Missionario in Perù, Prevost: un lavoro pastorale dove non c’era nulla… far fiorire un deserto.

Siamo a Trujillo… vanno via i Redentoristi, arrivano gli Agostiniani…

Il 28 agosto 1990, l’arcivescovo di Trujillo Manuel Prado Pérez-Rosas benedisse la casa di formazione di San Vicente, i cui primi formatori furono Robert Prevost, il padre Juan McKniff e Gerardo Theis, entrambi ormai scomparsi. A questa casa arrivavano seminaristi dai vicariati di San Juan de Sahagún, di San Agostino di Apurímac e di Iquitos.

Padre Robert e l’ora dei laici in Perú

di Paola Ugaz – OR 27.9.2025

Nel 1990, a 23 anni, Alicia Azabache conobbe il futuro Papa Leone XIV in una zona di Trujillo, capitale di La Libertad, nel nord del Perú, che allora non aveva una parrocchia. Ciò non impedì all’allora sacerdote Robert Prevost di chiedere di iniziare il lavoro pastorale dove non c’era nulla: «Cominciammo a pulire e a sistemare tutto insieme ai giovani di allora. Le panche di legno sono le stesse che usavamo a quel tempo».

«Celebrava la messa in modo completamente diverso da quello che io conoscevo, perché ci parlava come se fossimo parte della famiglia. Ci ispirava fiducia, sicurezza e ci trasmetteva la sensazione che tutto sarebbe andato bene», ricorda Alicia nella parrocchia di Santa Rita da Cascia, costruita grazie ad attività comunitarie di raccolta fondi come grandi tombolate e festival di cucina popolare.

Dal 1988, Robert Prevost e i suoi confratelli iniziarono a lavorare a Trujillo seguendo il piano pastorale Nueva Imagen de Parroquia (Nip), che aveva già dato buoni risultati a Chulucanas, nella regione peruviana di Piura.

Alla Conferenza di Medellín (agosto 1968), dove si era riflettuto sul Concilio vaticano II, era stata raccomandata la creazione di comunità ecclesiali come cammino per vivere la fede.

Nelle memorie del vescovo agostiniano Juan McNabb, Led where I did not plan to go (2012), si propone la creazione di una rete di piccole comunità cristiane che includano tutti i battezzati, e non solo quelli che vanno a messa, e si sottolinea l’importanza della formazione permanente dei fedeli nelle Sacre Scritture.

Gli agostiniani che si stabilirono nella diocesi di Chulucanas e a Trujillo organizzarono la loro azione evangelizzatrice in “zone pastorali”, ognuna con un coordinatore, un segretario, un messaggero, catechisti, liturgisti, responsabili dei servizi sociali e altre figure. Questa organizzazione era molto funzionale, perché i fedeli erano numerosi e le comunicazioni, per la mancanza di elettricità e di strade, erano a volte inesistenti. L’obiettivo era individuare fin dall’inizio i problemi della comunità nel campo della salute, dell’educazione e dell’alimentazione, per trovare soluzioni condivise.

Già dal 1976, a Chulucanas, il sacerdote Arturo Purcaro era diventato «un esperto del Nip» e «contribuì a formare molti nuovi missionari al programma», come ricorda John Joseph Kelly nel libro The Story of the Chulucanas Prelature, pubblicato nel 1989.

In un’intervista con «L’Osservatore Romano», Juan Lydon ricorda che, oltre a Purcaro, anche il Servo di Dio Juan McKniff fu un grande promotore del Nip nella periferia di Chulucanas. Era un religioso espulso da Cuba che, una volta tornato negli Stati Uniti, chiese di fare parte di una missione.

Un uomo «fuori dal comune»

McKniff era un personaggio «fuori dal comune». Arrivò a Chulucanas quando aveva 68 anni. Visitava le comunità a piedi, convinto che fosse la Chiesa a dover andar dove stavano i fedeli e non il contrario. Era un fedele riflesso del Nip, che dava la priorità ai laici, discostandosi da una certa visione della Chiesa secondo la quale senza sacerdote nulla si muove.

