Madre Makaria mistica russa del XX secolo

Madre Makaria 1926-1993 – Questa grande “avvocata ” della Russia del ventesimo secolo dimostra come si possa vivere la santità conducendo un’esistenza in misere condizioni, da analfabeta, con gravi handicap e grandi tribolazioni.

Priva di aiuti e poverissima, curva nel suo lettuccio, Madre Makaria non solo portò con pazienza la sua croce, ma divenne consolatrice di migliaia di persone accorse da lei con richieste di consiglio ed aiuto.

La lampada che si accende da sola

Il 13 giugno 1926 i coniugi Artemev, gente semplice del villaggio russo di Karpo­vo, a ovest di Mosca, portarono la loro neonata in chiesa per il battesimo. La bambina ricevette il nome di Feodosia, che vuol dire, “donata dal Signore”. Più tardi, come monaca russo-ortodossa, assunse il nome di “Makaria”. Sollevando la bimba dall’ac­qua del battesimo, il sacerdote disse parole profetiche: “Una bambina buona, re­sterà in vita, ma non potrà camminare”.Per la grande famiglia Artemev, composta da venti persone, la casa era piccola e stret­ta. Feodosia giaceva in una culla di legno che pendeva dal soffitto, attaccata a quattro corde.

Ella cresceva normalmente, ma presto ci si accorse che sopra la culla, ogni gior­no a mezzogiorno, una candela si accendeva da sola per poi ardere fino alle tre del po­meriggio – quasi a segnalare fin da allora l’elezione della piccola.”Guardate là “, si meravigliavano le cognate, “la luce arde di nuovo. Questa bam­bina sarà qualcosa di speciale “.La bambina cominciò presto a camminare, ma improvvisamente a un anno e mezzo non riuscì più a stendere le gambe. Poggiando il piede a terra sentiva grandi dolori, con il tempo perse la capacità di tenersi eretta e andò avanti solo carponi. Madre Makaria racconterà: “Dai tre anni non potei più camminare e divenni un peso per la mia famiglia”.

Un’esistenza senza gioia, sotto il letto

Nessun medico poté curarla e perciò Feodosia, dai due-tre anni, passò la maggior parte del tempo sotto un vecchio letto. Senza affetto, non lavata né pettinata, vestita a malapena e senza scarpe, la piccola trascurata, per nutrirsi, cercava briciole di pane sot­to il tavolo: “Non avevano compassione di me e non mi davano da mangiare spe­rando che morissi presto. Ero talmente affamata che facevo fatica a muovermi.Non so come sono riuscita a sopravvivere. `O, se Dio ti prendesse presto!’, sentivo spesso dire da mia madre, dai miei fratelli e sorelle che mi offendevano puntualmente. Avevo paura di tutto “.L’unica consolazione per Feodosia era quando suo padre la prendeva sulle ginocchia, mentre leggeva la Sacra Scrittura.

Sebbene il suo cuore di bambina non comprendesse tutte le parole del Buon Dio, queste penetrarono profonda­mente dentro di lei. E in breve tempo questo mondo intimo e spirituale, la relazione con gli angeli e con i santi, che nessuno immaginava, divennero la sua unica gioia.A cinque anni, la Madonna le insegnò a pregare. Feodosia non poteva andare a scuola e chiese piangendo alla Madonna: “Mamma Celeste, sono ammalata e non saprò mai né leggere né scrivere. Ti prego, insegnami ed illumi­nami Tu!”.

Nel Cielo

All’età di 8 anni, una mattina, Feodo­sia non si svegliò. Appariva fredda e inani­mata. In fretta il padre la portò in ospedale e lì i medici, dopo averla visitata, dissero: “Se entro quattordici giorni la bam­bina non si riprende da questo stato di coma, la dovremo considerare morta “.

Mentre Feodosia era ad un passo dalla morte, il suo angelo custode le fece ve­dere il Cielo. Sessant’anni dopo, Madre Makaria, ricordava ancora ogni particolare di quello che aveva vissuto in quei quattordici giorni: il calore, la gioia traboc­cante e lo splendore del Paradiso, l’incontro con una moltitudine di angeli e santi, tutti raggianti e giovani, festosi e con vesti sgargianti. Inoltre poté visitare una splendida natura, con fiori conosciuti e sconosciuti, alberi, animali ed uccelli. “Mi fu mostrata anche una chiesa enorme, trasparente e dorata. `Perché non ci sono icone in questa chiesa?’, domandai, e i santi mi risposero: `A cosa servono le icone? Ci siamo noi presenti di persona’. In tutto questo, la più bella era la Madonna. Piangendo la pregai: `Per favore, guarisci le mie gambe o fammi restare qui’. Ma la Zarina del Cielo rispose: `Ancora non puoi rimanere, sei necessaria in terra. Non ti abbandonerò mai’, mi promise”. Poi la Madonna le donò il carisma della guarigione.

