La Santa che combatté per Roma…. a differenza degli “novatori e rivoluzionari” che hanno remato sempre “contro Roma”, contro il papato…
Una donna umile e analfabeta riuscì là, dove molto uomini di cultura avevano fallito e, ben duecento anni prima del protestantesimo di Lutero, Ella seppe – osiamo dire profeticamente – porre le basi teologiche sulla vera obbedienza al Papa ed alla Chiesa.
Le lettere, che la mistica scriveva al Papa in nome di Dio, sono infuocate, documenti di una realtà che impegna cielo e terra. Lo stile cateriniano, sgorga da sé, per necessità interiore. Viene definita «Delicatissima donna, questo gigante della volontà; dolcissima figlia e sorella, questo rude ammonitore di Pontefici e di re; i rimproveri e le minacce che ella osa fulminare sono compenetrati di affetto inesausto» (G. Papàsogli, Caterina da Siena, Fabbri Editori RCS, Milano 2001, p. 201). Usa espressioni tonanti, invitando alla virilità delle scelte e delle azioni, ma sa essere ugualmente tenerissima, come solo uno spirito femminile è in grado di fare.
«Quando la fama della sua santità si diffuse», ha spiegato papa Benedetto XVI nell’udienza a lei dedicata il 24 novembre 2010, «fu protagonista di un’ intensa attività di consiglio spirituale nei confronti di ogni categoria di persone: nobili e uomini politici, artisti e gente del popolo, persone consacrate, ecclesiastici, compreso il Papa Gregorio XI che in quel periodo risiedeva ad Avignone e che Caterina esortò energicamente ed efficacemente a fare ritorno a Roma. Viaggiò molto per sollecitare la riforma interiore della Chiesa e per favorire la pace tra gli Stati: anche per questo motivo Giovanni Paolo II la volle dichiarare Compatrona d’ Europa: il Vecchio Continente non dimentichi mai le radici cristiane che sono alla base del suo cammino e continui ad attingere dal Vangelo i valori fondamentali che assicurano la giustizia e la concordia».
Nel 1374 a Siena scoppiò la peste bubbonica, il flagello della malattia aveva trasformato la casa di Caterina in un lazzaretto. Caterina – spiega il sito di Korazym – accorreva dovunque, di giorno e di notte pronta a ogni richiamo. Anche il suo confessore fra Raimondo da Capua ne è contagiato. Lui stesso più tardi racconta gli avvenimenti. Descrive i sintomi della malattia, poi la corsa disperata, sorretto da un altro frate fino alla casa di Caterina.
La santa non si trova in casa, e quando rientra, vede il suo confessore in quello stato, si butta in ginocchio e prega. E’ convinta che solo in quel modo possa aiutarlo. Miracolosamente fra Raimondo guarisce e in seguito raccontò che aveva avuto la sensazione di sentirsi strappare via dal corpo il bubbone e il male.
Nell’omelia durante la proclamazione a Dottore della Chiesa papa Paolo VI ne descrisse la ‘sapienza’: “Ciò invece che più colpisce nella Santa è la sapienza infusa, cioè la lucida, profonda ed inebriante assimilazione delle verità divine e dei misteri della fede, contenuti nei Libri Sacri dell’Antico e del Nuovo Testamento: una assimilazione, favorita, sì, da doti naturali singolarissime, ma evidentemente prodigiosa, dovuta ad un carisma di sapienza dello Spirito Santo, un carisma mistico. Caterina da Siena offre nei suoi scritti uno dei più fulgidi modelli di quei carismi di esortazione, di parola di sapienza e di parola di scienza, che S. Paolo mostrò operanti in alcuni fedeli presso le primitive comunità cristiane, e di cui volle che fosse ben disciplinato l’uso, ammonendo che tali doni non sono tanto a vantaggio di coloro che ne sono dotati, quanto piuttosto dell’intero Corpo della Chiesa”.
Don Curzio Nitoglia ci aiuta a comprendere l’obbedienza al Papa:
Veniamo ora ad apprendere, dalle parole della Santa, i Consigli per i Sacerdoti, ma anche per il Laici… ricordando a tutti che abbiamo messo a vostra disposizione – vedi qui – un piccolo libretto ricco di aneddoti e degli scritti della nostra Patron.
Dalle Lettere di Santa Caterina da Siena: solo le virtù ci faranno conformare al Cristo Crocefisso (lettera n. 82 – A tre donne di Firenze)
“Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.
Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù, perchè la divina bontà v’ha tratto dal moto del mondo, non vogliate volgere il capo addietro e mirare l’arato: ma sempre mirate quello che vi bisogna di fare per conservare in voi il santo principio, e proponimento che avete fatto. Quale è quella cosa che ci conviene vedere e fare per conservare la buona volontà? dicovelo. Che sempre siate nella cella del conoscimento di voi; e conoscendo, voi non essere e l’essere vostro avere da Dio; e di conoscere li difetti vostri, e la brevità del tempo il quale è tanto caro a noi. Però che nel tempo si può acquistare la vita durabile, e perderla, secondo che piace a noi: e, passato il tempo, nessun bene possiamo più fare. E dovete conoscere in voi la grande bontà di Dio, e l’ineffabile amore che a voi porta; il quale amore v’ha manifestato col mezzo del Verbo dell’unigenito suo Figliuolo: e questo dolce e amoroso Verbo lo ha mostrato col mezzo del sangue suo. Onde noi siamo quel vaso che abbiamo ricevuto il sangue; e siamo quella pietra dove è piantato il gonfalone della santissima Croce. (..) Allora l’anima, che sì dolcemente conosce Dio, ama quello che conosce della sua bontà, e odia quello che conosce di sè nella parte sensitiva, onde trae la vera umiltà: la quale è balia e nutrice della carità. (..) Le orazioni in nessun modo si debbono lasciare, se non fosse già per caso di obbedienza ai superiori o per compiere un atto improvviso ed urgente di carità; ma per altro motivo no, non dispensa dall’orazione neppure la personale battaglia interiore, una tentazione o per sonnolenza di mente e di corpo. Ma debbasi destare il corpo con l’esercizio corporale, o in penitenze o in altri esercizi che abbiano ad estirpare il sonno e la noia, quand’egli ha avuto il debito suo, l’appagamento del riposo. La sonnolenza della mente la si desta col dispiacimento di sè: e con una impugnazione santa salire la sedia della coscienza vostra, riprendendo sè stessa, e dicendo: «che dormi tu, anima mia? dormi, e la divina bontà veglia sopra a te: e il tempo passa e non ti aspetta. Vuoi tu esser trovata a dormire dal Giudice, quando ti richiederà che tu rendi ragione del tempo tuo, come tu l’hai speso, e come sei stata grata al benefizio del sangue suo?» Perocchè ricordate che l’Amore non sta ozioso, ma sempre adopera grandi cose. Facendo così, vi vestirete della virtù della pazienza, che è fondamento della carità; e goderete delle pene, purchè voi vi possiate conformare con Cristo crocifisso; e a portare le pene e obbrobrii Suoi, vi parrà godere. E fuggirete le conversazioni profane, deliziandovi della santa solitudine; e non presumerete di voi; ma confiderete in Cristo Crocifisso. E non s’empirà la mente vostra di fantasie, ma di vere e reali virtù: amando con il cuore schietto e non finto, libero e non doppio; ma in verità amerete Lui sopra ogni cosa, e il prossimo come voi medesime. Nè per molestie del demonio, che vi desse laidi e malvagi pensieri, nè per fragilità della carne, nè per molestie delle creature, non verrete a tedio nè a confusione di mente; ma con fede viva direte con Paolo Apostolo: «per Cristo crocifisso ogni cosa porterò, che è in me, che mi conforta». Riputatevi degne delle pene, e indegne del frutto, per umiltà. Amatevi, amatevi insieme con una carità fraterna in Cristo dolce Gesù, tratta dall’abisso della sua carità. Altro non vi dico. Dio vi riempia della sua santissima grazia. Or bagnatevi e annegatevi nel Sangue di Cristo Crocifisso, dolce amore. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.”
