Tre video-lezioni di Stefano Fontana spiegano l’impossibilità di salvare Karl Rahner. La sua filosofia, basata sull’immanenza e sul trascendentalismo moderno, è in opposizione frontale al realismo metafisico, rendendo i suoi errori teologici logici e inevitabili.
Il teologo don Salvatore Vitiello ha recentemente pubblicato il libro Rahner oltre Rahner. L’ontologia del simbolo in Karl Rahner (Cantagalli) in cui si propone di salvare il pensiero del gesuita tedesco superandolo.
È un’operazione che può riuscire?
La risposta di Stefano Fontana, filosofo e direttore dell’Osservatorio Card. Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa — nonché autore del celeberrimo libro La nuova Chiesa di Karl Rahner (Fede & Cultura) — è chiara e netta: No.
In un videocorso gratuito in tre lezioni, il prof. Fontana spiega che è impossibile “salvare” Rahner perché il suo edificio filosofico è costruito su fondamenta (l’immanenza, il trascendentalismo moderno) che sono in diretta opposizione al realismo metafisico. Accettare queste fondamenta significa accettare l’intero edificio, con i suoi percorsi obbligati e le sue conclusioni predeterminate, rendendo impossibile ogni tentativo di “superamento” che non sia, in realtà, un abbandono completo delle sue premesse.
Proponiamo ai nostri lettori un resoconto del videocorso, da noi scritto, invitando — oltre che a seguirlo online — a richiedere i testi completi delle tre lezioni, scrivendo all’Osservatorio Van Thuan all’indirizzo email: scuole.ossvanthuan@gmail.com
Introduzione. La frattura incolmabile tra Rahner e la filosofia cristiana
Il gesuita Karl Rahner (1904-1984) si staglia come una delle figure più influenti e, al contempo, più problematiche della teologia del XX secolo. La sua opera continua a essere promossa come un faro del pensiero post-conciliare, ma un’analisi rigorosa delle sue radici filosofiche svela una realtà ben diversa. L’obiettivo del videocorso in tre lezione di Stefano Fontana è di penetrare al cuore del sistema rahneriano per dimostrare come l’adozione del “principio di immanenza”, cardine della filosofia moderna, crei una frattura insanabile con il realismo metafisico che fonda la tradizione cattolica. Ciò che è in gioco non è una mera divergenza accademica, ma la stessa intelligibilità della Rivelazione divina e dell’ordine soprannaturale.
La tesi centrale che il prof. Fontana sostiene è che gli errori teologici di Rahner non sono incidentali o correggibili, ma rappresentano la conseguenza logica e inevitabile delle sue premesse filosofiche. Una volta accettato il suo punto di partenza, il percorso del suo pensiero diventa obbligato, conducendo a conclusioni che si allontanano irrimediabilmente dall’ortodossia.
Di conseguenza, emerge la fatale impossibilità di ogni progetto che miri ad “andare oltre Rahner con Rahner” — come invece il prof. don Salvatore Vitiello propone nel suo libro. Un simile tentativo è destinato al fallimento, poiché i presupposti teoretici rahneriani determinano una traiettoria che non può essere deviata senza rinnegare il sistema stesso. Per comprendere la portata di questo abisso, è necessario partire dalle origini filosofiche del suo pensiero, rintracciabili nel tentativo della Scuola di Lovanio di conciliare l’inconciliabile.
1. Le radici filosofiche dell’errore: l’eredità di Maréchal e l’abbraccio col kantismo
Per comprendere appieno il sistema di Karl Rahner, è strategicamente indispensabile analizzarne le fondamenta filosofiche. Il suo pensiero non emerge dal nulla, ma si innesta in un progetto ambizioso, inaugurato dalla Scuola di Lovanio e dal suo principale esponente, il gesuita Joseph Maréchal (1878-1944): quello di “ripensare San Tommaso d’Aquino alla luce di Kant”. Si tratta di un tentativo di concordismo tra due visioni del mondo radicalmente opposte.
L’antitesi fondamentale
Da un lato, vi è la visione del realismo metafisico di San Tommaso, fondata sulla priorità dell’essere rispetto al pensiero. In questa prospettiva, che è quella della perenne filosofia della Chiesa, l’essere precede la verità (ens precede verum): l’oggetto è reale prima e indipendentemente dalla nostra conoscenza di esso. Noi lo conosciamo perché c’è, non c’è perché lo conosciamo.
