Fare il catechista ha ancora senso?
Cara catechista,
da catechista a catechista: che senso ha continuare? Ormai l’insegnamento del catechismo è diventata un’ora settimanale di indottrinamento civico-laicista. Non si parla più della dottrina cristiano-cattolica, ma delle ideologie buoniste e ambientaliste che albergano in questa nostra società post-cristiana. Se questa d’ora in avanti sarà la catechesi, anziché andare in parrocchia, sarà il caso di mandare i nostri ragazzi in un centro sociale. Tanto oramai non c’è più alcuna differenza. Grazie per la tua attenzione.
Guido T.
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ti comprendo, ma lo scoraggiamento non paga e, soprattutto, non ci si addice. Potrei raccontarti le storie di molti Catechisti uccisi, morti come martiri, per non essersi lasciati andare a quel “che senso ha continuare”?
Le loro vite donate ci dicono che il senso non scompare e che nostro compito non è vedere i risultati, ricevere soddisfazioni, seminare solo sotto il sole o con il tempo bello, o solo in tempo di pace o non seminare perché si è nell’abbondanza.
Bisogna distinguere ciò che sta accadendo all’interno delle Parrocchie.
E’ vero ciò che dici, ma nessun sacerdote può impedirti di fare “Catechismo”, sta a te, a noi, essere creativi e fare in modo che con le novità che si stanno inserendo dentro le Parrocchie, si arrivi anche a seminare la sana dottrina.
Noi possiamo unire “il vecchio e il nuovo”, tradurre il Catechismo, ma senza tradirlo.
La tua testimonianza è purtroppo anche la mia, ma non dobbiamo dire “mal comune mezzo gaudio” piuttosto dovremmo aiutarci (fra Catechisti) vicendevolmente per superare gli ostacoli e vedere in quale modo creativo unire le nozioni serie del Catechismo all’interno di suggestive lezioni sociali, usate più per intrattenimento che non per imparare la dottrina della Chiesa.
E’ quel essere “scaltri” o come quell’amministratore disonesto che alla fine però, con la sua scaltrezza, riesce a riconquistarsi il posto, Vangelo di Luca 16,1-13.
In questa parabola Gesù arriva a dire: “Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti..”
Gesù non sta dicendo certo di diventare disonesti, attenzione, ma piuttosto scaltrezza, passione, creatività per il nostro servizio al regno di Dio.
Gesù sembra dirci: mettici tutta la tua professionalità, e con rigore, mettici i talenti che ti ho dato non per essere o diventare un pessimista, ma per operare con rigore verso di te e com-passione verso gli altri.
Certo che con Gesù possiamo dire e riconoscere che “veramente i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce”, ma noi abbiamo come Maestro Dio stesso, la Madre Chiesa che sta cercando davvero di essere scaltra, ma pur sempre con maternità.
San Giovanni Bosco diceva che occorreva fare di questi ragazzi “dei buoni cristiani e degli onesti cittadini”, così vediamo che le due opere parrocchiali – l’educazione al sociale e la dottrina – possono andare di pari passo, anzi, devono camminare insieme, non possono essere separate.
L’educazione infatti non è “solo” dottrina e se oggi al Catechismo occorre aggiungere una dose massiccia di educazione al sociale, ben venga, perchè lo faremo al modo della Dottrina sociale della Chiesa e non certo dei centri sociali.
C’è senza dubbio molta confusione su questa dottrina sociale e molti non la conoscono affatto, ma è parte della dottrina della Chiesa insegnare ai giovani come vivere nel sociale.
Allora capiremo bene che in Parrocchia potremmo occuparci di entrambe le cose.
Quando la mia lezione di catechismo viene occupata da impegni “sociali” della parrocchia, cerco sempre di unirci la dottrina. Per esempio ricordo al gruppo la parabola del ricco e del povero Lazzaro e quindi di quanto sia importante l’azione verso chi ha bisogno perchè è un dovere del cristiano, e si arriva a parlare dell’inferno, della sua esistenza.
Quando si parla del prossimo ricordo allora che il nostro primo Prossimo è Gesù che attende alla porta del nostro cuore, attende che noi gli apriamo perchè se prima non apriamo la porta a Lui, le nostre opere sono morte.
E così via.
Certo, oggi si fa più fatica perchè sarebbe più facile non stare li a discutere o a spiegare, consegnare il pacchetto delle nozioni e mandarli a casa, o separare l’educazione al sociale dalla dottrina, ma laddove questo ordine è stato ribaltato, usiamo i talenti che abbiamo per riunirli e andare avanti ben sapendo che alla fine siamo “servi inutili” e che dopo la semina chi fa crescere è il Signore, non noi.
Perciò, caro Guido, non lasciamoci scoraggiare, non abbiamo paura di certi cambiamenti, perchè laddove tutto cambia sappiamo con certezza che la Parola di Dio non cambierà mai e che sempre si farà strada, e che se noi vi rinunciamo il Signore troverà altri con cui rimpiazzarci, ma ciò che perderemo noi sarà immenso e drammatico.
Gesù del resto è chiaro: “Procuratevi amici che vi accolgano nella dimora eterna”. La carità e l’elemosina, il sostegno alle opere di solidarietà sono il modo sicuro di procurarci amici in cielo. Classica è la parabola del ricco appunto che, avendo trascurato in terra il povero Lazzaro, non lo trovò più disponibile in cielo neanche “per intingere nell’acqua la punta del dito e bagnargli la lingua nei tormenti dell’inferno” (Lc 16,19-31).
Significativa è l’ultima benedizione che la Chiesa dà nel rito del Matrimonio: “Siate nel mondo testimoni della carità di Cristo, sappiate riconoscere Dio nei poveri e nei sofferenti perché vi accolgano un giorno nella casa del Padre”.
Non lasciamoci dunque imprigionare dai vangeli mediatici che separano le dottrine, non esiste un Catechismo separato dall’educazione al sociale, non esistono dottrine che si contrappongono, così la dottrina sui Sette Sacramenti, sui Dogmi, sulla fede, le tre virtù teologali “fede, speranza e carità”, o le 4 virtù cardinali: Prudenza; Giustizia; Fortezza; Temperanza, o le sette opere di misericordia corporali dar da mangiare agli affamati. Dar da bere agli assetati. Vestire gli ignudi. Alloggiare i pellegrini. Visitare gli infermi. Visitare i carcerati. Seppellire i morti.
Le sette opere di misericordia spirituale: Consigliare i dubbiosi. Insegnare agli ignoranti. Ammonire i peccatori. Consolare gli afflitti. Perdonare le offese. Sopportare pazientemente le persone moleste. Pregare Dio per i vivi e per i morti, tratte dal Vangelo di Matteo, sono state di recente raccomandate dal Papa, anzi, ha chiesto proprio di impararle a memoria per poterle mettere in pratica tutte e quattordici (vedi qui – Discorso del 30 aprile 2015).
Coraggio e avanti tutta, siamo strumenti della Verità, cooperatori di Gesù Via, Verità e Vita, è Lui che manda avanti tutto e fa crescere, noi cerchiamo di fare la nostra parte con gioia, con sacrificio, con-passione, per la maggior gloria di Dio.
Un ricordo nel Rosario.
Sia lodato Gesù Cristo