Benedetto XV: calamità e flagelli sono permessi da Dio a causa dei peccati degli uomini e delle nazioni.
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Studio approfondito per il Centenario dalla morte di Benedetto XV (1854-1922)
16 maggio 1920-2020 Canonizzazione di Santa Giovanna d’Arco – Benedetto XV spiega tutti i fatti
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INTER SODALICIA

Amici di Dio, “Madre di Dio, Madre nostra”, 287
Scritti di San Josè M. Escrivà
“Maestra di carità. Ricordate la scena della presentazione di Gesù al tempio. Il vecchio Simeone dice a Maria, sua Madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc.2,34-35). L’immensa carità di Maria verso l’umanità fa che si compia, anche in Lei, l’affermazione di Cristo: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv.15,13).
A ragione i Sommi Pontefici hanno chiamato “corredentrice” Maria: A tal punto, insieme a suo Figlio che pativa e moriva, patì e quasi morì; e a tal punto, per la salvezza degli uomini, abdicò ai diritti materni sul Figlio, e lo immolò, per quanto Le competeva, per placare la giustizia di Dio, che a ragione può dirsi che Ella ha redento il genere umano insieme con Cristo (Benedetto XV, Lettera Inter sodalicia, 22-III-1918).
Così siamo meglio in grado di capire quel momento della Passione del Signore, che mai ci stancheremo di meditare: Stabat autem iuxta crucem Iesu mater eius (Gv.19,25), stava presso la croce di Gesù sua Madre.
Avrete osservato che certe madri, mosse da legittimo orgoglio, si affrettano a mettersi accanto ai loro figli quando sono festeggiati, quando ricevono un pubblico riconoscimento. Altre, invece, anche in questi momenti restano in secondo piano, amando in silenzio. Maria era così, e Gesù lo sapeva.
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22 gennaio Benedetto XV ![]()
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Papa Benedetto XV di cui oggi ricordiamo il Centenario della morte al Cielo. Cliccare qui per scaricare la vita e le opere dottrinali.
Egli fu Papa dal 06/09/1914 al 22/01/1922 nato a Genova, il 21 novembre 1854, da nobile e cattolicissima famiglia, col nome di Battesimo Giacomo Della Chiesa. Bambino intelligente e appassionato, dai suoi genitori ebbe salda educazione cristiana. Negli anni della sua prima fanciullezza, la sua mamma conobbe la biografia del giovanissimo Domenico Savio (1842-1857) scritta e diffusa dal suo padre e maestro Don Bosco, alla cui scuola era cresciuto all’Oratorio di Valdocco a Torino. Così, Giacomo Della Chiesa, sotto lo sguardo di sua madre, lesse la vita di Domenico Savio scaturita dalla penna di Don Bosco, ne rimase ammirato e si sentì spinto a imitare il piccolo santo. Avvenne così che il ragazzo delle colline astigiane, l’umile figlio del popolo, qual era Domenico Savio, fece scuola all’illustre figlio dei patrizi genovesi: Giacomo non lo dimenticherà più. Adolescente, Giacomo Della Chiesa intraprese gli studi classici. Quindi, chiamato da Dio, entrò nel Seminario di Genova. Nel 1875, si laureò in legge e nello stesso tempo passò all’Almo Collegio Capranica a Roma, per gli studi in teologia. Conseguito il dottorato, venne ordinato sacerdote a Roma nel 1878. Animato dal desiderio di servire con la sua intelligenza superiore Gesù e la sua Chiesa, cominciò a lavorare in Segreteria di Stato, mentre Papa Leone XIII iniziava il suo pontificato. Nel frattempo, approfondiva i suoi studi. Nel 1882, accompagnò, come segretario, Mons. Mariano Rampolla, Nunzio Apostolico in Spagna. Cinque anni dopo, Mons. Rampolla, diventato cardinale e Segretario di Stato in Vaticano, volle Mons. Della Chiesa, come suo diretto collaboratore presso l’ufficio degli affari ordinari della Segreteria. In questa veste, nel 1889 e nel 1890, venne mandato a Vienna con incarichi speciali presso l’Imperatore Franz Joseph e presso l’Episcopato, per conto della Santa Sede. Dio lo preparava ad un’altissima missione. Il 22 dicembre 1907, Pio X lo consacrava Arcivescovo di Bologna. Mite e forte, capace di illuminare le menti e i problemi più gravi con la luce insuperabile di Gesù, capace di amare e di donarsi, uomo di Dio nella preghiera, governava il suo gregge con la forza della Verità e dell’amore. Bologna lo ebbe tra i più illustri pastori sulle orme del Cardinal Prospero Lambertini, (che diverrà poi Benedetto XIV, 1740-1758), dei Cardinali Viale Prelà, Parocchi e Svampa.
