Il 20 settembre di quest’anno ricorre il 155° anniversario della presa di Roma. Che cosa accadde veramente? Ce lo racconta il prof. Roberto de Mattei.
RICORDA CHE: dal 1870 abbiamo avuto ad oggi 13 Pontefici dopo la caduta di Roma. La Chiesa è viva, percossa sì, ma non vinta, noi crediamo nella promessa dello Sposo “non praevalebunt”. Preghiamo per il Papa.

Questo brano, tratto da una puntata della rubrica radiofonica “Radici Cristiane” condotta da Roberto De Mattei, offre un’ampia panoramica sul pontificato di Papa Pio IX in occasione dell’anniversario della sua beatificazione e della presa di Roma. L’oratore sostiene che la beatificazione di Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti) e la conquista di Roma nel 1870 sono eventi interconnessi, poiché l’azione del neonato stato italiano rappresentò un affronto diretto al Papa come sovrano temporale. La discussione inquadra Pio IX come una figura di grande santità che resistette eroicamente al Risorgimento, percepito come un movimento anti-cristiano e laicista, e che fu ingiustamente etichettato come anti-moderno. Il testo evidenzia invece le sue significative riforme amministrative e sociali, la sua ferma condanna degli errori intellettuali moderni tramite il Sillabo, e l’enorme impulso missionario che diede alla Chiesa universale, collegando la difesa del potere temporale all’indipendenza necessaria per la sua missione spirituale.
Cari amici di Radio Maria, buonasera a tutti. Vi parla Roberto De Mattei per la rubrica “Radici cristiane”. Tra qualche giorno ricorre un anniversario storico che non passerà certo sotto silenzio: mi riferisco alla presa di Roma del 20 settembre 1870. Quel giorno, 140 anni fa, l’esercito italiano occupò la città di Roma e pose fine al regno temporale pontificio. Bene, un altro anniversario ricorre in questi giorni. Quest’altro anniversario sarà invece presumibilmente ignorato dai mass media ed è la beatificazione, il 3 settembre dell’anno 2000 (sono dunque 10 anni), di Giovanni Maria Mastai Ferretti, Papa Pio IX. Questi due anniversari, la beatificazione di Pio IX e la presa di Roma del 1870, sono due anniversari collegati.
La presa di Roma da parte dell’esercito italiano, inviato da Vittorio Emanuele II, rappresentò un diretto affronto a chi in quel momento governava Roma come capo della Chiesa universale, ma anche come sovrano di un regno temporale da tutti riconosciuto: il Papa Pio IX. Beatificando Pio IX, la Chiesa ha riconosciuto l’eroicità delle sue virtù. Siccome Pio IX ha governato la Chiesa per ben 32 anni, dal 1846 al 1878, è stato proprio in questi 32 anni di regno, che si sono conclusi con la sua morte, che egli ha dimostrato la sua santità. Il governo del nuovo stato italiano vedeva nella conquista di Roma il simbolico compimento del Risorgimento, che era nato senza Roma e contro Roma, senza il Papa e contro il Papa. Pio IX, per ciò che egli rappresentava (il papato), era il nemico da abbattere. Fu questo il significato simbolico della breccia di Porta Pia.
Tra i bersaglieri che quel giorno passarono la breccia c’erano certamente molti bravi ragazzi che non sapevano che cosa facevano. Ma ciò non toglie che l’impresa in sé fosse offensiva non solo del papato, ma del diritto internazionale. Si trattava di un’aggressione unilaterale a uno stato legittimo, da tutti riconosciuto come tale, che non aveva commesso alcun atto provocatorio, ma che anzi operava solo per la pace. E quel giorno, il 20 settembre 1870, fu violata allo stesso tempo la religione e il diritto. Pio IX si oppose con tutte le sue forze, ma non con la violenza, a questo sopruso e anche in questa strenua resistenza manifestò la sua santità. La santità di Pio IX è legata, appunto, all’esercizio del suo pontificato, al ruolo pubblico che egli svolse nella Chiesa universale tra il 1846 e il 1878.
