Norme per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni

Uno speciale prurito per la rivelazione privata ha sempre accompagnato gli uomini di ogni tempo e, il nostro tempo, grazie alla facilità di comunicazione e di amplificazione dei media, ne è spesse volte tempestato da non dare neppure alla Chiesa il tempo sufficiente per verificare, saggiare gli spiriti… Sebbene in certe circostanze la sete di “messaggi” soprannaturali possa sembrare una rinnovata scoperta dei valori dello spirito, si rivela piuttosto essere un segno certo di scarsa fede in quelle certezze di cui nessun buon cristiano dovrebbe mai dubitare. 

Leggiamo come ammoniva san Giovanni della Croce su questa situazione:
“Dal momento in cui (Dio) ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sua Parola. Infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti, l’ha detto tutto nel suo Figlio. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità” (San Giovanni della Croce – Salita del monte Carmelo,2,c.XXII,n.5.)


SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

NORME PER PROCEDERE NEL DISCERNIMENTO
DI PRESUNTE APPARIZIONI E RIVELAZIONI

Nota preliminare

Origine e carattere delle Norme

Durante la Sessione Plenaria annuale del novembre 1974, i Padri di questa Sacra Congregazione hanno esaminato i problemi relativi alle presunte apparizioni e alle rivelazioni spesso loro connesse, e sono pervenuti alle seguenti conclusioni:

1. Oggi, più che in passato, la notizia di queste apparizioni si diffonde rapidamente tra i fedeli grazie ai mezzi di informazione (mass media). Inoltre, la facilità degli spostamenti favorisce e moltiplica i pellegrinaggi. L’Autorità ecclesiastica è perciò chiamata a pronunciarsi in merito senza ritardi.

2. D’altra parte, la mentalità odierna e le esigenze scientifiche e quelle proprie dell’indagine critica rendono più difficile, se non quasi impossibile, emettere con la debita celerità i giudizi che concludevano in passato le inchieste in materia (constat de supernaturalitatenon constat de supernaturalitate) e che offrivano agli Ordinari la possibilità di autorizzare o proibire il culto pubblico o altre forme di devozione tra i fedeli.

Per queste ragioni, affinché la devozione suscitata tra i fedeli da fatti di questo genere possa manifestarsi nel rispetto della piena comunione con la Chiesa e portare frutti, dai quali la Chiesa stessa possa in seguito discernere la vera natura dei fatti, i Padri hanno ritenuto di dover promuovere in materia la seguente procedura.

Quando l’Autorità ecclesiastica venga informata di qualche presunta apparizione o rivelazione, sarà suo compito:

a) in primo luogo, giudicare del fatto secondo criteri positivi e negativi (cfr. infra, n. I);

b) in seguito, se questo esame giunge ad una conclusione favorevole, permettere alcune manifestazioni pubbliche di culto o di devozione, proseguendo nel vigilare su di esse con grande prudenza (ciò equivale alla formula: «pro nunc nihil obstare»);

c) infine, alla luce del tempo trascorso e dell’esperienza, con speciale riguardo alla fecondità dei frutti spirituali generati dalla nuova devozione, esprimere un giudizio de veritate et supernaturalitate, se il caso lo richiede.

I. Criteri per giudicare, almeno con una certa probabilità,
del carattere delle presunte
 apparizioni o rivelazioni

A) Criteri positivi:

a) Certezza morale, o almeno grande probabilità dell’esistenza del fatto, acquisita per mezzo di una seria indagine.

b) Circostanze particolari relative all’esistenza e alla natura del fatto, vale a dire:

1. qualità personali del soggetto o dei soggetti (in particolare, l’equilibrio psichico, l’onestà e la rettitudine della vita morale, la sincerità e la docilità abituale verso l’autorità ecclesiastica, l’attitudine a riprendere un regime normale di vita di fede, ecc.);

2. per quanto riguarda la rivelazione, dottrina teologica e spirituale vera ed esente da errore;

3. sana devozione e frutti spirituali abbondanti e costanti (per esempio, spirito di preghiera, conversioni, testimonianze di carità, ecc.).