Dall’altro lato, vi è il principio di immanenza della filosofia moderna, portato a sistema da Immanuel Kant (1724-1804). Qui, essere e pensiero tendono a identificarsi. L’oggetto reale è l’oggetto conosciuto; la conoscenza non è una ricezione passiva della realtà, ma una costituzione attiva da parte delle strutture a priori del soggetto conoscente.
Il progetto impossibile di Maréchal
Il progetto di Maréchal e della Scuola di Lovanio consisteva nel forzare una sintesi tra queste due prospettive antitetiche. Come notò acutamente il filosofo Étienne Gilson (1884-1978), questo tentativo fu un atto di “eroismo sprecato”, un’operazione che non può essere descritta se non come una forma di “diplomazia metafisica”. Gilson lo paragonò al pretendere di forzare le porte di una prigione dall’interno, dopo esservisi volontariamente rinchiusi. Una volta accettato il perimetro kantiano, che assegna al pensiero il compito di costituire l’oggetto, non è più possibile uscirne per recuperare il realismo.
Nasce così il cosiddetto “tomismo trascendentale”. Questo termine, che per un realista è un ossimoro, descrive una visione in cui l’ontologia si fonda non più sulla priorità dell’essere, ma sull’unità originaria tra essere e pensiero. L’oggetto viene definito in funzione delle facoltà del pensiero che lo costituiscono come tale.
Rahner non solo eredita questo problematico punto di partenza, ma lo radicalizza. Partendo da Maréchal, la sua filosofia si spingerà oltre, consolidando questa impostazione attraverso l’influenza decisiva del suo “mentore”, Martin Heidegger (1889-1976), portandola così alle sue estreme e necessarie conseguenze.
2. La radicalizzazione dell’errore: la svolta esistenzialista con Heidegger
Se Maréchal aveva posto le premesse, Rahner ne trae le conclusioni più radicali, consolidando l’identità tra essere e conoscenza e, soprattutto, storicizzando completamente l’atto conoscitivo. Questo passaggio è reso possibile dall’influenza determinante di Martin Heidegger, che Rahner stesso definì “il mio maestro”.
Con frasi lapidarie e inequivocabili, Rahner chiarisce la sua posizione, collocandosi definitivamente all’interno del trascendentale moderno:
- “Essere e conoscere sono la stessa cosa”.
- “L’essere nel suo in sé è essere conosciuto”.
- “Essere e conoscere costituiscono una identità originaria”.
Un punto cruciale per comprendere questa svolta è la re-interpretazione rahneriana della conversio ad fantasmata di San Tommaso. Per l’Aquinate, si trattava di una nozione gnoseologica: l’intelletto, dopo aver astratto il concetto universale, ritorna all’immagine sensibile (il fantasma) per conoscere meglio l’individuo concreto. Rahner trasforma questa tesi in una metafisica esistenzialista: per lui, la conversio dimostrerebbe che la conoscenza avviene sempre e solo “qui e ora”, nello spazio e nel tempo dell’esistenza. In questo modo, egli nega la capacità dell’intelletto di cogliere concetti universali e astratti, legando indissolubilmente l’essere alla storia e alla situazione concreta.
Il concetto chiave del Vorgriff
Il fulcro di questa filosofia è il concetto di Vorgriff (anticipazione o preconcezione). Si tratta dell’apertura a priori, trascendentale e soggettiva della coscienza a tutto l’essere, un’apertura che precede e rende possibile ogni conoscenza concreta. Questo Vorgriff è una condizione:
- Non tematica e atematica: non può mai diventare essa stessa un oggetto di conoscenza, un tema definito, né comunica contenuti specifici.
- Silente: non “parla”, non comunica contenuti positivi.
- Anonima: non è un “qualcuno”, ma una struttura impersonale della coscienza.
Per rendere accessibile questo concetto astruso, Rahner stesso offre un’analogia illuminante: quella del guardare attraverso il buco di una serratura. Ciò che vediamo attraverso il buco (il tavolo, la sedia) è il piano “categoriale”, l’insieme degli oggetti finiti che conosciamo. Ma il buco della serratura stesso, e l’occhio che guarda, rappresentano la condizione “trascendentale”: rendono possibile la visione, ma non possono mai essere visti allo stesso modo degli oggetti nella stanza. Il trascendentale rimane sempre “alle spalle” del soggetto, come la condizione che permette di vedere ma che non può essere vista.