Dal Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena: perché dobbiamo pregare, supplicare e fare sacrifici per i sacerdoti. (1) “I ministri indegni…
121. Ora fa attenzione, carissima figlia, perchè ti voglio mostrare la vita scellerata di alcuni di loro, e parlartene affinchè tu e gli altri miei servi abbiate più motivi per offrirmi umili e continue preghiere per loro. Da qualsiasi lato tu ti volga, secolari e religiosi, chierici e prelati, piccoli e grandi, giovani e vecchi, e gente d’ogni specie, altro non vedi che le offese ch’essi m’arrecano; e da tutti si eleva un fetore di peccato mortale. Questo fetore a me non porta alcun danno, ne può nuocermi, ma molto danno fa a loro stessi…. Sino ad ora t’ho parlato della eccellenza dei miei ministri, e delle virtù di quelli buoni, per ristorare la tua anima; ma anche perchè tu possa meglio conoscere la miseria di quelli cattivi e vedere quanto maggior punizione meritano e intollerabili pene, allo stesso modo in cui gli eletti a me carissimi meritano maggior premio: l’opposto accadrà a questi miserabili, chè ne riceveranno pene crudeli! Figlia mia, ascolta con dolore e amarezza di cuore! dove essi hanno posto il loro principio e che cosa considerano loro fondamento? l’hanno posto nell’amor proprio, nell’amore di se stessi, donde è germogliato l’albero della superbia (..) E attribuiscono a se stessi ciò che non appartiene a loro, mentre danno a me quello che non è mio; a me infatti si deve l’onore e la gloria, e lode al mio Nome; a loro si deve l’odio della propria sensualità e la vera conoscenza di sè, che si ottiene quando ci si reputa indegni del grandissimo ministero ricevuto da me; essi invece fanno al contrario…. E’ per questa miserabile superbia e avarizia, generata dall’amore sensitivo, ch’essi hanno negletta la cura delle anime, buttandosi alla sola cura delle cose temporali, e lasciando le mie pecorelle, quelle che Io ho affidato alle loro mani, abbandonate e senza pastore…(Mt.9,36) Così le lasciano senza pascolo e senza nutrimento, nè spirituale, nè temporale. Spiritualmente essi somministrano sì, i sacramenti della santa Chiesa – i quali non possono essere nè tolti, nè sminuiti nella loro potenza da nessun loro difetto – ma non vi alimentano con preghiere che vengono dal loro cuore, nè vi nutrono con la fame e con il desiderio della vostra salvezza, conducendo una vita onesta e santa.…(…)
Guai, guai alla loro misera vita! Quel che il Verbo, Unigenito Figlio mio, acquistò con tanta sofferenza sul legno della santissima Croce, essi lo buttano con pubbliche meretrici. Divorando le anime riscattate dal Sangue di Cristo, miserabilmente straziandole in molti e diversi modi……O templi del demonio, Io vi ho scelti affinchè foste come angeli in terra durante questa vita, e voi vi siete fatti demoni e ne avete preso l’ufficio suo! I demoni distribuiscono le tenebre che sono loro proprie e somministrano sofferenze tormentose; sottraggono anime alla Grazia con molteplici molestie e tentazioni di varia natura: benchè nessun peccato può toccare l’anima che non lo voglia, i demoni fanno di tutto perchè l’anima vi cada. (..) giacendo essi nelle tenebre del peccato mortale; e somministrano l’oscurità della loro vita disordinata e scellerata ai loro sudditi e alle altre creature dotate di ragione! In tal modo generano confusione e sofferenza nelle menti delle creature che li vedono in tal disordine. E’ anche vero che chi li segue non è esente dalla colpa, dal momento che nessuno è costretto a colpa di peccato mortale, nè da questi demoni visibili, nè da quelli invisibili! Perciò nessuno guardi alla loro vita, nè imiti quel che fanno, ma come siete stati avvertiti dal mio Vangelo, ognuno faccia quel che essi dicono…(Mt.23,3), cioè, metta in atto la dottrina datavi nel corpo mistico della santa Chiesa, pervenutavi attraverso le Sacre Scritture per mezzo dei suoi annunciatori, e non consideri i guai che essi meritano, nè imiti la loro strafottenza, e nemmeno li punisca, perchè punendoli, si offenderebbe Me. A loro lasciate la loro malvagità, da loro prendete la dottrina perchè non permetto che essa sia toccata nemmeno dai demoni, lasciate a me la loro punizione: Io sono il Sommo Bene remunero ogni bene e punisco ogni colpa! Nè sarà loro risparmiata la mia punizione a causa della dignità che deriva dall’essere miei ministri: anzi, se non si correggeranno, saranno puniti ancor più duramente degli altri poichè, come è già spiegato nel mio Vangelo, richiederò a ciascuno i talenti che ho loro donati!”
Dal Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena: perché dobbiamo pregare, supplicare e fare sacrifici per i sacerdoti. (2) “I Ministri buoni
119. Ma ora voglio dare ristoro alla tua anima, mitigando il dolore provocato dalle tenebre di questi sudditi miserabili; ti mostrerò la santa vita dei miei ministri, dei quali t’ho detto che hanno la condizione perfetta del sole: essi mitigano il fetore del peccato con il profumo delle loro virtù e rischiarano le tenebre con la loro luce; con questa luce vorrò, poi, che tu meglio conosca anche la tenebra e i difetti di quei miei ministri ai quali ho già accennato. Perciò apri l’occhio dell’intelletto e guarda in me, sole di giustizia, e vedrai i gloriosi ministri che hanno assunto la condizione del sole per averlo bene elargito. Come ti dissi di Pietro, il principe degli Apostoli che ricevette le chiavi del regno dei cieli, così ti parlo degli altri che nel giardino della santa Chiesa hanno amministrato il lume, cioè il Corpo e il Sangue del Figlio mio Unigenito, Sole unito a me e non da me diviso, come t’ho spiegato, e tutti i Sacramenti della santa Chiesa – i quali tutti, hanno valore e vita in virtù del Sangue sparso – ognuno di essi collocato con diverso grado, secondo il suo stato, ad amministrare la Grazia dello Spirito Santo. Con che cosa l’hanno amministrato? Con il lume della Grazia che hanno ricevuto dal lume di Verità! Se mi chiedi: ” Questo lume è solo?”, rispondo che non è solo, in quanto il lume di grazia non può essere né solo né diviso; è necessario che lo si riceva tutto, diversamente non lo si riceve affatto. Chi è in peccato mortale viene perciò stesso privato del lume della Grazia; chi invece è in stato di grazia, ha l’occhio dell’intelletto illuminato nella conoscenza di Me, che gli ho data la Grazia e la virtù con cui la grazia si conserva; perciò costui in quel lume conosce la miseria del peccato e la sua causa, che è l’amor proprio sensitivo, e per questo lo odia. Grazie a questo santo odio egli riceve nel suo cuore il calore della Divina Carità, perché l’affetto segue l’intelletto! (…) Perciò con il loro calore fanno germogliare le anime sterili illuminandole col lume della scienza. Con la loro vita santa e ordinata scacciano le tenebre dei peccati mortali e delle altre infedeltà, e portano ordine nella vita di chi viveva disordinatamente nelle tenebre del peccato e nel gelo della mancanza della carità. Vedi, dunque, come essi sono sole, perché hanno assunta la condizione perfetta del sole da Me, Sole vero, infatti una cosa sola con me ed Io con loro per slancio puro d’amore, come in altri luoghi ti ho spiegato. (Gv. 17, capitolo intero)
Ognuno di loro ha illustrato la santa Chiesa, secondo lo stato al quale Io l’ho eletto: Pietro con la predicazione, la dottrina e il martirio del sangue; Gregorio con la scienza e con santi scritti, e con vita di specchiata virtù: Silvestro soprattutto con le dispute contro gli infedeli, testimoniando la santissima fede nelle parole e nelle azioni, e ricevendo da Me ogni sua virtù. Se poi guardi ad Agostino e a Tommaso, a Girolamo e agli altri, vedrai quanta luce hanno effuso su questa Sposa, come lucerne poste sul candelabro, estirpando gli errori, in vera e perfetta umiltà! Come affamati del mio onore e della salvezza delle anime, essi con diletto mangiavano questo Cibo sulla Mensa della santissima Croce; i martiri con il sangue che profumava al mio cospetto, e col profumo del sangue e della virtù e con il lume della scienza, producevano copiosi frutti nella Sposa di Cristo, Figlio mio Unigenito: accrescevano la fede, chi stava nelle tenebre veniva alla luce e in lui risplendeva il lume della fede; i prelati posti in stato di autorità dal Cristo in terra, mi offrivano sacrificio di giustizia, con una vita onesta e santa! La perla della giustizia risplendeva in loro e nei loro. Con giustizia mi rendevano quanto mi è dovuto, rendendo gloria e lode al mio nome, e a se stessi riserbavano l’odio e disgusto…. Con umiltà schiacciano la superbia e si presentavano alla Mensa dell’Altare come angeli; in purezza di cuore, arsi nel fuoco della carità! E poiché prima avevano fatta giustizia di se stessi, perciò esercitavano giustizia verso i sudditi, desiderando vederli vivere virtuosamente e correggendoli senza alcun timore servile, in quanto non avevano mira di se stessi: così erano buoni pastori, seguaci del Buon Pastore che è la mia Verità, da me donatavi affinchè vi governasse quali sue pecore, e che volli desse la Sua vita per voi…(Gv.10,11). Costoro hanno seguito le Sue orme, Figlio mio Unigenito; perciò si preoccuparono di correggere e di non lasciare imputridire le membra del Corpo Mistico per mancanza di correzione, ma correggevano caritatevolmente…Questi erano i veri lavoratori dell’orto del Signore….(…) E da cosa o da chi erano animati? La fame e il desiderio che essi avevano concepito in me, del Mio onore e della salvezza delle anime: E correvano a cibarsene alla Mensa della Santissima Croce, non rifiutando alcun travaglio, né sottraendosi ad alcuna fatica; anzi zelantissimi delle anime, del bene della santa Chiesa e della propagazione della vera Fede, si gettavano tra le spine della tribolazione e affrontavano ogni sacrificio con vera pazienza, elevandomi profumati incensi di ardenti desideri e di umile, assidua preghiera. Con le loro lacrime e fatiche curavano le piaghe dovute alla colpa dei peccati del prossimo, che ne riceveva perfetta salute se accoglieva quel medicamento in umiltà! (…) Perciò Io voglio che tu sappia che se nel mondo tra secolari e religiosi, tra chierici e pastori della santa Chiesa, è sopravvenuta tanta tenebra, ciò ha una sola causa: è venuto a mancare il lume della giustizia e si è diffusa il lume dell’ingiustizia…”
In questo video abbiamo letto alcune di queste pagine, meditandole con voi: video 1
Dal Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena: perché dobbiamo pregare, supplicare e fare sacrifici per i sacerdoti. (3) “La colpa gravissima di chi perseguita la Chiesa e i Sacerdoti
116. Se tu mi chiedessi (è la Provvidenza Divina che dialoga con Caterina da Siena) per quale ragione Io giudico la colpa di coloro che perseguitano la Santa Chiesa più grave di tutte le colpe che si possano commettere, e perchè non voglio che nemmeno a causa di loro eventuali difetti diminuisca la riverenza verso i miei Ministri, ti risponderò dicendoti: perchè ogni atto di rispetto verso di loro non è fatto a loro ma a Me, in virtù del Sangue che Io ho dato loro da somministrare. Se così non fosse, li rispettereste non più di quanto rispettate ogni altro uomo di questo mondo. Invece dovete riverirli grazie al loro ministero, e dovete ricorrere alle loro mani; dovete ricorrere a loro non per loro stessi, ma in forza del potere che Io ho dato loro, se volete ricevere i santi Sacramenti della Chiesa; se, infatti, pur potendoli ricevere, voi non li voleste, vivreste e morreste in stato di dannazione. (CHIARO???)