B) Criteri negativi:

a) Errore manifesto circa il fatto.

b) Errori dottrinali attribuiti a Dio stesso, o alla Beata Vergine Maria, o a qualche santo nelle loro manifestazioni, tenuto conto tuttavia della possibilità che il soggetto abbia aggiunto – anche inconsciamente –, ad un’autentica rivelazione soprannaturale, elementi puramente umani oppure qualche errore d’ordine naturale (cfr Sant’Ignazio, Esercizi, n. 336).

c) Una ricerca evidente di lucro collegata strettamente al fatto.

d) Atti gravemente immorali compiuti nel momento o in occasione del fatto dal soggetto o dai suoi seguaci.

e) Malattie psichiche o tendenze psicopatiche nel soggetto, che con certezza abbiano esercitato una influenza sul presunto fatto soprannaturale, oppure psicosi, isteria collettiva o altri elementi del genere.

Va notato che questi criteri positivi e negativi sono indicativi e non tassativi e vanno applicati in modo cumulativo ovvero con una qualche loro reciproca convergenza.

II. Intervento dell’Autorità ecclesiastica competente

1. Se, in occasione del presunto fatto soprannaturale, nascono in modo quasi spontaneo tra i fedeli un culto o una qualche devozione, l’Autorità ecclesiastica competente ha il grave dovere di informarsi con tempestività e di procedere con cura ad un’indagine.

2. L’Autorità ecclesiastica competente può intervenire in base a una legittima richiesta dei fedeli (in comunione con i Pastori e non spinti da spirito settario) per autorizzare e promuovere alcune forme di culto o di devozione se, dopo l’applicazione dei criteri predetti, niente vi si oppone. Si presterà però attenzione a che i fedeli non ritengano questo modo di agire come un’approvazione del carattere soprannaturale del fatto da parte della Chiesa (cfr Nota preliminare, c).

3. In ragione del suo compito dottrinale e pastorale, l’Autorità competente può intervenire motu proprio; deve anzi farlo in circostanze gravi, per esempio per correggere o prevenire abusi nell’esercizio del culto e della devozione, per condannare dottrine erronee, per evitare pericoli di un misticismo falso o sconveniente, ecc.

4. Nei casi dubbi, che non presentano alcun rischio per il bene della Chiesa, l’Autorità ecclesiastica competente si asterrà da ogni giudizio e da ogni azione diretta (perché può anche succedere che, dopo un certo periodo di tempo, il presunto fatto soprannaturale cada nell’oblio); non deve però cessare di essere vigile per intervenire, se necessario, con celerità e prudenza.

III. Autorità competenti per intervenire

1. Spetta innanzitutto all’Ordinario del luogo il compito di vigilare e intervenire.

2. La Conferenza Episcopale regionale o nazionale può intervenire:

a) se l’Ordinario del luogo, fatta la propria parte, ricorre ad essa per discernere con più sicurezza sul fatto;

b) se il fatto attiene già all’ambito nazionale o regionale, sempre comunque con il consenso previo dell’Ordinario del luogo.

3. La Sede Apostolica può intervenire, sia su domanda dell’Ordinario stesso, sia di un gruppo qualificato di fedeli, sia anche direttamente in ragione della giurisdizione universale del Sommo Pontefice (cfr. infra, n. IV).

IV. Intervento
della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede

1. a) L’intervento della Sacra Congregazione può essere richiesto sia dall’Ordinario, fatta la propria parte, sia da un gruppo qualificato di fedeli. In questo secondo caso, si presterà attenzione a che il ricorso alla Sacra Congregazione non sia motivato da ragioni sospette (come, per esempio, la volontà di costringere l’Ordinario a modificare le proprie legittime decisioni, a ratificare qualche gruppo settario, ecc.).

b) Spetta alla Sacra Congregazione intervenire motu proprio nei casi più gravi, in particolare quando il fatto coinvolge una consistente parte della Chiesa, sempre dopo aver consultato l’Ordinario, e, se la situazione lo richiede, anche la Conferenza Episcopale.

