Aeterni Patris enciclica di Leone XIII con “Cum hoc sit”, elogio a san Tommaso d’Aquino, Dottore Angelico

In questo 2023 hanno avuto inizio in molte parti del mondo e nella Famiglia Domenicana, il triennio dei festeggiamenti in onore di San Tommaso d’Aquino.
Quest’anno, infatti, nell’ambito degli annuali festeggiamenti in onore del Santo “Doctor Angelicus”, vediamo un triennio di commemorazioni dedicato alla figura dell’Aquinate: ricorre il VII centenario della sua canonizzazione, celebrata il 18 luglio 1323 da papa Giovanni XXII. Nel 2024 ricorrerà il 750° anniversario della morte e nel 2025 (che coincide con l’Anno del Giubileo ordinario) l’ottavo centenario della nascita. In tutto questo anche il Pontefice regnante, papa Francesco, ha concesso speciali indulgenze a quanti parteciperanno attivamente (sempre con le dovute condizioni) a questi incontri, con rinnovato slancio missionario, di conversione e di adesione alla Chiesa.

Ci sembra del tutto provvidenziale che, questo anno, coincida anche con la morte del Pontefice Leone XIII (1903, 120 anni) che, di San Tommaso d’Aquino, si è fatto degno cantore esaltandone le virtù e la dottrina. Vi proponiamo così alcuni passaggi e forme di pensiero “leonino” nei confronti di san Tommaso, che faremo bene a meditare, a riscoprire e a far conoscere, dopo aver fatto nostri questi santi pensieri cattolici.

Potete scaricare qui il testo integrale in formato pdf, a seguire portiamo solo alcuni importanti passaggi per comprende come, il Pontefice Leone XIII fu il Papa che, a cavallo del Novecento, ritenne fondamentale riportare san Tommaso d’Aquino in tutti i seminari e scuole cattoliche, con il testo Aeterni Patris del 1879.
E come ribadì con un Breve, l’anno successivo, nel 1880 con “Cum hoc sit” – scarica qui il pdf , rimarcando in modo indelebile la dottrina dell’Aquinate, dichiarandolo “Dottore Angelico”… e laddove afferma:
La sua grandezza consiste nel fatto che la sua dottrina, strutturata e dispiegata secondo principi del tutto evidenti, non è solo adeguata alle necessità di una sola epoca ma di tutti i tempi, e soprattutto idonea a confutare gli errori che riappaiono con vicenda perenne. Quella dottrina, confermando se stessa con il proprio vigore razionale, permane invitta e incute profondo sgomento negli avversari. (..) giudichiamo il Dottore Angelico pienamente degno di essere eletto come prestigioso patrono degli studi. A prendere con gioia tale decisione Ci induce il presagio che in futuro il patrocinio di un uomo tanto grande e santo varrà assai a promuovere le discipline filosofiche e teologiche con sommo vantaggio per la società. Infatti, là dove le scuole cattoliche si affideranno alla disciplina e al patrocinio del Dottore Angelico, facilmente fiorirà la sapienza nel vero senso del termine, attinta da saldi principi, trasmessa con ordine e metodo. Dalla purezza delle dottrine scaturirà purezza di vita, sia privata che pubblica; ne deriveranno salutari consuetudini di vita onesta per i popoli, ordine e tranquillità.

Alcuni passaggi da Aeterni Patris

(..) Noi certamente non attribuiamo alla filosofia umana tanta forza e tanta autorità fino a stimare che essa sia in grado di tenere lontani e sterminare tutti gli errori; infatti come, quando fu da principio stabilita la religione cristiana, toccò in sorte al mondo di essere ridonato alla primitiva dignità per l’ammirabile lume della fede, diffuso “non con le parole persuasive della umana sapienza, ma con la dimostrazione dello spirito e delle virtù” (1Cor 2,4), così anche al presente si deve aspettare innanzi tutto dall’onnipotente virtù e dall’aiuto divino che le menti dei mortali, sgombrate le tenebre degli errori, rinsaviscano.
Ma non sono da disprezzare, né da trascurare gli aiuti naturali benignamente somministrati all’uomo dalla divina sapienza, la quale con efficacia e soavità dispone di tutte le cose: fra tali aiuti è certamente principale il retto uso della filosofia.
Infatti non inutilmente Iddio accese nella mente umana il lume della ragione; ed e così lungi dal vero che la luce della fede aggiunta alla ragione ne spenga la virtù o l’affievolisca, ché anzi la perfeziona, accresciutane la vigorìa, la rende adatta a cose più alte. Dunque l’ordine della stessa Provvidenza divina richiede che, per ricondurre i popoli alla fede ed alla salute, si domandi aiuto anche alla scienza umana; tale soluzione, prudente e saggia, fu usata frequentemente dai più illustri Padri della Chiesa, come attestano le memorie dell’antichità. Essi infatti furono soliti dare alla ragione molte ed importantissime parti, compendiate in brevissime parole dal grande Agostino, “il quale attribuisce a questa scienza… ciò per cui la fede salutare… ha principio, nutrimento, forza e difesa”.

Innanzi tutto la filosofia: se dai sapienti viene usata rettamente, serve in certo qual modo a spianare ed a rafforzare la via alla vera fede, e ad apparecchiare convenientemente gli animi dei suoi discepoli a ricevere la rivelazione; onde, non senza ragione, fu detta dagli antichi, ora “istituzione preparatoria alla fede cristiana”, ora “preludio ed aiuto del cristianesimo”, ora, “guida al Vangelo”.