Perciò è chiaro che la riverenza non è per loro, ma è per Me e per il glorioso Sangue di cristo; siamo infatti una medesima cosa grazie all’unione divina con la natura umana, come ho già detto. Allo stesso modo anche l’irriverenza colpisce Me; infatti ti ho già detto che non dovete riverire loro per loro stessi, ma per l’autorità che Io ho loro data. Perciò essi non devono essere offesi, poichè offendendoli, offendete Me e non loro, e questo io lo proibisco, e dico che non voglio che i miei consacrati siano toccati da mano secolare! Ecco perchè nessuno può dire a mò di scusa: “io non offendo la santa Chiesa nè mi ribello, ma colpisco i difetti dei cattivi pastori…” Costui mente sul suo capo e, come accecato dall’amor proprio, non riesce più a vedere chiaramente. Ma in realtà costui vede benissimo, anche se finge di non vedere per far tacere il pungolo della propria coscienza. Se ascoltasse la propria coscienza vedrebbe, come in realtà vede, di star perseguitando il Sangue offerto e non i suoi ministri difettosi. A Me è rivolta l’offesa, così come per Me è la riverenza e mio è ogni danno – scherni, villanie, obbrobri e persecuzioni – che sia fatto a loro! Io reputo fatto a Me quel che gli uomini fanno a loro, poichè questo Io dissi, che non voglio che i miei consacrati siano toccati da altri. Io solo ho il potere di punirli, non altri! Ma questi iniqui dimostrano la mancanza di rispetto che hanno per il Sangue, e quanto poco hanno caro il Tesoro da me dato per la loro salvezza e per la vita delle loro anime. Niente infatti potevate ricevere di più grande che il Mio darmi in Cibo per voi: tutto Dio e tutto Uomo, come ti ho detto! Ma per il fatto che nei miei ministri non riverivano Me, gli uomini han tolto loro ogni riverenza perseguitandoli e motivando la persecuzione col pretesto che vedevano in loro molti peccati e difetti: dei quali più avanti ti parlerò. Se in verità avessero coltivato in sè questo rispetto verso i miei ministri per amor mio, per nessuna colpa mai avrebbero mancato loro di rispetto, perchè la virtù del Sacramento non diminuisce a causa di alcun difetto, come ti ho già detto. Dunque non deve diminuire neppure la riverenza loro dovuta; se il rispetto vien meno, l’offesa è fatta a Me! Perciò reputo questa colpa fra le più gravi, molte sono le ragioni. (…) Questo ti ho mostrato, affinchè tu avessi più materia per dolerti dell’offesa fattami; e affinchè con il dolore e l’amarezza tua e degli altri miei servi, in virtù della Mia bontà e Misericordia, si possa dissolvere tutta la tenebra che si è venuta addensando in questi membri che imputridiscono e che si tagliano fuori dal corpo mistico della Chiesa! Purtroppo trovo tanti che mi feriscono continuamente con le frecce di un amore falso e disordinato e con timor servile dicono di servirMi, ma mentono; con l’amor proprio e come accecati stimano quale onore ciò che per loro è vergogna, mentre considerano vergogna ciò che è a loro onore cioè, si vergognano di umiliarsi di fronte al Capo (=il Cristo nel Corpo della Chiesa) di cui dovrebbero esserne membra, ma che non vogliono!”
Dal Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena: NON C’È SOLO IL CLERO CORROTTO: LE COLPE DEI LAICI (4)
Il Dialogo, prosegue con una serie di moniti per esortare i membri corrotti del clero verso un ritorno urgente alla fedeltà a Dio. “Invano si affatica colui che guarda la città, se non è guardata da Me..” (cfr. Salmo 126): vana pertanto – spiega Caterina – sarà ogni sua fatica se egli crede di guardare la città con il suo occhio corrotto; la città può risorgere dalle sue macerie soltanto se il ministro la conduce con l’occhio di Dio che è la sana dottrina della sua legge e giustizia. E’ importante sottolineare in quale modo siamo chiamati ad intervenire, noi laici, verso questi sacerdoti: pregando, soffrendo, facendo sacrifici e denunciando le mancanze. E’ naturale, pertanto, che per fare ciò un laico deve essere egli stesso un “santo”, ossia, deve essere testimone non solo del Battesimo ricevuto, ma anche della grazia infusa e di ciò che questo comporta, con una vita coerente, sacramentale, diversamente è meglio tacere e ricordarsi di quel monito: nella stessa misura con cui avrete giudicato, sarete giudicati…. Sono ben 10 su 12 i capitoli che la Santa dedica a questo grave problema, dove si parla dei vizi che affliggono e avviliscono la santa Chiesa, laici e clero. Ne esce un quadro spaventoso di miserie spirituali, che si ripetono nel tempo, ma si noti attentamente come Caterina entra in questa materia dolorosa solo dopo aver dedicato altrettanto spazio, nei capitoli precedenti, ai sacerdoti santi, esempi fulgidi che superano di gran lunga il male che deriva da quelli corrotti e come, in ogni tempo, è sempre il Cristo il vincitore che dimostra di avere sempre – tra le sue mani sante – le redini della storia.
E’ fondamentale, pertanto, che non si separi una parte dall’altra: l’una e l’altra – spiega Caterina – sono i risvolti di una sola medaglia. Inutile dire quale sia la faccia migliore: santa Caterina le dà molto rilievo elencando una lunga serie di nomi di santi, dottori, beati e martiri. Ciò che viene offerto a noi è di conoscere la verità dei fatti e la realtà dentro la quale, in ogni tempo, tutti veniamo a trovarci: di conseguenza, ci viene chiesto di saper scegliere con intelletto istruito da che parte stare, di correggerci dagli errori, di esercitare le virtù, di aiutare il clero con la preghiera, i sacrifici ed anche rammentando ad essi il compito al quale sono stati chiamati. Caterina infatti ricorda che anche le membra secolari, i laici, non sono meno colpevoli, non sono meno “infetti dal vizio“, e ammonisce loro che, invece di giudicare i vizi dei sacerdoti, è più utile prodigarsi convertendosi, ricorrendo ai preti in sollecite confessioni, conducendo una vita santa per poter supplicare Dio di riportare i Suoi ministri sulla strada delle virtù, poiché la rovina del clero è rovina anche del popolo cristiano e, con esso, è rovina delle nazioni. Lo scopo di Caterina è la riforma della Chiesa anche attraverso le preghiere e i sacrifici dei fedeli. Le colpe del clero corrotto, però, non deve diventare – spiega santa Caterina – una scusa per lasciarci trascinare nel peccato! Qui la santa non risparmia le responsabilità dei laici che giustificano certe condotte perverse: “E’ anche vero che chi li segue non è esente dalla colpa – leggiamo nel Dialogo – dal momento che nessuno è costretto a colpa di peccato mortale, né da questi demoni visibili, né da quelli invisibili. Perciò nessuno guardi alla loro vita, né imiti quel che fanno, ma come siete stati avvertiti dal mio Vangelo, ognuno faccia quel che essi dicono…(Mt.23,3), cioè, metta in atto la dottrina datavi nel corpo mistico della santa Chiesa, pervenutavi attraverso le Sacre Scritture per mezzo dei suoi annunciatori” È continuo il riferimento al Magistero della Chiesa che i Laici devono mettere in pratica attraverso il dono dei talenti che ognuno riceve. Il Signore si è espresso con fermezza: non sarà loro risparmiata la mia punizione a causa della dignità che deriva dall’essere miei ministri: anzi, se non si correggeranno, saranno puniti ancor più duramente degli altri poiché, come è già spiegato nel mio Vangelo, richiederò a ciascuno i talenti che ho loro donati!
Subito dopo questi capitoli infuocati, Caterina viene addolcita, e addolcisce anche noi, attraverso la spiegazione dell’azione diretta della Divina Provvidenza: “Sì che usai grande provvidenza! Pensa carissima figliuola, che non potevo usarne una maggiore, che darvi il Divin Verbo, unigenito Mio Figliuolo“. Gesù Cristo è la consolazione di tutta la Chiesa, di santa Caterina, di ogni sacerdote, di ognuno di noi oggi che leggiamo queste pagine…: “La mia Provvidenza non mancherà mai a chi la vorrà ricevere, come sono quelli che perfettamente sperano in Me. E chi spera in Me, chi bussa, a chi mi apre il suo cuore, a chi mi accoglie qual mendicante come mi presento, nudo ed inchiodato sulla Croce, a chi ama veramente la Verità non solamente a parole, ma con l’affetto e il lume della santissima fede, con la preghiera ardente, con l’amare la Mia Sposa, questi e non altri gusterà Me nella mia Provvidenza. (..) la perfetta speranza del cristiano è di ricevere Me nella Provvidenza, ed Io non mancherò di presentarmi a quest’anima che ardentemente Mi desidera e spera in Me. (..) Ammonisci, figliuola carissima, che la mia Provvidenza non è tolta ad alcuna creatura, perché tutte le cose sono condite con essa….”
(I due testi in video)
Dal Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena:
DIO GOVERNA IL MONDO E A NOI TOCCA OBBEDIRE (ED ESSERE UMILI) (5)
Qui santa Caterina sottolinea come è Dio stesso a governare la natura, senza nulla togliere ai “moti” naturali degli eventi climatici o sottoterra. Il Signore stesso, con il miracolo della tempesta sedata, fa capire come gli eventi naturali obbediscano ai suoi comandi e nel Dialogo approfondisce il concetto: “A volte per grandine o tempesta, o per saetta e terremoti, pestilenze che Io mando sul corpo della creatura, parrà all’uomo che questo sia crudeltà, quasi giudicando che Io non abbia provveduto alla salute di quella. Io invece l’ho fatto per scamparla dalla morte eterna, dalla dannazione certa, sebbene egli ritenga il contrario. E così gli uomini del mondo vogliono in ogni cosa contaminare le mie opere, ed intenderle secondo il loro basso intendimento!” Ciò che avviene, spiega santa Caterina, Dio lo permette solo per il nostro bene e per la nostra salute eterna. Coloro che giudicano diversamente, e che sfidano Dio nei loro giudizi sul come opera, sono ciechi, mentitori e ingannatori; e se è vero che Dio, padrone della vita e della morte, non è però Dio della morte, Egli teme per la morte della sua creatura, la morte dell’anima nella condizione della dannazione eterna. In tal senso, il Signore spesso agisce prima che tale dannazione diventi definitiva perché Egli vuole salvare quante più anime possibile dai mali che ci provengono a causa dei nostri peccati: quanto maggiori saranno i nostri vizi e il decadimento nel clero, maggiori saranno i provvedimenti che il Signore eserciterà sulla terra. Come morire dipenderà anche dal come noi desideriamo vivere nella Vera Vita.