Così, il 25 maggio 1914 venne creato Cardinale: era per lui l’aurora della missione cui Dio da tutta l’eternità l’aveva chiamato. È così che dal Conclave riunitosi il 31 agosto viene eletto Papa con il nome di Benedetto XV, dopo la morte di Pio X avvenuta il 20 agosto 1914.La guerra incombeva nell’Europa Cristiana, purtroppo i potenti della terra non lo ascoltarono, come non ascoltarono Pio X, eccezione fatta del giovane Carlo d’Asburgo, imperatore d’Austria (1887-1922) – oggi beato –, che fece di tutto per realizzare le sue direttive. Alla fine della guerra, tutti lo sentirono ancora padre nell’opera di ricostruzione. I profughi russi trovarono i suoi soccorsi. Accolse l’appello degli Ebrei d’America per preservare gli Ebrei d’Europa. Giunto Lenin al potere nell’ottobre 1917, la Russia continuò a patire la fame ma tra scene orrende di barbarie, come aveva profetizzato la Vergine Maria a Fatima. Benedetto XV soccorse i Russi affamati. Quindi pensò all’Austria, alla Germania, all’Irlanda, fino alla lontanissima Cina. “Più che un eroe della carità, appariva il campione della civiltà e della fraternità umana”. Nessuna richiesta a lui rivolta rimase inascoltata. Molte furono da lui prevenute. Nella sua azione di carità personale, Benedetto XV aveva impegnato la somma, favolosa per quei tempi, di 82 milioni di lire. Per questo, nel 1920, gli fu eretto a Costantinopoli un monumento con la scritta “Al grande Pontefice benefattore dei popoli”. Ma lui, prima di tutto, sapeva di essere come Vicario di Cristo, il Maestro infallibile della Verità e che non poteva venire meno, per gli orrori della guerra, la sua opera di magistero e di governo che sola assicura alla Chiesa e al mondo la retta via da seguire. Nel 1917, promulgò il Codice di Diritto canonico, che da Pio X e da lui porta il nome. Con l’enciclica Spiritus Paraclitus (1920), promosse gli studi biblici nella fedeltà alla Tradizione Cattolica nella sana dottrina cattolica contro il dilagare del Modernismo. Con la Maximum illud (1919), si adoperò per le missioni cattoliche ad gentes; estese alla Chiesa universale l’impegno della Settimana di Preghiera per l’unità dei Cristiani. Figure stupende salirono per sua volontà alla gloria degli altari: Giovanna d’Arco, Gabriele dell’Addolorata, come patrono della gioventù, Margherita Maria Alacoque, della quale egli stesso scrisse uno stupendo profilo biografico, allegandolo alla Bolla di canonizzazione; Giuseppe Cottolengo e Luisa De Marillac.
Altri Santi, come Girolamo, Domenico di Guzman, Francesco d’Assisi, Alfonso de’ Liguori, grazie a lui tornarono in primo piano nella vita della Chiesa, quali maestri e modelli di vita per il nostro tempo. Come unica salvezza dell’umanità, durante e dopo la guerra, Benedetto XV propose ancora una volta Gesù Cristo e sua Madre, Maria Santissima, teneramente invocata in ogni ora con il titolo di “Regina della pace”, che introdusse nelle Litanie lauretane. «Lui, il nato Gesù – proclamò nel Natale del 1919 – è la nostra unica vera pace. Alla scuola di Lui, Fanciullo di Betlemme, la società imparerà la via dell’eterna salvezza. Gesù solo sarà la pace della società, se essa si inchinerà con i suoi stessi organismi alla sua sovranità di Re e Signore universale». Otto anni appena di pontificato per compiere un’opera tanto grande da meritarsi alla fine l’ammirazione anche di quelli che l’avevano deriso e vilipeso. Improvvisamente, il 22 gennaio 1922, a soli 67 anni, muore per una grave e complessa polmonite.
PREGHIAMO (di san Giovanni Paolo II):
Rendici, o Signore, buoni Samaritani, pronti ad accogliere, curare, consolare ed istruire alla santa Fede cattolica, quanti incontriamo nel nostro lavoro. Sull’esempio dei santi Pontefici che ci hanno preceduto, aiutaci ad offrire il nostro generoso apporto per tutti i Fedeli Laici, Membra vive della Chiesa, per innovare costantemente tutte le necessità urgenti della nostra società. Benedici il nostro studio e la nostra professione, illumina le nostre Famiglie, rendi santo e proficuo il nostro insegnamento. Concedici infine che, avendo costantemente amato e servito Te nei fratelli sofferenti, sia nel corpo quanto maggiormente nello spirito, al termine del nostro pellegrinaggio terreno possiamo contemplare il tuo volto glorioso e sperimentare la gioia dell’incontro con Te, nel tuo Regno di gioia e di pace infinita, per l’intercessione della Regina della Pace. Amen. 1Pater, Ave e Gloria
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Benedetto XV, la soppressione della Congregazione dell’Indice
Nel 1917 Benedetto XV sopprime l’istituzione voluta da Pio V nel 1571 per la censura dei libri proibiti

Con il Motu proprio Alloquentes proxime il 25 marzo 1917 Papa Benedetto XV provvedeva ad un altro cambiamento significativo nella Curia Romana procedendo alla formale soppressione della Congregazione dell’Indice.
La Congregazione dell’Indice dei Libri proibiti era stata creata da Papa Pio V nel 1571: aveva il compito di stilare e aggiornare la lista dei libri contrari ai principi della dottrina e della morale cattolica.
Con questo Motu proprio Benedetto XV stabiliva con la soppressione della Congregazione dell’Indice che il suo compito “di esercitare la censura su libri ed altri scritti, sarà d’ora in poi di competenza del Sant’Uffizio”.
Nello specifico alla Congregazione del Sant’Uffizio veniva aperta una Sezione per l’Indice.
Per “evitare che con questa fusione – precisiva il Papa – si accresca eccessivamente la mole di lavoro del Sant’Uffizio, passerà alla Penitenzieria Apostolica tutto ciò che riguarda le Indulgenze: essa sarà pertanto competente a giudicare su tutto ciò che si riferisce all’uso e alla concessione delle Indulgenze, fatto salvo il diritto del Sant’Uffizio di esaminare sotto l’aspetto dogmatico le nuove preghiere e devozioni”.
La Sezione delle Indulgenze presso il Sant’Uffizio veniva pertanto trasferita alla Penitenzieria Apostolica.
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AI CARDINALI RIUNITI IN CONCISTORO SEGRETO,
SULLE SORTI DEL CATTOLICESIMO IN PALESTINA
Palazzo Vaticano – Lunedì, 13 giugno 1921
Venerabili Fratelli.
Per la seconda volta nel corso di quest’anno vi abbiamo oggi riuniti intorno a Noi per due motivi: per completare il vostro illustrissmo Collegio e per provvedere in forma solenne ad assegnare nuovi Pastori alle Chiese che ne sono state private. Ma prima di procedere a quanto programmato, desideriamo, secondo l’antica consuetudine, intrattenervi su alcuni importanti affari che riguardano il governo della Chiesa Cattolica.
Ricorderete certamente che in questa stessa sede il 10 marzo 1919 Noi Ci mostrammo assai preoccupati della piega che prendevano gli avvenimenti, dopo la guerra, in Palestina; in una terra tanto cara a Noi e ad ogni cuore cristiano, perché consacrata dallo stesso Redentore Divino nella sua vita mortale. Se non che, lungi dal diminuire, quella Nostra apprensione si va purtroppo ogni giorno aggravando.
Infatti, se Noi allora lamentavamo l’opera nefasta svolta colà dalle sette acattoliche che pur sogliono gloriarsi del nome di cristiane, anche adesso dobbiamo alzare lo stesso lamento nel vedere che esse, provviste, come sono, abbondantemente di mezzi, proseguono la loro opera sempre più attiva, profittando abilmente della immensa miseria in cui quegli abitanti piombarono in seguito alla immane guerra. Da parte Nostra, quantunque non abbiamo tralasciato di soccorrere le stremate popolazioni Palestinesi, dando nuovo impulso o vita a varie istituzioni di beneficenza (il che continueremo a fare finché Ci basteranno le forze), tuttavia non possiamo recare un soccorso adeguato ai bisogni, specialmente per il motivo che con i mezzi messi a Nostra disposizione dalla Divina Provvidenza dobbiamo anche rispondere alle grida di dolore che da ogni parte si levano per chiedere aiuto alla Sede Apostolica. Conseguentemente siamo costretti ad assistere con grande pena alla progressiva rovina spirituale di anime a Noi così care e per la cui salvezza lavorarono tanti uomini di zelo apostolico, primi fra tutti i figli del serafico Patriarca d’Assisi.