2. Spetta alla Sacra Congregazione giudicare e approvare il modo di procedere dell’Ordinario o, se lo ritiene possibile e conveniente, procedere ad un nuovo esame del fatto, distinto da quello realizzato dall’Ordinario e compiuto o dalla Sacra Congregazione stessa, o da una Commissione speciale.

Le presenti Norme, deliberate nella Sessione Plenaria di questa Sacra Congregazione, sono state approvate dal Sommo Pontefice Paolo VI, felicemente regnante, il 24 febbraio 1978.

Roma, dal palazzo della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, 25 febbraio 1978.

Franjo Cardinale Šeper
Prefetto

+ Jérôme Hamer, O.P.
Segretario


per le due foto che seguono si ringrazia Fulvio Festosi

Rivelazione pubblica e rivelazioni private: il loro luogo teologico

Da “Congregazione per la dottrina della fede: Il messaggio di Fatima – Commento teologico”, 13 maggio 2000

di Joseph Ratzinger

[…] L’insegnamento della Chiesa distingue fra la “rivelazione pubblica” e le “rivelazioni private”. Fra le due realtà vi è una differenza non solo di grado ma di essenza.

Il termine “rivelazione pubblica” designa l’azione rivelativa di Dio destinata a tutta quanta l’umanità, che ha trovato la sua espressione letteraria nelle due parti della Bibbia: l’Antico ed il Nuovo Testamento. Si chiama “rivelazione”, perché in essa Dio si è dato a conoscere progressivamente agli uomini, fino al punto di divenire egli stesso uomo, per attirare a sé e a sé riunire tutto quanto il mondo per mezzo del Figlio incarnato Gesù Cristo. […] In Cristo Dio ha detto tutto, cioè se stesso, e pertanto la rivelazione si è conclusa con la realizzazione del mistero di Cristo, che ha trovato espressione nel Nuovo Testamento.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica cita, per spiegare questa definitività e completezza della rivelazione, un testo di San Giovanni della Croce: “Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola… Infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti, l’ha detto tutto nel suo Figlio… Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità” (CCC 65, S. Giovanni della Croce, Salita al Monte Carmelo, II, 22).

Il fatto che l’unica rivelazione di Dio rivolta a tutti i popoli è conclusa con Cristo e con la testimonianza a lui resa nei libri del Nuovo Testamento vincola la Chiesa all’evento unico della storia sacra e alla parola della Bibbia, che garantisce e interpreta questo evento, ma non significa che la Chiesa ora potrebbe guardare solo al passato e sarebbe così condannata ad una sterile ripetizione. Il CCC dice al riguardo: “… anche se la rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli” (n. 66).

I due aspetti del vincolo con l’unicità dell’evento e del progresso nella sua comprensione sono molto bene illustrati nei discorsi d’addio del Signore, quando egli congedandosi dice ai discepoli: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé… Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv 16, 12-14). […]

In questo contesto diviene possibile intendere correttamente il concetto di “rivelazione privata”, che si riferisce a tutte le visioni e rivelazioni che si verificano dopo la conclusione del Nuovo Testamento […]. Ascoltiamo ancora al riguardo innanzitutto il CCC: “Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate ‘private’, alcune delle quali sono state riconosciute dall’autorità della Chiesa… Il loro ruolo non è quello… di ‘completare’ la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica” (n. 67). Vengono chiarite due cose:

1. L’autorità delle rivelazioni private è essenzialmente diversa dall’unica rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di parole umane e della mediazione della comunità vivente della Chiesa Dio stesso parla a noi. La fede in Dio e nella sua Parola si distingue da ogni altra fede, fiducia, opinione umana. La certezza che Dio parla mi dà la sicurezza che incontro la verità stessa e così una certezza, che non può verificarsi in nessuna forma umana di conoscenza. È la certezza, sulla quale edifico la mia vita e alla quale mi affido morendo.