La beatificazione, avvenuta nel 2000, ha illuminato di nuova luce non solo gli atti culminanti del suo pontificato—che sono la proclamazione del dogma dell’Immacolata e l’indizione del Concilio Vaticano I—ma ha illuminato anche tutti i suoi gesti privati e pubblici: le riforme politiche, sociali, amministrative, il Sillabo, lo straordinario impulso missionario che Pio IX impresse alla Chiesa, la rinascita culturale e morale del cattolicesimo nell’Ottocento. Tutto questo lo si deve a Papa Mastai. La sua azione è stata riconosciuta come eroica dalla Chiesa ed è stata confermata soprannaturalmente dal miracolo che è richiesto per la beatificazione. Il suo pontificato di 32 anni non è stata una passeggera esperienza della sua vita, ma è stato il momento centrale, il momento culminante di questa lunga esistenza, ed è lì che dobbiamo cercare le ragioni della sua santità.
Dunque, nella vita di Pio IX, la data del 16 giugno 1846, giorno in cui divenne Papa, è, potremmo dire, uno spartiacque. La vita di Giovanni Maria Mastai Ferretti appare, fino al suo 54° anno di età, come una tranquilla carriera ecclesiastica destinata a lasciare scarse tracce nella storia. Era nato a Senigallia nel 1792 da una famiglia di piccola nobiltà. Era stato ordinato sacerdote, poi era divenuto vescovo di Imola, quindi di Spoleto, e fu creato cardinale da Gregorio XV nel 1840. Alla morte di Gregorio XV, nel 1846, il 16 giugno, Giovanni Maria Mastai Ferretti fu inaspettatamente eletto Papa. E a partire da questa data, il 1846, fino alla morte, che avvenne il 7 febbraio 1878, 32 anni dopo, l’esistenza di Papa Mastai prende l’andatura movimentata di un romanzo.
Le vicende dei primi due anni del suo pontificato presentano delle analogie impressionanti con quello che era stato lo scenario drammatico della Rivoluzione francese. La via delle riforme nello Stato Pontificio, che il Papa aveva incoraggiato (come a suo tempo il re di Francia aveva incoraggiato le riforme nel suo regno), anche per Pio IX si trasformò in una rivoluzione. Il Papa, che in un primo tempo era stato osannato, poi venne insultato, minacciato, fino al punto di essere costretto a fuggire e a riparare nel regno di Napoli.
Ma la fuga di Pio IX, che avvenne il 24 novembre 1848 (il Papa lasciò Roma per Gaeta dopo l’assassinio del suo primo ministro, Pellegrino Rossi), a differenza di quella del re francese Luigi XVI all’epoca della Rivoluzione francese, si concluse felicemente. Mentre il re di Francia era stato ripreso e poi catturato, e aveva poi concluso la sua esistenza terrena sulla ghigliottina, invece Pio IX, con l’aiuto delle potenze europee, due anni dopo aver abbandonato Roma, il 12 aprile 1850, fece il suo rientro nella Città Santa. Qui, nel ventennio successivo, oltre al ruolo di capo della Chiesa universale, esercitò quello di sovrano dello Stato Pontificio. Il pontificato di Pio IX era stato aperto da una serie di riforme che gli avevano creato attorno la nomea di “Papa liberale”; non era non era così.
Il fatto è che Pio IX si era trovato di fronte, nei primi anni del suo pontificato, un partito che potrebbe essere definito quello dei rivoluzionari di professione (ci sono sempre stati). Era allora il partito della Carboneria, della Massoneria, delle numerose società segrete che pullulavano nello Stato Pontificio. Queste sette, queste società segrete, costituivano a Roma, come negli altri stati italiani, una minoranza organizzata. Questa minoranza, secondo le parole di uno storico laico come Luigi Salvatorelli, dirigeva l’agitazione popolare prendendo occasione dalle concessioni che faceva Pio IX, ingrandendole, cambiandone il significato, e facendo pressioni per ottenerne sempre di nuove. E quindi Pio IX, appena eletto, aveva concesso l’amnistia per i detenuti e per gli esuli politici. Aveva concesso una più ampia libertà di stampa e così via. Nessuno di questi atti, preso in sé, si poteva considerare rivoluzionario.