Inoltre, quando i cristiani, per mezzo delle truppe alleate ritornarono in possesso dei Luoghi Santi, Noi ben di cuore Ci unimmo alla generale esultanza dei buoni; ma quella Nostra letizia non era disgiunta dal timore, espresso nella citata Allocuzione concistoriale, che cioè, in seguito a così magnifico e lieto avvenimento, gli israeliti venissero a trovarsi in Palestina in una posizione di preponderanza e di privilegio. L’odierna realtà documenta che quel timore era giustificato. Infatti, nella Terra Santa la condizione dei cristiani non solo non è migliorata, ma anzi è peggiorata a seguito delle nuove leggi e degli ordinamenti colà stabiliti, i quali mirano — non diciamo per volontà dei legislatori, ma certamente nei fatti — a scacciare la cristianità dalle posizioni che ha finora occupate, per sostituirvi gli ebrei. Né possiamo inoltre non deplorare il lavoro intenso che molti fanno per togliere il carattere sacro ai Luoghi Santi, trasformandoli in ritrovi di piacere con tutte le attrattive della mondanità: il che, se è dappertutto riprovevole, molto più lo è dove s’incontrano ad ogni passo le più auguste memorie della Religione.
Ma poiché la condizione della Palestina non è stata ancora definitivamente regolata, Noi fin d’ora leviamo la Nostra voce affinché, quando sarà giunto il tempo di darle un assetto stabile, siano assicurati alla Chiesa Cattolica e a tutti i cristiani i loro diritti inalienabili. Noi non vogliamo certamente che siano menomati i diritti del mondo ebraico; intendiamo però che essi non si debbano in alcun modo sovrapporre ai sacrosanti diritti dei cristiani. E a questo scopo esortiamo caldamente tutti i Governi delle Nazioni cristiane, anche non cattoliche, a vigilare e ad insistere presso la Società delle Nazioni, che, come si dice, dovrà prendere in esame il regolamento del mandato Inglese in Palestina.
Che, se dalla Terra Santa volgiamo lo sguardo all’Europa, anche qui si presenta ai Nostri occhi un’immane quantità di dispiaceri. Gli ultimi avvenimenti, come voi ben sapete, Venerabili Fratelli, hanno purtroppo dimostrato che i dissensi e le competizioni tra i popoli non sono ancora cessati, e che, se è quasi estinto l’incendio della guerra, tuttavia perdura ancora lo spirito bellicoso. Pertanto, rinnovando ancora una volta il Nostro vivissimo appello a tutti i Capi di governo di buona volontà, chiediamo che, per loro consiglio e impulso, i popoli depongano a vicenda, per il bene comune, le reciproche avversioni e risolvano, discutendo con spirito di giustizia e di carità, le controversie che sono ancora pendenti fra loro. E in tal modo venga finalmente assicurata alla travagliata Europa la pace da tanto tempo sospirata.
Tuttavia, pur in mezzo a tante preoccupazioni, il Signore Gesù ha voluto benevolmente riservare alla sua Sposa, la Chiesa, e al suo Vicario in terra qualche motivo di consolazione e di conforto. Voi lo avete veduto: appena finito l’immane conflitto, quasi tutte le Nazioni civili che non mantenevano rapporti diplomatici con Noi si affrettarono, di loro spontanea volontà, a esporCi il desiderio di averne, ben persuase che ne avrebbero ricavato molteplici vantaggi. Noi pertanto, fedeli alle tradizioni di questa Sede Apostolica e conformandoCi alla dottrina cattolica che propugna l’armonia dei due poteri per il bene comune dello Stato e della Chiesa, accogliemmo ben volentieri tali desideri, senza però compromettere alcuno di quei princìpi che sono per Noi inviolabili. La stessa Francia, che da ben sedici anni si era ufficialmente staccata dall’amplesso della Madre, ha voluto riprendere presso il Vicario di Gesù Cristo quel posto che già occupava da secoli; e il suo ritorno ha recato a Noi e a tutti i buoni tanta soddisfazione, quanta amarezza aveva procurato il suo allontanamento. Così quello che, data la perversità dei tempi, pareva poc’anzi difficilissimo ad avverarsi, ora, grazie alla Divina Provvidenza, è un fatto compiuto; cioè — qualora una triste condizione di cose non ostacoli la necessaria libertà e indipendenza del Romano Pontefice — quasi tutti gli Stati civili del mondo potranno avere rapporti diplomatici con questa Sede Apostolica; e Noi innalziamo a Dio fervidi voti affinché questa mutua cooperazione sia di fatto, come dovrebbe essere di diritto, sorgente di ogni salutare prosperità per la Chiesa e per i singoli Stati.