Per santa Caterina la chiave che disserra il cielo facendo piovere per noi la Provvidenza è la virtù dell’obbedienza a Dio! La santa senese paragona tale virtù ad una chiave da tenere sempre attaccata alla cintura con una funicella.
Dove si trova questa obbedienza? chiede Caterina. Si trova nel Divin Verbo, le risponde la Provvidenza, e per compierla ed offrirtela corse all’obbrobriosa morte di Croce.
E chi ce la può togliere? chiede con sacro timore la santa. La superbia, risponde la Provvidenza, l’amor proprio e tutti i vizi. La disobbedienza infatti fa perdere l’innocenza giacché per disobbedire la creatura deve compiere una scelta: dall’innocenza cade nell’immondizia, dall’immondizia cade nella miseria…
E come posso nutrirla? si domanda Caterina. Con l’umiltà!, risponde la Provvidenza. L’umiltà è la balia e nutrice dell’obbedienza e tale nutrimento conduce alla vera Carità. La veste che questa nutrice usa per coprirla è il “morire a se stessi” perché – dice il Signore – Io possa regnare; è farsi da parte perché Io – aggiunge – possa diventare desiderio di ogni creatura. “Il tutto trovi nell’Unigenito Mio Figliuolo, in Cristo Dolce, Gesù Amore, chi si avvilì più di Lui? Chi fu paziente più di Lui? Chi più Agnello di Lui?”
QUELLE “SANTE” RACCOMANDAZIONI… dal Dialogo…. Dice santa Caterina nel Dialogo: “Venne poi il Verbo, che prese in mano questa chiave dell’obbedienza e la purificò nel fuoco ardente della divina carità, la trasse dal fango lavandola con il Suo Sangue, la raddrizzò col coltello della giustizia, distruggendo le nostre iniquità sull’incudine del Suo Corpo Crocefisso. Egli così la racconciò per donarla a noi, ed è così resa perfetta che per quanto l’uomo la guasti con il suo libero arbitrio, Egli con altrettanto libero arbitrio, sempre la riacconcia…”
Ed ecco le sante raccomandazioni: “Esci dal peccato mortale con la santa confessione, con la contrizione del cuore, con la soddisfazione di una giusta penitenza, col proponimento di non voler più offendere Dio, prega incessantemente perché ti sia data tal grazia. Credi davvero di poter accedere alle Nozze dell’Agnello vestito degli stracci del peccato? Pensi davvero di potervi accedere permanendo in uno stato di grave peccato? Oppure credi potervi accedere senza l’uso di quella chiave? O uomo cieco! e che più che cieco, dopo aver guastato la chiave dell’obbedienza ti illudi che non sia necessario riacconciarla, credi davvero di poter salire al cielo con la superbia che ti attrae all’inferno? Getta per terra quel laido vestito, e corri a confessare la tua anima per renderla pura e immacolata, pronta alle Nozze.(..) Oh, se tu sapessi quanto è gloriosa, soave e dolce questa virtù in cui vi si trovano tutte le altre! Ella è concepita dall’amore ed è partorita dalla perfetta carità, in lei è fondata la pietra della santissima Fede, lei è una regina, chi la sposa riceve in dote ogni virtù, quiete, serenità dell’anima, ogni croce che deve portare le diventa leggera.(..)Trova pace, trova la quiete, sposa questa regina! Siile fedele, ed essa ti porterà, aprendoti ogni porta, dove ti attende ogni beatitudine eterna…”
Ci piace concludere queste riflessioni, con la sua frase più famosa, famosa si, ma forse poco compresa nel suo contenuto e nella responsabilità alla quale ci chiama: “Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero!”
Dalle Lettere di Santa Caterina da Siena: (lettera n. 16) Amino i prelati le anime, e non il bene proprio; patiscano, e non tacciano i vizi de’ colleghi loro e dei secolari.
“Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce. Reverendo e carissimo padre in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo crocifisso, scrivo a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio di vedervi affamato del cibo della creatura per onore di Dio; imparando dalla prima dolce Verità, che per fame e sete che egli ha della nostra salute, muore. Non pare che questo Agnello immacolato si possa saziare; grida in croce satollato da obbrobri, e dice che ha sete. Poniamochè corporalmente esso avesse sete, ma maggiore era la sete del santo desiderio che egli aveva della salute dell’anime. O inestimabile dolcissima Carità.. Adunque ben vedete, reverendo padre, che il dolce e il buono Gesù amore, egli muore di sete e di fame della salute nostra. Io vi prego per l’amore di Cristo crocifisso che voi vi poniate per obiettivo la fame di questo Agnello. Questo desidera l’anima mia, di vedervi morire per santo e vero desiderio, cioè che per l’affetto e amore che voi avrete all’onore di Dio, salute dell’anime ed esaltazione di santa Chiesa, ho volontà di vedervi tanto crescere questa fame, che sotto questa fame rimaneste morto. Come il Figliuolo di Dio (come detto abbiamo) di fame morì: così voi rimagnate morto a ogni amore proprio di voi medesìmo; e a ogni passione sensitiva rimanga morta la volontà e l’appetito; a stati e delizie del mondo, al piacere del secolo e di tutte le pompe sue. Oimè, oimè, disaventurata l’anima mia! Aprite l’occhio e ragguardate la perversità della morte che è venuta nel mondo, e singolarmente nel corpo della santa Chiesa. Oimè, scoppi il cuore e l’anima vostra a vedere tante offese a Dio. Vedete, padre, che il lupo infernale ne porta la creatura, le pecorelle che si pascono nel giardino della santa Chiesa; e non si trova chi si muova a trargliele di bocca. Li pastori dormono nell’amor proprio di loro medesimi, in una cupidità e immondizia: sono sì ebbri di superbia, che dormono e non si sentono, perchè veggano che il diavolo, lupo infernale, se ne porti la vita della Grazia in loro e anco quella de’ sudditi loro. Essi non se ne curano: e tutto n’è cagione la perversità dell’amore proprio. Oh quanto è pericoloso questo amore nelli prelati e nelli sudditi! S’egli è prelato ed egli ha amore proprio, egli non corregge il difetto de’ suoi sudditi; perocchè colui che ama sè per sè, cade in timore servile, e però non riprende. Che se egli amasse sè per Dio, non temerebbe di timore servile; ma arditamente con virile cuore riprenderebbe li difetti e non tacerebbe nè farebbe vista di non vedere.
Di questo amore voglio che siate privato, padre carissimo. Pregovi che facciate sì che non sia detta a voi quella dura parola con riprensione dalla prima verità, dicendo: «maledetto sia tu che tacesti». Oimè, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, toltogli è il colore, perchè gli è succhiato il sangue da dosso, cìoè che il sangue di Cristo, che è dato per grazia e non per debito, egli lo rubano alle anime con la superbia, tollendo l’onore che deve essere solo di Dio, e ciò fanno a danno loro; e si ruba per simonia, vendendo i doni e le grazie che ci sono dati per grazia col prezzo del sangue del Figliuolo di Dio. Oimè! ch’io muoio, e non posso morire. Non dormite più in negligenzia; adoperate nel tempo presente ciò che si può. Credo che vi verrà altro tempo che anco potrete più adoperare; ma ora pel tempo presente v’invito a spogliare l’anima vostra d’ogni amore proprio, e vestirla di fame e di virtù reale e vera, a onore di Dio e salute dell’anime. Confortatevi in Cristo Gesù dolce amore: chè tosto vedremo apparire i fiori. Studiate che il gonfalone della croce tosto si levi; e non venga meno il cuore e l’affetto vostro per veruno inconveniente che vedeste venire; ma più allora vi confortate, pensando che Cristo crocifisso sarà il facitore e adempitore degli spasmati desideri dei veri servi di Dio. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso: ponetevi in croce con Cristo crocifisso: nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso: fatevi bagno nel sangue di Cristo crocifisso. Perdonate, padre, alla mia presunzione. Gesù dolce, Gesù Amore.”
RICORDA CHE:

San Pio V e Santa Caterina due grandi Domenicani
29 aprile – Santa Caterina da Siena Patrona d’Italia, Compatrona d’Europa e Dottore della Chiesa
Nata nel 1347 Caterina non frequenta scuole o maestri, come era del resto più che normale che, all’epoca, i maschi si avviassero a proseguire il lavoro del padre e le figlie femmine si maritassero…. I suoi avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre. E la spunta, avendo promesso a Gesù – dall’età di sei anni – di offrirsi a Lui in perpetua verginità. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua “cella” di terziaria domenicana (o Mantellata, per l’abito bianco e il mantello nero, che indossavano le donne laiche che professavano nel terziario di San Domenico). La stanzetta si fa cenacolo di artisti e di dotti, di religiosi, di professionisti, tutti più istruiti di lei. Li chiameranno “Caterinati”. Lei impara a leggere e a scrivere in modo a dir poco prodigioso, ma la maggior parte dei suoi testi come le Lettere, le Orazioni e il famoso Dialogo, sono un dettato dal Cielo. Con questi dettati lei parla a papi e re, a donne di casa e a regine, e pure ai detenuti, ai peccatori incalliti: a tutti indistintamente insegna la “dottrina del Sangue”, quel Sangue versato dal Cristo attraverso il quale – chi vuol dirsi Cristiano – deve servire la missione evangelizzatrice della Santa Chiesa Cattolica, deve essere testimone di quel Sangue attraverso l’unità, sentimenti di pace e di riconciliazione. La Provvidenza la incarica di andare ad Avignone, lei corre prima quale ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI. Ma dà al Pontefice buone ragioni per ritornare a Roma nel 1377, riportando così la Sede Petrina nella Città Eterna “prescelta da Dio” quale Sede della cristianità nel mondo. Deve poi recarsi a Roma, chiamata da papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali che dà inizio allo scisma di Occidente. Il suo impegno per la fedeltà alla Sede di Pietro e al Pontefice legittimamente regnante, saranno i suoi punti fermi per l’unità della Chiesa, in quel tempo molto travagliata. La Santa ricevette le Stimmate della Passione di N.S. Gesù Cristo il 1° Aprile 1375 e visse l’esperienza dello sposalizio mistico: Gesù le porge la fede nuziale e scambia il proprio Cuore con quello di Caterina. A Roma si ferma presso la Minerva dove si ammala e muore, a soli 33 anni, il 29 aprile del 1380. Sarà canonizzata nel 1461 dal papa senese Pio II. Nel 1939 Pio XII la dichiarerà patrona d’Italia con Francesco d’Assisi. Papa Paolo VI la proclamerà Dottore della Chiesa con Santa Teresa d’Avila nel 1970, e Papa Giovanni Paolo II la proclamerà Compatrona d’Europa, nel 1999. (Per saperne di più cliccate qui)
Preghiera a Santa Caterina da Siena
+ O sposa del Cristo, fiore della patria nostra. Angelo della Chiesa, sii benedetta.
