“Benedetto ha vissuto con molta aspettativa il conclave e l’elezione del nuovo Papa, era ansioso di sapere chi gli sarebbe succeduto. Abbiamo pregato intensamente sentendoci uniti a tutta al Chiesa che invocava lo Spirito Santo. Il momento dell’ “annuntio vobis gaudium magnum” lo abbiamo seguito in tv. É stato molto commovente essere presente alla telefonata che il nuovo Papa ha fatto a Papa Benedetto. Gli ho passato il cordless, sentivo Benedetto XVI dire: “La ringrazio Santo Padre e -già sentire Benedetto che dice questo suscitava ammirazione- la ringrazio che abbia subito pensato a me e prometto fin d’ora la mia obbedienza e la mia preghiera.”
Queste parole dette da una persona con la quale ho vissuto, perché era il mio Papa, sentirgli dire questo, ecco ne rimasi molto edificato.” (mons. Xuareb)
Monsignor Alfred Xuereb, maltese, parla per esperienza diretta, scrivendo un libro-diario dove ha raccontato la sua esperienza di segretario aggiunto nel Pontificato di Benedetto XVI.
Per quasi sei anni è stato nella segreteria particolare di Benedetto XVI, e dal marzo 2013 è al servizio di Papa Francesco che lo ha no0minato Vescovo e Nunzio apostolico. Un lavoro discreto e solerte. É stato proprio Papa Benedetto a offrire al suo Successore il monsignore maltese come possibile segretario.
“Sono stato con Benedetto XVI fino a tre giorni dopo l’elezione di Papa Francesco – racconta – poi sono venuto in Vaticano, a Santa Marta. Il giorno che sono partito lo ricordo minuto per minuto, perché è stato un momento molto particolare per me. Per quasi sei anni sono stato accanto ad una persona molto speciale, che mi ha voluto bene come un padre, che mi ha permesso di beneficiare di una confidenza rispettosa ma intima. Poi è arrivato il giorno del doloroso distacco.”
La sua discrezione quasi britannica magari non lo ha fatto conoscere al grande pubblico, ma in Vaticano il suo sorriso e la sua affabilità sono molto apprezzati: “ In sintonia con lo stile di Papa Francesco e per sbrigare con serenità la mole considerevole di pratiche che giungono alla Segreteria Particolare, come d’altronde in tutti gli altri uffici, si predilige il lavoro di scrivania” spiega.
Papa Francesco lo ha anche delegato a vigilare e tenerlo informato sul lavoro della Commissione referente sullo IOR e sulla Commissione di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede.
Nato a Victoria nel 1958, sacerdote dal 1984, ha studiato prima a Gozo e poi all’Istituto di Spiritualità del Teresianum a Roma, ha vissuto un anno di lavoro a Münster, in Germania. Dal 1991 al 1995 è stato segretario del rettore della Università Lateranense, ha lavorato poi in Segreteria di Stato e nella Prefettura della Casa Pontificia.
A qualche mese dagli eventi che hanno cambiato la storia don Alfred racconta come li ha vissuti, in una intervista del 2013, ma soprattutto apre le pagine dei ricordi per raccontare Benedetto XVI visto da vicino raccolti, così, in questo libro appena uscito. Il racconto dei giorni di marzo è ricco di intensità.
“Benedetto XVI aveva scritto una bellissima lettera di cui mi ha consegnato una copia che conservo come un prezioso gioiello, nella quale ha menzionato al nuovo Papa alcuni miei pregi. Magari nella sua bontà ha voluto evitare di elencare i miei difetti, assicurando al nuovo Papa che mi aveva lasciato libero, poiché il nuovo Papa non osava chiedere di sottrarmi a Lui. Del resto era forse l’unico tra 115 cardinali che non aveva un segretario suo. Io ricordo anche il momento in cui ho fatto le valigie. Mi dicevano: affrettati il Papa ha bisogno di un segretario, sta aprendo lui stesso le lettere, è solo. Io non sapevo niente di quello che succedeva a Santa Marta.”