Certamente il benignissimo Iddio, in ciò che appartiene alle cose divine, col lume della fede non manifestò solamente quelle verità alle quali l’intelligenza umana è incapace di giungere, ma ne manifestò pure alcune altre non del tutto impenetrabili dalla ragione, affinché per l’autorità divina subito e senza commistione di errore fossero a tutti palesi. Quindi alcune verità, o divinamente rivelate o strettamente connesse con l’insegnamento della fede, furono conosciute, con la scorta della ragione naturale, anche dai filosofi pagani e dai medesimi con argomenti propri dimostrati e difesi. “Giacché, come dice l’Apostolo, le perfezioni invisibili di Lui fin dalla creazione del mondo, comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili, e così anche la Sua eterna potenza e divinità” (Rm 1,20); e “le genti che non hanno legge mostrano, ciononostante, che il bisogno della legge è scritto nei loro cuori” (Rm 2,14-15). Or dunque è assai opportuno rivolgere a bene e a vantaggio della rivelazione queste verità conosciute dagli stessi filosofi pagani, allo scopo di mostrare concretamente che anche l’umana sapienza e gli stessi avversari rendono favorevole testimonianza alla fede cristiana. Consta che tale comportamento non è stato introdotto recentemente, ma è antico e usato spesso dai Santi Padri della Chiesa.

(…) Infine, alla filosofia compete difendere con ogni diligenza le divine verità rivelate, e opporsi a coloro che ardiscono contrastarle. Pertanto torna a gran vanto della filosofia essere considerata baluardo della fede e sicuro bastione della religione. “La dottrina del Salvatore, come attesta Clemente Alessandrino, è certamente perfetta in sé, e non è bisognosa di alcun aiuto essendo virtù e sapienza di Dio. La filosofia greca, unendosi ad essa, non rende più potente la verità, ma indebolisce le argomentazioni dei sofisti contro di lei e respinge le ingannevoli insidie tese contro la verità: pertanto fu detta siepe della vigna e trincea nel bisogno” . Per la verità, come i nemici del nome cattolico, volendo combattere la religione, il più delle volte prendono dalla filosofia gli strumenti della loro guerra, così i difensori della sacra dottrina traggono dal seno della filosofia molte cose a difesa delle verità rivelate.
Né è da ritenere piccolo trionfo per la fede cristiana che le armi nemiche, industriosamente trovate dall’umana ragione per nuocerle, siano dalla stessa ragione respinte con efficacia e agevolmente. Tale forma di combattimento religioso, usata dallo stesso Apostolo delle genti, viene ricordata da San Girolamo nella lettera a Magno: “Paolo, duce dell’esercito cristiano ed oratore invitto, trattando la causa di Cristo rivolta con arte in argomento della fede anche una casuale epigrafe, giacché aveva imparato dal vero Davide a strappare dalle mani dei nemici la spada ed a troncare il capo del superbissimo Golia col suo stesso ferro” . La stessa Chiesa non solamente consiglia che i maestri cattolici piglino dalla filosofia codesto aiuto, ma lo ordina apertamente.
Infatti il Concilio Lateranense V, dopo avere definito “essere del tutto falsa ogni asserzione contraria alla verità della fede illuminata, perché il vero non può contraddire al vero”, ingiunge ai dottori in filosofia di esercitarsi diligentemente nel confutare i fallaci argomenti, essendo certo, come attesta Agostino, che “se la ragione che si porta è contro l’autorità della divina Scrittura, per guanto sia acuta, essa inganna sotto apparenza di verità, perché è impossibile che sia vera” .

Ma, affinché la filosofia sia capace di portare questi frutti preziosi che abbiamo rammentato, è del tutto necessario che non esca mai dalla via già presa dai venerandi Padri dell’antichità, e approvata dal Concilio Vaticano col suo solenne ed autorevole suffragio. Invero, essendo del tutto manifesto che si devono ammettere molte verità di ordine soprannaturale che vincono di molto l’acutezza di qualsiasi ingegno, la ragione, conscia della propria debolezza, non ardisca aspirare a cose superiori a sé, né osi negare le stesse verità, né misurarle con la propria forza, né interpretarle a capriccio; ma piuttosto le accolga con umile e totale fede, ed abbia in conto di sommo onore che le sia permesso di servire alle dottrine celesti quale ancella e seguace, e di conseguirne per divino favore in qualche modo la conoscenza.

Quanto poi a quei capitoli di dottrina che l’intelligenza umana può naturalmente comprendere, è giustissimo che la filosofia usi per essi il proprio metodo, i propri principi e i propri argomenti: non tanto, però, che sembri volersi audacemente sottrarre alla divina autorità. Anzi, essendo fuor di ogni dubbio che le cose manifestate dalla rivelazione sono infallibilmente vere, e che quelle le quali contraddicono alla fede si oppongono parimenti alla retta ragione, il filosofo cattolico sappia che farebbe ingiuria alla fede, e contemporaneamente alla ragione, se abbracciasse una conclusione riconosciuta contraria alla dottrina rivelata.