Tu amasti le anime redente dal Divino tuo Sposo: come Lui spargesti lacrime sulla Patria diletta; per la Chiesa e per il Papa consumasti la fiamma di tua vita.
Quando la peste mieteva vittime ed infuriava la discordia, tu passavi Angelo buono di Carità e di pace. Contro il disordine morale, che ovunque regnava, chiamasti virilmente a raccolta la buona volontà di tutti i fedeli. Morente tu invocasti sopra le anime, sopra l’Italia e l’Europa, sopra la Chiesa il Sangue prezioso dell’Agnello.
O Caterina Santa, dolce sorella patrona Nostra, vinci l’errore, custodisci la fede, infiamma, raduna le anime intorno al Pastore.
La Patria nostra, benedetta da Dio, eletta da Cristo, sia per la tua intercessione vera immagine della Celeste nella carità nella prosperità, nella pace.
Per te la Chiesa si estenda quanto il Salvatore ha desiderato, per te il Pontefice sia amato e cercato come il Padre, il consigliere di tutti.
E le anime nostre siano per te illuminate, fedeli al dovere verso L’Italia, l’Europa e verso la Chiesa, tese sempre verso il cielo, nel Regno di Dio dove il Padre, il Verbo il Divino con lo Spirito Santo Amore, irradiano sopra ogni spirito eterna luce, perfetta letizia.
Amen. Per l’Italia, per l’Europa, per la Chiesa, il Papa, i Vescovi e tutti i sacerdoti: 1Pater, Ave e Gloria….
Supplica scritta dal Venerabile Pio XII per la salvezza della Patria e l’esaltazione della Santa Madre Chiesa:
+ O Caterina santa, giglio di verginità e rosa di carità che ornasti il giardino domenicano, eroina di cristiano zelo che fosti eletta al pari di Francesco singolare Patrona d’Italia, a te noi fiduciosi ricorriamo, invocando la tua potente protezione sopra di noi e sopra tutta la Chiesa di Cristo, tuo diletto, nel cui Cuore bevesti inesauribile fonte di ogni grazia e di ogni pace per te e per il mondo.
Da quel Cuore divino tu derivasti l’acqua viva di virtù e concordia nelle famiglie, di onesto tratto nella gioventù, di riunione fra i popoli discordi, di rinnovazione del costume pubblico e dell’amore fraterno, compassionevole e benefico verso gl’infelici e i sofferenti, e insegnasti con l’esempio tuo a congiungere l’unione di Cristo con l’amore di patria.
Se ami l’Italia e il popolo a te affidato, se la pietà verso di noi ti muove, se ti è cara la tomba in cui Roma venera e onora la tua spoglia verginale, allora, rivolgi benigna il tuo sguardo e il tuo favore sulla nostra pena e sulla nostra preghiera e compi i nostri voti.
Difendi, soccorri e conforta la tua patria e il mondo. Sotto il tuo presidio e tutela siano i figli e le figlie d’Italia, i nostri cuori e le anime nostre, i nostri travagli e le nostre speranze, la nostra fede e il nostro amore: quell’amore e quella fede che furono la tua vita e ti fecero immagine di Cristo crocifisso nello zelo intrepido per la sposa di Lui, la santa Chiesa.
O eroica e santa messaggera di unione e di pace per la Chiesa di Cristo, che restituisci al seggio apostolico romano nel suo splendore di autorità e di magistero il Successore di Pietro, proteggilo e consolalo nella sua paterna universale sollecitudine, nei suoi affanni e nei suoi consigli per la salvezza e la pace dei popoli; e ravviva, conserva e accresci in noi e in tutti i fedeli cristiani, o celeste Patrona, l’affetto e la sottomissione che tu nutrivi per lui e per l’ovile di Cristo, nella tranquillità del mondo. Amen.
1Pater, Ave e Gloria
Santa Caterina da Siena, prega per noi; rendici degni delle promesse di Cristo.
IO, CATHARINA – CAPITOLO QUINTO: LA MARIOLOGIA DI SANTA CATERINA DA SIENA
Contro ogni minimalismo mariano, contro chiunque voglia privare la Vergine Santa dei privilegi che Dio le ha dato, Caterina poneva già a suo tempo i bastioni contro ogni maldicenza, quasi come a prevedere l’arrivo del protestantesimo e poi… il minimalismo mariano cattolico del nostro tempo. Infine quelle “sante” raccomandazioni, quasi fossero un Testamento.
Di santa Caterina da Siena molto, giustamente, si dice del Dialogo, di Avignone, del suo amore per la Chiesa e per il Papa “Dolce Vicario di Cristo in terra, il Babbo mio dolce“, della dottrina del Sangue, del Crocefisso e del Ponte, ma sulla sua Mariologia poco si parla.
Per approfondire l’argomento ci faremo aiutare, oltre che dal suo principale Biografo, il beato Raimondo da Capua O.P., anche da un libro del 1996 di padre Carlo Riccardi, vincenziano, deceduto nel 2006 e grande discepolo della nostra Santa. Con questo articolo desideriamo così ringraziarlo per la lunga bibliografia dedicata alla nostra Patrona, che troverete nelle edizioni Cantagalli, e ricordarlo nei Suffragi.
“Nessuno ha mai amato o amerà tanto Dio e il prossimo come Maria” da questa affermazione teologica e dottrinale si snoda la vera ed autentica Devozione mariana o, per una attenta analisi, l’autentica Mariologia. Maria è un mare di fuoco, un mare d’amore, un mare di pace, e qui santa Caterina prende alla lettera il modello che la Chiesa le propone nella Madre di Cristo, e meravigliosamente riflette e rivive in lei quel fuoco, quel mare d’amore, quel mare di pace…
Santa Caterina da Siena è, se vogliamo, colei che maggiormente aveva compreso la funzione materna di Maria nella Chiesa e nei confronti di tutta l’umanità già sul finire del 1300.
Studiando attentamente la vita della nostra senese e Patrona d’Italia, e ben rovistando fra i suoi scritti, si rileva tanto di quel materiale mariano che può aiutarci a comprendere l’errore di una mariologia modernista e minimalista che pretenderebbe un abbassamento di livello nei confronti di Maria stessa, un privarla ingiustamente dei tanti privilegi che Dio le ha dato, anziché portare l’uomo ad elevarsi alle sue altezze…
Caterina ci insegna proprio questo “elevarsi”, ossia sollevare l’anima verso il Modello umano per eccellenza che è Gesù stesso, seguendo la Madre, immagine stessa della Sua azione materna nella Chiesa e attraverso la Chiesa.
Caterina non ha scritto alcun trattato, nemmeno interno al Dialogo, che parli espressamente o solamente di Maria Santissima o del suo ruolo, ma Ella è sempre presente in tutti i suoi Scritti, è dentro ogni suo concetto, è dentro in tutte le sue Orazioni, è interno ad ogni comportamento che il cristiano deve avere per vivere una fede coerente e in pienezza: Maria stessa è Colei che ha accompagnato – mentalmente e spiritualmente – tutta l’esperienza di Caterina.
Scrive santa Caterina nel commentare la Passione di Gesù sulla Croce: ” Oh Amore dolcissimo! Questo fu quel coltello che trapassò il Cuore e l’anima della divina Madre. Il Figliuolo era percosso nel Corpo e la Madre similmente, perchè quella carne era di Lei. Ragionevole cosa era che, come cosa sua, Ella si dolesse, perché Egli, l’Amato Figliuolo aveva tratto da Lei quella carne immacolata“.
Queste parole di santa Caterina, senza passar sopra la bellezza del contenuto, sono importantissime per screditare chi discute ancora contro il dogma dell’Immacolata, la Santa infatti, cresciuta e formata alla scuola dell’Aquinate e domenicana fino le midolla, esprime già quello che era teologicamente assunto da tutta la Chiesa riguardo ad una concezione ampia sull’Immacolata stessa.
Sì, anche Maria fu straziata nel suo stesso corpo dalle ferite del Figlio, santa Caterina vuole fermare la nostra attenzione su quelle ferite – la dottrina del Sangue – quasi che queste, prima di giungere al Figlio, avessero trapassato Lei anche fisicamente, è l’oblazione della Vergine che prodigiosamente è anche Madre, è la Sua offerta consapevole al Padre di quell’unico Figlio che prodigiosamente Le era stato dato e che ora le veniva tolto, l’icona dell’Addolorata, per questo si parla spesso, in un dibattito sempre aperto, di Maria “Corredentrice”, i Santi ne sono certi, non hanno dubbi su questo, mentre fra i teologi la disputa è stupidamente ed infruttuosamente accesa.
Santa Caterina chiamava la Beata Vergine Maria: “dolcissimo Amore mio!” ritroviamo questa espressione in molte Orazioni e in molti passi nei quali ella intende rivolgersi a Lei, ma quando cominciò, Caterina, a comprendere il ruolo di Maria, e quando cominciò a rivolgersi a Lei nella Preghiera?
