Lo Spirito Santo si vede

Vivere la Pentecoste oggi: Come lo Spirito Santo rende Cristo vivo ‘qui e ora’ e genera una fede che si manifesta nelle opere.

Santa Messa Pentecoste in rito tradizionale a Vocogno in Val Vigezzo (VB).
Omelia di don Alberto Secci. Domenica 8 Giugno 2025.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Mi chiedete di raccontare, come se fossi io a parlare, quanto ho condiviso sulla Pentecoste e lo Spirito Santo, attingendo dalle fonti che mi avete fornito.

Cari fratelli e sorelle, ho voluto iniziare sottolineando una distinzione fondamentale. Se il cristianesimo fosse semplicemente un’ideologia, un sistema di pensiero o di convinzioni religiose basato sulla figura di Gesù Cristo vissuto 2000 anni fa, con annesse regole morali ed etiche, allora sarebbe un riferimento ideale da cui impariamo e che cerchiamo di imitare. Se la nostra vita fosse organizzata solo in nome di questo Gesù del passato, non sarebbe il cattolicesimo. Sarebbe un cristianesimo “morto”, un Gesù riportato in vita solo dal nostro impegno. Vi prego di restare su questo punto, è cruciale.

Questo non è il vero cristianesimo, non è il cattolicesimo. Il cattolicesimo esiste, il cristianesimo è vivo, quando Cristo è vivo “qui e ora”, adesso. E questo è possibile solo grazie alla Pentecoste. Non basta che Cristo sia risorto e asceso al cielo; anche se Lui è vivo, potrebbe essere per noi come qualcuno morto. Non basta neanche dire che ha vinto la morte. Dobbiamo capire come questa vittoria entra in noi. Ecco perché c’è la Pentecoste.

La Pentecoste è il dono dello Spirito Santo. E lo Spirito Santo non è una forza, un’energia, un sentimento. Lo Spirito Santo è il dono di una Persona, la Terza Persona della Santissima Trinità. Dobbiamo acquisire maggiore consapevolezza di questo. È un vero dono. Permettetemi di attingere un po’ dalla dogmatica, perché la preghiera vera nasce dalla fede conosciuta, dalla verità, non solo dal sentimento.

Quando il Padre e il Figlio donano lo Spirito Santo – perché lo Spirito Santo “procede dal Padre e dal Figlio”, come diciamo nel Credo, e nulla nel Credo è a caso, ma contiene la verità da cui discende la verità della nostra vita – in Lui, nello Spirito Santo, si dona all’uomo “in grazia” Dio medesimo, Dio Trinità. Questo è ciò che accade nella Pentecoste.

Questo diviene particolarmente chiaro se pensiamo che lo Spirito Santo è l’Amore Personale stesso. È l’Amore in persona, l’Amore personale. Dobbiamo fare lo sforzo di non piegare questa verità al nostro modo di vedere, ma di piegare la nostra mente alla Rivelazione. Il Padre e il Figlio, inviando lo Spirito Santo all’uomo (agli apostoli 2000 anni fa, a noi oggi), ci donano quell’Amore Personale. Ci donano l’Amore Personale nel quale Essi si amano e si abbracciano.

Quindi, lo Spirito Santo non è solo un “segno” d’amore – quello sarebbe un dono naturale. È dono “teologale”, è soprannaturale. Non è un segno, è l’Amore stesso. L’Amore personale Padre, Figlio e Spirito Santo. È questo dono che mi trasforma. È il dono dell’amore personale che c’è tra il Padre e il Figlio, che è Persona – lo Spirito Santo – che mi viene donato affinché io possa partecipare seriamente alla vita stessa di Dio. Ed è questo che sblocca tutto.

L’uomo è creato a immagine di Dio e ha una natura sempre aperta a Lui. Non dimentichiamolo mai. Ma l’uomo può rinchiudersi nel suo “amor proprio”. Se lo Spirito Santo è l’Amore personale, allora la grande bestemmia, il peccato originale in cui siamo sempre in pericolo, è chiuderci nell’amore di noi stessi. Possiamo opporre resistenza all’influsso di Dio.

I doni dello Spirito Santo, i sette doni che forse conoscete, spezzano questa opposizione umana. Sono necessari per spezzare questa nostra tendenza malata ad amare solo noi stessi. I doni dello Spirito Santo creano una tale “connaturalità” con Dio – ci rendono così partecipi, così “connaturali” a Dio – una tale prontezza di cuore, che l’azione divina non ci appare più come qualcosa di estraneo e minaccioso da cui difenderci. Al contrario, diventa qualcosa di “suadente”, di “beatificante”, da accogliere volentieri, gioiosamente. Nasce un gusto per le cose di Dio, per ciò che è divino. I sette doni ci danno una sensibilità più fine per Dio, un udito più fine per la Sua voce, un tatto più fine per la Sua mano che ci prende.

Dobbiamo chiedere la grazia, perché il dono dello Spirito Santo è proprio questo: si chiama grazia. E noi viviamo questa continua Pentecoste che si chiama Sacramento. Non c’è opposizione tra lo Spirito Santo – l’amore personale che procede dal Padre e dal Figlio ed è Persona – e Cristo. Lo Spirito Santo è Cristo vivo in noi, è Dio Trinità che prende possesso di noi, che viene ad abitare presso di noi. Questo lo viviamo grazie alla grazia dei sacramenti. L’azione sacramentale di Cristo, attraverso la Chiesa e i suoi ministri, è la continua Pentecoste. Tutti i sacramenti sono inseriti in questa continua Pentecoste.

Ecco perché ci ricordiamo spesso che non è possibile essere di Cristo senza essere in grazia di Dio. Essere in grazia di Dio grazie a tutto ciò di cui abbiamo parlato. Questa grazia ci permette di ricordare tutto ciò che il Signore ha insegnato, che non è Suo ma del Padre. Tutto procede dal Padre, attraverso il Figlio, per opera dello Spirito Santo.

L’antifona del Magnificat dei Vespri di oggi riassume bene tutto questo. È un’antifona gioiosa: “Oggi sono completati i giorni della Pentecoste. Alleluia. Oggi lo Spirito Santo in forma di fuoco è apparso ai discepoli e donò loro i doni carismatici…”. E poi spiega l’effetto di questo dono. Li mandò in tutto il mondo a predicare e testimoniare, affinché chi crederà e sarà battezzato sia salvo. Questa è la Pentecoste. Questo è l’effetto immediato sugli apostoli. Grazie a quest’opera, oggi noi siamo “graziati”, siamo di Cristo.

Concludendo, mi chiedo e chiedo a voi: lo Spirito Santo si vede?. No, perché Dio è puro spirito. Ma nello stesso tempo, dico di sì, si vede lo Spirito Santo. Si vedono i Suoi effetti. Molti di voi, forse quasi tutti, siete nati cattolici, battezzati presto, educati in famiglie cattoliche, frequentato la parrocchia. Ma a un certo punto, se siete qui, vi è stata data una grazia. Senza quella grazia non sareste qui. Da quel momento, potete dire con verità: “io non ero vivo, adesso lo sono. Io non c’ero, eppure ero cattolico, adesso lo sono”.

Si inizia a dire “Tu” a Dio in modo personale. Prima facevate le cose da cattolici, dicevate le preghiere, ma non eravate “voi” a parlarGli. Dopo, diventa personale. E quando puoi dirGli “Tu”, incominci a sentire che è vero anche quando dici “io”. “Io Signore ti prego, io ti chiedo la grazia, Signore abbi misericordia di me, Signore santifica me”.

Ma tutti i battezzati vivono così? No. È necessaria una conferma del battesimo, che chiamiamo cresima o confermazione. Ma attenzione a non ridurla a un rito vuoto. Il sacramento dà, ma poi nel vissuto deve accadere qualcosa perché questa benedetta cresima sia vera. Altrimenti, rischia di essere un rito di una religione naturale. Il sacramento non lo è in sé, ma possiamo trasformarlo noi in questo.

Non bastano le norme e le verifiche che la Chiesa può mettere in atto per accertare se uno ha fede davvero. Occorre un evento di grazia, che è dono di Dio, ma che richiede la nostra corrispondenza. È necessaria una grande opera di educazione per non ridurre mai il cristianesimo a una cosa statica, ma per mantenerlo come ciò che è: una cosa viva, viva della vita stessa di Dio.

È necessario che questa Pentecoste “riaccada” in noi. Non che ce ne sia una nuova, non è necessaria. Ma che questo dono dello Spirito si riattualizzi. E sapete? Questo riaccade ogni volta che torni in grazia di Dio. Non è un fatto sentimentale, è oggettivo. Diamo alto valore ai Sacramenti. La confessione, vissuta così, è un dono dello Spirito Santo, perché ti rimette nella carità di Dio, nell’amore personale che procede dal Padre e dal Figlio.

E questa cosa si vede. Lo Spirito Santo si vede in ciò che produce, nelle opere. Non solo si capisce interiormente perché parli a Dio personalmente, ma si vede anche la ricaduta sul mondo, sulla realtà. Il mondo viene trasformato dall’opera dei cristiani che sono stati trasformati dalla grazia, santificati nella Pentecoste. Si vede!.

Questo si chiama cultura. C’è un modo del tutto originale di affrontare la vita, e gli altri se ne accorgono. La famiglia di chi è veramente cattolico è diversa. Il lavoro di chi è veramente cattolico è diverso. L’amicizia di chi è veramente cattolico è diversa. Se la tua vita è uguale a quella degli altri, vuol dire che hai tradito il dono dello Spirito. Si chiama civiltà, si chiama cultura. È la capacità di esprimere qualcosa di umanamente dignitosissimo, che è frutto dell’invitazione dello Spirito, della vita trinitaria. E questa è l’opera della Chiesa, l’opera dei cattolici. Un paese, un villaggio, una metropoli deve accorgersi che ci sono i cattolici. Un posto di lavoro deve accorgersi che c’è un cattolico, meglio ancora se ce ne sono due che vivono unitissimi in quel luogo, perché ciò che li unisce è la grazia che hanno ricevuto.

Preghiamo la Madonna, che era presente nel Cenacolo in preghiera con gli apostoli. Chiediamole che preghi per noi, affinché non tradiamo il dono ricevuto.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

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