Sappiamo con certezza che non mancano coloro che, magnificando oltremodo le facoltà della natura umana, sostengono che l’intelligenza dell’uomo, tosto che si sottomette all’autorità divina, decade dalla sua naturale dignità e, come declassata sotto il giogo della servitù, viene ritardata ed impedita nel suo cammino di avvicinamento verso il sommo della verità e della grandezza. Ma queste asserzioni sono piene di errore e d’inganno; ed infine mirano a questo, che gli uomini per colmo di stoltezza e non senza colpa d’ingratitudine rifiutino le verità più sublimi e rigettino spontaneamente il divino beneficio della fede, dalla quale sgorgarono a vantaggio della società le sorgenti di tutti i beni. Infatti, essendo la mente umana rinchiusa entro determinati, piuttosto angusti confini, essa va molto soggetta all’ignoranza e all’errore. Al contrario, la fede cristiana, appoggiandosi sull’autorità di Dio, è maestra sicurissima di verità; nessuno, seguendola, viene preso ai lacci dell’errore, né sbattuto dai flutti d’incerte opinioni. Per la qual cosa coloro che congiungono lo studio della filosofia con l’ossequio della fede cristiana sono ottimi filosofi, poiché del lume delle verità divine, accolto nell’animo, si avvantaggia la stessa intelligenza alla quale – in forza di esso – non solo nulla si toglie di dignità, ma moltissimo anzi si aggiunge di nobiltà, di certezza, di acume.
E quando essi, nel confutare le opinioni che sono contrarie alla fede e nel provare quelle che si accordano con la medesima, adoperano la forza del loro ingegno, fanno degno ed utile uso della ragione: infatti nelle prime ravvisano le cause degli errori e conoscono il vizio degli argomenti su cui si fondano, e nelle seconde giungono a trovare convincenti ragioni per solidamente dimostrarle e argomentarle presso ogni saggio. Ora, chi negasse che tale attività ed esercizio accrescono le ricchezze della mente e ne sviluppano le forze, dovrebbe anche sostenere l’assurdo che nulla giovi all’ingegno il saper discernere il vero dal falso. A buon diritto pertanto il Concilio Vaticano ricorda con le seguenti parole gl’insigni benefìci procurati alla ragione dalla fede: “La fede libera e preserva la ragione dagli errori, e l’arricchisce di molte cognizioni”. Perciò l’uomo, se avesse senno, non dovrebbe accusare la fede come nemica della ragione e delle verità naturali, ma piuttosto con letizia dovrebbe essere grato e rendere degne grazie a Dio, perché tra le molte cause d’ignoranza e in mezzo ai flutti degli errori, gli rifulse la santissima fede la quale, quasi amica stella, con ogni sicurezza gli addita il porto della verità.

Se, Venerabili Fratelli, volgete lo sguardo alla storia della filosofia, vedrete che quanto abbiamo detto è confermato dai fatti.

(..) Per contro, i primi Padri e Dottori della Chiesa, i quali avevano ben compreso che per divino consiglio il vero restauratore anche della scienza umana è Cristo, il quale è virtù e sapienza di Dio (1Cor 1,24), e “nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col 2,3), si diedero a studiare profondamente i libri degli antichi filosofi ed a paragonare le loro tesi con le dottrine rivelate, e, sceverandole prudentemente, accettarono quelle che erano dette secondo verità e pensate saggiamente, correggendo o rifiutando tutte le altre.

Giacché il provvidentissimo Iddio, come contro la crudeltà dei tiranni suscitò a difesa della Chiesa fortissimi martiri prodighi della loro grande anima, così ai falsi filosofi ed agli eretici oppose uomini sommi per sapienza, affinché difendessero il tesoro delle verità rivelate anche con l’aiuto dell’umana ragione. Dunque, fino dai primordi della Chiesa la dottrina cattolica ebbe contro di sé fierissimi avversari i quali, dileggiando i dogmi e i costumi dei cristiani, affermavano che esistevano più dei, che la materia del mondo non aveva avuto né principio né causa, e che il corso delle cose era condotto da una forza cieca e da una fatale necessità, non governato dal consiglio della divina provvidenza.
In verità contro i maestri di queste pazze dottrine combatterono prontamente quei savi che chiamiamo Apologisti, i quali, con la scorta della fede, utilizzarono pure dall’umana sapienza le prove per dimostrare che si deve ammettere ed onorare un solo Dio, eminentissimo in ogni genere di perfezioni: tutte le cose per la sua onnipotenza sono tratte dal nulla; per la sua sapienza hanno vigore e sono mosse e dirette ai propri fini.