2. La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché mi rimanda all’unica rivelazione pubblica. Il cardinale Prospero Lambertini, futuro Papa Benedetto XIV, dice al riguardo nel suo trattato classico, divenuto poi normativo sulle beatificazioni e canonizzazioni: “Un assentimento di fede cattolica non è dovuto a rivelazioni approvate in tal modo; non è neppure possibile. Queste rivelazioni domandano piuttosto un assentimento di fede umana conforme alle regole della prudenza, che ce le presenta come probabili e piamente credibili”. Il teologo fiammingo E. Dhanis, eminente conoscitore di questa materia, afferma sinteticamente che l’approvazione ecclesiale di una rivelazione privata contiene tre elementi: il messaggio relativo non contiene nulla che contrasta la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione (E. Dhanis, “Sguardo su Fatima e bilancio di una discussione”, in: La Civiltà Cattolica 104, 1953 II. 392-406, in particolare 397). Un tale messaggio può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell’ora attuale; perciò non lo si deve trascurare. È un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso.

Il criterio per la verità ed il valore di una rivelazione privata è pertanto il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da lui, quando essa si rende autonoma o addirittura si fa passare come un altro e migliore disegno di salvezza, più importante del Vangelo, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all’interno del Vangelo e non fuori di esso. Ciò non esclude che una rivelazione privata ponga nuovi accenti, faccia emergere nuove forme di pietà o ne approfondisca e ne estenda di antiche. Ma in tutto questo deve comunque trattarsi di un nutrimento della fede, della speranza e della carità, che sono per tutti la via permanente della salvezza.

Possiamo aggiungere che le rivelazioni private sovente provengono innanzitutto dalla pietà popolare e su di essa si riflettono, le danno nuovi impulsi e dischiudono per essa nuove forme. Ciò non esclude che esse abbiano effetti anche nella stessa liturgia, come ad esempio mostrano le feste del Corpus Domini e del Sacro Cuore di Gesù. Da un certo punto di vista nella relazione fra liturgia e pietà popolare si delinea la relazione fra rivelazione pubblica e rivelazioni private: la liturgia è il criterio, essa è la forma vitale della Chiesa nel suo insieme nutrita direttamente dal Vangelo. La religiosità popolare significa che la fede mette radici nel cuore dei singoli popoli, così che essa viene introdotta nel mondo della quotidianità. La religiosità popolare è la prima e fondamentale forma di “inculturazione” della fede, che si deve continuamente lasciare orientare e guidare dalle indicazioni della liturgia, ma che a sua volta feconda la fede a partire dal cuore.

Siamo così già passati dalle precisazioni piuttosto negative, che erano innanzitutto necessarie, alla determinazione positiva delle rivelazioni private: come si possono classificare in modo corretto a partire dalla Scrittura? Qual è la loro categoria teologica? La più antica lettera di San Paolo che ci è stata conservata, forse il più antico scritto in assoluto del Nuovo Testamento, la prima lettera ai Tessalonicesi, mi sembra offrire un’indicazione. L’apostolo qui dice: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (5, 19-21).

In ogni tempo è dato alla Chiesa il carisma della profezia, che deve essere esaminato, ma che anche non può essere disprezzato. Al riguardo occorre tener presente che la profezia nel senso della Bibbia non significa predire il futuro, ma spiegare la volontà di Dio per il presente e quindi mostrare la retta via verso il futuro. Colui che predice l’avvenire viene incontro alla curiosità della ragione, che desidera squarciare il velo del futuro; il profeta viene incontro alla cecità della volontà e del pensiero e chiarisce la volontà di Dio come esigenza ed indicazione per il presente. L’importanza della predizione del futuro in questo caso è secondaria. Essenziale è l’attualizzazione dell’unica rivelazione, che mi riguarda profondamente: la parola profetica è avvertimento o anche consolazione o entrambe insieme. In questo senso si può collegare il carisma della profezia con la categoria dei “segni del tempo”, che è stata rimessa in luce dal Vaticano II: “… Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?” (Lc 12, 56). Per “segni del tempo” in questa parola di Gesù si deve intendere il suo proprio cammino, egli stesso. Interpretare i segni del tempo alla luce della fede significa riconoscere la presenza di Cristo in ogni tempo. Nelle rivelazioni private riconosciute dalla Chiesa si tratta di questo: aiutarci a comprendere i segni del tempo ed a trovare per essi la giusta risposta nella fede. […]