Ma lei come ha salutato il Papa emerito?
Mons. Xuareb: “Il momento più toccante è stato quando sono entrato nel suo ufficio a Castelgandolfo per salutarlo personalmente. Poi c’è stato l’ultimo pranzo, ma il momento privato è stato intensissimo. Io piangevo e gli ho detto, come riuscivo, con un nodo alla gola: Santo Padre per me è molto difficile distaccarmi da Lei, io la ringrazio tantissimo per quello che Lei mi ha donato in questi anni, per la sua grande paternità. Lui si è alzato dalla scrivania e, mentre gli baciavo l’anello che ormai non era più quello del Pescatore, ha sollevato sulla mia testa la mano destra e mi ha benedetto.”
I ricordi sono tanti e sgorgano dal cuore del sacerdote vividi e intensi.
“ Una volta- racconta don Alfred-eravamo a Castelgandolfo, ci fu un incontro con seminaristi e sacerdoti. Uno dei sacerdoti aveva fatto notare come fosse difficile seguire i ritmi della preghiera. Perché la parrocchia era grande e c’era tanta gente da seguire. E diceva, quasi scusandosi, che non riusciva sempre a pregare il breviario, perché magari doveva accudire i fedeli. Forse attendeva quasi una approvazione. Invece il Papa gli ha detto: questa tua premura pastorale è molto lodevole, ma ricordati che anche quando preghi il breviario stai facendo una azione pastorale perché stai pregando per i tuoi parrocchiani. Come è importante aiutare una persona ascoltandola e facendo cose concrete per venirle incontro, è altrettanto importante aiutarla e sostenerla con la tua preghiera. Questo i parrocchiani lo apprezzano tanto quando vengono a saperlo. E così il Papa ha incoraggiato il parroco a non trascurare la Liturgia delle Ore.”
Una paternità che la “famiglia del Papa”, di cui don Alfred ha fatto parte, ha vissuto in tanti gesti quotidiani che dimostrano la umanità e semplicità di Benedetto XVI. Nelle richieste di preghiera, ad esempio, Ratzinger ha proseguito alcune abitudini di Giovanni Paolo II, che chiamava sempre semplicemente, il Papa.
“Ogni giorno arrivavano numerose lettere con richieste di preghiera a Papa Benedetto. Succedeva lo stesso con Giovanni Paolo II ed era un compito di don Mietek, che io ho ereditato, quello di prepararle su un fogliettino per il Papa. Arrivavano alla segreteria particolare tante richieste di persone malate e il Papa rimaneva impressionato di quante famiglie vivessero questo dramma, pensando non solo al malato, ma anche a tutta la famiglia che giorno e notte, Natale e Pasqua, estate ed inverno doveva accudire il familiare infermo. E poi c’era l’angoscia per i bambini. Il Papa, che pure ha mille pensieri, considerava la sua preghiera per i malati un ministero pastorale importantissimo. Mettevo i fogliettini in cappella sul suo inginocchiatoio, e so che Benedetto li sfogliava e li rileggeva conservandoli nel cassettino. Mi sorprendeva quando, dopo qualche giorno, mi chiedeva se avevo avuto notizia di qualcuno dei malati che conoscevo personalmente.”
E poi il raccoglimento prima della messa…
“La messa iniziava alle 7.00, ma ci furono dei giorni in cui si sentiva l’orologio del cortile di San Damaso che suonava l’ora ma lui rimaneva in raccoglimento. Ricordo un periodo in particolare, che si fermava a lungo anche dopo l’orario di inizio. Avevo la netta sensazione che stesse pregando per una intenzione particolare. Forse era il momento del travaglio interiore che lui ha avuto prima di arrivare all’eroica decisione della rinuncia. Era un raccoglimento molto particolare.”
Nella vita quotidiana c’erano anche momenti speciali di festa come il Natale. Ricorda il suo primo Natale con Papa Benedetto?