(..) Poscia i Dottori del medio evo, che vanno sotto il nome di Scolastici, intrapresero un’opera di grande rilievo, vale a dire raccogliere con diligenza la feconda ed ubertosa messe di dottrina sparsa nei moltissimi volumi dei Santi Padri e, dopo averla raccolta, riporla come in un sol luogo, ad uso e vantaggio dei posteri. Ma quali siano l’origine, l’indole e l’eccellenza della Scolastica, vogliamo, Venerabili Fratelli, qui dichiararlo più diffusamente con le parole del sapientissimo Nostro Predecessore Sisto V: “Per dono divino di Colui il quale, solo, dà lo spirito della scienza e della sapienza, e il quale nel corso dei secoli ricolma di nuovi benefici la sua Chiesa secondo il bisogno, e la munisce di nuovi presidi, fu trovata dai nostri maggiori, savissimi uomini, la Teologia scolastica, che in modo particolare i due gloriosi Dottori l’angelico San Tommaso ed il serafico San Bonaventura, professori chiarissimi di questa facoltà… coltivarono ed illustrarono con eccellente ingegno, con assiduo studio, con grandi fatiche e con lunghe veglie e la lasciarono ai posteri ottimamente ordinata ed in molti e chiarissimi modi esplicata. Per certo la cognizione e l’esercizio di una scienza così salutare, che deriva dalle abbondantissime fonti delle divine Lettere, dei Sommi Pontefici, dei Santi Padri e dei Concili, poterono senza dubbio apportare sempre alla Chiesa grandissimo aiuto, sia per intendere ed interpretare, secondo il loro vero e schietto senso, le stesse Scritture, sia per leggere e spiegare con maggiore sicurezza e con maggiore utilità i Padri; sia per scoprire e confutare i vari errori e le eresie. In questi ultimi tempi, in cui sono giunti quei giorni pericolosi descritti dall’Apostolo, ed uomini blasfemi, superbi e seduttori procedono di male in peggio, errando essi stessi e traendo gli altri nell’errore, essa certamente è oltremodo necessaria per confermare i dogmi della fede cattolica e per ribattere le eresie” .

Tali parole, benché sembrino riferirsi soltanto alla Teologia scolastica, nondimeno vanno chiaramente intese come dette anche per la Filosofia e per le sue doti. Giacché quelle chiare doti che rendono la Teologia scolastica tanto terribile per i nemici della verità “vale a dire, come aggiunge lo stesso Pontefice, quella concatenazione delle cose e delle loro cause tra sé, quell’ordine e quella disposizione come di soldati schierati a battaglia, quelle limpide definizioni e distinzioni, quella sodezza di argomenti e quelle sottilissime dispute per le quali la luce è separata dalle tenebre e il vero dal falso, e le menzogne degli eretici, avviluppate da molti inganni ed intrighi, come se fosse loro strappata di dosso la veste, sono rese manifeste e messe a nudo” , codeste preclare e mirabili doti, diciamo, si debbono attribuire al retto uso di quella filosofia, della quale i maestri scolastici si avvalsero assai frequentemente di proposito e con savio intendimento anche nelle dispute di Teologia. Oltre a ciò, essendo una singolarità tutta propria dei Teologi scolastici l’avere congiunto tra loro con strettissimo nodo la scienza umana e la divina, di certo la Teologia, in cui essi furono eccellenti, non si sarebbe acquistata nell’opinione degli uomini tanto onore e tanta lode, se avessero usato una filosofia monca, imperfetta o leggera.

Per la verità, sopra tutti i Dottori Scolastici, emerge come duce e maestro San Tommaso d’Aquino, il quale, come avverte il cardinale Gaetano, “perché tenne in somma venerazione gli antichi sacri dottori, per questo ebbe in sorte, in certo qual modo, l’intelligenza di tutti” . Le loro dottrine, come membra dello stesso corpo sparse qua e là, raccolse Tommaso e ne compose un tutto; le dispose con ordine meraviglioso, e le accrebbe con grandi aggiunte, così da meritare di essere stimato singolare presidio ed onore della Chiesa Cattolica. Egli, d’ingegno docile ed acuto, di memoria facile e tenace, di vita integerrima, amante unicamente della verità, ricchissimo della divina e della umana scienza a guisa di sole riscaldò il mondo con il calore delle sue virtù, e lo riempì dello splendore della sua dottrina.
Non esiste settore della filosofia che egli non abbia acutamente e solidamente trattato, perché egli disputò delle leggi della dialettica, di Dio e delle sostanze incorporee, dell’uomo e delle altre cose sensibili, degli atti umani e dei loro principi, in modo che in lui non rimane da desiderare né una copiosa messe di questioni, né un conveniente ordinamento di parti, né un metodo eccellente di procedere, né una fermezza di principi o una forza di argomenti, né una limpidezza o proprietà del dire, né facilità di spiegare qualunque più astrusa materia.

A questo si aggiunge ancora che l’angelico Dottore speculò le conclusioni filosofiche nelle intime ragioni delle cose e nei principi universalissimi, che nel loro seno racchiudono i semi di verità pressoché infinite, e che a tempo opportuno sarebbero poi stati fatti germogliare con abbondantissimo frutto dai successivi maestri. Avendo adoperato tale modo di filosofare anche nel confutare gli errori, egli ottenne così di avere debellato da solo tutti gli errori dei tempi passati e di avere fornito potentissime armi per mettere in rotta coloro che con perpetuo avvicendarsi sarebbero sorti dopo di lui. Inoltre egli distinse accuratamente, come si conviene, la ragione dalla fede; ma stringendo l’una e l’altra in amichevole consorzio, di ambedue conservò interi i diritti, e intatta la dignità, in modo che la ragione, portata al sommo della sua grandezza sulle ali di San Tommaso, quasi dispera di salire più alto; e la fede difficilmente può ripromettersi dalla ragione aiuti maggiori e più potenti di quelli che ormai ha ottenuto grazie a San Tommaso.