__________


Il testo integrale nel sito del Vaticano:

> Il messaggio di Fatima – Commento teologico


Nuovo Osservatorio per verificare le Apparizioni e i fenomeni mariani

13/04/2023 È stato istituito presso la Pontificia Academia Mariana Internationalis (Pami) con l’obiettivo di analizzare e interpretare i vari casi di mariofanie: apparizioni, lacrimazioni, ma anche locuzioni interiori, stigmate e altri fenomeni mistici che siano in corso o già avvenuti, ma ancora in attesa di una pronuncia dell’autorità ecclesiastica circa l’autenticità.

“Lo scopo che ci proponiamo – spiega p. Stefano Cecchin (Ofm), presidente della Pami – è fornire un concreto sostegno allo studio, all’autenticazione e alla corretta divulgazione di tali eventi, sempre in sintonia con il magistero ecclesiastico, le autorità competenti e le norme vigenti da parte della Santa Sede in materia. L’Osservatorio opererà in modo sistematico, strategico, pluridisciplinare e qualificato, anche in collaborazione con esperti e ricercatori, personalità di alto profilo nell’ambito scientifico e autorità ecclesiastiche. È importante fare chiarezza, perché spesso presunti messaggi generano confusione, diffondono ansiogeni scenari apocalittici o addirittura accuse contro il Papa e la Chiesa. Come potrebbe Maria, Madre della Chiesa, minare alla sua integrità o seminare paure e contrapposizioni, lei che è Madre di Misericordia e Regina della Pace?”. Allo stesso modo, continua Cecchin, “è importante fornire un supporto formativo perché affrontare determinati casi richiede una preparazione adeguata”.

L’Osservatorio si compone di un Comitato direttivo e di un Comitato scientifico centrale.
Del primo fanno parte, oltre a p. Stefano Cecchin e al suo confratello, fr. Marco Mendoza, segretario della Pami, suor Daniela del Gaudio, docente di Ecclesiologia e Mariologia presso vari Atenei Pontifici (Pua, Pusc, Apra, Seraphicum) nel ruolo di direttore, e padre Raffaele Di Muro, dei frati minori conventuali, preside della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” che ha curato la redazione del Dizionario dei fenomeni mistici cristiani come vice-direttore.
Nel Comitato scientifico centrale, invece, padre Gian Matteo Roggio, missionario di Nostra Signora di La Salette, consigliere della Pami e docente della Pontificia Facoltà teologica Marianum, il preside dello stesso ateneo, padre Denis Kulandaisamy, dell’Ordine dei Servi di Maria, l’esperto mariologo, padre Salvatore M. Perrella, anche lui servita, Luciano Regolo, condirettore di Famiglia Cristiana e Maria con te, e Paolo Cancelli, avvocato specializzato in tutela delle persone fragili dal reato di circonvenzione.
A breve verranno costituiti dei Comitati scientifici locali, nella logica di una rete operativa in grado di estendere sempre più il raggio d’azione.
L’Osservatorio, che inizia ufficialmente la sua attività con la prima seduta sabato 15 aprile presso la sede della Pami, dove lavorerà abitualmente, potrà anche riunirsi e operare “sul campo” in base alle necessità o alle richieste di supporto.
“Il proposito dell’Osservatorio – conclude p. Cecchin -, per agire in modo efficiente e capillare, è attivare commissioni nazionali e internazionali per valutare e studiare apparizioni e fenomeni mistici segnalati in varie aree del mondo, promuovere attività di aggiornamento e di formazione su questo tipo di eventi e sui loro molteplici significati spirituali e culturali, promuovere attività di alta divulgazione e consulenza, specialmente a servizio delle Chiese locali e dei vescovi, ma anche attività di ricerca trans-disciplinare di concerto con le istituzioni accademiche, sia laiche, sia ecclesiastiche, e la pubblicazione dei risultati delle ricerche condotte”.