“Eravamo intorno all’albero con le candele accese come si usa in Germania. Cantavamo i canti natalizi in tedesco in latino e in italiano. Ad un certo momento il Papa si gira verso di me e mi dice: il suo predecessore, don Mietek, ci cantava qualche canto in polacco, lei ne ha qualcuno maltese?
Io avevo degli spartiti dei canti popolari nostri, in particolare uno che è il più tradizionale: Ninni la Tibkix Izjed, Ninna nanna a Gesù, non piangere più. Si canta sempre. Corsi nel mio ufficio presi gli spartiti e fu grande la mia sorpresa e la mia emozione quando il Papa prese gli spartiti e si mise al pianoforte a suonare. Sentendo questa melodia suonata dal Papa ancora oggi il pensiero mi emoziona. La vigilia di Natale dopo cena, in attesa della messa, ci riunivamo attorno all’albero acceso, il Papa prendeva il brano del Vangelo della natività di Gesù e lo leggeva, poi ci scambiavamo gli auguri. Mi spiegò che ogni padre di famiglia in Baviera fa così. Mi piaceva arricchire la grande religiosità maltese popolare con quella della Baviera.”
A tavola e dopo i pasti o magari dopo le passeggiate nei Giardini Vaticani per la recita del Rosario il Papa e i suoi segretari parlavano delle udienze del giorno, delle persone incontrate, talvolta anche delle critiche che arrivavano da fuori e dentro la Chiesa.
“L’ho visto dispiaciuto certo, ma non contrariato. Non l’ho mai sentito dire una frase di sdegno. Quando ci fu la triste vicenda del nostro Aiutante di Camera, che trattava come un figlio, ha manifestato il suo dispiacere per la sua famiglia e per lui stesso. Ma mai una parola di indignazione.”
Don Alfred lei era con Papa Benedetto quando Papa Francesco appena eletto lo ha chiamato al telefono?
“Benedetto ha vissuto con molta aspettativa il conclave e l’elezione del nuovo Papa, era ansioso di sapere chi gli sarebbe succeduto. Abbiamo pregato intensamente sentendoci uniti a tutta al Chiesa che invocava lo Spirito Santo. Il momento dell’ “annuntio vobis gaudium magnum” lo abbiamo seguito in tv. É stato molto commovente essere presente alla telefonata che il nuovo Papa ha fatto a Papa Benedetto. Gli ho passato il cordless, sentivo Benedetto XVI dire: “La ringrazio Santo Padre e -già sentire Benedetto che dice questo suscitava ammirazione- la ringrazio che abbia subito pensato a me e prometto fin d’ora la mia obbedienza e la mia preghiera.”
Queste parole dette da una persona con la quale ho vissuto, perché era il mio Papa, sentirgli dire questo, ecco ne rimasi molto edificato.”
Come ha vissuto la decisone della rinuncia?
“Il mio timore era una incomprensione e magari una condanna generale. Temevo che si potesse dire: ha iniziato un’opera e non ha avuto il coraggio di completarla! Invece io vedo ancora oggi la sua eroicità proprio in questo, lui non ha badato a questo rischio. Era convinto di quello che il Signore gli stava chiedendo in quel momento: io non ho più forze per continuare la mia missione, la mia missione è conclusa, affido a qualcun’ altro che ha più energie di me il compito di portare avanti la Chiesa. Perché la Chiesa non è del Papa, ma di Cristo. Chi ama la Chiesa considera tale decisione “un grande atto di governo””.
Qual è stata la sua prima reazione alla notizia?
“Mentre mi comunicava la notizia mi veniva subito di dirgli: No, Santo Padre, perché non ci pensa un po’!
Poi ho frenato me stesso e mi sono detto: ma chissà da quanto tempo ci pensa! E mi sono passati nella mente, come in un baleno, i momenti di preghiera prima della messa, lunghi e raccolti.
