La conclusione delle feste battesimali richiama quest’oggi i neofiti alla basilica Lateranense, presso il Fonte in cui la notte precedente la Pasqua vennero rigenerati. Sono questi gli ultimi momenti della loro infanzia spirituale, giacché domani verranno come slattati, e prenderanno posto fra gli altri fedeli. Perciò l’odierna liturgia stazionale sembra più che mai invaghita del candore della loro innocenza, quasi una tenera madre che si sente rapita alla vaghezza del suo pargoletto.
a cura di Giuliano Zoroddu da RS
Oggi, nell’antica liturgia Romana, il Papa distribuiva al popolo gli Agnus Dei di cera benedetta mescolata col santo Crisma, e sui quali si imprimeva l’immagine dell’Agnello di Dio. Questa distribuzione è assai antica e si faceva durante la messa, mentre appunto la scuola dei Cantori cantava l’invocazione Agnus Dei prima del bacio di pace che precede la Comunione. Nel secolo XIV la cerimonia ci viene cosi descritta: Durante il canto dell’Agnus Dei il Papa distribuisce gli Agnus Dei di cera ai cardinali e ai prelati, ponendoli nelle loro mitre. Terminato poi il divin Sacrificio, egli va nel triclinio e siede a mensa, durante la quale appare sulla soglia un accolito con un bacile d’argento pieno d’Agnus Dei, che gli dice : Domine, Domine, isti sunt agni novelli qui annuntiaverunt alleluia; modo venerunt ad fontes, repleti sunt claritate, alleluia. Avanzatosi in mezzo alla sala, il chierico ripete il medesimo annunzio; indi fattosi più dappresso al Pontefice, in tono più alto torna a ripetere con ancor maggior insistenza il suo messaggio, deponendo questa volta il bacile sulla mensa papale. Il Papa allora cominciava la distribuzione degli Agnus Dei ai suoi famigliari, ai sacerdoti, ai cappellani, agli accoliti, e ne mandava perfino in dono ai sovrani cattolici.
L’introito deriva dal salmo 104, e si riferisce ai neofiti usciti dal tenebroso Egitto. «Il Signore trasse dall’esilio il suo popolo con grande esultanza, lodate Jahvè; e nel tripudio (fece uscire) i suoi prescelti. Lodate, ecc.» Salmo: «Confessate il Signore, e invocate il suo nome; annunziate le sue imprese tra i gentili».
V. «Gloria».
La preghiera è la seguente: «Dio onnipotente, ci concedi che avendo pur ora celebrate devotamente le feste pasquali, in loro grazia possiamo giungere ai gaudii eterni. Per il Signore, ecc.».
Ecco lo spirito della liturgia: in grazia della festa temporale, ascendere all’eterna festa. Festa Paschalia … egimus. Infatti oggi l’antica liturgia intendeva di celebrare l’ottava della solennità pasquale, in quanto che cominciavasi a contare dalla sera del sabato santo, e da un sabato all’altro corrono appunto otto giorni. Anche per la Pentecoste ricorre l’identico calcolo, così che anche adesso la domenica successiva alla Pentecoste non viene affatto considerata siccome l’ottava della discesa dello Spirito Santo. L’ottava termina il sabato alla messa; cosicché la domenica in albis, in cui cioè, terminata la festa pasquale, si deponevano le bianche tuniche, solo posteriormente venne denominata in Octava Paschae.
Durante questa settimana pasquale l’antica liturgia romana riconduceva
continuamente i neofiti ad Fontes, al battistero Lateranense, ad imprimere nelle loro menti un vivo ricordo degli obblighi che avevano assunti alla sponda di quella vasca misteriosa. La Chiesa Romana in quest’occasione cantava il noto verso di Ezechiele: Vidi aquam egredientem de templo a latere dextero, [1] e con ciò voleva insinuare che le acque del santo Battesimo sono appunto sgorgate dal costato aperto di Gesù, giacché là è il pelago ove nos pisciculi secundum ἰχθύv nostrum [2] venimmo alla luce.