COME COMPORTARSI DI FRONTE A UNA PRESUNTA APPARIZIONE MARIANA?
RISPONDE IL MARIOLOGO GIAN MATTEO ROGGIO

Come comportarsi di fronte a una presunta mariofania? “Maria con te”, il settimanale edito dalla Periodici san Paolo, lo ha chiesto a padre Gian Matteo Roggio, mariologo di fama internazionale, consigliere della Pontificia Academia Mariana Internationalis, nonché docente alla Pontificia facoltà teologica Marianum.
«Le “istruzioni per l’uso” in casi come questo sono pubbliche, nel senso che chiunque può trovare su Internet le “norme per discernere su presunte apparizioni”, fissate dalla Congregazione per la dottrina della fede. Potremmo riassumerle in tre punti fondamentali.

Il primo è capire cosa davvero sta succedendo al di là del passaparola mediatico.

Il secondo punto è verificare quali sono i caratteri dell’evento: quale spinta alla testimonianza cristiana ci offre? Chi sono le persone coinvolte? Qual è il loro stile di vita? Quale la loro attendibilità? Sono racconti di visioni? Sono racconti di messaggi? Ci sono fenomeni che accompagnano le une o gli altri?

Il terzo punto, infine, è fornire una valutazione. Dire, cioè, se quello che accade porti i segni di Dio oppure no».

Nel caso di una presunta apparizione, dove presunti veggenti sostengono non solo di vedere la Vergine, ma di raccoglierne anche i messaggi, come agire?

«In presenza di presunti messaggi – prosegue padre Roggio – occorre verificare, innanzitutto, se siano conformi alla fede e alla morale. Verificare, cioè, che non vi sia qualcosa che vada contro l’una e contro l’altra, quanto piuttosto qualcosa che si configuri come spinta a vivere entrambe».
E’ fondamentale usare LA PRUDENZA che, nel caso di fedeli interessati ad un dato “fenomeno”, devono esercitare per evitare di essere precipitosi nelle personali valutazioni.
Qualunque “messaggio” che si imponesse a sostituirsi, per esempio, ai propri Pastori, al magistero della Chiesa, al contenuto del Catechismo, alla stessa obbedienza d’ossequio che si deve loro e soprattuto al Pontefice regnante, non deve essere assunto come “parola vera o dal cielo”. Mentre è possibile che molti fedeli si pongano di studiare, con cuore e mente sinceri, il vero bene che possono fare a se stessi e al prossimo nella Chiesa spingendo, per esempio, cenacoli di preghiera per i propri sacerdoti, per i propri pastori, per il Papa.

È rispetto alla fede che va valutata la presunta ricezione di messaggi da parte della Madonna:
«I fenomeni autentici aggiungono. Quelli non autentici, per tutta una serie di motivi, tolgono. Possiamo guardare, ad esempio, a Lourdes: c’è stata un’ondata di presunti veggenti che non è stata riconosciuta dalla Chiesa. Ondata che ha tolto all’evento ritenuto autentico, ovvero – prosegue padre Roggio – l’esperienza di Bernadette, quella capacità di comunicazione che doveva avere. Simile è anche il caso di Kibeho, in Africa, dove accanto alle tre veggenti a un certo punto si è sviluppata una pletora di presunte veggenti che ha tolto centralità a ciò che, invece, doveva rimanere centrale».