Nelle intenzioni del Papa, erano provvedimenti motivati da un sincero desiderio di migliorare le condizioni materiali e morali dei suoi stati. Però, posti uno accanto all’altro e strumentalizzati, questi atti vennero a inserirsi in un processo, in una dinamica, il cui esito alla fine fu un’autentica rivoluzione. Questo perché, nelle intenzioni di quello che potremmo definire (abbiamo definito) il Partito della Rivoluzione, queste riforme pontificie non erano altro che tappe o fasi per giungere, in maniera graduale, progressiva, ma rapida, alla sostituzione dello Stato della Chiesa con una Repubblica Romana. Come poi avvenne, questa Repubblica avrebbe dovuto costituire il centro promotore della repubblicanizzazione e della comunistizzazione di tutta la penisola. Pio IX, nel 1848, regnava ormai da due anni, si rese conto dell’esistenza di questo piano. Ce lo racconta e ce lo ricorda in un’enciclica che pubblicò proprio nel 1848, un’enciclica che si chiama Quibus Quantisque.
In questo documento il Papa racconta: “Ci proposero di proclamare non una costituzione—i rivoluzionari che agivano nello Stato Pontificio—ma una repubblica, come unico scampo e difesa della salvezza sia nostra sia dello Stato della Chiesa”. E aggiunge: “Abbiamo ancora presente nella memoria quella notte; abbiamo ancora davanti agli occhi alcuni che, miseramente illusi e affascinati dagli orditori di frodi, non dubitavano di patrocinare in ciò la loro causa e di proporci la proclamazione stessa della Repubblica”. Erano i cattivi consiglieri di Pio IX, impressionati e intimiditi dalle lusinghe e dalle minacce.
Il Papa commenta che ciò, “oltre ad innumerevoli e gravissimi altri argomenti, dimostra sempre di più che le domande di nuove istituzioni e il progresso tanto predicato da tali uomini, mirano unicamente a tenere sempre vive le agitazioni, a eliminare ogni principio di giustizia, di virtù, di onestà, di religione, e a introdurre, a propagare e a far largamente dominare in ogni luogo, con gravissimo danno e rovina di tutta la società umana, l’orribile fatalissimo sistema del Socialismo o anche Comunismo, contrario principalmente al diritto e alla stessa ragione naturale”. È il 1848, e questa forse è una delle prime denunce del comunismo. Il 1848 è anche l’anno in cui Marx pubblica il celebre Manifesto del Partito Comunista. Questo passo che ho letto di Pio IX è di grande importanza perché ci aiuta a capire quello che successe poco dopo, quando il Papa, rifiutandosi di porsi alla testa della guerra contro l’Austria, come reclamavano i rivoluzionari, ruppe definitivamente con loro.
Era il 1848, l’inizio del nostro Risorgimento. Questo Risorgimento passava per una guerra di indipendenza, di liberazione dal dominio austriaco. Il Papa però si rese conto che se avesse partecipato a questo conflitto, come chiedevano i rivoluzionari, se avesse preso parte a una guerra contro la principale nazione cattolica europea com’era l’Austria, erede del Sacro Romano Impero, si sarebbe creata una situazione insostenibile. Una situazione insostenibile che avrebbe potuto portare addirittura a uno scisma dei cattolici austriaci, ma non si trattava solo di quello. Il fatto è che, con il pretesto della guerra contro l’Austria, ritornava la proposta che Pio IX racconta gli venne fatta sia a voce sia per iscritto: di farlo presidente di una nuova repubblica italiana che sarebbe dovuta nascere in quegli anni sulle ceneri di quelli che erano i legittimi stati che componevano l’Italia.
E Pio IX scrive: “Offerta non solo a noi sommamente ingiuriosa, ma anche fatalissima all’Italia“, ovvero di voler presiedere al governo di una certa repubblica italiana. “E invero, per singolare divina misericordia, procurammo di compiere il gravissimo incarico impostoci da Dio stesso, di parlare, di ammonire, di esortare”. E perciò: “Confidiamo che non ci si possa rimproverare quel detto di Isaia: ‘Guai a me perché tacqui’?”. Ecco, queste parole fanno riflettere: “Guai a me perché tacqui”. Decide di rompere il silenzio, di rompere gli indugi, di rompere con il partito della rivoluzione che gli proponeva di essere il presidente di una repubblica italiana da instaurare sulle rovine dei legittimi troni. La rivoluzione italiana voleva un Papa rivoluzionario, ma Pio IX rifiuta, scegliendo una via che sarà inevitabilmente quella della croce.