Per queste ragioni, specialmente nelle passate età, uomini dottissimi e celebratissimi per dottrina teologica e filosofica, ricercati con somma cura gl’immortali volumi di Tommaso, si diedero tutti all’angelica sapienza di lui, non tanto per averne ornamento e cultura, quanto per esserne sostanzialmente nutriti. È cosa nota che quasi tutti i fondatori e i legislatori degli Ordini religiosi hanno ingiunto ai loro seguaci di studiare le dottrine di San Tommaso, e di attenersi ad esse con la maggiore fedeltà, provvedendo che a nessuno sia lecito impunemente dipartirsi anche di poco dalle orme di tanto Dottore. Per non dire dell’Ordine domenicano, il quale come per suo proprio diritto si onora di questo sommo maestro, sono tenuti da tale legge anche i Benedettini, i Carmelitani, gli Agostiniani, la Compagnia di Gesù e parecchi altri, come attestano i loro specifici statuti.

(..) Ma, quel che più conta, i Romani Pontefici Nostri Predecessori esaltarono con singolari manifestazioni di lodi e con amplissime testimonianze la sapienza di Tommaso d’Aquino. Infatti Clemente VI , Nicolò V , Benedetto XIII ed altri attestano che tutta la Chiesa viene illustrata dalle sue meravigliose dottrine; San Pio V poi confessa che mercé la stessa dottrina le eresie, vinte e confuse, si disperdono come nebbia, e che tutto il mondo si salva ogni giorno per merito suo dalla peste degli errori.
Altri, con Clemente XII , affermano che dagli scritti di lui sono pervenuti a tutta la Chiesa copiosissimi beni, e che a lui è dovuto quello stesso onore che si rende ai sommi Dottori della Chiesa Gregorio, Ambrogio, Agostino e Girolamo.
Altri, infine, non dubitarono di proporlo alle Accademie e ai grandi Licei quale esempio e maestro da seguire a piè sicuro. A conferma di questo Ci sembrano degnissime di essere ricordate le seguenti parole del Beato Urbano V all’Accademia di Tolosa: “Vogliamo, e in forza delle presenti vi imponiamo, che seguiate la dottrina del Beato Tommaso come veridica e cattolica, e che vi studiate con tutte le forze di ampliarla” . Successivamente Innocenzo XII , nella Università di Lovanio, e Benedetto XIV , nel Collegio Dionisiano presso Granata, rinnovarono l’esempio di Urbano.

Ma a questi giudizi dei Sommi Pontefici su Tommaso d’Aquino mette come una corona la testimonianza d’Innocenzo VI: “La dottrina di questo (di Tommaso) possiede sopra tutte le altre, eccettuata la canonica, la proprietà delle parole, la forma del dire, la verità delle sentenze; così che non è mai capitato che abbiano deviato dalla verità quelli che l’hanno professata, e sempre sono stati sospetti circa la verità quelli che l’hanno impugnata” .

Gli stessi Concili Ecumenici, nei quali risplende il fiore della sapienza raccoltovi da tutto l’universo, si adoperarono per onorare in modo singolare Tommaso d’Aquino. Nei Concili di Lione, di Vienna, di Firenze e del Vaticano si direbbe che Tommaso abbia assistito e quasi presieduto alle deliberazioni ed ai decreti dei Padri, combattendo con invincibile valore e con lietissimo successo contro gli errori dei Greci, degli eretici e dei razionalisti. Ma somma lode e tutta propria di Tommaso, concessa a nessun altro dottore cattolico, è che i Padri del Concilio Tridentino hanno voluto che nel mezzo dell’aula delle adunanze, insieme con i codici della Sacra Scrittura e con i decreti dei Romani Pontefici, stesse aperta, sull’altare, anche la Somma di Tommaso d’Aquino per derivarne consigli, ragioni e sentenze.

Infine parve riservata ad un uomo così incomparabile anche la palma di strappare di bocca agli stessi nemici del nome cattolico ossequi, elogi ed ammirazione. Infatti, è cosa nota che fra i capi delle fazioni eretiche non mancarono coloro che confessarono pubblicamente che, tolta una volta di mezzo la dottrina di Tommaso d’Aquino, “essi potrebbero facilmente affrontare tutti i dottori cattolici, vincerli, ed annientare la Chiesa”. Vana speranza senza dubbio; ma non vana testimonianza.

(..) Dicendo ciò non disapproviamo certamente quei dotti e solerti uomini i quali volgono la loro operosità, la loro erudizione e la dovizia dei nuovi ritrovati allo studio della filosofia, giacché sappiamo bene che questo conduce all’incremento e al progresso della scienza. Ma conviene evitare con somma cura che in tale erudizione ed operosità s’impieghi tutto l’impegno, o la parte principale di esso. Non altrimenti si deve giudicare della sacra Teologia, la quale si giovi pure e s’illustri con l’aiuto di svariata erudizione, tuttavia è assolutamente necessario che essa sia trattata nel modo nobile usato dagli Scolastici, affinché, riunite in essa le forze della ragione e della rivelazione, continui ad essere “il propugnacolo invincibile della fede”.
Con ottima decisione dunque non pochi cultori delle scienze filosofiche, avendo recentemente applicato l’animo a restaurare con profitto la filosofia, attesero ed attendono a far rivivere e ritornare nel primitivo splendore la dottrina di San Tommaso d’Aquino.