Oggi nell’epistola (I Petr. n, 1-10) san Pietro spiega alle sue prime reclute della milizia cristiana la sublime dignità alla quale li ha elevati il santo Battesimo. Un tempo i gentili non venivano considerati siccome un popolo legittimo, giacché non erano a parte, come gli Ebrei, della divina promessa. Oggi invece il Sacramento della rigenerazione li ha resi una stirpe santa, un popolo prescelto, un regio sacerdozio, a condizione tuttavia che essi spiritualmente si uniscano al Cristo per mezzo d’una fede operativa. Non si tratta qui tanto di riti materiali e di solidarietà esteriore, com’era quella del
popolo Israelitico. Dio è spirito, e vuole che il cristiano lo adori soprattutto in spirito e verità.
A incominciare da quest’oggi, durante tutto il tempo pasquale il salmo graduale dopo l’epistola diventa alleluiatico, in quanto che ad ogni versetto del solista il popolo intercalava il grido: Alleluia.
«Lodate Jahvè, lodate Jahvè. Salmo: Questo è il giorno, ecc. ».
«Lodate Jahvè. Salmo: Lodate, o fanciulli, il Signore, lodate il nome di Jahvè».
I fanciulli, che qui s’invitano a lodare il Signore, sono i neofiti che assistono alla messa stazionale nelle loro bianche tuniche battesimali.
La lezione evangelica che segue è scelta assai a proposito, a cagione della parte che vi prendono Pietro e Giovanni. Pietro è il «Pastore», che durante tutta questa settimana ha riservato a sé il diritto di pascere i neofiti colla sua parola; Giovanni poi è il patrono contitolare del battistero Lateranense, di guisa che, in certo modo, la stazione oggi si celebra in casa sua. Giovanni, come più giovane e più ardente nell’amore, lasciò indietro Pietro nella sua corsa al sepolcro di Gesù. Giunto tuttavia sull’orlo dell’apertura donde si penetrava nella caverna sotterranea, s’inchinò a guardare, ma non ardì di calarvisi, per un certo senso di terrore che gl’ispirava quel luogo testimone del miracolo avvenuto. Arriva finalmente Pietro, e nell’impetuosità della sua fede vi discende tosto, e quindi invita Giovanni a fare altrettanto. Questo ci indica che l’amore devo ispirarsi sempre alla fede, che perciò lo precede, e che appunto quelle vaghe forme di religiosità sentimentale, tanto
preferite da molte anime moderne, non ispirandosi al Catechismo cattolico, non hanno alcuna efficacia sulla vita dell’individuo, ma sono morbosità superstiziosa, e non culto vero e grato a Dio.
L’antifona ad offerendum è tolta dal salmo pasquale 117. Oramai la Chiesa ha dato ai neofiti tutto quello che possedeva. Essi si sono a lei presentati per mezzo della fede in Jahvè. Dio li ha illuminati. Non rimane altro che la Chiesa, al termine della solennità pasquale, invochi nel luogo santo su di loro la copia delle divine benedizioni.
«Benedetto colui che viene nel nome di Jahvè. Noi vi benediciamo dalla casa di Jahvè. Jahvè è Dio, e ci ha illuminati. Lodate Jahvè, lodate Jahvè».
Questo bel versetto del salmo 117 nella sua prima parte appartiene al coro sacerdotale che saluta i nuovi proseliti. Prima che essi depongano le candide vesti, i Sacerdoti li benedicono. Allora i neofiti riconoscono gl’immensi benefici di cui li ha ricolmi il Signore durante questa settimana, e tutti pieni di gratitudine confessano le sue magnificenze.
Alla fine della solennità pasquale, la Chiesa prova quasi della pena a porre un termine alla festa. Esteriormente essa vi si rassegna, ma a condizione che l’anima interiormente celebri una Pasqua perenne, come perenne sugli altari è altresì l’immolazione dell’Agnello Pasquale. Ecco il senso della seguente colletta sulle oblate.
«Fa’, o Signore, che questi misteri pasquali ci riempiano sempre di gaudio; in modo che l’offerta continua del Sacramento della nostra Redenzione ci sia argomento di eterna letizia. Per il Signore, ecc.»