E l’ho lasciato parlare, lo ascoltato smarrito. Era tutto ben deciso, quando comunicarlo e come. E mi ha detto: Lei andrà con il Papa nuovo. E me lo ha ripetuto per ben due volte, al punto che stavo per dirgli: sarei disposto, ma chi sa se il nuovo Papa mi vorrà?”
Qualcuno pensa che Benedetto XVI sia stato un Papa troppo intellettuale, con la testa solo sui libri.
“Considero il Papa emerito con una personalità costituita da due dimensioni che potrebbero sembrare contrastanti, e invece sono complementari. Da una parte è un gigante di intelletto, di profondità teologica, filosofica, liturgica, biblica… e dall’altra parte, grazie alla sua crescita in una famiglia normale e senza fronzoli in Baviera, è rimasto un uomo semplice con lo sguardo di un bambino evangelico. Due parti che rendono la personalità ancora più completa. E la sua discrezione è un modo per non sopraffare l’altro, anzi fa sempre lo sforzo di tirare fuori il bene che ha l’altro e il suo carattere affinché si crei una sintonia. Ecco l’arte di rapportasi con gli altri che Benedetto XVI mi ha insegnato.”
C’è una parola che meglio descrive Benedetto XVI?
“Non voglio racchiudere Papa Benedetto in una parola o una frase, perché sarebbe come tentare di racchiudere una intera città sotto una campana di vetro. Ma la parola che io ho sentito di più pronunciare da Papa Benedetto è: grazie! In continuazione. Lo aiutavamo a vestirsi per la messa, gli davamo la croce pettorale, e lui: grazie. Gli portavo il bastone: grazie! Gli toglievo il bastone: grazie! Una volta, quando ero Prelato di Anticamera, stavamo attendendo un ospite nella biblioteca, e mi permisi di fargli un complimento per una omelia che aveva appena fatto. Mi colpì molto il modo con cui lo ha accettato. Innanzi tutto lo ha accettato. E, con umiltà, ha abbassato gli occhi e mi ha detto: grazie! Dagli scritti di Benedetto XVI possiamo imparare tanto, perché è un grande maestro, ma non senza sceglierlo come modello di vita.”
E VENIAMO OGGI, AL LIBRO…. (di Nico Spuntoni)
A stretto giro dalla morte di Benedetto XVI, oltre al libro di Gänswein è uscito anche il libro di Xuereb, un diario dei suoi anni accanto al Papa tedesco. Nel suo I miei giorni con Benedetto XVI (Edizioni San Paolo) si ritrova un ritratto di un Ratzinger inedito, raccontato nella quotidianità dei pranzi, delle messe, delle passeggiate e con fotografie inedite di momenti privati. Alcuni particolari raccontati restituiscono un’immagine inedita al grande pubblico dell’ultimo Pontefice europeo: il suo umorismo, ad esempio, o l’amore per i gatti e per gli orsacchiotti.
Quest’ultima passione, peraltro, s’intreccia con l’evento probabilmente più importante della storia della Chiesa degli ultimi secoli: la rinuncia dal ministero petrino. Nei giorni finali del pontificato, in preparazione del trasloco per il monastero Mater Ecclesiae, Xuereb ricorda nel libro che Benedetto XVI aveva subito pensato a far spostare nella nuova residenza i due orsetti di stoffa che risalivano alla sua infanzia e che gli erano stati regalati dalla madre.
ll 2 marzo del 2013, mentre la famiglia pontificia si trovava a Castel Gandolfo in attesa di sapere l’esito del conclave, il prelato maltese annota un dettaglio che lo ha colpito dell’atteggiamento di Benedetto XVI mentre i media ed i fedeli sono ancora sotto shock per gli eventi. “Se avessi avuto bisogno di una conferma della tranquillità d’animo del Santo Padre – scrive Xuereb – questa mi è stata data stamane, quando mi ha mostrato dove ha sistemato i suoi due orsetti storici.