(..) Noi dunque, mentre dichiariamo che si deve accogliere con aperto e grato animo tutto ciò che sapientemente è stato detto e che è stato inventato ed escogitato utilmente da chicchessia, esortiamo Voi tutti, Venerabili Fratelli, a rimettere in uso la sacra dottrina di San Tommaso e a propagarla il più largamente possibile, a tutela e ad onore della fede cattolica, per il bene della società, e ad incremento di tutte le scienze. Diciamo la dottrina di San Tommaso.
Infatti, se qualche cosa fu cercata dagli Scolastici con eccessiva semplicità o insegnata con poca ponderazione; se ve n’è qualche altra che non si accordi pienamente con gl’insegnamenti certi dei tempi più recenti, o infine se ve n’è qualcuna che in qualunque modo non merita di essere accettata, non intendiamo che sia proposta all’età presente, perché la segua.
Per il resto, i maestri scelti da Voi con saggio discernimento cerchino di far penetrare negli animi dei discepoli la dottrina di San Tommaso d’Aquino, e mettano in luce lo spessore e l’eccellenza di essa a preferenza di tutte le altre.

(..) Al fine di ottenere più abbondanti i frutti della divina bontà, interponete presso Dio il patrocinio efficacissimo della Beata Vergine Maria, la quale è chiamata Sede della sapienza, e insieme usate ad intercessori il Beato Giuseppe, Sposo purissimo della Vergine, ed i sommi Apostoli Pietro e Paolo, i quali con la verità rinnovarono il mondo corrotto dall’impuro contagio degli errori e lo riempirono della luce della celeste sapienza.

Infine, confortati dalla speranza del divino soccorso, e confidando nella Vostra pastorale sollecitudine, a Voi, Venerabili Fratelli, a tutto il Clero ed al popolo affidato a ciascuno in particolare, quale auspicio dei celesti favori e come pegno della Nostra singolare benevolenza, impartiamo con tutto l’affetto nel Signore l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 4 agosto 1879, anno secondo del Nostro Pontificato.
LEONE PP. XIII


BREVE
CUM HOC SIT
DI SS. LEONE XIII

A perpetua memoria.

È insito in natura e comprovato dalla Chiesa Cattolica che gli uomini cercano protezione da coloro che sono insigni per santità, e cercano altresì esempi da imitare presso coloro che raggiungono la perfezione in qualche disciplina; pertanto, non pochi Ordini religiosi, Licei, persone di cultura, con l’approvazione della Sede Apostolica vollero da tempo avere per maestro e patrono San Tommaso d’Aquino, che sempre rifulse come un sole per dottrina e virtù. Invero, nei tempi nostri si è esteso lo studio delle sue dottrine e sono stati molti a chiedere che in tutti i Licei, nelle Accademie e nelle scuole cattoliche Egli fosse assegnato come patrono con decreto di questa Sede Apostolica. Anche molti Vescovi espressero lo stesso desiderio con lettere personali e collettive; parimenti i soci di molte Accademie ed Associazioni di cultura insistettero nella stessa richiesta con supplice umiltà. E poiché parve opportuno differire l’accoglimento delle ardenti preghiere di tutti costoro, in modo che si consolidassero con l’andare del tempo, sopraggiunse l’occasione propizia con la Nostra Lettera Enciclica “De philosophia christiana ad mentem S. Thomae Aquinatis Doctoris Angelici in scholis catholicis instauranda” che pubblicammo lo scorso anno in questo stesso giorno.

Pertanto i vescovi, le Accademie, i dotti consiglieri dei Licei, e i cultori delle arti nobili sparsi in ogni luogo della terra confermarono di voler ascoltare la Nostra parola e di essere, ora e in futuro, pressoché unanimi nel consenso. Anzi, hanno espresso la volontà di seguire fino in fondo le orme di San Tommaso nell’insegnare le discipline filosofiche e teologiche, affermando infatti, non diversamente da Noi, di identificare nelle dottrine tomistiche una evidente superiorità e una singolare vigorosa attitudine a sanare i mali da cui è afflitta la nostra epoca. Pertanto Noi, che da tempo e vivamente desideriamo di veder fiorire tutte le scuole di cultura sotto la protezione di un maestro così eminente nella fede e nel patrocinio, poiché sono tanto chiari e dichiarati i desideri comuni a tutti, pensiamo sia giunto a maturazione il momento di decidere che la gloria immortale di Tommaso d’Aquino si accresca con il concorso di questo nuovo titolo di merito.

Questo è il principale dei motivi che Ci sollecitano: comprendano i cattolici che tra tutti eccelle San Tommaso, come esempio di studioso di varie discipline. E davvero sono presenti in lui tutte le più luminose doti dell’animo e dell’ingegno, per le quali chiama giustamente, gli altri ad imitarlo: la dottrina feconda, incorrotta, saggiamente strutturata; il rispetto della fede e una mirabile concordanza con le verità di origine divina; l’integrità di vita insieme con lo splendore delle più eccelse virtù.

La sua dottrina è tanta da comprendere, come un mare, tutta la sapienza derivante dagli antichi. Tutto ciò che è stato detto o saggiamente discusso dai filosofi pagani, dai Padri e dai Dottori della Chiesa, dagli uomini sommi che si segnalarono prima di lui, non solo fu da lui assimilato, ma fu accresciuto, condotto a compimento, ordinato con tanta luminosa perspicuità di forma, con tanta accurata argomentazione e con tanta proprietà di linguaggio che lasciò ai posteri la facoltà di imitarlo, ma sembra aver tolto loro la capacità di superarlo.