L’antifona per la Comunione è splendida. I neofiti stanno ormai per deporre le tuniche battesimali. Però le anime loro hanno indossato un altro abito spirituale, che non deve essere mai più deposto. L’immagine sembra ardita, ma è dell’Apostolo nella lettera ai Galati (III, 27) : Gesù Cristo viene paragonato come ad un abito, giacché il cristiano, mentre viene ricoperto dei meriti del Salvatore, ne deve rivivere altresì la vita, il pensiero, gli affetti, i battiti del cuore. «Tutti voi che siete stati immersi in Gesù Cristo, vi siete di lui rivestiti».
Nella prece dopo la Comunione, la Chiesa si mostra sollecita che i neofiti, allontanandosi per dir cosi dalle sue vesti, custodiscano gelosamente quella fede che con tanta cura è stata loro insegnata durante tutto il lungo periodo della catechesi. Pegno di custodia ed alimento di questa vera fede è la divina Eucaristia, il mysterum Fidei per eccellenza, quella che nel cuore dei Martiri ha alimentato il sacro incendio che li ha sospinti al martirio in difesa della cattolica fede.
«Ora, che siamo stati confortati dal tuo dono, pegno della nostra redenzione, ti preghiamo, o Signore, che per mezzo di questo farmaco d’eterna salvezza, la vera fede prenda sempre più incremento. Per il Signore, ecc. ».
La divina Eucaristia non è soltanto un pegno qualsiasi della Redenzione; essa la contiene nel più ampio significato della parola, giacché non soltanto commemora il sacrificio del Golgota e ce ne applica i meriti, ma è ancora il germe della resurrezione gloriosa, o sulla via dell’esilio col possesso di Dio ci anticipa le gioie della patria celeste.
Gesù apparisce agli Apostoli alla sera dei giorno di Pasqua, indi si mostra loro dopo otto giorni, e di nuovo augura la pace. Al termine di questa settimana secolare, alla fine cioè dei mondo, Gesù riapparirà anche alla sua Chiesa, e col dono della sua pace la conforterà contro le ultime persecuzioni dell’anticristo.
(Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster osb, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano. Vol. IV. Il Battesimo nello Spirito e nel fuoco (La Sacra Liturgìa durante il ciclo Pasquale), Torino-Roma, 1930,pp. 96-100)
[1] «Vidi l’acqua che usciva dal lato destro del tempio» (Ezechiele, XLVII, 2-9).
[2] «Gesù è il nostro simbolico Pesce, e noi siamo i pesciolini» TERTULL., De
Baptism., P. L., I, col. 1306. È noto che questa parola greca compone l’acrostico: Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore.

Le orazioni di consacrazione degli Agnus Dei pontifici
Dall’opera I pontifici Agnus Dei dilucidati. Opera data in luce dal p. Antonio Baldasali della Compagnia di Gesù (Venezia, MDCCXIV) caviamo le belle orazioni che il Vicario di Cristo recitava nella consacrazione degli Agnus Dei il mercoledì di Pasqua. L’italiano è stato in parte ammodernato.
Preghiera del Papa sull’acqua
Il Papa si rivolge a Dio con queste parole:
“O Signore, Dio Padre Onnipotente, creatore di tutti gli elementi, custode dell’umanità, dispensatore della grazia spirituale e donatore della salvezza eterna, Tu hai comandato alle acque, che sgorgano dal Paradiso terrestre, di bagnare tutta la Terra; sopra le quali il tuo Unigenito ha camminato con i piedi asciutti e nelle quali ha voluto essere battezzato; le quali volesti sgorgassero insieme al Sangue dal suo prezioso Costato; e con le quali hai ordinato ai tuoi Discepoli di battezzare tutte le genti. Sii benevolo e clemente e assisti noi che facciamo memoria delle tue grandezze, e benedici e santifica queste cose che abbiamo deciso di bagnare e immergere in questo vaso d’acqua preparato per la gloria del tuo nome. Così, per la venerazione e l’onore verso questi Agnus Dei, a noi tuoi servi vengano cancellate le colpe, lavate le macchie dei peccati, ottenuta la grazia e conferito il perdono, affinché finalmente, insieme ai tuoi Santi e ai tuoi eletti, siamo fatti meritevoli di ottenere la vita eterna. Per lo stesso nostro Signore Gesù Cristo. Amen”
A questo punto, senza indossare la mitra, il Papa infonde il Balsamo nell’acqua in forma di Croce e pronuncia la seguente orazione:
“Degnati, o Signore, di consacrare e santificare queste acque per mezzo di questa unzione di balsamo e della nostra benedizione, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen”
Fatto ciò, infonde nell’acqua il Sacro Crisma e dice:
“Signore, degnati di consacrare e santificare queste Acque per mezzo di questa unzione del Santo Crisma e della nostra benedizione, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.”