In quelle settimane del 1848, egli comprende che tra la Chiesa e la Rivoluzione, tra l’istituzione divina fondata da Gesù Cristo e l’utopia della Repubblica Universale di Mazzini e degli altri protagonisti del Risorgimento, non c’era possibilità di dialogo e di compromesso. Cioè, Pio IX si rende conto di come questo partito della rivoluzione cercava di dare un significato ideologico alle sue riforme, trasformandole in una concezione opposta a quella cristiana dell’uomo e della società. Questo perché, nella visione cristiana, l’uomo ferito dal peccato originale ha un fine che è eminentemente soprannaturale e per raggiungerlo necessita della redenzione di Cristo e dell’opera della Chiesa. Mentre l’ideologia rivoluzionaria negava il peccato, negava la missione salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa e credeva, con Mazzini e Garibaldi, nella possibilità di auto-redenzione dell’umanità sul piano politico e sociale.
Dunque, Pio IX si rende conto che l’offensiva contro il suo regno temporale mirava non solo e non tanto ad espropriare il Papa dal suo principato civile, dai suoi territori, ma a distruggere, se fosse possibile, ogni influenza della religione nella società. Quindi la difesa del potere temporale, la difesa del suo regno che Pio IX intraprese a partire da quel 1848, viene a coincidere per lui con la lotta contro quel processo di secolarizzazione e di laicizzazione della società. Questo è un processo che avrebbe caratterizzato tutta la storia d’Italia da allora fino ai nostri giorni, unendo, nei 150 anni successivi all’unificazione (dal 1861 ai nostri giorni), in una medesima linea di continuità realtà politiche diverse come il Risorgimento, il Fascismo, la Resistenza, e l’Antifascismo, seguendo un percorso di progressiva scristianizzazione della società.
Pio IX viene spesso accreditato come anti-italiano e contrapposto ai padri della patria sulla base di un equivoco di fondo. L’equivoco è l’idea che l’Italia nasca come nazione con il Risorgimento, mentre ciò che nasce a Torino 150 anni fa, il 17 marzo 1861, non è la nazione italiana (che aveva già 1000 anni di storia), ma è un’altra cosa: è un nuovo stato, uno stato unitario, uno stato accentrato. Uno stato frutto dell’opera geniale e spregiudicata del Conte di Cavour. Pio IX avversò questo nuovo stato unitario e avversò il Risorgimento non per l’ideale unitario in sé, ma per i presupposti ideologici che esso aveva. Fece appello a volontari cattolici di tutta Europa per difendere il suo stato dagli invasori, per difendere i diritti della Chiesa minacciata da queste forze anticristiane. E ricordiamo chi sono i protagonisti di questo Risorgimento: Giuseppe Mazzini era un terrorista, un mandante di omicidi.
Nel novembre 1985, Bettino Craxi suscitò un pandemonio in Parlamento quando, per giustificare Arafat e l’OLP, ricordò gli assassini politici di Mazzini. E Adriano Sofri in quell’occasione ricordò che Mazzini è il maestro di tutti i terroristi. Garibaldi, che esercitò il mestiere di negriero importando schiavi dall’Oriente, fu a sua volta un avventuriero spregiudicato e grossolano. Si deve a lui la definizione di Pio IX come di “un metro cubo di letame“. Nel maggio 1860, con l’assenso segreto di Vittorio Emanuele, invase, alla testa dei cosiddetti “Mille”, il Regno delle Due Sicilie. La famosa impresa dei Mille fu però un’operazione militare del tutto contraria alle norme del diritto internazionale. Un’operazione finanziata e sorretta, oltre che dal Regno Sardo, dall’Inghilterra e dalla Massoneria internazionale, con l’obiettivo di sovvertire le legittime istituzioni di uno stato sovrano e indipendente qual era in quel momento il regno di Napoli.