Indossando l’abito bianco e un grande cappello di paglia e dimostrando un’energia incredibile, organizzò la Legione di Maria in tutti i villaggi. Grazie a lui, a Chulucanas c’erano più gruppi della Legione di Maria che in tutto il resto del Perú. Era molto devoto alla Vergine, enfatizzando la sua importanza nell’accompagnamento dei laici. Bisognava pregare e compiere opere pastorali. Lavorò sempre per i poveri. Condusse una vita santa. Morì a Miami. Per questo, come ricorda Lydon, i confratelli lo hanno riportato dagli Stati Uniti in Perú dove hanno allestito un luogo speciale per seppellirlo a Chulucanas (lo scorso maggio), perché lì aveva svolto gran parte della sua opera pastorale.

Alicia Azabache ricorda dunque che a 23 anni fu scelta come coordinatrice della sua zona. Era il 1991. «Chiesi subito a padre Prevost: “Che devo fare?” Prima di tutto mi trasmise calma e poi mi disse che dovevo essere parte attiva della Chiesa, organizzare la mia zona e approfondire le Scritture».

«Mi aiutò in tutto come coordinatrice della pastorale. Il Nip ci univa tutti. Quando vidi che Papa Francesco parlava di una Chiesa sinodale, pensai che noi già la stavamo vivendo da molto tempo: si trattava di unirsi e lavorare insieme nel rispetto del bene della comunità», racconta Azabache.

L’allora sacerdote Robert Prevost lavorava nella zona situata presso il Ponte Moche, dove vivevano migranti fuggiti dalle Ande dopo l’arrivo del gruppo terroristico Sendero Luminoso. «In ogni posto dove andavamo, padre Robert diceva: “Alicia, andiamo a bussare alle porte con i giovani”. Iniziammo a lavorare da quella zona (Ponte Moche), perché c’era tanta gente che viveva su stuoie in piccole capanne. Nel 1993 io lavoravo nella Caritas e lui nel Vicariato. Con il suo furgone portavamo cibo, vestiti e giocattoli a Natale. Organizzavamo campagne mediche e corsi di catechesi, inglese e matematica durante le vacanze scolastiche», aggiunge.

Momenti in famiglia

Nelle zone pastorali si incoraggiava sempre il ruolo delle donne. Fu per questo che, quando Alicia divenne la prima coordinatrice e diede inizio ai lavori di costruzione della chiesa di Santa Rita da Cascia, per il suo carattere deciso ma gioioso, ricevette il soprannome “la parroca”. C’era comunicazione tra le zone per rispondere ai bisogni di ogni comunità in termini di salute, istruzione e alimentazione.

Negli anni ’90, con il sostegno degli agostiniani, furono create le mense popolari, dove lavoravano gruppi di donne che cucinavano per la comunità, ai quali venivano forniti utensili da cucina e alimenti per un gran numero di persone. «Un giorno mi feci male alla schiena giocando a pallavolo e smisi di camminare», ricorda Alicia. «Ogni giorno padre Robert, o qualcuno da lui incaricato, veniva a trovarmi, perché ero molto abbattuta. Un giorno apparve una figura con l’abito degli agostiniani, non vidi il suo volto, e mi disse: “Alicia, passerà tutto”. Da quel giorno la lesione alla schiena sparì e tornai a camminare». Questa, assicura con occhi ben aperti, «è la mia testimonianza».

Dopo quella brutta esperienza, Alicia Azabache ricorda i momenti felici condivisi con padre Robert, la sua famiglia e i membri della zona: «Ballavamo di tutto. Negli anni ’90 c’era una canzone molto popolare, El meneíto di Natusha. Io e la mia famiglia la ballavamo a ogni compleanno, a Natale e a Capodanno. Poi padre Robert celebrava la messa per tutti e si concludeva con un momento di condivisione».