Benedizione degli Agnus Dei
Una volta benedetta l’acqua, il Pontefice si rivolge alle casse dove si trovano gli Agnus Dei e, in piedi senza la mitra, dice:
“O Dio, che sei Padrone e Dominatore di tutte le santificazioni, la cui pietà si esperimenta da sempre, Tu volesti che Abramo, padre della nostra Fede, già disposto per tuo comando a sacrificare suo figlio Isacco, consumasse il Sacrificio nell’ariete, che teneva la testa nelle spine, come figura della nostra Redenzione. Tu hai anche comandato a Mosè, il Legislatore, l’offerta dell’Agnello Immacolato nel perpetuo Sacrificio. Ti supplichiamo umilmente di degnarti di benedire queste forme di cera con l’immagine dell’Agnello Immacolato e di santificarle per mezzo dell’invocazione del tuo santissimo Nome, affinché, con il loro contatto e alla loro vista, i fedeli siano invitati alla lode, il fragore della grandine, l’impeto delle tempeste, la furia dei venti e dei tuoni pestilenziali si mitighino; e gli spiriti maligni fuggano e tremino di fronte al segno della Santa Croce che è impresso in queste cere. A essa ogni ginocchio si piega e ogni lingua confessa che, vinta la morte con la Passione della Croce, Gesù Cristo regna nella gloria di Dio Padre. Infatti Egli, come una pecorella condotta al macello, nella morte si è offerto in Olocausto per riportare all’ovile la pecorella smarrita per l’inganno diabolico e, trovata, condurla sulle sue spalle al gregge della patria celeste. Egli vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen”
Poi dice un’altra orazione:
“Dio Onnipotente ed eterno, tu sei l’Istitutore delle offerte, dei sacrifici e delle cerimonie della Legge, e, per ristorare il genere umano, hai voluto che la nostra natura, ingannata da una suggestione diabolica e incorsa nella tua indignazione per aver spregiato la tua maestà, con la pratica dei sacrifici ti placasse, come hai fatto con Abele nell’offerta dei primi agnelli e con Melchisedec, tuo Sacerdote, nella sua oblazione, e con altri nell’immolazione delle ostie di agnelli, arieti e tori grassi, cioè con Abramo, Mosè e Aronne. Le loro offerte erano figure, perché per mezzo della tua santa benedizione erano rese sante e salutari per le persone che le offrivano. E come quell’agnello che veniva sacrificato, il cui sangue cospargeva le porte e le soglie, liberò il tuo popolo nella notte dalla schiavitù d’Egitto, e come quell’Agnello innocente, per tuo volere sacrificato sull’Altare della Croce, cioè Gesù Cristo, tuo Figlio, liberò la natura umana dalla potestà diabolica; così questi Agnus Dei immacolati prendano quella virtù. Poiché noi li offriamo al cospetto della tua Maestà, degnati di benedirli, santificarli e consacrarli, affinché, santificati con la tua ampia benedizione, abbiano la stessa virtù contro gli inganni del demonio e contro le frodi dello spirito maligno. Così nessuna tempesta prevalga a danno di coloro che devotamente terranno questi Agnus Dei, nessuna cosa avversa domini contro di essi, non aria pestilenziale o corruzione dell’aria, nessuna procella del mare, o morbo, nessun incendio, né alcuna scelleratezza; non prevalga l’uomo; e la madre partoriente e il bambino si conservino sani e salvi per l’intercessione dell’Unigenito tuo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, il quale vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo. Amen”
E un’altra ancora:
“Preghiamo la tua clemenza, Dio Onnipotente, che dal nulla hai creato tutte le cose e dopo la caduta di Adamo, hai benedetto Noè e i suoi figli, che apparvero giusti alla presenza della tua Maestà e per la tua misericordia furono salvati dalle acque del diluvio universale. Così ti degnati di benedire questi Agnus Dei, di santificarli e di consacrarli, affinché coloro che, per tua riverenza e ossequio, li porteranno devotamente, vengano liberati da ogni inondamento di acque e da ogni moto diabolico di tempesta, e dalla morte improvvisa e repentina, per la virtù della Passione di Gesù Cristo tuo Figlio benedetto, il quale vive e regna con Te e lo Spirito Santo, Amen”.