Il corpo di Feodosia riacquistò calore e al risveglio, il quattordicesimo giorno, con fatica e a carponi, uscì dall’obitorio dove già l’avevano sistemata. Vedendola, tutti furono sotto shock per lo spavento.

Le prime guarigioni

Mentre gli adulti erano fuori casa, Feo­dosia accudiva i piccoli, aiutava nelle faccende domestiche, nel filare e nel lavoro a maglia. “Ero molto magra, ma svelta. Più volte mi sono legata sulla schiena il samovar e l’ho trascinato verso il fiume per lavarlo “.Fino agli undici anni e mezzo, la ragazza, dai capelli fitti e bruni e dagli occhi celesti, vide nel sonno Santi che le indicavano cosa fare e le insegnavano preghiere per benedire acqua ed olio per la guarigione dei malati.

Feodosia aveva appena dodici anni quando la Madonna le permise di ricevere persone soffe­renti fisicamente o spiritualmente. Maria stessa appariva ai sofferenti in sogno e li spronava a chiedere la guarigione nella casa degli Artemev. Per prima venne una donna dal villaggio vici­no, Novikove, con il suo gallo cieco. “Dove sta la `babusca’ che guarisce?”: chiese al padre Artemev. “Qui non c’è una `babusca’, ma una ragazzina!”, fu la risposta secca. Con sguardo scettico la donna scrutò “la giovanet­ta, piccola e magra ” e, imbarazzata, si mise a pregare con Feodosia, prima che ella spruzzas­se l’animale con l’acqua benedetta. Immediata­mente il gallo riprese a vedere e la notizia si diffuse in un batter d’occhio. Presto diversi contadini presero a venire dai dintorni o da lontano per chiedere la guarigione per i loro animali. Alla richiesta se avesse potuto guarire anche le persone, Feodosia rispose consegnando dell’acqua benedetta insieme ad una lista di preghiere che si sarebbero dovute recitare a casa. Tutti i malati furono guariti!

Con trentasei bambini

Negli anni trenta, sotto il comunismo, quasi tutte le chiese ortodosse furono chiuse o fatte saltare in aria; diversi vescovi, preti, mo­naci e fedeli furono imprigionati in campi di concentramento. Nell’agosto del 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi occu­parono anche Karpovo. Tutti i membri della fa­miglia Artemev erano al fronte o fuggiti. Solo Feodosia, handicappata, era stata lasciata senza cibo ed esposta alla morte. Gli altri abitanti del villaggio, in preda alla disperazione, lasciarono presso la ragazza anche tutti quei bambini di tenera età che non avrebbero potuto portare con loro nella fuga per i boschi. Erano in tutto tren­tasei bambini. Cosa avrebbe potuto fare quella ragazza di quindici anni? “Ho acceso sette lampade e dodici candele, ho preso un lat­tante in braccio e in ginocchio ho comin­ciato a pregare Dio “.

I soldati tedeschi fecero irruzione nella casa con l’intenzione di farla saltare in aria e Feodosia li supplicò: “E’ pos­sibile che siate così senza cuore da voler uccidere tutti i miei bambini?”. Con l’aiuto di un traduttore, uno degli ufficiali tedeschi ri­spose ridendo: “I tuoi bambini! Come può una ragazza avere tanti bambini? “. Aveva sentito dire però che in quella casa viveva qual­cuno con il dono della profezia e chiese: “Dimmi, piccola, dov’è mia moglie e cosa sta facendo?”. “Sta attraversando grandi tribolazioni, ma la situazione migliorerà”, rispose Feodosia. “Non abbiamo mai visto nessuno pregare come te!”, disse l’ufficiale e le rilasciò un “salvacondotto” che collocò sulla finestra. Feodosia, insieme ai suoi protetti, non fu più importunata o minacciata. Ritiratisi i sol­dati tedeschi, la popolazione tornò nel villag­gio, ma trovò tutte le case già occupate da altre famiglie. Anche nella casa degli Artemev erano arrivati degli estranei, che senza pietà avevano mandato via Feodosia: “Vai carponi nel vil­laggio vicino, lì ti aiuteranno “. Settecento giorni all’aria aperta A Zagolovka non c’era nessuno dispo­sto ad ospitare la ragazza handicappata con il vestito strappato e le gambe sanguinanti. “Perciò, piangendo, mi sono trascinata in un capannone e mi sono sdraiata sul fie­no”.