Come ogni Famiglia coerentemente cattolica, la prima educazione religiosa ella la ricevette in casa, vale la pena di leggere un passo del suo biografo, il beato Raimondo, che descrive i primi passi “verso Maria” della piccola Caterina: “A cinque anni, imparata in famiglia la Salutazione angelica (l’Angelus), la ripeteva più volte al giorno senza che nessuno glielo chiedesse, e ispirata dal cielo, come lei stessa più volte mi ha detto in confessione, cominciò a salutare la Vergine Maria salendo e scendendo le scale, e inginocchiandosi a ogni scalino…” Questa “Salutazione” la ritroviamo in tutte le Lettere di Caterina che comincia con queste parole: “Al nome di Cristo Crocefisso e di Maria dolce…”
Sarà opportuno per noi tutti, sopratutto per i genitori, rivalutare l’educazione religiosa e di preghiera in Famiglia!
La più alta espressione devozionale e teologica che santa Caterina riesce ad esprime su Maria Santissima, è nella Orazione XI, non solo è una delle più belle Preghiere che una donna abbia mai scritto alla “Benedetta fra tutte le donne”, ma è anche un concentrato di purissima Mariologia nella quale è racchiuso il tesoro, il riepilogo, della Tradizione stessa della Chiesa.
Scritta per la Festa dell’Annunciazione nel marzo 1379, scrive: “Tu, o Maria, sei diventata un libro, nel quale, oggi, viene scritta la nostra regola. In te è oggi scritta la sapienza del Padre. In te si manifesta oggi la dignità, la fortezza e libertà dell’uomo…”
Si rivolge alla Tuttasanta chiamandola “Tempio della Trinità, portatrice di fuoco, porgitrice di misericordia, germinatrice del frutto, ricomperatrice de l’umanità, donatrice di Pace, carro di fuoco… libro nel quale troviamo la nostra regola“, per trattare teologicamente ogni termine usato dalla Santa, occorrerebbero centinaia di volumi, ma a noi basta sapere che questi termini sono patrimonio stesso della nostra Tradizione viva e che sempre, tali espressioni, hanno nutrito e dottrinalmente sostenuto molti Santi in tutto il percorso storico della Chiesa fino ai giorni nostri, basti citare uno per tutti, un’altro Terziario domenicano – perdonate la partigianeria – san Luigi M. Grignon de Montfort con il suo Trattato della vera Devozione a Maria e il Segreto ammirabile del santo Rosario, nelle cui opere troviamo simili termini…come anche in san Bernardo o in sant’Alfonso M. de Liguori nel suo “Le Glorie di Maria”, ma davvero potremmo fare tanti altri nomi.
Analizzando ancora questa Preghiera, possiamo confermare la sua attualità a riguardo della difesa della vita umana, tema così scottante in questo tempo in cui l’aborto è considerato un diritto e che per legge se ne tutela l’omicidio, scrive santa Caterina: “Se io considero il grande tuo consiglio, Trinità eterna, vedo, che nella tua luce vedesti la dignità e la nobiltà dell’umana generazione. Per cui, come l’amore ti costrinse a trarre l’uomo da te, così quel medesimo amore ti costrinse a ricomprarlo, essendo egli perduto. Ben dimostrasti che tu amasti l’uomo prima che egli fosse, quando tu lo volesti trarre da te, solo per amore; ma maggiore amore gli mostrasti, dando te medesimo, rinchiudendoti oggi nel vile saccuccio della sua umanità. E che più gli potevi dare, che dare te medesimo?“
Per la nostra santa Patrona, nel momento in cui Maria diveniva Madre del Verbo, da questo momento in poi diventava Essa stessa “paciera”, ossia, riconciliatrice dell’umanità con Dio Padre, Avvocata, come dicevano i Padri della Chiesa, per cui ogni vita concepita e per tanto già riscattata dal Sangue del Figlio sulla Croce, è da ritenersi “un figlio che Maria vuole portare a Gesù“, ogni concepito è già un riscattato e quindi da amare incondizionatamente, un “figliol prodigo” di cui Ella si fa Avvocata, riconciliatrice verso il Figlio e una moltitudine di fratelli, cioè di fedeli, e alla cui nascita e formazione Maria coopera con amore di Madre… La “Corredentrice”, in fin dei conti, è tutta qui.
L’umiltà di Maria è, nel pensiero cateriniano in questa stupenda Orazione XI, la massima espressione dell’amore della Santissima Trinità per l’Uomo; Maria ne è l’interprete perfetta, è l’umiltà stessa incarnata, e scrive: “Aspettava alla porta della tua volontà, che tu gli aprissi, perché voleva venire in te; e giammai non vi sarebbe entrato se tu non Gli avessi aperto dicendo: Ecco l’ancella del Signore, sia fatto in me secondo la tua parola. Picchiava, o Maria, alla tua porta la Deità Eterna, ma se tu non avessi aperto l’uscio della tua volontà, Dio non si sarebbe incarnato in te.” c’è da rimanere senza fiato!
C’è una bellissima immagine che ci proviene dalla patristica in cui, questa attesa del “Fiat” di Maria, descrive una umanità anch’essa in attesa, Cielo e Terra avvolti in un silenzio ansioso e fiducioso, tutti con lo sguardo rivolto verso l’umile Ancella, come risponderà? Dalla Sua risposta dipendeva la nostra sorte! Pronunciato quel meraviglioso “Fiat”, Cielo e Terra si rallegrarono tirando un sospiro di sollievo, l’attesa era finita, l’umanità avrebbe ricevuto il suo riscatto, il Cielo e la Terra si sarebbero ritrovate dopo la triste separazione dal Peccato di Adamo… finalmente si riaprivano le Porte del Paradiso.
La richiesta con l’Annuncio che l’Arcangelo Gabriele le porta, avvolge Maria stessa nell’umiltà di Dio: “In te ancora, o Maria, si dimostra oggi la fortezza e la libertà dell’uomo; perché dopo la deliberazione di tanto e sì grande consiglio, è stato mandato a te l’angelo ad annunciarti il mistero del Consiglio Divino, e cercare la tua volontà; e non discese nel ventre tuo il Figliuolo di Dio, prima che tu consentissi con la volontà tua.”, ciò che fa appassionare Caterina di tutto l’evento, non è l’idea di un “peso” che Maria deve portare, al contrario, la Sua beatitudine le deriva da quel “Sì” incondizionato pronunciato con il libero arbitrio… ecco che per santa Caterina questo è motivo di gioia, questa volontà affidata al Progetto di Dio è la nostra autentica libertà, non è un peso, al contrario è il vero motivo per cui essere pienamente felici, pienamente realizzati, qui le catene vengono spezzate perché la volontà dell’uomo può ora alimentarsi di quel “Fiat” facendolo proprio, qui comincia il nostro cammino di autentica conversione, ma non siamo soli, l’umile Ancella si è messa al nostro servizio perché Dio “l’ha colmata di ogni grazia” che Lei riversa continuamente su di noi!
Santa Caterina chiude la Preghiera con queste parole: “Vergognati anima mia, vedendo che Dio oggi si è imparentato con te in Maria: oggi ti è dimostrato, che benché tu sia stata fatta senza te, non sarai salvata senza te.”
Caterina, forte dell’insegnamento agostiniano nel quale vi è la meravigliosa ammonizione: “e il nostro cuore è inquieto, fino a quando non riposa in Te”, dirige a sé quel “vergognati” esprimendo uno di quei suoi rimproveri alla propria anima “troppo lenta” nel corrispondere alla grazia divina! Questo può apparirci forse esagerato, conoscendo la santità della “Fortissima Donna d’Italia”, ma sicuramente è un monito anche per noi oggi, una sollecitazione a “non perdere tempo, orsù non più dormite” come spesse volte ella scrive nelle sue Lettere infuocate d’azione….
Difficile esaurire in poco spazio le meditazioni che questa Preghiera ci offre, e collegarla alle tante Preghiere della Chiesa fin dai primi secoli come il Sub tuum praesidium o come le invocazioni di san Bernardo, ma ci auguriamo che vogliate continuare voi stessi su questo percorso….
O Maria, dolcissimo amor mio, in te è scritto il Verbo, dal quale noi abbiamo la dottrina della vita, Tu sei la tavola, che ci porgi quella dottrina….
Incredibile parallelismo che possiamo riscontrare con quelle Tavole della Legge che Dio consegnò a Mosè sul Monte Sinai! Qui santa Caterina dimostra davvero quanto la Scienza Infusa abbia lavorato in lei, quanto la Divina Sapienza le abbia suggerito, ispirato… a differenza di certa mariologia modernista, tutta intrisa di immagini materialiste, Caterina ripercorre in queste due righe tutto il percorso delle Scritture: ora è Maria la Tavola sulla quale è scritta la Legge dell’Amore, quel Comandamento che Gesù lasciò quale fondamento di tutti gli altri. Gesù specificando che non era venuto per abolire la Legge, ma per portarla a compimento, la raccolse nel Comandamento dell’Amore testimoniato sulla Croce, ora in Maria noi possiamo “leggere” questo Amore, perché questo prende vita, ha preso vita nell’Incarnazione, Maria è così come un “libro scritto da Dio” – i Santi dicono di Maria che è il capolavoro di Dio, il progetto riuscito di Dio – e nel quale noi possiamo comprendere Gesù Cristo. Tutto in Maria, infatti, è in funzione di Gesù: chi segue Maria, arriva a Gesù; chi legge Maria, comprende Gesù e la Sua Missione Redentrice.
Di quale “dottrina” parla dunque Caterina e che possiamo trovare in questo “libro? La dottrina della Croce sulla quale è stato inchiodato questo Amore: la Croce è la prima parola che troviamo scritta in questo libro che è Maria Santissima! Santa Caterina spiega che l’Amore senza la Croce non sarebbe vero amore, non sarebbe nulla, non sarebbe Dio, perciò la dottrina dell’Amore è la Croce stessa, e lo conferma Gesù quando dice: “per questo sono venuto!” è venuto per abbracciare la Croce, per salirci sopra e lasciarsi inchiodare perché, continua santa Caterina, “l’Amore potesse essere riversato su tutta l’umanità“, e in quale modo poteva essere riversato? attraverso il Sangue….attraverso quel Costato spalancato, spiega santa Caterina, l’Amore, dissolto col Sangue divino, è stato copiosamente riversato su ogni uomo!