Questa nozione è direttamente collegata alla precomprensione di Heidegger. Per entrambi, la conoscenza non è mai un atto neutro di ricezione della realtà, ma è sempre una proiezione interpretativa del soggetto (il Dasein). In ultima analisi, come suggerisce l’opera capitale di Heidegger, Essere e Tempo (Sein und Zeit), l’essere viene ridotto a tempo, a esistenza storica.
Questa impalcatura filosofica, che lega l’essere al pensiero, alla storia e a un’apertura soggettiva a priori, viene ora applicata da Rahner per ridefinire radicalmente i concetti fondamentali della teologia: Dio, la trascendenza e la rivelazione.
3. La sistematizzazione dell’errore: Il Dio “trascendentale” e la rivelazione nella storia
La conseguenza più grave e inevitabile del sistema rahneriano è la ridefinizione di Dio e del suo rapporto con l’uomo. Ciò avviene attraverso il collasso deliberato della distinzione classica tra trascendente (ciò che è oltre, metafisicamente altro) e trascendentale (la condizione a priori del soggetto che rende possibile la conoscenza).
In Rahner, il trascendente è assorbito e identificato con il trascendentale.
Dio non è più l’Ipsum Esse Subsistens, una realtà oggettiva e ontologicamente distinta dal mondo, raggiungibile dalla ragione. Diventa invece il “mistero assoluto”, un postulato richiesto dall’apertura trascendentale e a priori dell’uomo stesso a tutto l’essere. Dio è il presupposto implicito e silente del domandare umano, non la conclusione di una dimostrazione che parte dal mondo creato.
Da questa premessa discende una conseguenza ineluttabile: la teologia naturale è impossibile. Rahner sostiene che dimostrare l’esistenza di Dio a posteriori, come nelle Cinque Vie di San Tommaso, significherebbe ridurLo a “un ente tra gli altri enti”. Questa argomentazione annulla la capacità della ragione, solennemente affermata dal Concilio Vaticano I nella costituzione Dei Filius e fondata sul dato Rivelato (cf. Rom 1, 20), di risalire con certezza dal creato al Creatore. Dio non può essere conosciuto oggettivamente; Egli rimane sempre e solo la condizione trascendentale, nascosta e non tematica, della nostra esistenza.
Ciò impone una ridefinizione della Rivelazione, che Rahner chiama “autocomunicazione di Dio”. Come emerge chiaramente dai suoi scritti, la rivelazione non è più Dio che, dall’alto della sua trascendenza, “dice qualcosa su di sé” all’uomo. È, piuttosto, Dio che si autocomunica nell’uomo e negli eventi della storia. La storia dell’umanità e l’esistenza stessa dell’uomo diventano il luogo di questa autocomunicazione. Rahner arriva ad affermare: “L’uomo è l’evento dell’autocomunicazione assoluta e perdonante di Dio”.
Una volta accettato il principio di immanenza, la secolarizzazione della Rivelazione non è più una possibilità, ma una necessità logica. La teologia cessa di essere il discorso su Dio per trasformarsi in un’antropologia esistenziale. Questa visione produce conseguenze dottrinali a cascata, con un effetto devastante sull’intero edificio della fede cattolica.
4. Le conseguenze dottrinali devastanti
Giungiamo così al culmine della nostra analisi, dove le premesse filosofiche astratte si traducono in uno stravolgimento concreto del dato Rivelato. L’impostazione di Rahner non si limita a modificare alcuni punti dottrinali, ma secolarizza l’intero messaggio cristiano, riconducendolo a una dimensione storica e immanente. I frutti coerenti di questo albero filosofico sono molteplici e interconnessi.
- Crollo della distinzione tra storia sacra e storia profana
Se Dio si autocomunica in tutta la storia umana, la storia della salvezza finisce per coincidere con la storia del mondo. Non esiste più, come afferma Rahner, “nessun settore sacrale delimitato” dove si possa trovare Dio in modo privilegiato. L’intera storia umana, in tutte le sue manifestazioni, diventa storia della rivelazione.
- Il “cristianesimo anonimo”
Questa dottrina non è un’improvvisazione pastorale, ma la conseguenza diretta della natura “anonima” e “atematica” del Vorgriff. Se Dio si comunica a tutti gli uomini nella loro esistenza storica attraverso questa dimensione trascendentale, allora ogni uomo è, implicitamente e senza saperlo, in un rapporto salvifico con la grazia. Anche chi non conosce Cristo, e persino l’ateo, diventa di fatto un “cristiano anonimo”.
- La relativizzazione dei dogmi
Le formulazioni dogmatiche, che per la Chiesa sono verità definitive e irreformabili, diventano in questo sistema espressioni storiche, inadeguate e mutevoli. Esse sono meri tentativi di dare un “tema” a un’esperienza trascendentale che è, per sua natura, a priori, atematica e preconcettuale. Di conseguenza, nessun dogma può pretendere di essere l’espressione finale della verità, ma è soggetto a una continua evoluzione storicista.
- Identificazione di natura e noprannatura
Rahner nega l’esistenza di una “natura pura”. Sebbene la teologia tradizionale possa sostenere che, storicamente, una natura pura non sia mai esistita (a causa dello stato di giustizia originale, della caduta o della gloria futura), lo fa per ragioni teologiche. Rahner giunge alla stessa conclusione per una ragione filosofica radicalmente diversa: per lui, la grazia diventa un “esistenziale soprannaturale”, un a priori richiesto dalla stessa esistenza umana. Viene così eliminata la distinzione ontologica tra l’ordine naturale e quello soprannaturale.
- Annullamento della creazione e della teologia naturale
La negazione del realismo metafisico rende inaccettabile il concetto di creazione dal nulla. La “creaturalità” non indica più una dipendenza ontologica da un Creatore, ma diventa “nient’altro che una dimensione trascendentale dell’esistenza umana”. La cristologia stessa viene reinterpretata in chiave antropologica: Cristo è visto come il caso pienamente riuscito di quanto è potenzialmente presente in ogni uomo.
Questi non sono errori isolati, ma le conclusioni necessarie di un sistema filosofico coerente, le cui fondamenta sono però estranee e ostili al pensiero cattolico.
Conclusione: l’impossibilità di salvare Rahner
L’analisi condotta ha dimostrato come la filosofia di Karl Rahner, fondata sul principio moderno di immanenza e sviluppata attraverso le lenti di Kant e Heidegger, rappresenti un sistema chiuso e coerente che si contrappone frontalmente al realismo metafisico della tradizione cattolica. La sua influenza ha prodotto una profonda secolarizzazione della teologia, trasformando il discorso su Dio in un’antropologia esistenziale.
Di fronte a questo quadro, il tentativo di “andare con Rahner oltre Rahner” si rivela un progetto destinato al fallimento. Una volta che si accettano le sue premesse — l’identità tra essere e pensiero, la storicità della conoscenza e la riduzione del trascendente al trascendentale — il percorso diventa obbligato. Criticare le conclusioni dottrinali di Rahner senza rigettarne le premesse filosofiche è un atto di “diplomazia metafisica”, un’operazione incoerente e impossibile. Non si può rimanere all’interno del suo perimetro teoretico e sperare di raggiungere esiti diversi.
Il pensiero di Rahner impone una scelta radicale: quella tra la verità come adeguamento dell’intelletto a una realtà oggettiva e rivelata, e l’interpretazione come proiezione di un soggetto storicamente situato. Il suo sistema opta risolutamente per la seconda, dissolvendo la certezza della Fede nella mutevolezza della storia.
Per recuperare l’autentico pensiero cattolico, fondato sulla trascendenza di Dio e sulla capacità della ragione di conoscere la realtà, non è possibile riformare o “salvare” il sistema di Rahner. È necessario un rifiuto netto e consapevole delle sue fondamenta filosofiche e un ritorno deciso a quel realismo metafisico che ha sempre sostenuto, come una solida spina dorsale, la teologia della Chiesa.
Bibliografia essenziale
- La nuova Chiesa di Karl Rahner
- Chiesa gnostica e secolarizzazione
- Ateismo cattolico?
- Verità o interpretazione
P. Serafino M. Lanzetta (a cura di)
P. Tomas Tyn OP
Don Salvatore Vitiello