Durante l’inverno, a volte, mi scavavo una buca nella neve dove mi rintanavo per dormire, come un animale. Ho bevuto ac­qua sporca, ho mangiato neve e rafia di betulla o, durante l’estate, funghi, bacche, erba e fiori di campo, perché raramente qualcuno mi dava un pezzo di pane. In tutto ciò ho pregato ininterrotta­mente Dio”. Per tutto il tempo di un anno e undici mesi Feodosia soprav­visse ìn tali condizioni, solo per miracolo. Tl Signore le volle donare parte della Sua sofferenza di Salvato­re, che anche per l’Uomo-Dio aveva significa­to mancanza di un ricovero: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo “. (Mt 8,20)Dio diede a Feodosia tutta la forza e la consola­zione.

Nel 1943 la Madonna le disse: “Hai vissuto a lungo per strada. E’ ora ché tu abbia una casa. Oggi incontrerai qualcuno”. La monaca Natalia, di 72 anni, era stata cacciata dai comunisti dal suo monastero. Prese con sé Feodosia nella sua casa a Tjomkino. La ragazza lì si trovò bene; rimase con madre Natalia fino alla sua morte, cioè per più di trent’anni. Nel­l’atmosfera di preghiera di quell’abitazione, la ragazza trovò la sua vera vocazione; a causa del regime comunista, pronunciò i suoi voti di consacrata di nascosto e più tardi, come monaca ortodossa, prese il nome di Makaria. “Tutti sono miei figli”Agli inizi della sua vita a Tjomkino solo di tanto in tanto alcune persone sí recarono da Feodosia per chiedere la sua intercessione, dalla metà degli anni quaranta iniziò un vero, ‘via vai’ di visitatori. Con la macchina; l’autobus o con il treno, russi, ucraini, tartari e rom cominciarono a rivolgersi a lei.

Chiedevano il suo aiuto metropoliti della Chiesa ortodossa; ma anche semplici fedeli, ebrei, atei e índemo­niati. Vennero a lei persone coinvolte in situa­zioni di magia nera e stregoneria che causarono ulteriori sofferenze alla malata. Giovani e anziani si aspettavano aiuto fisico e spirituale da questa donna debole, che giace­va curva e misera in un letto. Da questa sede Feo­dosia visse fedelmente la sua vocazione, per quasi cinquant’anni, fino alla rnorte.Alla Madonna, che le appariva spesso, una volta Makaria chiese: “Madre, perché ti sei scelta una persona handicappata come me?”. Ella rispose: “Mi sono guardata in­torno, ma non ho trovato nessuno meglio di te. Tu sei l’eletta”. “Ma che eletta potrei essere? Passo tutta la mia vita a letto!”. “Sì, tu sei la mia perfetta”. “Non capisco cosa intendi per perfetta, aggiunse Maka­ria chinandosi rispettosamente davanti alla Ma­donna, “ma accetto e vivo volentieri tutte le sofferenze. Soffrire, sì, questo lo so fare”.

Un figlio spirituale le disse: “Madre, lei, con la sua sofferenza, ha abbracciato tutta la Russia” e Makaria gli confidò: “Dio ha crea­to una persona inutile come me per la sof­ferenza. Non si dovrebbe offenderLo. Non ho conosciuto altro che Lui e il mio letto. Qui starò ancora a lungo, guardando Lui e soffrendo per tutti. In questo modo si può vivere cento anni”.In vita Makaria fu spesso malata. A venti anni aveva già perso tutti i denti. A trentuno fu rico­verata per un’infiammazione renale. Medici, infermieri e pazienti le facevano visita affamati di spiritualità. Uno dopo l’altro vollero im­parare da lei a pregare e di nascosto tutti copiarono un suo libro di preghiere, atto severamente vietato dal regime comunista e perciò estremamente pericoloso.Malati o sofferenti, che si avvicina­vano al suo capezzale, scoprivano che Madre Makaria, l’asceta, conosceva più lei sul visitatore di quanto questi conoscesse di se stesso. Ciò nonostante Makaria ascoltava e consolava tutti pazientemente. Soprattutto pregava con chi cercava aiuto o consiglio e lo incoraggiava alla fiducia nel Signore e in Sua Madre, prima ancora che avvenissero le guarigioni. “Porto tutti a Cristo che forse un giorno mi dirà: `Makaria, hai portato tutti quanti a Me: uno ti ha derubato, altri ti hanno offeso, altri an­cora si sono approfittati di te’. Io però chiederò solo: `Signore, abbi pietà di tut­ti!’. ”