“Perché si trova il fuoco nel sangue? Perché il sangue fu sparto con ardentissimo fuoco d’amore. O glorioso e prezioso Sangue, tu se’ fatto a noi bagno, e unguento posto sopra le ferite nostre. Veramente, figliuola mia, egli è bagno; ché nel bagno tu trovi il caldo e l’acqua, e il luogo dove egli sta”. (Lettera 73)Qui ritorna alla mente quell’Amore passionale di Caterina per l’Eucaristia.
Ecco perché Caterina amava tutti incondizionatamente, amava ogni essere da Dio creato uomo, donna, bambino, adulto, religioso o laico, italiano o estero, sano o malato, signore o plebeo, peccatori o santi … questa sua realtà non è dovuta soltanto alla pratica del Vangelo con una dimostrazione attivista e pacifista del problema dell’uomo, ma entrando nel suo sguardo metafisico che considera e contempla l’essere in tutto e nel quale è incessantemente riversato l’amore di Dio creatore e scopo ultimo del cammino dell’anima! Perciò tutti gli esseri hanno la medesima dignità e per tutti Caterina ha riverenza. E’ l’essere stati redenti che ci ha rivestiti di questa DIGNITA’ che la Santa vuole che ogni uomo conosca e comprende, perché finché c’è vita c’è speranza che egli lo comprenda, e si converta alla redenzione, all’Amor Divino “che incendia l’anima”. Ciò che in essi si trova di positivo, dipende e deriva da Dio perciò, sotto questo aspetto, tutti hanno la loro fondamentale dignità! Così come deve essere denunciato ogni errore ed ogni forma di peccato il quale inganna l’uomo, lo rende schiavo ed infelice, e conduce la sua anima alla dannazione eterna, una fine irragionevole per santa Caterina che non si da pace, per poter indirizzare le anime verso il loro raggiungimento ultimo. Tutto questo, spiega Caterina, lo troviamo in Maria, in quel “Fiat” ma, soprattutto mettendoci alla Sua sequela, è Lei stessa a parlarci del Figlio, Lei stessa a non permettere che la nostra anima si perda in questo cammino, se a Lei ci consacriamo. Facile qui ritrovare le note del Montfort e la sua Consacrazione a Gesù per mezzo di Maria, Lei la via scelta da Dio per entrare nel mondo e salvarci.
“Non far più resistenza allo Spirito Santo che ti chiama, e non spregiare l’amore che di te ha Maria” (Lettera 15) Queste parole Caterina le scrive ad un giudeo di nome Consiglio, a dimostrazione di come il suo interesse verso tutti, non guarda la condizione o la provenienza, ma lo stato dell’anima, anche per quelle anime che ancora non fanno parte della Chiesa: Maria ha una maternità che va ben oltre i “battezzati”, ha un compito che non riguarda solo “noi” cattolici, ma senza dubbio da noi comincia affinché ci facciamo portatori di questa Legge dell’Amore di Dio, è in fondo la cosiddetta “nuova evangelizzazione” che voleva il santo Padre Benedetto XVI con l’indizione di un Anno della fede, e noi siamo i “nuovi” evangelizzatori e dobbiamo portare agli uomini questo “libro” nel quale è scritta la nostra dottrina: confidate, ripete santa Caterina, perché Maria dolce sarà per voi sempre, Ella ci rappresenta, ci ammaestra e ci dona al dolce Gesù, Figliuolo Suo.
A tal proposito vi consigliamo di leggere la Lettera 342 nella quale Caterina spiega come Maria si identificò nel fare la volontà del Signore e di come fosse Ella stessa desiderosa di cooperare al compimento di questa volontà sollecitando anche noi, oggi, a percorrere questa strada. Maria ai piedi della Croce è madre della nostra Salvezza, che è Gesù Cristo, di conseguenza il Figlio e la Madre sono inseparabili. Nella Orazione XI sopra analizzata rammentiamo le parole della Santa quando dice, a proposito della Redenzione dell’uomo: “…Cristo lo ricomprò con la sua passione, e Tu col dolore del corpo e della mente” Maria nella Chiesa, per tanto, compie un ruolo decisivo e fondamentale, offre una cooperazione, per quanto possibile a una creatura umana (corpo, anima e mente, forza di volontà, desiderio), all’opera della Redenzione e tale cooperazione Le riesce in quanto “piena di grazia”, dalla cui pienezza tutti ne beneficiamo, o meglio, ne beneficia chi a Lei ricorre, e chi verso di Lei è portato, collaborando, a sua volta, a tale Progetto divino. Ecco perchè, ragionevolmente, c’è chi parla della Sua “corredenzione”. Non che Maria redima di iniziativa propria, ma redime perché coopera tutta al medesimo piano della redenzione del Figlio il quale, donandocela come Madre ai piedi della Croce, l’ha resa cooperatrice della Grazia consegnandoLe tutti i Tesori della salvezza rendendoLa dispensiera. Maria dispensa questa Redenzione insieme al Figlio, anche per questo è corredentrice.
Come è possibile per noi, oggi, percorrere queste vie appena tracciate e corrispondere correttamente all’insegnamento di Caterina, seguendo la Madre di Dio?
L’obbedienza! Per santa Caterina da Siena l’obbedienza è il cuore di ogni virtù che “ogni creatura che ha in sé ragione, non può disconoscere“. Oggi l’obbedienza è vissuta come un peso a causa di una falsa cultura che impone il “voglio tutto”, il diritto di avere, dimenticando la ragione che abbiamo di occuparci innanzi tutto dei doveri…. Obbedire, spiega nel Dialogo, significa esercitare i doveri DI DIO, mentre paragona i diritti a dei doni e, parafrasando il Vangelo rammenta: cercate prima le cose di lassù e la giustizia di Dio, il resto è in più… la giustizia di Dio è il dovere!
Caterina paragona tale virtù ad una chiave da tenere sempre attaccata alla cintura con una funicella…
Dove si trova questa obbedienza? sembra chiedere Catharina: si trova nel Divin Verbo, le risponde la Provvidenza, e che per compierla ed offrirtela, corse all’obbrobriosa morte di Croce.
E chi ce la può togliere? chiede con sacro timore la Santa: la superbia, risponde la Provvidenza, l’amor proprio, e via via tutti i vizi. La disobbedienza infatti fa perdere l’innocenza giacchè per disobbedire la creatura deve compiere una scelta, e dall’innocenza cade nell’immondizia, dall’immondizia cade nella miseria…
E come posso nutrirla? avanza Caterina: con l’umiltà! risponde la Provvidenza. L’umiltà è la balia e nutrice dell’obbedienza e tale nutrimento conduce alla vera Carità. La veste che questa nutrice usa per coprirla è il “morire a se stessi” perchè Io possa regnare, è farsi da parte perché Io possa diventare desiderio di ogni creatura. Il tutto trovi nell’Unigenito Mio Figliuolo, in Cristo Dolce, Gesù Amore, chi si avvilì più di Lui? Chi fu paziente più di Lui? Chi più Agnello di Lui? chiede la Provvidenza Divina nel Dialogo.
Infine per santa Caterina l’obbedienza è “paciera che unisce i disordinati” di conseguenza l’arma per esercitare l’obbedienza, nutrirla, mantenerla, fortificarla è l’Orazione, la Preghiera soprattutto quella rivolta alla Vergine Maria.
“A Te ricorro, Maria, e a Te offro la petizione mia…” santa Caterina aveva una predilezione particolare per l’Ufficio della Santa Vergine Maria, ogni giorno, e per il Sabato, giorno dedicato alla Vergine Maria e per il quale non perdeva mai la Messa. Oggi, forse, potremo rivalutare e riflettere i Primi Sabati del mese richieste dalla Vergine Santa a Fatima…
Nella Lettera 258 consiglia amorevolmente – santa Caterina non obbliga mai nessuno e non impone, da qui il valore del suo essere fuoco e passione per le anime da convertire – di dedicarsi a questo: “pregovi che, se voi non lo dite, diciate ogni dì l’officio della Vergine, acciò che Ella sia il vostro refrigerio, e avvocata dinanzi a Dio per voi“, Caterina non obbliga, ma giustamente fa osservare che “se tanto mi dai, tanto ti do…” se vuoi una Avvocata che ti difenda davanti a Dio nel giorno della tua morte, non puoi pretendere di averla se in vita l’hai rinnegata o peggio, oltraggiata con la cattiva condotta… oppure hai combattuto per toglierLe i suoi privilegi divini… lo stesso Gesù è severo riguardo all’infedeltà: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi.” (Lc.9,26) e chi meglio di Maria – dirà anni dopo il Montfort nel suo famoso Trattato – può sostenerci nella buona battaglia ed evitarci il tradimento, il vergognarci del Figlio divino?
Nella Lettera 272 sottolinea che aveva vegliato tutta la notte perchè non vedeva l’ora che giungesse il mattino del sabato dedicato a Maria per andare alla Messa, in questo giorno si esercitava il digiuno e nella Lettera 258 raccomanda: “è sabato, è conveniente digiunare a riverenzia di Maria“…
Santa Caterina non era una “devozionista” capiamoci bene, anzi, la devozione a Maria è qualcosa che va ben oltre alla devozione popolare stessa, per lei è parte integrante del Comandamento dell’Amore e verso il prossimo, è l’applicazione del Comandamento stesso, Maria è il nostro prossimo da coltivare: se Gesù è quel Mendicante al quale è “conveniente” aprirgli la nostra porta del cuore, spiega santa Caterina, Maria è la Madre mai dissociata dalla sequela del Figlio, entrambi sono il nostro primo prossimo da amare e sui quali riversare il comandamento dell’Amore per soddisfare pienamente tutti gli altri Comandamenti. Chi non coltiva l’Amore verso Maria, per pigrizia, per negligenza, per rifiuto, non potrà mai aprire la sua porta al Cristo Mendicante e, conclude la santa: le sue opere imputridiscono!
Accennando solo il riferimento dell’appello della Madonna a Fatima che dovremmo conoscere, possiamo concludere queste brevi riflessioni con un invito alla recita del santo Rosario…
Abbiamo sbriciolato la Mariologia di santa Caterina che ci ha parlato di Maria, da Fatima Maria ci ha parlato direttamente e ci ha chiesto, personalmente, di ricorrere a Lei attraverso il Rosario quotidiano.