Terminate queste orazioni, il Sommo Pontefice, presa la Mitra, si pone a sedere presso il vaso d’acqua e allora gli vengono portati gli Agnus Dei in conche d’argento. Il Papa li immerge nell’acqua, e le persone presenti li estraggono e, nelle conche, li portano sulle tavole preparate con tovaglie pulite, affinché si asciughino. Una volta che tutti gli Agnus Dei sono stati bagnati e battezzati per mano del Papa e delle persone che lo assistono, il Sommo Pontefice si alza e, senza la Mitra in capo, pronuncia sugli Agnus Dei le seguenti orazioni:
“O Spirito Santo, che fecondi le acque e dai vita a tutte le cose, e nella sostanza delle acque hai costituito cose grandissime; le quali acque, santificate da Te, hanno lasciato la loro amarezza e sono diventate dolci; econ il tuo soffio sono state santificate e cancellano tutti i peccati nella lavanda del Santo Battesimo con l’invocazione delle tre Persone della Santissima Trinità. Ti preghiamo, Signore, di degnarti di benedire, santificare e consacrare questi Agnus Dei bagnati con l’acqua consacrata e con il balsamo del Sacro Crisma, affinché, benedetti da Te, prendano virtù contro tutte le diaboliche tentazioni, e tutti quelli che li porteranno, possano essere sicuri tra le cose prospere e tra le avverse, e ricevuta la tua consolazione, non temano nessun pericolo, non abbiano paura di nessuna ombra e nessuna crudeltà diabolica o inganno umano rechi loro danno. Ma, resi forti per mezzo della virtù della tua fortezza, si glorino della tua consolazione, o divinissimo Spirito. Tu sei veramente detto Paracleto, cioè consolatore, e vivi e regni nella Trinità perfetta per tutti i secoli dei secoli. Amen”
“Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio vivo, veramente sei l’Agnello innocente, il Sacerdote e insieme la Vittima, che per la voce profetica sei vite, e sei detto pietra angolare. Tu hai tolto via i peccati del mondo. Tu, ucciso per amore nostro, ci hai redento, o Signore Dio, nel tuo Sangue, e hai bagnato le porte della nostra fronte e del nostro petto con il tuo prezioso Sangue, affinché l’ingannevole astuzia notturna del demonio e i pericoli dannosi per le nostre anime che arrivano a mezzogiorno, e il popolo inferocito, passando sopra le nostre case, non esercitino contro di noi le loro forze. Tu sei veramente l’Agnello sacrificato per la nostra riconciliazione e hai voluto essere perpetuamente sacrificato in tua memoria dai tuoi fedeli ed essere preso come l’Agnello Pasquale in cibo sotto le specie del Pane e del Vino nel Santissimo Sacramento, per la salute e per il rimedio delle nostre anime, affinché, passato il mare del presente secolo, possiamo arrivare alla gloria della resurrezione e dell’eternità. Perciò preghiamo la tua clemenza, che ti degni di benedire, santificare e consacrare questi Agnus Dei immacolati, che abbiamo formato in tuo onore con cera vergine e pura con l’impronta della Croce, e che sono stati bagnati con l’acqua consacrata, con il Balsamo e con il Sacro Crisma in memoria della tua Concezione, che avvenne senza opera d’uomo, e per sola virtù divina. Ti preghiamo che tu così difenda, protegga e liberi da ogni pericolo d’incendio, di fulmine, di procella e di tempesta, e che custodisca da ogni avversità le persone che li porteranno e li terranno con devozione per il sacratissimo mistero della tua santa Passione. Degnati di liberare da ogni pericolo quelle che partoriscono, come liberasti la tua Santissima Madre da ogni pericolo, Susanna dalla colpa che le era stata attribuita per calunnia, la beata Tecla, Vergine e Martire, dall’incendio, e san Pietro, che si trovava rinchiuso in carcere, dalle catene e lo facesti uscire libero dalla prigione. Così fai, che noi in questo secolo possiamo andare illesi, affinché possiamo vivere con te nell’Empireo per sempre. Tu così fai, che vivi e regni Dio nell’unità dello Spirito Santo per tutti secoli dei secoli. Amen”.
