «”ministri degli infermi”, segno e strumento della compassione di Cristo, che deve giungere ad ogni uomo segnato dalla sofferenza» (Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale del Malato, 22 novembre 2009).
La conformazione al Mistero Pasquale di Cristo, realizzata anche mediante la pratica della Comunione spirituale, assume un significato del tutto particolare quando l’Eucaristia è amministrata e accolta come viatico. In quel momento dell’esistenza risuonano in modo ancora più incisivo le parole del Signore: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). L’Eucaristia, infatti, soprattutto come viatico è – secondo la definizione di sant’Ignazio d’Antiochia – «farmaco di immortalità, antidoto contro la morte» (Lettera agli Efesini, 20: PG 5, 661), sacramento del passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre, che tutti attende nella Gerusalemme celeste.
5. Il tema di questo Messaggio per la XX Giornata Mondiale del Malato, «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!», guarda anche al prossimo «Anno della fede», che inizierà l’11 ottobre 2012, occasione propizia e preziosa per riscoprire la forza e la bellezza della fede, per approfondirne i contenuti e per testimoniarla nella vita di ogni giorno (cfr Lett. ap. Porta fidei, 11 ottobre 2011). Desidero incoraggiare i malati e i sofferenti a trovare sempre un’ancora sicura nella fede, alimentata dall’ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e dai Sacramenti, mentre invito i Pastori ad essere sempre più disponibili alla loro celebrazione per gli infermi. Sull’esempio del Buon Pastore e come guide del gregge loro affidato, i sacerdoti siano pieni di gioia, premurosi verso i più deboli, i semplici, i peccatori, manifestando l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza (cfr S. Agostino, Lettera 95, 1: PL 33, 351-352).
A quanti operano nel mondo della salute, come pure alle famiglie che nei propri congiunti vedono il Volto sofferente del Signore Gesù, rinnovo il ringraziamento mio e della Chiesa, perché, nella competenza professionale e nel silenzio, spesso anche senza nominare il nome di Cristo, Lo manifestano concretamente (cfr Omelia, S. Messa del Crisma, 21 aprile 2011).
A Maria, Madre di Misericordia e Salute degli Infermi, eleviamo il nostro sguardo fiducioso e la nostra orazione; la sua materna compassione, vissuta accanto al Figlio morente sulla Croce, accompagni e sostenga la fede e la speranza di ogni persona ammalata e sofferente nel cammino di guarigione dalle ferite del corpo e dello spirito.
A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 20 novembre 2011, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo.
BENEDICTUS PP XVI
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
PER LA XXI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
(11 FEBBRAIO 2013)
«Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10, 37)
Cari fratelli e sorelle!
1. L’11 febbraio 2013, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, si celebrerà in forma solenne, presso il Santuario mariano di Altötting, la XXI Giornata Mondiale del Malato. Tale giornata è per i malati, per gli operatori sanitari, per i fedeli cristiani e per tutte le persone di buona volontà «momento forte di preghiera, di condivisione, di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo che, soffrendo, morendo e risorgendo ha operato la salvezza dell’umanità» (Giovanni Paolo II, Lettera istitutiva della Giornata Mondiale del Malato, 13 maggio 1992, 3). In questa circostanza, mi sento particolarmente vicino a ciascuno di voi, cari ammalati che, nei luoghi di assistenza e di cura o anche a casa, vivete un difficile momento di prova a causa dell’infermità e della sofferenza. A tutti giungano le parole rassicuranti dei Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II: «Non siete né abbandonati, né inutili: voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua trasparente immagine» (Messaggio ai poveri, ai malati e ai sofferenti).
2. Per accompagnarvi nel pellegrinaggio spirituale che da Lourdes, luogo e simbolo di speranza e di grazia, ci conduce verso il Santuario di Altötting, vorrei proporre alla vostra riflessione la figura emblematica del Buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37). La parabola evangelica narrata da san Luca si inserisce in una serie di immagini e racconti tratti dalla vita quotidiana, con cui Gesù vuole far comprendere l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella malattia e nel dolore. Ma, allo stesso tempo, con le parole conclusive della parabola del Buon Samaritano, «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10,37), il Signore indica qual è l’atteggiamento che deve avere ogni suo discepolo verso gli altri, particolarmente se bisognosi di cura. Si tratta quindi di attingere dall’amore infinito di Dio, attraverso un’intensa relazione con Lui nella preghiera, la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta, come il Buon Samaritano, nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto, anche se sconosciuto e privo di risorse. Ciò vale non solo per gli operatori pastorali e sanitari, ma per tutti, anche per lo stesso malato, che può vivere la propria condizione in una prospettiva di fede: «Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore» (Enc. Spe salvi, 37).
3. Vari Padri della Chiesa hanno visto nella figura del Buon Samaritano Gesù stesso, e nell’uomo incappato nei briganti Adamo, l’Umanità smarrita e ferita per il proprio peccato (cfr Origene, Omelia sul Vangelo di Luca XXXIV, 1-9; Ambrogio, Commento al Vangelo di san Luca, 71-84; Agostino, Discorso 171). Gesù è il Figlio di Dio, Colui che rende presente l’amore del Padre, amore fedele, eterno, senza barriere né confini. Ma Gesù è anche Colui che “si spoglia” del suo “abito divino”, che si abbassa dalla sua “condizione” divina, per assumere forma umana (Fil 2,6-8) e accostarsi al dolore dell’uomo, fino a scendere negli inferi, come recitiamo nel Credo, e portare speranza e luce. Egli non considera un tesoro geloso il suo essere uguale a Dio, il suo essere Dio (cfr Fil 2,6), ma si china, pieno di misericordia, sull’abisso della sofferenza umana, per versare l’olio della consolazione e il vino della speranza.
4. L’Anno della fede che stiamo vivendo costituisce un’occasione propizia per intensificare la diaconia della carità nelle nostre comunità ecclesiali, per essere ciascuno buon samaritano verso l’altro, verso chi ci sta accanto. A questo proposito, vorrei richiamare alcune figure, tra le innumerevoli nella storia della Chiesa, che hanno aiutato le persone malate a valorizzare la sofferenza sul piano umano e spirituale, affinché siano di esempio e di stimolo. Santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo, “esperta della scientia amoris” (Giovanni Paolo II, Lett. ap., Novo Millennio ineunte, 42), seppe vivere «in unione profonda alla Passione di Gesù» la malattia che la condusse «alla morte attraverso grandi sofferenze». (Udienza Generale, 6 aprile 2011). Il Venerabile Luigi Novarese, del quale molti ancora oggi serbano vivo il ricordo, nell’esercizio del suo ministero avvertì in modo particolare l’importanza della preghiera per e con gli ammalati e i sofferenti, che accompagnava spesso nei Santuari mariani, in speciale modo alla grotta di Lourdes. Mosso dalla carità verso il prossimo, Raoul Follereau ha dedicato la propria vita alla cura delle persone affette dal morbo di Hansen sin nelle aree più remote del pianeta, promuovendo fra l’altro la Giornata Mondiale contro la Lebbra. La beata Teresa di Calcutta iniziava sempre la sua giornata incontrando Gesù nell’Eucaristia, per uscire poi nelle strade con la corona del Rosario in mano ad incontrare e servire il Signore presente nei sofferenti, specialmente in coloro che sono “non voluti, non amati, non curati”. Sant’Anna Schäffer di Mindelstetten seppe, anche lei, in modo esemplare unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo: «il letto di dolore diventò… cella conventuale e la sofferenza costituì il suo servizio missionario… Confortata dalla Comunione quotidiana, ella diventò un’instancabile strumento di intercessione nella preghiera e un riflesso dell’amore di Dio per molte persone che cercavano il suo consiglio» (Omelia per la canonizzazione, 21 ottobre 2012). Nel Vangelo emerge la figura della Beata Vergine Maria, che segue il Figlio sofferente fino al supremo sacrificio sul Golgota. Ella non perde mai la speranza nella vittoria di Dio sul male, sul dolore e sulla morte, e sa accogliere con lo stesso abbraccio di fede e di amore il Figlio di Dio nato nella grotta di Betlemme e morto sulla croce. La sua ferma fiducia nella potenza divina viene illuminata dalla Risurrezione di Cristo, che dona speranza a chi si trova nella sofferenza e rinnova la certezza della vicinanza e della consolazione del Signore.
5. Vorrei infine rivolgere il mio pensiero di viva riconoscenza e di incoraggiamento alle istituzioni sanitarie cattoliche e alla stessa società civile, alle diocesi, alle comunità cristiane, alle famiglie religiose impegnate nella pastorale sanitaria, alle associazioni degli operatori sanitari e del volontariato. In tutti possa crescere la consapevolezza che «nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole e malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Christifideles laici, 38).
Affido questa XXI Giornata Mondiale del Malato all’intercessione della Santissima Vergine Maria delle Grazie venerata ad Altötting, affinché accompagni sempre l’umanità sofferente, in cerca di sollievo e di ferma speranza, aiuti tutti coloro che sono coinvolti nell’apostolato della misericordia a diventare dei buoni samaritani per i loro fratelli e sorelle provati dalla malattia e dalla sofferenza, mentre ben volentieri imparto la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 2 gennaio 2013
BENEDICTUS PP XVI