L’annuncio choc delle dimissioni
La testimonianza del nunzio maltese è importante anche per ciò che riguarda l’annuncio delle dimissioni. Benedetto XVI, infatti, scelse di comunicarglielo qualche giorno prima dello storico concistoro dell’11 febbraio 2013. Precisamente martedì 5 febbraio: Ratzinger lo convocò nel suo ufficio e, senza troppi fronzoli, lo avvisò immediatamente della sua decisione. Così lo ricorda Xuereb nel libro: “Andrò a vivere – mi spiega con calma – nell’ex monastero di clausura che c’è nei Giardini Vaticani e che attualmente è in ristrutturazione. Ma Lei, monsignore, rimarrà con il nuovo Papa”.
In effetti, il prelato maltese divenne in seguito segretario di Francesco svolgendo quel ruolo di transizione che prima di lui aveva svolto monsignor Mechyslav Mokshytskyi. Dunque, il nuovo Papa argentino accettò quell’ultima decisione del suo predecessore e mantenne Xuereb al suo fianco fino al 2018, quando lo nominò nunzio apostolico in Corea e Mongolia e lo elevò al rango di arcivescovo.
È interessante la testimonianza dell’ex segretario particolare sulla sua reazione alla notizia delle dimissioni. Scrive nel diario: “A mano a mano che prendo coscienza della decisione di Benedetto, mi viene da piangere. Mentre il Papa mi parlava, per un istante ho pensato di dirgli di ripensarci, ma poi mi sono trattenuto, anche perché ho visto il Santo Padre sereno ed ero sicuro che aveva a lungo vagliato la decisione nella sua preghiera. Inoltre, non ho voluto rinfocolare il turbamento che sicuramente ha vissuto negli ultimi tempi”.
Quella di Xuereb è l’ennesima conferma della serenità e al tempo stesso della determinazione con cui Benedetto XVI annunciò ai suoi collaboratori più stretti lo storico passo indietro. L’importanza del diario sta soprattutto nelle piccole cose relative alle grandi cose: ad esempio, significativo il racconto del pranzo successivo alla notizia della rinuncia nel quale – ricorda Xuereb – il Papa cercò di stemperare il clima con battute su un cardinale di una certa età arrivato col fiatone ad un incontro con lui. Si legge nel libro: “Il Santo Padre ha commentato con sentimenti di simpatia: «Due sono le ragioni, è grasso ed è anziano!». E sapendo che al Santo Padre non è mai piaciuto praticare sport, mi sono consentito una battuta: «Mi permetto di aggiungere un’altra motivazione: forse aveva il fiatone perché non ha praticato nessuno sport!». Al che il Papa ha subito replicato: «Se avesse fatto sport, sarebbe già morto!»”.
L’umorismo di Ratzinger in quelle ore che precedevano il concistoro dell’11 febbraio 2013 contrastava con l’inquietudine di Xuereb e degli altri membri della famiglia pontificia. Una situazione che si replicò nel pranzo successivo a quell’annuncio pubblico durante il quale, ancora commosso, il segretario maltese provò ad intavolare una conversazione su quanto accaduto: “Butto là un’osservazione: «Padre Santo, ma Lei è apparso molto tranquillo mentre pronunciava il suo atto di rinuncia…». «Sì», risponde deciso Benedetto. Non una parola di più. Capisco che non è il caso di aggiungere altre osservazioni”.
Il conclave ed il telefono
Nei giorni successivi, la segreteria del Papa venne tempestata di richieste per udienze private e si trovò a dover sbrigare le numerose lettere d’affetto che arrivavano da tutto il mondo. Nel diario si ritrovano i racconti di scene fondamentali viste in prima persona come l’addio al Palazzo Apostolico ed il viaggio sull’elicottero da San Pietro a Castel Gandolfo. Xuereb rimase al fianco di Benedetto XVI in quello storico volo.
Il 5 marzo 2013, quando i cardinali cominciarono le congregazioni generali in vista dell’ingresso in Cappella Sistina, il prelato maltese fu protagonista di un episodio intenso nel clima tranquillo e al tempo stesso surreale di Castel Gandolfo. Si legge nel diario: “Questa mattina il Santo Padre ha consegnato il suo anello del Pescatore che nei tempi passati, in caso di morte del Papa, veniva distrutto. Ora invece viene solo graffiato: è il segno che il Papa che l’aveva indossato non è più Pontefice regnante. Ieri, quando l’ha portato in ufficio per consegnarlo, gli ho chiesto se potessi baciarlo per l’ultima volta, ed ha acconsentito. Ho notato che la mia richiesta gli ha fatto piacere“.
Sul conclave, Xuereb racconta che Benedetto XVI lo ha vissuto “con molta aspettativa” e che era “desideroso di sapere chi gli sarebbe succeduto”. La famiglia pontificia aspettò la fumata bianca in preghiera ed apprese il nome del nuovo eletto dalla televisione, come tutti. Concentrati sul piccolo schermo, non si accorsero del telefono che squillava poco prima dell’apparizione dalla loggia del nuovo Papa. A chiamare era proprio Francesco che – racconta Xuereb – voleva salutare il suo predecessore prima di presentarsi alla folla, ma senza successo.
Una telefonata solo rinviata.
Francesco, infatti, al termine del suo primo saluto in piazza San Pietro, chiamò di nuovo a Castel Gandolfo e fu proprio Xuereb a passare il telefono portatile all’orecchio del Papa emerito. La testimonianza del segretario maltese è storica perché monsignor Gänswein, riferendo di questa telefonata, aveva spiegato di non averne sentito i contenuti. Xuereb, invece, ascoltò quanto si dissero Francesco ed il suo predecessore e lo riporta nel suo diario.
- “La ringrazio Santo Padre – e già sentire Benedetto dire questo suscitava ammirazione – la ringrazio che abbia subito pensato a me e prometto fin d’ora la mia obbedienza e la mia preghiera». Sentirgli dire questo mi ha molto edificato”.
Dunque, Ratzinger volle immediatamente ribadire a quel successore che ora aveva un nome quanto aveva detto il 28 febbraio ai cardinali convocati in Sala Clementina per il congedo: la sua promessa di incondizionata reverenza e obbedienza.
Un rapporto filiale
La testimonianza di monsignor Xuereb sulla clamorosa rinuncia di dieci anni fa è preziosa perché rende bene l’idea della serenità e, al tempo stesso, della convinzione con cui Benedetto XVI prese la sua decisione, nonché di come accettò senza esitazione e senza alcuna intromissione l’esito del conclave.
In un recente intervento pubblico che l’ex segretario particolare di Ratzinger ha cortesemente inviato a chi scrive, viene messo in evidenza come quei momenti furono “vissuti con ammirevole pace interiore, frutto della Sua intima unione di fede con Dio”. La rinuncia al ministero petrino, ha detto monsignor Xuereb, “non è stata, come si sentiva dire, una mancanza di coraggio; è stato invece un atto d’amore per la Chiesa” di cui lui stesso ha “sperimentato in prima persona l’audacia”.
Il diario del prelato maltese ha un valore storico per le testimonianze dirette relative ai giorni precedenti e successivi all’11 febbraio 2013 ma sarà sicuramente apprezzato da chi vuole conoscere il volto inedito di Benedetto XVI raccontato nella sua quotidianità, dall’amore per gli animali alla fedeltà agli amici, dall’attaccamento nei confronti del fratello e dei ricordi familiari alla sensibilità che dimostrava verso i collaboratori.
Tutto riportato dalla voce di un sacerdote – ora arcivescovo – che non nasconde la sua ammirazione e la gioia per il rapporto filiale che in sei anni si era venuto a creare con il Papa tedesco.
È emblematico quanto scrive Xuereb nel suo diario il 28 ottobre 2010, con Benedetto XVI ancora in vita:
“Il Papa ha un rapporto speciale con i santi. Per lui non sono lontani, ma fanno parte della vita quotidiana. A volte penso che lui viva già in paradiso!“
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