Cavour, il più moderato, il grande regista dell’unificazione italiana, era un intellettuale cosmopolita che si esprimeva a stento in italiano. Era di educazione protestante, mantenne sempre un filo doppio con l’Inghilterra, assecondandone i piani (che poi per fortuna fallirono) di protestantizzazione dell’Italia. E poi, in ultimo, Vittorio Emanuele II, che poi è la figura più scialba, è in un certo senso la vittima del quartetto dei padri della patria. Fu l’unico che morì riconciliato con i sacramenti, qualche mese prima di Pio IX. Ebbene, la politica di Cavour e di Vittorio Emanuele II fu condotta in maniera spregiudicata, mediante cospirazioni, omicidi politici, e aggressioni militari. L’autrice Angela Pellicciari ci ricorda che al momento della proclamazione del Regno d’Italia la Chiesa italiana era completamente sconvolta: più di 100 le diocesi senza vescovo.
Nelle sole province meridionali, 66 vescovi (più della metà), tra i quali i cardinali arcivescovi di Napoli (Riario Sforza) e di Fermo (Filippo de Angelis), furono processati, altri confinati, esiliati, o imprigionati. Nel Concistoro segreto del 9 ottobre 1861, 150 anni fa esatti, Pio IX rievoca questo panorama desolante che si apriva davanti ai suoi occhi e dice: “I vescovi sono espulsi dalle loro diocesi e incarcerati, il clero perseguitato, le famiglie religiose soppresse, i membri delle case religiose cacciati dai loro monasteri, privati di tutto, le monache costrette a mendicare il pane, le chiese spogliate dei loro arredi, profanate e trasformate in spelonche di ladri, i beni sacri saccheggiati“. Questa era la situazione 150 anni fa, all’indomani della formazione del nuovo stato italiano.
Pio IX è spesso presentato come un Papa antimoderno. Ora, se per modernità intendiamo gli errori intellettuali nati dopo la Rivoluzione francese, certamente egli fu un Papa antimoderno, perché questi errori li combatté e li condannò. Se però come modernità intendiamo il progresso tecnico e scientifico in armonia con la legge morale, beh, Pio IX allora lo fu a fondo. Quello che Pio IX rifiutò non fu la modernizzazione, ma la modernità assunta a paradigma opposto e antitetico alla tradizione. La modernità intesa come processo di scristianizzazione della società.
Di questo processo egli intravide i germi nell’ideologia risorgimentale. Che Pio IX non fosse un Papa antimoderno nel senso del progresso tecnico e scientifico in armonia con la legge morale lo dimostra il fatto che, tornato a Roma dopo la Repubblica Romana nel 1850, con l’aiuto del suo Segretario di Stato, il cardinale Antonelli, Papa Mastai sviluppò una politica di riforme impressionante nel campo sociale e nel campo amministrativo. È in questo periodo che, nello Stato Pontificio, vennero risanate le paludi di Ostia e dell’Agro Romano, furono intrapresi i lavori portuali e costruiti fari moderni nei principali porti dello Stato Pontificio. Vennero migliorate e aumentate le linee ferroviarie e le strade nazionali, con la costruzione o il rifacimento di una ventina di importanti viadotti, come quello monumentale che ancora esiste fra Albano ed Ariccia, nei pressi di Roma.
Furono ampliate le linee dei trasporti urbani e del servizio telegrafico, tanto che nel 1860 tutti i principali centri del territorio pontificio erano collegati fra di loro. Furono fatti progressi anche nel settore industriale (nel campo meccanico, tessile, chimico, cementifero), offrendo lavoro a migliaia di operai, senza che mai sorgesse nello Stato Pontificio, come invece sorgeva negli altri paesi industriali, una questione operaia. La relazione sulla situazione degli Stati Pontifici fatta dall’ambasciatore De Rainval nel 1857, e apparsa su un giornale britannico, è illuminante. L’ambasciatore ricorda come nello Stato Pontificio erano stati promulgati codici di procedura civile, penale e di commercio superiori ad ogni critica. Erano stati conclusi trattati commerciali con molti stati stranieri, abbassate le tariffe doganali, e abolito l’appalto delle imposte dirette.
Basti dire che un cittadino romano pagava in media 22 franchi di imposta, mentre un francese ne pagava 45, più del doppio. Questo è tanto più significativo in quanto la Repubblica Romana aveva lasciato una situazione debitoria tale da costringere l’amministrazione pontificia a dover sospendere o a ridurre molte opere. Eppure, alla metà degli anni ’50 dell’Ottocento, nonostante il pesante carico passivo lasciato dai rivoluzionari, l’attività riformatrice era ripresa a pieno ritmo nello Stato Pontificio, e il bilancio pubblico dello Stato aveva raggiunto un sostanziale pareggio, su uno sfondo di ordine e di tranquillità sociale. Proprio mentre nello stesso periodo, il Regno Sardo appariva violento, pieno di debiti, con un altissimo tasso di criminalità, promuovendo l’unificazione nazionale.