Terminata tutta questa sacra funzione di benedizione e consacrazione, gli Agnus Dei vengono riposti nelle casse. Durante la Messa che si canta nella Cappella Papale, vengono distribuiti dal Vicario di Cristo, dopo che si è detto l’Agnus Dei, a tutti coloro che sono presenti alla funzione, come già detto.
Il Mercoledì di Pasqua e la benedizione degli “Agnus Dei”
Sino al pontificato di papa Montini, Paolo VI, il mercoledì di Pasqua era dedicato, nella Chiesa romana, alla benedizione dei c.d. Agnus Dei (v. anche qui). Si tratta di un’usanza assai antica, risalente ad un’epoca anteriore al primo millennio (v. qui e qui), che dovrebbe essere recuperata.

Sul video relativo alla benedizione del 1959 di Giovanni XXIII, v. anche New Liturgical Movement.



AGGIORNAMENTO AL 15.9.2025 LEGGI QUI:
Leone XIV riporta una antica usanza: gli Agnus Dei

Agnus DEI Appartiene alla classe dei “sacramentali” approvati dalla Chiesa, e può definirsi un oggetto di devozione benedetto con rito speciale dal Sommo Pontefice. Da tre secoli almeno l’Agnus Dei ha la forma di un ovale di candida cera, recante sopra una delle facce l’impronta dell’agnello pasquale. L’agnello, simbolo del Cristo, è accovacciato sul libro dell’Apocalisse dai sette sigilli, e regge con le zampe un vessillo crociato; all’orlo dell’ovale vi è la scritta più o meno abbreviata: Ecce agnus Dei, qui tollit peccata mundi (Giovanni, I, 29).
Gli effetti ammirabili degli Agnus Dei sono spiegati in antichi versi latini che riportiamo qui sotto, e dei quali spieghiamo qui di seguito il senso, ma attenzione NON SONO AMULETI e non sono una superstizione…
Balsamus et munda cera cum chrismatis unda
Conficiunt Agnum; quod munus do tibi magnum,
Fontem velut natum, per mystica sanctificatum,
Fulgura desursum depellit, et omne malignum
Peccatum frangit, ut Christi sanguis, et angit,
Praegnans servatur simul et partus liberatur.
Munera fert dignis, virtutem destruit ignis,
Portatus munde, de fluctibus eripit undae.
Morte repentina servat, Satanæque ruina.
Si quis honorat eum retinet super hostem trophæum.
Parsque minor tantum, tota valet integra quantum.
Nati dal fonte e santificati da un mistico rito, gli agnelli di cera pura bagnati dall’acqua, dal balsamo e dal crisma possono scacciare la folgore, rimettere il peccato (veniale, e in più diminuire le pene dei peccati), preservare dai pericoli le donne incinte e portare a buon fine il parto; spengono gli incendi se gettati nel fuoco, preservano dai flutti, dalla morte improvvisa, dal diavolo e dalla tentazione, insieme a tantissimi altri doni per chi li porta degnamente su di sé. In più hanno la straordinaria caratteristica che ogni pezzo pur piccolo vale quanto l’intero. Da qui la pratica di moltiplicarli includendone dei frammenti in speciali medaglie che recano impressi gli stessi disegni della cera.
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