Spesso disse con tutta semplicità: “Ma­tusca, mammina pregherà, sì, pregherò e starai meglio. Nessuna parte del mio corpo è senza dolori, ma prego la Ma­donna di togliere a voi il dolore e di darlo a me. Ho tanta compassione di voi! Siete tutti miei figli “.Un giorno entrò da lei una donna con cat­tive intenzioni e baciò la mano di Makaria, che si gonfiò subito. Alcuni dei suoi figli spirituali protestarono dicendo: “Mammina, tu conosci le intenzioni del cuore di certe persone che vengono. Perché le fai entrare?”. Con indul­genza lei rispose: “Non sarebbe giusto non farle entrare. Tutti possono venire, dobbia­mo essere misericordiosi con tutti!”.Makaria pregava sempre anche di notte e il suo volto diventava luminoso. “Non so cosa vuol dire dormire la notte! Semplicemente, non ne ho il tempo!”, diceva.

In sogno poté dare consolazione e risposte a molti sofferenti su problemi quasi irrisolvibili.Durante la notte benediva l’olio e l’acqua miracolosi che i visitatori potevano prendere il giorno successivo e con i quali avvenivano nu­merosi miracoli. A volte, durante il giorno, i suoi figli spirituali la vedevano estremamente stanca e cercavano di persuaderla: “Matusca, riposati un po’!’. Lei rispondeva semplice­mente: “Chi soffre? Io soffro, questo è il mio compito. Sto sempre bene. Solo l’egoi­sta sta male “. Juri GagarinFra i visitatori di Makaria ci fu anche Juri Gagarin, il fāmoso cosmonauta che per primo fece il giro della terra nel­lo spazio. Stando alle dichiarazioni ufficiali, il 12 aprile del 1961, il suo volo spettacolare, con la nave spaziale “Wo­stok”, durò 106 minuti. Per questa impresa egli fu dichiarato “eroe dell’Unione Sovietica”. Il suo luogo di nascita, Gschatsk, fu ribattezzato “Gagarin”. Da lì spesso i cosiddetti “gagarini” venivano a Tjomkino, distante 80 chilometri, per far visita a Makaria. Anche la madre del cosmonauta, Anna, contadina, era spesso fra loro. Ella aveva raccontato al figlio che la santa asceta non poteva vivere con la sua pensione. “Gagarin venne più volte a farmi visita”, raccontò Makaria. “L’ultima volta fu all’inizio di marzo del 1968. Parlammo a lungo e mi disse: `Chiederò una pensione per lei, non è giusto che riceva così poco’. Era un uomo semplice, buono e schietto come un bambino. Allora gli dissi: `”uri, non devi più volare! Non volare più!’. Ma lui non mi ascoltò ed è morto”. Gagarin perse la vita il 27 marzo del 1968 in un incidente aereo, aveva 34 anni.

Volontari in casa

Dopo la morte di Madre Natalia, alcuni volontari si assunsero la responsabilità della cura di Makaria, occupandosi della casa e dei visitatori. A parte poche eccezioni, tutti costi­tuirono una sofferenza per Makaria per i loro modi arroganti e grossolani. Benché ben paga­te, alcune donne insoddisfatte rubavano soldi e altri generi di doni portati dai visitatori. Sgrida­vano Makaria e intenzionalmente le facevano soffrire la fame e la sete, senza reagire alle ri­chieste d’aiuto della santa inerme, che negli ul­timi tempi di vita era diventata quasi del tutto cieca. Alcune di queste persone praticarono persino magia nera; senza motivo le lampade ad olio si spegnevano all’improvviso, un sim­bolo della lotta spirituale contro la vocazione della mistica Makaria, la cui morte queste “col­laboratrici” aspettavano impazientemente, for­se per prendere possesso della casa. “Satana si serve di loro, ecco perché gridano e inveiscono contro di me”, osservava la madre senza rancore. ‘Io però sto se­duta sul mio letto o tiro la coperta sul mio capo. Sto lì sdraiata e non dico neanche una parola. Devo rimanere zitta, perché sono una persona total­mente insignificante. Non attacco mai nessuno, ma rimango zitta e prego. Mi sforzo di non offendere i protettori celesti. Mi sottometto a tutti”.