Tenendo bene a mente che nulla può essere aggiunto o tolto alla Sacra Scrittura e che nulla attendiamo di “nuove rivelazioni”, questi fenomeni necessitano oggi di molta prudenza, soprattutto quelli di “grido apocalittico” soprattutto che conducono alla divisione nella Chiesa, a dividere gruppi di fedeli, divisioni contro i Pastori, contro il Papa è evidente che non sono messaggi che possono provenire dal Cielo, ma potrebbero essere quegli “angeli di luce” che sono i demoni, impazienti di portare, nella Chiesa, odio, confusione, dubbi, paure, insicurezze e quanto di tenebroso possa esserci.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica cita, per spiegare questa definitività e completezza della rivelazione, un testo di San Giovanni della Croce: “Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola… Infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti, l’ha detto tutto nel suo Figlio… Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità” (CCC 65, S. Giovanni della Croce, Salita al Monte Carmelo, II, 22).

Così spiegava l’allora cardinale Ratzinger in qualità di Prefetto per la CdF:
“Il criterio per la verità ed il valore di una rivelazione privata è pertanto il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da lui, quando essa si rende autonoma o addirittura si fa passare come un altro e migliore disegno di salvezza, più importante del Vangelo, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all’interno del Vangelo e non fuori di esso. Ciò non esclude che una rivelazione privata ponga nuovi accenti, faccia emergere nuove forme di pietà o ne approfondisca e ne estenda di antiche. Ma in tutto questo deve comunque trattarsi di un nutrimento della fede, della speranza e della carità, che sono per tutti la via permanente della salvezza.”
e l’orientamento al Cristo è, evidentemente, all’interno della Sua Chiesa e a favore di Lei. Quando rivelazioni private spingono i fedeli ad altre letture o ad affermare che certi libri dei veggenti sono un compendio dei Vangeli e si trascurano così i testi Sacri e il magistero della Chiesa, il Catechismo che le spiega, allora queste rivelazioni non vengono dal Cielo perchè lo Spirito Santo che ha guidato la Chiesa fino ad oggi, non cambia parere, non introduce nuove dottrine, nuovi testi, non è schizofrenico e non si contraddice.

E quando continuiamo a sentire parlare di “nuova Pentecoste” da ben 60 anni, ma anche da non poche rivelazioni private, ricordiamo che tutti i Pontefici e i grandi Maestri hanno sempre parlato di “RINNOVO” e non di “nuova” tanto da far dire a Leone XIII che ha scritto sullo Spirito Santo in occasione del passaggio dall’800 al ‘900 l’Enciclica: Divinum Illud Munus, contro le derive dottrinali sulla Terza Persona della SSma Trinità, così ammoniva:

“Per ultimo basti sapere che se Cristo è il capo della chiesa, lo Spirito Santo ne è come l’anima: “Ciò che è l’anima nel nostro corpo, lo Spirito Santo lo è nella chiesa, corpo di Cristo”.
E stando così le cose, non si può immaginare e attendere un’altra più larga e abbondante “effusione e manifestazione dello Spirito Santo”, giacché ora nella chiesa se ne ha la massima e durerà sino a quel giorno in cui la stessa chiesa dallo stadio della milizia verrà assunta al glorioso consorzio nella letizia dei trionfanti.
Ma non meno ammirabile, sebbene più difficile a intendersi, anche perché del tutto invisibile, è l’azione dello Spirito Santo nelle anime. Anche questa effusione è copiosissima, tanto che Cristo medesimo, che ne è il donatore, l’assomigliò a un fiume abbondantissimo, come è registrato in san Giovanni: “Dal seno di colui che crede in me, come dice la Scrittura, sgorgheranno le sorgenti d’acqua viva”; e poi lo stesso evangelista, commentando queste parole, soggiunge: “Ciò disse dello Spirito Santo, che avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7,38-39).” (vedi qui )

Ovvero… dopo l’evento originale della Pentecoste, non ci sarà mai un’altra “nuova Pentecoste”, ciò che hanno beneficiato i Santi del passato, le riforme, ecc.. e ciò che possiamo sperimentare con una vera ri-evangelizzazione, proviene sempre da quella Pentecoste che non cesserà fino alla fine del mondo; quell’unico ed inimitabile Spirito Santo, Terza Persona della SS.ma Trinità che non può contraddirsi, né contraddire ciò che ha detto ed insegnato a tutta la Chiesa nei duemila anni appena trascorsi.

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