La sua grandezza consiste nel fatto che la sua dottrina, strutturata e dispiegata secondo principi del tutto evidenti, non è solo adeguata alle necessità di una sola epoca ma di tutti i tempi, e soprattutto idonea a confutare gli errori che riappaiono con vicenda perenne. Quella dottrina, confermando se stessa con il proprio vigore razionale, permane invitta e incute profondo sgomento negli avversari.

E non è meno da apprezzare, soprattutto a giudizio dei cristiani, la perfetta coincidenza tra ragione e fede. Infatti il Santo Dottore dimostra con chiarezza che tutto ciò che è vero in natura non può essere in contraddizione con ciò che si ritiene opera di Dio; perciò il seguire e l’onorare la fede cristiana non è segno di umile servaggio privo di ragione, ma nobile ossequio di cui la mente stessa si giova e si educa a più sublimi pensieri. Infine egli dimostra che intelligenza e fede procedono entrambe da Dio, non col fine di favorire competizioni tra loro, ma di proteggersi col vincolo dell’amicizia collegata a mutui doveri. Il riflesso della loro armonia e della loro mirabile concordia si scorge in tutti gli scritti del beato Tommaso. In essi infatti spicca ed eccelle talora l’intelligenza che nella investigazione della natura consegue ciò che vuole, purché anteponga la fede; talora la fede, che con il soccorso della ragione si illumina e si tutela in modo tuttavia da conservare inviolata la propria forza e la propria dignità; inoltre, in caso di necessità, entrambe stringono tra loro un patto per sconfiggere i comuni nemici. E se fu sempre di somma importanza la durevole e salda concordia tra ragione e fede, ancor più essa è da ritenere importante dopo il secolo XVI poiché in quel tempo si cominciarono a spargere i semi di una libertà che oltrepassava il limite e la misura, e fa sì che la ragione umana ripudi apertamente l’autorità divina e che con le armi ottenute dalla filosofia svella e combatta le verità della religione.

Infine il Dottore Angelico non é più grande per dottrina che per virtù e santità. Infatti la virtù é un’ottima premessa per mettere alla prova le forze dell’ingegno e per acquisire dottrina; coloro che la trascurano ritengono a torto di aver raggiunto una solida e feconda sapienza poiché “in un’anima volta al male non entrerà la sapienza, né essa abiterà in un corpo succube del peccato” (Sap 1,4). Invero, questa predisposizione d’animo che proviene dall’indole della virtù, si ritrova in Tommaso d’Aquino non solo in altissimo grado, ma assolutamente degna di essere autenticata dal visibile segno della divinità. Infatti, dopo essere sfuggito, vincitore, alle insistenti lusinghe del piacere, il casto adolescente ottenne da Dio, come premio della sua forza d’animo, di sentire una stretta ai fianchi in modo arcano, e insieme spento l’ardore della libidine. Per questo fatto e per come visse, estraneo ad ogni contatto corporeo, è da paragonare agli stessi spiriti angelici non meno per l’innocenza che per l’ingegno.

Per questi motivi giudichiamo il Dottore Angelico pienamente degno di essere eletto come prestigioso patrono degli studi. A prendere con gioia tale decisione Ci induce il presagio che in futuro il patrocinio di un uomo tanto grande e santo varrà assai a promuovere le discipline filosofiche e teologiche con sommo vantaggio per la società. Infatti, là dove le scuole cattoliche si affideranno alla disciplina e al patrocinio del Dottore Angelico, facilmente fiorirà la sapienza nel vero senso del termine, attinta da saldi principi, trasmessa con ordine e metodo. Dalla purezza delle dottrine scaturirà purezza di vita, sia privata che pubblica; ne deriveranno salutari consuetudini di vita onesta per i popoli, ordine e tranquillità.

Coloro che si applicano alla scienza del sacro, così aspramente contrastata in questi tempi, trarranno dai volumi di San Tommaso motivo di dimostrare ampiamente le fondamenta della fede cristiana, di inculcare le verità soprannaturali, di respingere dalla santissima religione gli empi assalti dei nemici. Per tale ragione, tutte le umane discipline sentiranno che non è ostacolata o ritardata la loro diffusione, ma sollecitata ed aumentata; infatti la ragione, rimosse le cause dei contrasti, ritornerà in buona armonia con la fede, e seguirà questa come guida nella ricerca del vero. Da ultimo, quanti sono gli uomini ansiosi di apprendere, una volta educati dagli esempi e dagli insegnamenti di così insigne maestro, si abitueranno a confrontarsi per quanto riguarda l’integrità dei costumi, e non seguiranno quella scienza che, scissa dall’amore, insuperbisce gli animi e allontana dalla retta via, ma quella che come trae origine dal “Padre della luce e dal Signore delle scienze”, così a Lui conduce le cose giuste.

Ci parve opportuno, in proposito, chiedere anche un parere del Sacro Concilio, per conoscere i legittimi riti per procedere nella decisione; e dopo aver constatato che non si era manifestato alcun dissenso e che il parere corrispondeva perfettamente ai Nostri voti, Noi, in gloria di Dio onnipotente e in onore del Dottore Angelico, ad incremento delle scienze e per il generale vantaggio dell’umana società, con la Nostra suprema autorità dichiariamo San Tommaso, Dottore Angelico, patrono delle Università degli Studi, delle Accademie, dei Licei, delle scuole cattoliche, e vogliamo che Egli sia ritenuto, rispettato e venerato come tale da tutti – come fra i Santi del cielo che le Accademie o i Licei avessero eventualmente scelto in precedenza quali patroni particolari – e che l’onore e il titolo di Lui rimangano anche fra i posteri.

Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 4 agosto 1880, anno terzo del Nostro Pontificato.
LEONE PP. XIII

SOSTA: Non hai molto tempo per conoscere la filosofia di san Tommaso? Leggi questa breve spiegazione
di Corrado Gnerre

San Tommaso è il filosofo del realismo cristiano per eccellenza.
Il Cristianesimo non può coniugarsi se non con una filosofia di tipo realista, perché è proprio questo tipo di filosofia a condurre verso l’oggettivismo della verità e quindi ad evitare qualsiasi tipo di relativismo della conoscenza e della morale.
San Tommaso dice che tra le singole cose e tra le cose e l’Essere nella sua pienezza (Dio) c’è analogia.
Le cose, derivando tutte dalla stessa origine, possiedono qualcosa di comune che li rende simili. Tale somiglianza è più o meno profonda a seconda che esse appartengano alla stessa specie o no.

San Tommaso utilizza il realismo filosofico per dimostrare l’esistenza di Dio. Egli tiene a precisare che per essere sicuri dell’esistenza di Dio l’unica strada percorribile sia quella di partire dagli effetti alle cause. A riguardo individua cinque vie (del movimento, della causa efficiente, dell’essere necessario, delle perfezioni dell’essere, dell’ordine).

Ma non solo l’esistenza, san Tommaso dice che si possono conoscere con la ragione anche alcune caratteristiche principali di Dio. Prende spunto dalla sua dottrina dell’analogia ed evita due errori opposti, quello di vedere Dio come un uomo (antropomorfismo) e quello di concepire Dio come inconoscibile perché totalmente differente dal creato (agnosticismo). Insomma, l’utilità dell’analogia sta nel fatto che evita il razionalismo (rimane il mistero di Dio), ma evita anche l’impossibilità di utilizzare la ragione nella conoscenza di Dio. Scrive nella Summa Theologiae: “(…) noi non possiamo parlare di Dio se non partendo dalle creature, (…). E così qualunque termine si dice di Dio e delle creature, si dice per il rapporto che le creature hanno con Dio, come a principio o causa, nella quale preesistono in modo eccellente tutte le perfezioni delle cose.”

Ovviamente anche la teoria della conoscenza di san Tommaso risente del realismo. La conoscenza -diceva- non è semplice contatto materiale dei sensi con gli oggetti esterni (come per esempio avevano detto Democrito ed Epicuro), né ricordo di una visione lontana (Platone), non è neppure l’esito di un’intuizione per effetto di un’illuminazione divina (sant’Agostino e san Bonaventura). La conoscenza, invece, si realizza grazie ad un processo astrattivo già individuato da Socrate e sviluppato da Aristotele. Nella conoscenza bisogna distinguere due momenti importanti, la sensazione e l’intellezione. La conoscenza non può essere confusa con la semplice sensazione; ma questa è il presupposto fondamentale di cui si serve l’intelletto per la formazione di una conoscenza universale.

Passiamo all’uomo. Anche qui il realismo.
Per san Tommaso l’uomo è un sinolo (unione di materia e forma). Il corpo è la materia, l’anima è la forma. Questa definizione non è nuova, era già stata di Aristotele ed era poi stata recuperata dalla scolastica francescana, ma la dottrina tomistica si scosta tanto da quella aristotelica quanto da quella dei francescani. Aristotele non aveva risolto con chiarezza il problema dell’immortalità dell’anima, san Tommaso invece dimostra di avere le idee chiare.
Mentre i francescani avevano insegnato che nell’uomo ci sarebbero varie forme (una per il corpo e un’altra per l’anima) e varie anime, san Tommaso dice invece che c’è una ed una sola anima (l’anima razionale che svolge anche le funzioni dell’anima vegetativa e sensitiva) e una sola forma (l’anima stessa).
E così, da una parte, respinge qualsiasi teoria che considerava l’anima come qualcosa di separato dal corpo (per esempio la teoria di Platone); dall’altra, respinge anche la teoria secondo la quale l’anima muoia con il corpo. Nel primo caso ci riesce grazie alla sua concezione dell’anima come atto del corpo.
Se l’anima è atto del corpo, vuol dire che essa è legata costitutivamente al corpo stesso. Nel secondo caso, grazie al fatto che concepisce l’anima come atto di essere. Se l’anima è atto, allora deve e può sopravvivere alla morte del corpo.

La filosofia di san Tommaso è rifiutata e profondamente criticata da quella contemporanea per un semplice motivo: perché è realista. Perciò un grande tomista contemporaneo come Marcel de Corte (1905-1994) ha scritto: “L’idealismo antirealista, di cui muore l’intelligenza moderna, è senza dubbio il più grande peccato dello spirito.(…) ‘Eritis sicut dii’ è il motto di queste filosofie sataniche. (…) lo scopo ultimo della filosofia postmoderna non è di costruire l’uomo, ma di dissolverlo. (…). In questo nostro tempo e strano mondo, dire che il bianco è bianco, e che il nero è nero, è un atto che suscita la disapprovazione, se non l’ira, dei nostri contemporanei, e che pone l’autore al bando della società…impossibile ottenere l’attenzione degli uomini del nostro tempo, se non si volta la schiena al vero, al bello, al buono.”

Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri