Il più grande Santo dopo Maria Vergine, il più noto, il più amato… ma lo conosciamo davvero? San Giuseppe di Nazareth è certamente caro al cuore di tutti i cattolici, ma penetrare nell’animo di quest’“uomo giusto” non è semplice. Cosa c’è dietro al suo silenzio? Quali insegnamenti trarre dalla sua vita? Come trasformare la devozione a sì gran Santo in una vera e propria imitazione delle sue sublimi virtù? Nel presente libro troviamo le risposte a questi interrogativi.
È un vero e proprio trattato sulla vera devozione a San Giuseppe l’ultima fatica di padre Serafino Maria Lanzetta, intitolata Dalla rugiada il meglio dei cieli. San Giuseppe di Nazareth (Casa mariana editrice, 2023).
Essendo Giuseppe il nome di nascita e di Battesimo dell’autore, quando in religione divenne Serafino Maria, promise al Santo Patriarca che, per “riparare al torto” del cambio del nome, avrebbe «fatto di tutto per diffondere la sua devozione facendolo conoscere come meglio potevo, con la predicazione e con gli scritti» (pag. 18). È stato di parola, perché questo breve ma intenso “trattato” è destinato a diventare, secondo noi, il testo base per la conoscenza e la venerazione di San Giuseppe.
L’autore spiega subito, dalle prime pagine, che come senza Maria non si trovi Gesù, così senza Giuseppe non si possa trovare Maria. Come la Madre è la prova dell’identità divina e della missione redentrice del Figlio, così lo Sposo è la prova dell’identità della maternità divina e della missione corredentrice della Sposa. Le persone della “Trinità terrena” sono indissolubilmente legate l’una all’altra.
Leggendo il libro si capisce che Giuseppe di Nazareth, pur non essendo sacerdote, è modello dei sacerdoti, perché egli «per Maria svolge un ruolo sacerdotale centrale nel compiersi della Redenzione, sì da configurarlo cooperatore del tutto speciale alla Redenzione e perciò corredentore unico dopo Maria» (pag. 23). Ciò che Giuseppe è stato per Maria, così il sacerdote è chiamato ad essere per la Chiesa.
Il Santo Patriarca è dunque anche custode del Depositum fidei, essendo il vergine custode della Verginità perpetua di Maria (cfr. cap. V, pag. 69), essendo stato chiamato da Dio a custodire anche l’integrità della Santa Madre Chiesa (cap. XII, pag. 149) dalle «ostili insidie e da ogni avversità», allontanando «la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo» (A te, o Beato Giuseppe, preghiera di papa Leone XIII).
Pochi lo sanno, ma la Chiesa riserva a San Giuseppe, come alla Beata Vergine Maria, una venerazione propria, anche se ovviamente inferiore a quella della sua Sposa, ma superiore a quella dovuta ai santi. La Chiesa chiama il culto dovuto alla Beata Vergine Maria iperdulia, quello a San Giuseppe protodulia.
Questo perché la missione di Giuseppe è unica, irripetibile (cap. VII, pag. 89). Lo si approfondisce in modo particolare leggendo l’ottavo capitolo, dedicato a Giuseppe cooperatore singolare al mistero della Redenzione (pag. 109). «La Vergine Maria e san Giuseppe – in modo più preciso, Giuseppe per Maria – diventano perciò collaboratori dell’Altissimo nella salvezza dell’umanità, nella Redenzione oggettiva, perché con loro e per loro ogni uomo diventi un fattivo cooperatore al mistero della salvezza, pronto a completare nella sua carne ciò che manca ai patimenti di Cristo (cf Col 1, 24), nella Redenzione soggettiva» (pag. 111).
Egli ha dunque avuto il privilegio di intravedere l’Eucarestia, di viverla giorno dopo, adorarla e conformarsi «in ciò che le è più proprio: la sua dimensione sacrificale» (pag. 158). Ed è anche il prototipo della consacrazione a Maria, avendo condiviso con la sua Sposa «tutta la sua vita: pensieri, volontà, beni» per «poter piacere a Gesù e per fare la volontà di Dio» (pag. 86).
San Giuseppe è anche un potente rimedio alla mentalità marxismo del lavoro — oltre a tutto il materialismo ateo marxista, ovviamente —, avendo egli non vissuto per lavorare, ma ha lavorato per vivere, santificando il proprio lavoro (cfr. cap. XI, pag. 143).
Insomma, non sarebbero sufficienti tutte le biblioteche del mondo per cantare le lodi di Giuseppe di Nazareth, Sposo e Padre: «Proprio come la Vergine Maria sua Sposa, alla quale solo è subordinato. Non si esagera allora se si ripete il famoso adagio mariano, applicandolo ora al nostro Santo: “De Joseph numquam satis”, di Giuseppe non si dirà mai abbastanza» (pag. 23).
Questo libro ha il merito di aiutarci a conoscere meglio ed amare di più il Grande Santo Patriarca, la cui presenza nella nostra vita è essenziale (cap. XV, pag. 169), ci aiuta persino ad invocarlo ancora di più, poiché l’autore ha voluto scrivere delle litanie al Santo ex novo — ovviamente aggiuntive, non sostitutive a quelle ufficiali — che sono anche un’estrema sintesi di questa sua fatica letteraria (Appendice II, pag. 199).
Ringraziamo padre Giuseppe Serafino Maria Lanzetta per aver voluto esternare il suo amore e la sua gratitudine verso San Giuseppe di Nazareth con questo capolavoro «rigoroso e devoto» (P. Alessandro Maria Apollonio, Presentazione, pag. 13).