Nella Lettera 333 e 329, scrive santa Caterina: “Col pianto ci leviamo dal sonno della negligenzia, riconoscendo le grazie e benefizii che vecchi e nuovi avete ricevuti da Dio e da quella dolce Madre Maria, per lo cui mezzo confesso che nuovamente avete ricevuto questa grazia(..)
Voglio che tutto virile ti spacci, e rispondi a Maria, che ti chiama con grandissimo amore(..)
Per li meriti di questa dolcissima Madre Maria, noi gusteremo e vedremo Cristo faccia a faccia, perocché tu sempre ti dimostri fedele nell’orazione e nelli Sacramenti, ed alla sua sequela non ti stanchi di obbedire a li Comandamenti… “
QUELLE “SANTE” RACCOMANDAZIONI…
Forse è per questo che il Crocefisso, oggi come ieri, è “scandalo”. Riflette ciò che noi eravamo prima della Redenzione e rifiutandoLo non facciamo altro che voler rimanere in uno stato di disobbedienza per cercare di esorcizzare la Croce stessa.
Dice santa Caterina nel Dialogo: “Venne poi il Verbo, che prese in mano questa chiave dell’obbedienza e la purificò nel fuoco ardente della divina carità, la trasse dal fango lavandola con il Suo Sangue, la raddrizzò col coltello della giustizia, distruggendo le nostre iniquità sull’incudine del Suo Corpo Crocefisso.
Egli così la racconciò per donarla a noi, ed è così resa perfetta che per quanto l’uomo la guasti con il suo libero arbitrio, Egli con altrettanto libero arbitrio, sempre la riacconcia…”
Ed ecco le sante raccomandazioni, quasi fossero un vero Testamento per noi oggi:
“Esci dal peccato mortale con la santa confessione, con la contrizione del cuore, con la soddisfazione di una giusta penitenza, col proponimento di non voler più offendere Dio, prega incessantemente perché ti sia data tal grazia. Credi davvero di poter accedere alle Nozze dell’Agnello vestito degli stracci del peccato? Pensi davvero di potervi accedere permanendo in uno stato di grave peccato? Oppure credi potervi accedere senza l’uso di quella chiave? O uomo cieco! e che più che cieco, dopo aver guastato la chiave dell’obbedienza ti illudi che non sia necessario riacconciarla, credi davvero di poter salire al cielo con la superbia che ti attrae all’inferno? Getta per terra quel laido vestito, e corri a confessare la tua anima per renderla pura e immacolata, pronta alle Nozze.(..)
Oh, se tu sapessi quanto è gloriosa, soave e dolce questa virtù in cui vi si trovano tutte le altre! Ella (l’obbedienza a Dio) è concepita dall’amore ed è partorita dalla perfetta carità, in lei è fondata la pietra della santissima Fede, lei è una regina, chi la sposa riceve in dote ogni virtù, quiete, serenità dell’anima, ogni croce che deve portare le diventa leggera.(..)Trova pace, trova la quiete, sposa questa regina! Siile fedele, ed essa ti porterà, aprendoti ogni porta, dove ti attende ogni beatitudine eterna…”
Ci piace concludere con la sua frase più famosa, famosa sì, ma forse poco compresa nel suo contenuto e nella responsabilità alla quale ci chiama, tratta dalla Lettera 368: “Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero!” Sarà lei stessa a testimoniarlo ai suoi figli spirituali sul letto di morte: “Tenete per fermo, carissimi, che io ho dato la vita per la santa Chiesa“
Santa Caterina da Siena, ora pro nobis!
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Quesito
Caro padre Angelo e Amici Domenicani,
buon Natale e auguri per il nuovo anno 2021.
Vorrei chiedere un chiarimento su una questione “di sostanza” che a me pare chiara, ma… tutti possono sbagliare e non vorrei essermi persa qualcosa.
Ogni tanto mi capita, da pochi anni e raramente, di sentir qualche cattolico affermare che il Papa è Cristo in terra intendendolo in
senso, appunto, sostanziale: “siccome è Cristo in terra, tutto quello che un Papa fa, è sempre fatto bene”.
Ora, se non ricordo male, l’espressione “dolce Cristo in terra” era un’espressione di affetto in una lettera di santa Caterina al Papa di
allora. Sarebbe quindi lo stesso che dire al proprio marito “luce dei miei occhi”: non è che se il marito viene poi a mancare, la moglie
diventi fisicamente cieca. Le sembrerà che il mondo non abbia più luce (a me accade questo se non faccio la Comunione per tanto tempo) ma la luce fisica è sempre lì e gli occhi in realtà funzionano come prima.
Le metafore hanno un posto nella vita e nella conoscenza ma rimangono metafore, non sono verità fattuali. Ci danno la spinta per abbracciare una verità, ma c’è la stessa differenza che c’è tra l’arco, la freccia e il bersaglio: non si può dire che sono la stessa cosa perché l’obiettivo è uno solo. Un’espressione come “Cristo è la luce del mondo”, per esempio, sembrerebbe una metafora ma è l’espressione di
una verità e mi pare tutt’altra cosa rispetto a questo appellativo affettuoso.
Dire che il Papa è “Cristo in terra” nella maniera in cui l’ho sentito impiegare equivarrebbe a dire che il Papa è Dio; e non mi pare che
siamo mai stati di quell’idea. Non ricordo che nessuno mi abbia mai insegnato niente del genere, né da piccola né da grande. Addirittura
Chesterton una volta scrisse che «I cattolici, non c’è bisogno che lo dica, è tanto probabile che chiamino “Dio” il Papa quanto che chiamino
“Papa” una cavalletta» (The Thing, cap. 34); è un testo del 1929, erano passati pochi anni dal suo Battesimo nella Chiesa cattolica, l’avrà pur ricordato il catechismo.
Questo non c’entra con l’obbedienza dovuta al Santo Padre in quanto Vicario di Cristo, spero che si capisca. Se ho un superiore gli
obbedisco perché non è lì per caso; se ho un padre (come è il Santo Padre) prego per lui; e del Papa non si parla male perché è l’immagine
di Cristo in terra; ma da qui a considerarlo Dio ce ne corre.
Non so quanto la questione possa essere di interesse generale e non voglio togliere spazio alla rubrica, che è preziosa per tanti versi e
tante persone, quindi mi va bene anche l’indicazione di un testo da leggere.
Grazie.
Umberta
Risposta del sacerdote
Cara Umberta,
1. dicendo che il Papa è il dolce Cristo in terra non si fa riferimento alla sua vita personale, ma alla potestà che Gesù Cristo gli ha conferito.
A lui Cristo ha commesso l’incarico di pascere gli agnelli e le pecore, vale a dire i fedeli e i pastori.
Per tale motivo è richiesta l’obbedienza della Chiesa.
2. È chiaro che l’espressione dolce Cristo in terra è allegorica.
Gesù Cristo è Dio, il Creatore che si è fatto uomo.
Il Papa è una creatura, un uomo che mediante una particolare consacrazione ha ricevuto determinati poteri e garanzie da parte di Gesù Cristo.
Nel suo insegnamento, almeno in alcune circostanze, gode di una garanzia di infallibilità assicurata direttamente da Cristo.
Al suo governo non è stata data analoga sicurezza. Qui può emergere il suo carattere e talvolta anche qualche suo difetto.
3. L’espressione dolce Cristo in terra è di Santa Caterina da Siena. L’ha usata diverse volte.
Te ne cito due.
Scrivendo a Papa Gregorio XI gli chiede di usare misericordia nei confronti di coloro che in Siena stavano fomentando discordia.
Ecco il testo: “Vi domando dunque misericordia, padre, per loro. Non guardate alla stoltezza e alla superbia dei vostri figlioli, ma con l’esca dell’amore e della benignità, dando pure quella dolce punizione e benigna riproduzione che piacerà alla santità vostra, rendete la pace a noi miseri figlioli che vi abbiamo offeso.
Io vi dico, dolce Cristo in terra, da parte di Cristo in cielo, che facendo così, cioè senza briga e tempesta, essi ritorneranno a voi con dolore dell’offesa fatta e vi metteranno il capo in grembo. Allora godrete, e noi godremo con voi, perché con l’amore avrete rimessa la pecorella smarrita nell’ovile della santa Chiesa” (Lettera 196).
In questa lettera si manifesta la preoccupazione di Santa Caterina che il Papa intervenisse in maniera non adeguata, e pertanto non indiscutibile.
4. In un’altra lettera scritta ad un Nunzio apostolico mette in evidenza addirittura i difetti del Papa. Scrive: “Il dolce Cristo in terra credo che sarebbe bene che levasse due cose per le quali la Chiesa di Gesù Cristo si guasta.
L’una è la troppa tenerezza e sollecitudine per i parenti, nella quale converrebbe che egli in tutto e per tutto fosse mortificato.
L’altra cosa è la troppa dolcezza fondata in troppa misericordia. Oimé, oimé, questa è la ragione per cui i membri diventano putridi, cioè perché non vengono debitamente corretti” (Lettera 109).
5. Talvolta Santa Caterina arriva ad ipotizzare che il Papa possa essere un demonio incarnato. Ma anche in tal caso va obbedito.
Ecco le sue parole: “O Verbo dolce, Figlio di Dio, tu hai riposto il tuo sangue nel corpo della santa Chiesa e vuoi che ci sia amministrato per le mani del tuo vicario.
Perciò è stolto colui che si allontana e agisce contro questo vicario che tiene le chiavi del sangue di Cristo crocifisso.
Anche se fosse un demonio incarnato, io non devo alzare il capo contro di lui, ma sempre umiliarmi chiedendo il sangue per misericordia: perché in altro modo non lo potete avere, né in altro modo potete partecipare il frutto del sangue.
Vi prego, dunque, per l’amore di Cristo crocifisso, che non operiate mai più contro il vostro capo” (Lettera 28, a Bernabò Visconti, signore di Milano).
Contraccambio gli auguri che mi hai fatto per il Natale 2020 con quelli di un sereno e Santo Natale 2021.
Ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo