Urbano IV Solennità del Corpus Domini: per rafforzare la grandezza della fede cattolica

“Sebbene questo santo sacramento venga celebrato ogni giorno nel solenne rito della Messa, tuttavia riteniamo che sia utile e degno celebrare, almeno una volta all’anno, una festa più solenne, soprattutto per confondere e confutare l’ostilità degli eretici.. (..) Pertanto, per rafforzare la grandezza della fede cattolica, abbiamo deciso che ogni anno venga celebrata una festa speciale e solenne di un così grande Sacramento, oltre alla commemorazione quotidiana che la Chiesa ne fa, e stabiliamo un giorno fisso per esso, il primo giovedì dopo l’ottava di Pentecoste.”

Nel Corpus Domini si celebra “la vittoria di Cristo sulla morte”: ecco cos’era dunque, se pure inconsciamente, la gioia delle processioni dei nostri padri. Nel fondo della coscienza popolare, era il giorno della vittoria sulla morte. Sulla antica nemica. Simile a una marcia di vincitore l’incolonnarsi dei fedeli dietro al prete che tiene alta l’Ostia consacrata.

Poi, scrisse il cardinale Ratzinger, sopraggiunse una “allarmata resistenza a tutto ciò che aveva sapore di trionfalismo, che non sembrava conciliabile con la coscienza cristiana del peccato, e con la tragica situazione del mondo. La celebrazione del Corpus Domini divenne imbarazzante”: rassegnati, siamo diventati educati nichilisti. Nulla in cui credere, e nulla da aspettare, anche se la “certezza” del Corpus Domini è il contrario del nulla, perché il “Corpus Domini” è la festa della luce. Se, smemorati, o distratti, o collusi col nulla, dubitiamo, l’esultanza di quelle processioni ci è incomprensibile. Talvolta però succede che le processioni del Corpus Domini si trovano a percorrere delle strade che normalmente non sono frequentate da tante persone, anzi sono evitate dai più: sono le strade del dolore, della sofferenza, anche se nascosta… per questo, soprattutto in queste strade, si leva a gran voce l’antico canto: “Per i miseri implora perdono, per i deboli implora pietà”.

La bolla “Transiturus” di Urbano IV

Nell’anno del Signore 1263 si verificò uno dei principali miracoli eucaristici: il Miracolo di BolsenaSedeva sul trono di san Pietro papa Urbano IV. Questi messo a conoscenza dei fatti,  ordinò quindi al vescovo di Orvieto di recarsi a verificare della veracità di quanto gli si riferiva e di portare presso di lui (la corte papale stava ad Orvieto) l’ostia e i corporale insanguinato. Lo datava inoltre di due accompagnatori: nientemeno che san Tommaso d’Aquino e san Bonaventura da Bagnoregio. Fatte le indagini canoniche prescritte, il Pontefice decise di istituire per tutta la Chiesa la festa del Santissimo Corpo di Cristo (il Corpus Domini), affidandone la composizione dei testi della messa e dell’ufficio all’Aquinate. L’istituzione fu stabilita per mezzo della bolla Transiturus de hoc mundo dell’11 agosto 1264, che di seguito integralmente riportiamo.

URBANO VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
AI VENERATI FRATELLI PATRIARCHI, ARCIVESCOVI, VESCOVI E ALTRI PRELATI

Cristo, il nostro Salvatore, stando per partire da questo mondo per ascendere al Padre, poco prima della sua Passione, nell’Ultima Cena, istituì, in memoria della sua morte, il supremo e magnifico sacramento del Suo Corpo e Sangue, dandoci il Corpo come cibo e il Sangue come bevanda.
Infatti, ogni volta che mangiamo questo pane e beviamo questo calice, annunciamo la morte del Signore. Egli ha detto agli apostoli istituendo questo sacramento: “Fate questo in memoria di me” (Luc. 22, 19), in modo che questo eccelso e venerabile sacramento fosse per noi il principale e il più insigne ricordo del grande amore con cui Egli ci ha amato. Memoriale mirabile e meraviglioso, dolce e soave, carissimo e prezioso, in cui si rinnovano i prodigi e le meraviglie; in esso sono tutte le delizie e i sapori più delicati, nel quale si gusta la stessa dolcezza del Signore e, soprattutto, si ottiene la forza per la vita e per la nostra salvezza.
È un memoriale dolcissimo, sacrosanto e salutare in cui rinnoviamo la nostra gratitudine nel ricordo della nostra redenzione, ci allontaniamo dal male, ci consolidiamo nel bene e progrediamo nell’acquisizione delle virtù e della grazia, siamo confortati dalla presenza corporea del nostro stesso Salvatore, perché, in questa commemorazione sacramentale di Cristo, è presente Lui in mezzo a noi, in modo diverso, ma nella sua vera sostanza.
Nell’imminenza della sua Ascensione al cielo disse agli apostoli e ai loro successori: “Ecco, io sono sempre con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 10) e li consolò con la benevola promessa che sarebbe rimasto con loro anche con la sua presenza corporale.
Memoriale veramente degno di non essere dimenticato, con il quale ricordiamo che la morte è stata vinta, che la nostra rovina è stata distrutta dalla morte di Colui che è la stessa vita, che un albero pieno di vita è stato innestato su un albero di morte per produrre frutti di salvezza!
È un memoriale glorioso che riempie di gioia salvifica l’anima dei fedeli, mentre con l’infusione della letizia somministra lacrime di devozione. Siamo pieni di gioia al pensiero della nostra liberazione, e commemorando la Passione del Signore, per la quale siamo stati salvati, a stento possiamo trattenere le lacrime. In questa sacrosanta celebrazione, sono in noi gioia mista a lacrime, perché gioiamo piangendo pii, e lacrimiamo gioendo devoti, avendo liete lacrime e letizia piangente. Infatti anche il cuore, invaso di grande gioia, stilla dagli occhi dolci lacrime.
Infinita grandezza dell’amore divino, immensa e divina pietà, copiosa effusione celeste! Dio ci ha dato tutto nel momento in cui ha sottomesso ai nostri piedi e ci ha affidato il dominio supremo di tutte le creature sulla terra. Nobilita e sublima la dignità degli uomini attraverso il ministero degli spiriti più eletti. Poiché tutti sono stati destinati a esercitare il ministero al servizio di coloro che hanno ricevuto l’eredità della salvezza.
Ed essendo stata così vasta la munificenza del Signore nei nostri confronti, volendo mostrarci ancora di più il suo infinito amore, nel suo abbassamento si offrì egli stesso e superando le più grandi generosità e ogni misura di carità, si diede come cibo soprannaturale.
Liberalità singolare e ammirevole, in cui il donatore viene come dono, e il dono e colui che dà sono la stessa realtà! È davvero grandezza infinita quella di colui che si dà e accresce la sua disposizione affettuosa a tal punto che ciò, distribuito in un gran numero di doni, alla fine sovrabbonda e ritorna al donatore, tanto maggiore quanto più si è diffuso.
Pertanto, il Salvatore si è dato come cibo; volle che, nello stesso modo in cui l’uomo era stato sepolto nella rovina dal cibo proibito, vivesse di nuovo per un cibo benedetto; l’uomo cadde per il frutto di un albero di morte, risuscita per un pane di vita. Da quell’albero pendeva un cibo mortale, in questo c’è un cibo di vita; quel frutto ha portato il male, questo la guarigione; un appetito malvagio ha fatto il male e una fame diversa genera il beneficio; la medicina arrivò dove la malattia aveva invaso; da dove era partita la morte, venne la vita.
Di quel primo cibo fu detto: “Il giorno in cui ne mangerai morirai” (Gen. 2, 17); del secondo è stato scritto: “Chiunque mangia questo pane vivrà in eterno” (Gv 6, 52).
È un alimento che ristora e nutre veramente, sazia al massimo grado non il corpo, ma il cuore; non la carne, ma lo spirito; non i visceri, ma la mente. L’uomo aveva bisogno del cibo spirituale e il misericordioso Salvatore fornì, con attenzione colma di pietà, il cibo dell’anima con la migliore e più nobile prelibatezza.
La generosa liberalità salì al culmine del bisogno e la carità eguagliò la convenienza, così che la Parola di Dio, che è prelibatezza e cibo per le creature razionali, fattosi carne, si diede come cibo alle creature stesse, cioè alla carne e al corpo dell’uomo. L’uomo, quindi, mangia il pane degli angeli di cui il Salvatore disse: “La mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda” (Gv 6, 56). Questo cibo viene preso, ma non viene consumato, viene mangiato, ma non viene trasformato, perché non diventa colui che lo mangia, ma se viene ricevuto con dignità, rende colui che lo riceve simile a Lui. Eccelso e venerabile sacramento, amabile e adorato, sei degno di essere celebrato, esaltato con la lode più commossa, dai canti ispirati, dalle fibre più intime dell’anima, dai doni più devoti, sei degno di essere ricevuto dalle anime più pure!
Memoriale glorioso, dovresti essere tenuto tra i più profondi battiti del cuore, impresso indelebilmente nell’anima, trattenuto nelle intimità dello spirito, onorato con la pietà più assidua e devota!
Dobbiamo celebrare la continua memoria di un tale memoriale, affinché di Lui, di cui conosciamo lo stesso memoriale, siamo sempre memori, perché colui di cui contempliamo il dono e la ricchezza frequentemente, questi è ospitato più strettamente nel profondo della memoria.
Sebbene questo santo sacramento venga celebrato ogni giorno nel solenne rito della Messa, tuttavia riteniamo che sia utile e degno celebrare, almeno una volta all’anno, una festa più solenne, soprattutto per confondere e confutare l’ostilità degli eretici.
Difatti il Giovedì Santo, nello stesso giorno in cui Cristo ha istituito questo Sacramento, la Chiesa Universale, impegnata nella riconciliazione dei fedeli, nella benedizione del crisma, nell’adempimento del comandamento della lavanda dei piedi e in molte altre sacre cerimonie, non può prestare piena attenzione alla celebrazione di questo grande sacramento.

Allo stesso modo in cui la Chiesa guarda ai santi, che sono venerati durante l’anno, e sebbene nelle Litanie, nelle Messe e in altre funzioni, la loro memoria si rinnovi con grande frequenza, tuttavia ricorda il loro dies natalis in alcuni giorni, con più solennità e funzioni speciali. E poiché in queste feste forse i fedeli omettono alcuni dei loro doveri a causa di negligenza o occupazioni mondane, o anche a causa della fragilità umana, la Santa Madre Chiesa stabilisce un giorno specifico per la commemorazione di tutti i santi, fornendo in questa festa comune ciò che è stato trascurato in quelle particolari.
Soprattutto, quindi, è necessario adempiere a questo dovere con l’ammirevole Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo, che è gloria e corona di tutti i Santi, in modo che risplenda in una speciale festività e solennità e che ciò che forse è stato trascurato nelle altre celebrazioni della Messa, per quanto riguarda la solennità, sia supplito con scrupolosa diligenza; e così i fedeli, mentre questa festività si avvicina, entrando in se stessi, pensando al passato con attenzione, umiltà di spirito e purezza di coscienza, suppliscano a ciò che avessero compiuto in modo difettoso nel partecipare alla Messa, forse impegnati con il pensiero negli affari mondani o più ordinariamente a causa della negligenza e debolezza umana.
In una certa occasione abbiamo anche sentito dire che, quando stavamo svolgendo un ufficio più modesto, Dio aveva rivelato ad alcuni cattolici che era necessario celebrare questa festa in tutta la Chiesa; pertanto abbiamo ritenuto opportuno stabilirlo in modo tale che, in modo dignitoso e ragionevole, la fede cattolica sia rivitalizzata ed esaltata.
Pertanto, per rafforzare la grandezza della fede cattolica, abbiamo deciso che ogni anno venga celebrata una festa speciale e solenne di un così grande Sacramento, oltre alla commemorazione quotidiana che la Chiesa ne fa, e stabiliamo un giorno fisso per esso, il primo giovedì dopo l’ottava di Pentecoste. Stabiliamo anche che nello stesso giorno si riuniscano per questo fine folle di fedeli nelle chiese devote, con generosità di affetto, e tutto il clero, e il popolo, gioioso, intoni canti di lode, che le labbra e i cuori siano pieni di santa gioia; canti la fede, sussulti la speranza, esulti la carità; la devozione palpiti, esulti la purezza; possano i cuori essere sinceri; possano tutti unirsi con diligente animo e pronta volontà, impegnati a preparare e celebrare questa festa. E voglia il cielo che il fervore infiammi le anime di tutti i fedeli al servizio di Cristo, che attraverso questa festa e altre opere di bene, aumentando ogni volta i propri meriti davanti a Dio, dopo questa vita, si dia Lui stesso come ricompensa per tutti, poiché per ognuno è stato offerto come cibo e come prezzo di riscatto.
Pertanto vi raccomandiamo ed esortiamo tutti nel Signore e attraverso questa Bolla Apostolica vi ordiniamo, in virtù della Santa Obbedienza, con rigoroso precetto, imponendolo come remissione dei vostri peccati, di celebrare devotamente e solennemente questa festa così esaltata e gloriosa e di impegnarvi con tutta l’attenzione a celebrarla in tutte le chiese delle vostre città e diocesi, il menzionato giovedì di ogni anno, con le nuove letture, responsori, versi, antifone, salmi, inni e orazioni proprie della stessa, che includiamo nella nostra Bolla insieme alle parti proprie della Messa; vi ordiniamo anche di esortare i vostri fedeli, con raccomandazioni salutari direttamente o attraverso altri, la domenica che precede il giovedì menzionato, in modo che con una vera e pura confessione, con generose elemosine, con preghiere attente e assidue e altre opere di devozione e di pietà, si preparino in modo da poter partecipare, con l’aiuto di Dio, a questo prezioso Sacramento e possano, il detto giovedì, riceverlo con riverenza e ottenere così, con il Suo aiuto, un aumento di grazia.
E desiderando incoraggiare i fedeli con doni spirituali a celebrare con dignità una così grande festa, garantiamo a tutti coloro che, pentiti e confessati veramente, partecipino alle Lodi di questa festa, nella chiesa in cui è celebrata, cento giorni di indulgenza; altrettanto per la Messa e, allo stesso modo, per coloro che partecipano ai primi Vespri di questa stessa festa e ai secondi; e a tutti coloro che partecipano all’Ufficio di Prima, Terza, Sesta, Nona e Compieta, quaranta giorni per ogni ora. Infine, a tutti coloro che partecipano alle Lodi e ai Vespri, alla Messa e alla recita dell’Ufficio durante l’ottava, concediamo cento giorni di indulgenza per ogni giorno confidando nella misericordia di Dio Onnipotente e nell’autorità dei suoi Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Dato in Orvieto l’11 agosto del 1264, terzo anno del nostro pontificato.

La festa fu confermata da Clemente V e da altri Sommi Pontefici. Finalmente il Concilio di Trento nel Decreto sull’Eucaristia riaffermò l’importanza della solennità del Corpus Domini e della relativa processione come bella testimonianza di fede e carità verso Gesù Sacramentato contro gli eretici.


Il Corpus Domini (Corpo del Signore), è sicuramente una delle solennità più sentite a livello popolare e liturgico. Vuoi per il suo significato, che richiama la Presenza Reale di Gesù nell’Eucaristia, vuoi per lo stile della celebrazione arricchita da una preziosa testimonianza di Santi che ne hanno sigillato la stessa Tradizione. Pressoché in tutte le diocesi infatti, si accompagna a processioni, rappresentazione visiva di Gesù che percorre le strade dell’uomo, invitandolo alla compassione, alla conversione, alla preghiera, alla contemplazione di questo grande Mistero d’Amore.

Le origini nel Medio Evo, in Belgio – La storia delle origini ci portano nel XIII secolo, in Belgio, per la precisione a Liegi.

Qui il vescovo assecondò la richiesta di una religiosa che voleva celebrare il Sacramento del Corpo e Sangue di Cristo anche al di fuori della Settimana Santa. Più precisamente le radici della festa vanno ricercate nella Gallia belgica e nelle rivelazioni della beata Giuliana di Retìne. Quest’ultima, priora nel Monastero di Monte Cornelio presso Liegi, nel 1208 ebbe una visione mistica in cui una candida luna si presentava in ombra da un lato. Un’immagine che rappresentava la Chiesa del suo tempo, che ancora mancava di una solennità in onore del Santissimo Sacramento. Fu così che il direttore spirituale della beata, il canonico Giovanni di Lausanne, supportato dal giudizio positivo di numerosi teologi presentò al vescovo la richiesta di introdurre una festa diocesi in onore del Corpus Domini. Il via libera arrivò nel 1246 con la data della festa fissata per il giovedì dopo l’ottava della Trinità.

Papa Urbano IV e il miracolo eucaristico di Bolsena – L’estensione della solennità a tutta la Chiesa però va fatta risalire a papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’11 agosto 1264. È dell’anno precedente invece il miracolo eucaristico di Bolsena, nel Viterbese. Qui un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della Presenza Reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’Ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina. Nell’estendere la solennità a tutta la Chiesa cattolica, Urbano IV scelse come collocazione il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua).

In numerosi Paesi, tra cui dal 1977 anche l’Italia, la celebrazione è stata spostata alla domenica successiva, dal momento che il giovedì è lavorativo.

In molte Chiese locali però, tra cui obbligatoriamente a Milano, anche alla luce della recente riforma del calendario ambrosiano, la data è rimasta invariata così che la celebrazione e la processione eucaristica, rimane al giovedì. Così anche a Roma fino al 2018 quando il Papa ha deciso di spostare alla domenica la processione del Corpus Domini mentre, come ben ricorderemo, sia Giovanni Paolo II quanto Benedetto XVI presiedevano alla Processione nel giovedì al tramonto, dopo la chiusura degli ambienti lavorativi. 22 giugno 2025 il Santo Padre Leone XIV celebrerà la Santa Messa sul sagrato della basilica di San Giovanni in Laterano in occasione della Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, a cui seguirà la processione del Corpus Domini.

Papa Urbano IV incaricò il teologo domenicano Tommaso d’Aquino di comporre l’officio della solennità e della Messa del Corpus et Sanguis Domini. In quel tempo, era il 1264, san Tommaso risiedeva, come il Pontefice, sull’etrusca città rupestre di Orvieto nel convento di San Domenico (che, tra l’altro, fu il primo ad essere dedicato al santo iberico). Il Doctor Angelicus insegnava teologia nello studium (l’università dell’epoca) orvietano e ancora oggi presso San Domenico si conserva ancora la cattedra dell’Aquinate e il Crocifisso ligneo che gli parlò. Tradizione vuole infatti che proprio per la profondità e completezza teologica dell’officio composto per il Corpus Domini, Gesù – attraverso quel Crocifisso – abbia detto al suo prediletto teologo: “Bene scripsisti de me, Thoma”.

L’inno principale del Corpus Domini, cantato nella processione e nei Vespri, è il “Pange lingua” https://www.youtube.com/watch?v=U-AsvDn87fo    scritto e pensato da Tommaso d’Aquino, del quale forse molti conoscono solo le due famose strofe finali: Tantum ergo Sacramentum:

– Pange, lingua, gloriosi
Corporis mysterium,
Sanguinisque pretiosi,
quem in mundi pretium
fructus ventris generosi
Rex effudit Gentium.

– Nobis datus, nobis natus
ex intacta Virgine,
et in mundo conversatus,
sparso verbi semine,
sui moras incolatus
miro clausit ordine.

– In supremae nocte coenae
recumbens cum fratribus
observata lege plene
cibis in legalibus,
cibum turbae duodenae
se dat suis manibus.

– Verbum caro, panem verum
verbo carnem efficit:
fitque sanguis Christi merum,
et si sensus deficit,
ad firmandum cor sincerum
sola fides sufficit.

 – Tantum ergo Sacramentum
veneremur cernui:
et antiquum documentum
novo cedat ritui:
praestet fides supplementum
sensuum defectui.

– Genitori, Genitoque
laus et jubilatio,
salus, honor, virtus quoque
sit et benedictio:
Procedenti ab utroque
compar sit laudatio.
Amen.

– Canta, o mia lingua,
 il mistero del Corpo glorioso
e del Sangue prezioso
che il Re delle nazioni,
frutto benedetto di un grembo generoso,
sparse per il riscatto del mondo.

– Si è dato a noi, nascendo per noi
da una Vergine purissima,
visse nel mondo spargendo
il seme della sua parola
e chiuse in modo mirabile
il tempo della sua dimora quaggiù.

– Nella notte dell’Ultima Cena,
sedendo a mensa con i suoi fratelli,
dopo aver osservato pienamente
le prescrizioni della legge,
si diede in cibo agli apostoli
con le proprie mani.

– Il Verbo fatto carne cambia con la sua parola
il pane vero nella Sua carne
e il vino nel Suo sangue,
e se i sensi vengono meno,
la fede basta per rassicurare
un cuore sincero.

– (Tantum ergo…)

 Adoriamo, dunque, prostrati
un sì gran sacramento;
l’antica legge ceda alla nuova,
e la fede supplisca al difetto dei nostri sensi.
– Gloria e lode, salute, onore, potenza e benedizione
al Padre e al Figlio: pari lode sia allo Spirito Santo,
che procede da entrambi. Amen.

Così come l’Adoro Te Devote: https://youtu.be/cgEPWVu96XM?si=bbxfvVZAuoxPjx8T

Adoro Te devote, latens Deitas,
Quae sub his figuris vere latitas:
Tibi se cor meum totum subiicit,
Quia te contemplans totum deficit.
– Visus, tactus, gustus in te fallitur,
Sed auditu solo tuto creditur.
Credo quidquid dixit Dei Filius:
Nil hoc verbo Veritatis verius.
– In cruce latebat sola Deitas,
At hic latet simul et humanitas;
Ambo tamen credens atque confitens,
Peto quod petivit latro paenitens.
– Plagas, sicut Thomas, non intueor;
Deum tamen meum te confiteor.
Fac me tibi semper magis credere,
In te spem habere, te diligere.
– O memoriale mortis Domini!
Panis vivus, vitam praestans homini!
Praesta meae menti de te vivere
Et te illi semper dulce sapere.
– Pie pellicane, Iesu Domine,
Me immundum munda tuo sanguine.
Cuius una stilla salvum facere
Totum mundum quit ab omni scelere.
– Iesu, quem velatum nunc aspicio,
Oro fiat illud quod tam sitio;
Ut te revelata cernens facie,
Visu sim beatus tuae gloriae. Amen.

 – Adoro Te devotamente, oh Dio nascosto,
Sotto queste apparenze Ti celi veramente:
A te tutto il mio cuore si abbandona,
Perché, contemplandoTi, tutto vien meno.
– La vista, il tatto, il gusto, in Te si ingannano,
Ma solo con l’udito si crede con sicurezza:
Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio,
Nulla è più vero di questa parola di verità.
– Sulla croce era nascosta la sola divinità,
Ma qui è celata anche l’umanità:
Eppure credendo e confessando entrambe,
Chiedo ciò che domandò il ladrone penitente.
– Le piaghe, come Tommaso, non vedo,
Tuttavia confesso Te mio Dio.
Fammi credere sempre più in Te,
Che in Te io abbia speranza, che io Ti ami.
– Oh memoriale della morte del Signore,
Pane vivo, che dai vita all’uomo,
Concedi al mio spirito di vivere di Te,
E di gustarTi in questo modo sempre dolcemente.
– Oh pio Pellicano, Signore Gesù,
Purifica me, immondo, col Tuo sangue,
Del quale una sola goccia può salvare
Il mondo intero da ogni peccato.
– Oh Gesù, che velato ora ammiro,
Prego che avvenga ciò che tanto bramo,
Che, contemplandoTi col volto rivelato,
A tal visione io sia beato della Tua gloria. Amen.

LITANIE ALLA SANTISSIMA EUCARESTIA

Kyrie, elèison – Kyrie eleison
Christe elèison, Christe elèison
Kyrie elèison, Kyrie elèison
Christe àudi nos, Christe àudi nos
Christe exàudi nos, Christe exàudi nos
Pàter de caelis Deus,  miserère nobis
Fili Redèmptor mundi Deus, miserère nobis
Spìritus sàncte Deus, miserère nobis
Sancta Trìnitas ùnus Deus, miserère nobis

Santissima Eucarestia……………………….Noi ti adoriamo
Dono ineffabile del Padre………………….Noi ti adoriamo
Segno dell’Amore supremo del Figlio…….Noi ti adoriamo
Prodigio di Carità dello Spirito Santo…….Noi ti adoriamo
Frutto benedetto della Vergine Maria……..Noi ti adoriamo
Sacramento del Vero Corpo e del Vero Sangue del Cristo……Noi ti adoriamo
Sacramento che ci rammenta il sacrificio della Croce…………Noi ti adoriamo
Sacramento della Nuova ed Eterna Alleanza………………………Noi ti adoriamo
Memoriale della Morte e della Risurrezione di Gesù………………Noi ti adoriamo
Memoriale della nostra salvezza…………….Noi ti adoriamo
Sacrificio di Lode e ringraziamento……….Noi ti adoriamo
Sacrificio di espiazione e di conciliazione……………………………Noi ti adoriamo
Dimora di Dio con gli uomini………………Noi ti adoriamo
Banchetto di Nozze dell’Agnello…………..Noi ti adoriamo
Pane Vivo disceso dal Cielo…………………Noi ti adoriamo
Manna piena di dolcezza………………………Noi ti adoriamo
Vero Agnello Pasquale………………………..Noi ti adoriamo
Viatico della Chiesa pellegrina nel mondo……………………………Noi ti adoriamo
Rimedio della nostra quotidiana fatica…………………………………Noi ti adoriamo
Farmaco d’immortalità………………………..Noi ti adoriamo
Mistero della Fede………………………………Noi ti adoriamo
Sostegno della speranza………………………Noi ti adoriamo
Vincolo della Carità……………………………Noi ti adoriamo
Segno di comunione e di Pace……………..Noi ti adoriamo
Sorgente di gioia……………………………..Noi ti adoriamo
Sacramento che germina i vergini…………Noi ti adoriamo
Sacramento che dà forza e vigore…………Noi ti adoriamo
Sacramento che sosti in tutti i Tabernacoli del mondo………Noi ti adoriamo
Sacramento oltraggiato e profanato……..Noi ti adoriamo
Sacramento sostegno dei sofferenti……………………………Noi ti adoriamo
Sacramento nutrimento dei fanciulli……………………………Noi ti adoriamo
Anticipazione del Banchetto Celeste…………………………..Noi ti adoriamo
Pegno della nostra Risurrezione………….Noi ti adoriamo
Pegno della gloria futura……………………Noi ti adoriamo

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, (perdonaci o Signore);
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, (ascoltaci o Signore);
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, (abbi pietà di noi);
Hai dato loro un Pane disceso dal Cielo, che porta in sè ogni dolcezza.

Preghiamo:  O Gesù, che nel mirabile Sacramento dell’Eucarestia, ci hai lasciato il memoriale della Tua Pasqua, fà che adoriamo con viva fede il santo Mistero del Tuo Corpo e del Tuo Sangue, per sentire in noi i benefici della Redenzione, Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen!

 Sia lodato e ringraziato ogni momento, il Santissimo e divinissimo Sacramento


Reliquiario con marmo dei gradini dell’altare dove nell’estate del 1263 stava celebrando Pietro da Praga e su cui si versarono alcune gocce di sangue scaturite dall’ostia, Collegiata di Santa Cristina, Bolsena (Viterbo).

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