Le riforme di Pio IX posero lo Stato Pontificio all’avanguardia tra gli Stati europei, accompagnandosi a un’opera di rinnovamento religioso, culturale e morale che si tradusse in una ferma condanna degli errori dell’epoca e in una poderosa azione missionaria. Il magistero di Pio IX si riassume in tre atti di grande importanza, simbolicamente datati tutti 8 dicembre:
- 8 dicembre 1854: Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione, definendo solennemente la dottrina secondo cui la Beata Vergine Maria fu preservata immune da ogni macchia di colpa originale. Quattro anni dopo, a Lourdes, la Madonna si manifestò a Santa Bernadette Soubirous con le parole: “Io sono l’Immacolata Concezione”, confermando soprannaturalmente l’atto pontificio.
- 8 dicembre 1864: Pio IX emanò l’enciclica Quanta Cura e il Sillabo, che condannavano i principali errori che corrompevano la cultura e la società moderna: liberalismo religioso e politico, relativismo filosofico e morale, indifferentismo. Errori che Pio IX profeticamente individuò e condannò.
- 8 dicembre 1869: Tre secoli dopo il Concilio di Trento, Pio IX aprì un nuovo grande Concilio, il Vaticano I, che nella Costituzione Pastor Aeternus definì l’infallibilità del Papa in materia di fede e di morale e il primato del Romano Pontefice.
L’opera di Pio IX non si limitò agli atti dottrinali. Egli iniziò col fondare la gerarchia latina nelle terre del Vicino Oriente, dove era sparita dal tempo delle crociate, costituendo in particolare il patriarcato latino di Gerusalemme. In paesi come l’Inghilterra e l’Olanda, che erano paesi di missione, ricostituì una gerarchia episcopale. In Inghilterra pose a capo della gerarchia il cardinale Wiseman, che fu l’artefice, con i cardinali Newman e Manning, del movimento di rinascita del cattolicesimo nel XIX secolo. Anche negli Stati Uniti furono create nuove diocesi e fu ricostituita una gerarchia.
Accanto alla riorganizzazione della gerarchia, c’è l’altrettanto importante opera missionaria di Pio IX. Mentre i suoi stati erano invasi dall’esercito piemontese, Pio IX dilatava i confini della Chiesa. Tra il 1865 e il 1866, inviò missionari tra gli Eschimesi e i Lapponi del Polo Nord, in India, in Birmania, in Cina, in Giappone. La sua opera fu coadiuvata non solo dagli ordini religiosi tradizionali (come Francescani, Gesuiti e Lazzaristi), ma anche da nuovi apostoli e fondatori di istituti missionari. Tra questi si ricordano:
- Monsignor De Mazenod, fondatore degli Oblati di Maria Immacolata, che lavorarono alla conversione dei Basuto, degli indiani e degli Eschimesi in Canada.
- Padre Colin, fondatore dei Maristi, che nel 1850 inviò missionari nelle isole dell’Oceania, dove vari trovarono il martirio, tra cui il Beato Pietro Chanel.
- Padre Libermann, fondatore della Congregazione del Santo Spirito e del Sacro Cuore di Maria.
- Monsignor de Brésillac, che eresse a Lione la Società delle Missioni Africane.
- Cardinale Lavigerie, che creò ad Algeri l’Istituto dei Missionari dell’Africa (i Padri Bianchi).
- San Daniele Comboni, fondatore dell’Istituto per le Missioni Africane. Pio IX approvò nel 1864 il piano di Comboni per l’evangelizzazione cristiana dell’Africa centrale.
- La Società del Verbo Divino, creata in Olanda nel 1875 dal Beato Jansen.
- L’opera missionaria di San Giovanni Bosco, che si inserisce in questo filone di apostolato.
Pio IX promosse personalmente anche altre istituzioni missionarie, come l’Istituto per le Missioni di Milano. Fondò a Roma il Collegio Pontificio Pio Latinoamericano e il Seminario Pontificio di Santi Pietro e Paolo, che operò soprattutto in Cina. Un vasto risultato di questa opera fu visibile al momento dell’annuncio del Concilio Vaticano I, dove il Papa poté invitare i pastori di tante diocesi lontane, i superiori di queste nuove istituzioni missionarie e i rappresentanti di un nuovo clero indigeno.
Nel 1871, Pio IX poteva fare un bilancio del suo pontificato affermando: “Fu per l’aiuto e la gloria divina che potemmo portare la luce della vera fede, inviando operai del Vangelo anche in terre lontane e inospitali, costituire in parecchi luoghi l’ordine della gerarchia ecclesiastica”. E aggiungeva: “Colpire con solenne condanna gli errori contrari all’umana ragione, ai buoni costumi e alla causa, sia cristiana che civile, emersi specialmente in quest’epoca”. E ancora: “Pure con l’aiuto di Dio abbiamo cercato di unire tra di loro con legame solido e forte quanto possibile della Concordia la potestà ecclesiastica e quella civile sia in Europa che in America e di provvedere a molte necessità della Chiesa orientale”. Questi aspetti sono spesso ignorati dalla storiografia.
La storiografia trascura la dimensione missionaria del pontificato di Pio IX e lo ricorda con intenzione spregiativa, come il Papa del Sillabo, evocando l’immagine di un pontefice gretto e chiuso al progresso. Questo è dovuto al luogo comune che contrappone la dimensione missionaria e profetica a quella giuridico-istituzionale. In realtà, il rapporto tra la dimensione dottrinale e quella missionaria del pontificato di Pio IX non è di antinomia, ma di profonda coerenza. Pio IX fu Papa missionario perché fu il Papa del primato pontificio e del Sillabo, e viceversa.
Lo zelo missionario di Pio IX nasceva dalla sua ecclesiologia che era veramente cattolica e universale. Egli considerava ogni aspetto dell’attività umana per ricondurlo a Dio e per trasformarlo in strumento di santificazione e di costruzione della Chiesa. Per questo attribuiva grande importanza alla battaglia culturale e civile. Pio IX capiva che bisognava sottrarre ai nemici della Chiesa quegli strumenti culturali e sociali che usavano per affermare il loro dominio. La sua visione universale spiega perché attribuiva alla difesa del potere temporale dei Papi un valore religioso, a tutela dell’efficacia dell’azione pastorale e missionaria della Chiesa.
Pio IX era convinto che la riuscita delle missioni dipendesse anche dall’indipendenza del Papato dagli stati che gli erano diventati avversi. Questa indipendenza e libertà, garantita dal potere temporale, gli permetteva di coordinare quell’attività missionaria che poteva avere un valore universale solo se proveniva dall’iniziativa del Papato stesso.
La fonte di questa multiforme attività di Pio IX risiede nella sua vita spirituale. Come sacerdote, vescovo e pontefice, fu uomo di profonda vita interiore. Sulla sua tomba, nella cripta della Basilica di San Lorenzo al Verano, campeggia la figura di Cristo Buon Pastore, che è vista come la chiave di lettura di tutto il pontificato. Pio IX, vicario di Cristo in terra, difese il gregge da lupi e mercenari. Sopportò calunnie, persecuzioni e violenze per compiere la sua missione di pastore universale della Chiesa. È in ciò che egli fu santo.
Negli ultimi anni della sua vita, dopo Cavour, Papa Mastai dovette anche affrontare il cancelliere tedesco Bismarck, che in nome del cosiddetto Kulturkampf conduceva una lotta implacabile contro la Chiesa cattolica. Pio IX si misurò da protagonista con tutti i grandi personaggi della storia dell’Ottocento, suscitando intorno a sé, come pietra di contraddizione, sentimenti contrapposti di amore e di ammirazione da una parte, e di odio e di disprezzo dall’altra.
Pio IX fu segno di contraddizione anche dopo la sua morte, avvenuta il 7 febbraio 1878 in Vaticano, dove egli si considerava prigioniero dopo la presa di Roma del 20 settembre. Tre anni dopo, la notte del 13 luglio 1881, si decise di trasportare in segreto la sua salma dal Vaticano alla Basilica di San Lorenzo, dove aveva espresso il desiderio di essere sepolto. La voce corse tra i suoi devoti e i suoi nemici. Quando il corteo funebre uscì dalla Porta di Sant’Anna a mezzanotte, oltre 3000 torce si accesero. Si calcola che circa 100.000 persone attendessero il passaggio della salma, recitando il rosario.
Allo sbocco di Ponte Sant’Angelo, un gruppo di facinorosi si fece avanti gridando: “Al fiume, al fiume la carogna, al fiume il Papa porco!“. Tentarono di rovesciare la carrozza funebre, buttandola nel Tevere. Una pioggia di sassi cadde sul feretro. L’attacco riprese in Via Nazionale. La Massoneria coniò una speciale medaglia per i giovani che avevano partecipato all’assalto della salma.
Il governo italiano, presieduto da Depretis, diede la colpa dei disordini ai cattolici, affermando che si era trattato di una manifestazione provocatoria clericale. La notizia dell’oltraggio suscitò indignazione in tutto il mondo e accrebbe la venerazione per Pio IX. Fu presa l’iniziativa di erigere un maestoso sepolcro nella Basilica di San Lorenzo, con una raccolta di fondi su scala internazionale.
Il processo di beatificazione di Pio IX è stato lungo e accidentato proprio per le polemiche. Nel 1999, Giovanni Paolo II riconobbe ufficialmente il suo primo miracolo e, il 3 settembre dell’anno 2000, il Papa iscrisse solennemente Pio IX nell’albo dei beati. Papa Wojtyła disse in quell’occasione che Pio IX “fu esempio di incondizionata adesione al deposito immutabile delle verità rivelate”. Disse inoltre: “Fu molto amato, ma anche molto odiato e calunniato”.
Il 4 aprile 2000, era stata effettuata la ricognizione dei resti mortali di Pio IX, e la salma apparve composta e perfettamente conservata. Oggi il corpo del Beato Pio IX riposa nella Basilica di San Lorenzo al Verano.
Estratti da scambi con gli ascoltatori:
Un ascoltatore ha ricordato che il bilancio dello Stato Pontificio era in pareggio a metà Ottocento, ed era il migliore tra gli stati italiani, notando che i cittadini francesi pagavano il doppio delle tasse rispetto ai cittadini dello Stato Pontificio (22 franchi contro 45).
Un altro ascoltatore, nato a Senigallia, città natale di Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti), ha confermato che Mastai Ferretti veniva da una famiglia nobile. A Senigallia esiste un museo che raccoglie cimeli di Pio IX.
Riguardo al periodo iniziale del pontificato, Pio IX, che aveva un temperamento mite e non aggressivo, praticò nei primi due anni una politica di dialogo e riforme. Tuttavia, si avvide presto di essere strumentalizzato dal partito rivoluzionario, il cui obiettivo era l’annientamento progressivo degli stati legittimi e della Chiesa, per trasformarla in una “Chiesa umanitaria universale”.
L’opera di ricostruzione culturale e sociale di Pio IX avvenne soprattutto tra il 1850 e il 1870, ovvero tra la prima invasione di Roma da parte dei rivoluzionari (1849) e l’invasione dell’esercito italiano del generale Cadorna (settembre 1870). Le cosiddette tre guerre di indipendenza si svolsero tra il 1848, il 1859 e il 1866, periodo che costituì la parte centrale del suo pontificato.
Pio IX fu vescovo di Imola e Spoleto prima di essere eletto Papa. Spoleto lo ricorda in modo particolare, avendo un ritratto bellissimo nella sala affrescata per i vescovi e una piccola statua nella stazione. Pio IX fu costretto a fuggire da Spoleto a causa della Massoneria anticlericale.
Per il cattolicesimo progressista, Papa Mastai è considerato un personaggio “culturalmente, politicamente e religiosamente scorretto”. Il Beato Pio IX si situa sulla linea della fedeltà alla tradizione, in continuità con grandi pontefici come San Pio X.
Nella foto di copertina: Le ultime ore della Roma pontificia prima dell’invasione massonica del 20 settembre 1870: incisione raffigurante Pio IX che visita la Scala Santa e benedice i difensori di Porta San Giovanni il 19 settembre 1870.