Una volta un figlio spirituale le chiese: “Mammina, perché piangi tanto?” e lei rispose soave: “Piango su tutti voi. Ho passato tutta la vita in preghiera e in lacrime. Non conosco altro”. In un’altra occasione, rivolgendosi ad una collaboratrice domandò: “Dov’è la brocchetta? “. “Quale brocchetta? “, fu la risposta irritata. “Quella bella, d’oro, di cui mi ha parlato una voce; tutte le mie lacrime sono raccolte lì dentro “.Verso la fine della sua vita, queste don­ne astiose iniziarono anche a dormire nella stanza con Makaria e rare volte fa­cevano entrare i pellegrini e i suoi figli spirituali. Molto raramente questi ultimi ebbero il permesso di parlare con lei e aiutarla. Inerme, come una bambina, la santa era esposta ai loro capricci: “Sono debole e mi torturano, ma non serbo rancore verso di loro, solo prego: Madre di Dio, perdona tutti coloro che mi trattano male “. Sempre più isolata nella propria casa, si realizzò una delle sue profezie: “Sarò molto sola, abbandonata da tutti”.

La Zarina del Cielo

Tra i fatti più straordinari della vita di Madre Makaria si trova la sua relazione familiare con la Madre di Dio. Durante certi periodi, Maria le appariva quotidianamente, avvolta di profumi molto delicati. La Vergine Santissima si sedeva su una panca di legno davanti al letto e affettuosamente consolava l’ammalata. Anche S. Serafim di Sarow le apparve nel 1982, sedette anch’egli sulla stessa panca e la esortò paternamente: “Dovresti dormire almeno sei ore, altrimenti diventi troppo debole! “.Durante ogni sua “visita” la Madonna donava nuova fiducia e forza alla “sua sofferente”, perché ella fosse sempre raggiante e serena. Maria le suggeriva anche parole di consolazio­ne per chi le chiedeva consiglio e le mostrava ciò che stava accadendo nel mondo: “Lei ha guidato tutti i miei discorsi e le mie azio­ni “.

Alla domanda se ella comprendesse il lin­guaggio di Maria, Makaria rispose come una bambina: “Perché no? La Madonna è russa e parla come noi, solo qualche volta un po’ piano. Ella ci dice: ‘Vivete un po’di più nel silenzio!’. “Negli ultimi anni si presentarono da Makaria molti malati ed era difficile per lei sostenere tutte queste numerose persone: “Mi mancano le forze per portare il peso di tutti i malati, gli alcolizzati e i nemici, … mi lamentavo spesso con la Madonna. Allora Lei, lieve­mente, mi ha passato la sua mano sulla te­sta e mi ha detto: `Soffri ancora un po’! Il tuo compito non è ancora finito e per que­sto non ti porto con me. Ti avrei preso da molto tempo, ma non ho trovato nessuno disposto a prendere il tuo posto. Perciò devi soffrire ancora. Prendi su di te le sofferenze, perché gli uomini non vadano persi’. E poiché me lo ha detto, non una persona qualunque, ma la Zarina del Cielo, io soffro ancora. E’ Lei che mi dà la forza! “.A volte era la Madonna a piangere e Makaria la consolava piena di compassione. “Quanto sono stata triste e quanto mi ha fatto male vedere le grandi lacrime della Madre di Dio, che piangeva negli ultimi tempi, venendo la notte. Mi sarebbe piaciuto raccoglierle!”.

Colonne divine

Per ispirazione divina Madre Makaria era a conoscenza del fatto che esistevano in Russia anime sante delle quali diceva: “Vivono na­scoste agli occhi della gente molte `colonne’ che intercedono davanti a Dio. Molte con­ducono un’esistenza solitaria, spesso sulle montagne o in piccole capanne, con solo un tavolo e un’icona sul muro. Sono veramente le `colonne’ che partono dalla terra e s’innalzano verso il cielo. Queste `colonne divine’ pregano per noi “. A Makaria non sa­rebbe mai venuto in mente di considerare se stessa una di queste “colonne divine” mentre invece lo fu a pieno titolo. Nell’anno della sua morte, alcuni dei suoi intimi l’avevano sognata, giovane, vestita a festa in un palazzo reale. Glielo raccontarono ed ella pensierosa rispose: “Spero un giorno di arrivare in cielo, anche solo all’ultimo posto! Dopo la mia morte potrò aiutare molto. Dirò alla Madonna: `Tutti questi sono miei figli, accettali!’. ” Madre Makaria è morta il 18 giugno del 1993, le sue ultime parole sono state: “Pregate e digiunate – in questo è la salvezza! “.