Oggi Alicia Azabache continua a lavorare nella chiesa di Santa Rita da Cascia e ricorda con orgoglio il lungo cammino percorso insieme alla sua comunità e al suo amico, padre Robert, oggi Papa Leone XIV: «Abbiamo fatto molto e, grazie ai suoi insegnamenti, continueremo a seminare lungo il cammino».

Quando se ne andarono
i redentoristi e arrivarono gli agostiniani

L’incontro con Socorro Cassaro e Alicia Chang, a casa di Socorro, è pieno di ricordi che si sovrappongono, di risate e di aneddoti tra cui spicca il giorno in cui hanno conosciuto padre Robert, nel 1989. Si aspettavano un sacerdote anziano e in abito religioso, e invece ne arrivò uno vestito con jeans e abiti giovanili.

Socorro e Alicia facevano parte della comunità di fedeli della chiesa di Monserrate a Trujillo. All’inizio del 1994, a causa della difficile situazione di quel momento, i redentoristi stavano per lasciare il Paese e la comunità chiese all’allora vescovo di Trujillo che al loro posto subentrassero gli agostiniani per sostenere la Chiesa locale.

Gli agostiniani si misero subito all’opera per sviluppare le zone pastorali e costruire la parrocchia di Monserrate a Trujillo. Sia Alicia Chang sia Socorro Cassaro si sentono parte viva della Chiesa. Socorro è oggi la responsabile dell’animazione dei laici.

Alicia Chang, conosciuta come «liturgica» per la sua conoscenza delle Scritture, prepara il materiale per le omelie e forma i lettori per le messe e le catechesi. Chang e Cassaro accoglievano gli agostiniani che arrivavano a Trujillo e, per questo, ancora oggi le chiamano “madre”.

«Siamo agostiniane perché abbiamo conosciuto poco a poco sant’Agostino. “Io ti cercavo fuori e tu eri dentro di me”, diceva sant’Agostino rivolgendosi al Signore. Ci organizziamo, sia che ci sia un sacerdote sia che non ci sia», spiega Alicia Chang. «Siamo agostiniane quanto i padri agostiniani. Loro lo sanno», conclude ridendo Socorro Cassaro.

La nuova casa di formazione

Il 28 agosto 1990, l’arcivescovo di Trujillo Manuel Prado Pérez-Rosas benedisse la casa di formazione di San Vicente, i cui primi formatori furono Robert Prevost, il padre Juan McKniff e Gerardo Theis, entrambi ormai scomparsi. A questa casa arrivavano seminaristi dai vicariati di San Juan de Sahagún, di San Agostino di Apurímac e di Iquitos.

Papa Leone XIV ha guidato la formazione dei candidati agostiniani di Chulucanas, Iquitos e Apurímac dal 1988 al 1999. È stato anche vicario giudiziale dell’arcidiocesi, docente di Diritto canonico e di Morale nel Seminario maggiore, direttore degli studi e rettore ad interim.

Erano tempi difficili: il 5 aprile 1992, l’allora presidente Alberto Fujimori sciolse la magistratura, la Procura generale e il Congresso. Inoltre, c’erano denunce di esecuzioni extragiudiziali attribuite al gruppo creato dall’ex braccio destro di Fujimori, Vladimiro Montesinos, chiamato Colina.

Padre John Lydon ci ha raccontato che partecipavano a conferenze e marce per «cercare di risvegliare le coscienze sui diritti umani. Non era una questione politica. La Chiesa difende la Chiesa per la dignità umana. E cercavamo di contribuire al ripristino della democrazia come un valore del Vangelo. Formavamo i giovani perché era parte della nostra visione pastorale e del Vangelo», ha aggiunto.

Padre Ramiro Castillo, vicario degli agostiniani a Trujillo, ricorda una settimana teologica organizzata dall’attuale Pontefice, durante la quale si discusse anche su come il governo Fujimori si fosse appropriato del canale televisivo di Baruch Ivcher. «Lo conobbi nel 1996: era una persona che sapeva ascoltare, gli piaceva farci da autista per portarci ogni giorno al seminario, si preoccupava dei nostri voti e che diventassimo dei buoni sacerdoti», racconta Castillo. Il vicario ricorda un suo consiglio che usa ancora oggi quando non riesce a concentrarsi nella preghiera personale: «Vai nella tua stanza, chiudi la porta, accendi una candela al centro e vedrai che ti aiuterà a concentrarti e a essere un buon agostiniano».

Nella sala dove si celebrano le messe nella casa di formazione c’è una galleria fotografica della mostra “Yuyanapaq”, curata da Mayu Mohanna e Nancy Chappell, frutto dei lavori della Commissione per la Verità istituita in Perú nel 2001.

«Se vuoi la pace, lavora per la giustizia»

Come ha spiegato a «L’Osservatore Romano» il superiore della casa, ogni settimana ci si riuniva nella casa di formazione di Trujillo per discutere i problemi del Paese, e in quelle riunioni si decideva se i seminaristi potevano partecipare alle marce a favore della democrazia e in difesa dei diritti umani. «Partecipammo a diverse manifestazioni portando sempre un cartello con una citazione di Paolo VI: “Se vuoi la pace, lavora per la giustizia”. Il nostro obiettivo era promuovere i diritti umani. Nel 1998, in occasione del 50° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, raccogliemmo firme per Coordinadora Nacional de Derechos Humanos. Ci organizzammo attraverso le case della parrocchia, le zone, e ottenemmo le firme. La nostra parrocchia raccolse più firme di qualunque altro luogo in Perú. Sul serio!», ha ricordato con orgoglio.

In quell’occasione, fu pubblicato un opuscolo sui diritti fondamentali e fu organizzata una cerimonia con rappresentanti della Coordinadora Nacional de Derechos Humanos a Trujillo, per consegnare le firme, cerimonia a cui partecipò anche l’attuale Papa Leone XIV. Faceva tutto parte del percorso formativo dei seminaristi agostiniani che vivevano a Trujillo.

Padre Lydon ha ricordato che in occasione di un evento televisivo trasmesso da Lima in tutto il Paese chiamato “Teleton”, per raccogliere fondi per le persone con disabilità, fu organizzato un concerto nella plaza de Armas di Trujillo dove si esibì un gruppo di seminaristi agostiniani chiamato Leche Gloria, che suonò una canzone di protesta contro la strage extragiudiziale degli studenti dell’Università La Cantuta, perpetrata dal gruppo Colina.

«Il gruppo Leche Gloria si esibì nella plaza de Armas a Trujillo e l’evento fu trasmesso a livello nazionale. La canzone sottolineava la dignità e il fatto che fossero state uccise persone innocenti. Alla fine, la conduttrice chiese perché il gruppo si chiamasse Leche Gloria. Le risposero che era perché i resti degli studenti erano stati consegnati in un cartone di Leche Gloria.

Una lezione di dottrina sociale

Mentre era vescovo a Chiclayo, Robert Prevost scrisse il prologo del libro di Juan José Lydon La Doctrina Social de la Iglesia. Su Historia y Enseñanzas (Università Cattolica di Trujillo, Perú, 2022).

In quel prologo il futuro Papa si chiede: «Che cosa possiamo imparare dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica?». E poi aggiunge: «Credo che in essenza questa risposta sia già stata data. L’apprendimento sta nel modo in cui ci avviciniamo ai problemi sociali: rispettando la realtà, considerando opportunamente i principi morali necessari, agendo senza imposizioni né pretese di universalità, rispondendo ai veri problemi attuali».

«Ci auguriamo — conclude Prevost — che questo libro serva a guidare gli studenti universitari nella comprensione della ricchezza della dottrina sociale della Chiesa e nella formazione di una coscienza politico-sociale, una coscienza cristiana capace di abbattere i pregiudizi personali e culturali e di spingerci a costruire il mondo che sogniamo».

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