Il card. Muller presenta il (suo) Papa

Breve recensione del libro del card. Gerhard Ludwig Müller “Il Papa. Mistero e missione” pubblicato in italiano dalla casa editrice Cantagalli.

Il libro del card. Muller intitolato Il Papa. Mistero e missione (Cantagalli, 26€) non è un trattato sull’istituzione del Papato ma un’esposizione del suo pensiero teologico sulla figura del Papa e dei suoi studi — sicuramente molto approfonditi — sull’argomento.

Parlando dei papi della sua vita, il Cardinale racconta più la sua vita in rapporto ad essi, che non di questo “mistero e missione” del Papa.

Nato e cresciuto in una famiglia cattolica praticante, sotto il pontificato del venerabile Pio XII (1939-1958), egli ha dunque conosciuto la cosiddetta cattolicità “preconciliare” che gli ha insegnato a venerare la “figura” del Papa, e a difenderlo dai connazionali tedeschi seguaci del protestantesimo luterano e da quell’anti-romanità senza più freni.

Il clima di confronto — scontro — continuo con i luterani hanno fatto nascere in lui un profondo desiderio di ecumenismo, di cambiamento di rapporti fra cattolici e protestanti.

Per questo aderì, fin da giovane seminarista e teologo, alle richieste di rinnovamento della Chiesa che il “vento” franco-tedesco esigeva da Roma. La Chiesa non doveva più rifiutare in toto le “riforme” — come fece ai tempi di Lutero, verso il quale il Cardinale è molto comprensivo —, ma mettersi a capo di esse, come ha fatto col Vaticano II.

Il Concilio Vaticano II, afferma il card. Muller, è stato una svolta per la Chiesa, ma non è stato una rottura col suo passato.

I “maestri” del Cardinale sono stati Henri de Lubac, SJ (1896-1991) e Joseph Ratzinger-Benedetto XVI (1927-2022), quindi egli non può che essere un convinto sostenitore dell’ermeneutica della riforma nella continuità.

La Chiesa ha cambiato atteggiamento, teologia, ma non la sua missione e la sua morale. E il Papa dev’essere il “garante” di tutto questo.

I documenti del Vaticano II, infatti, sono un compromesso fra quella che viene chiamata negativamente dai tedeschi, e dai francesi, teologia “romana” e la nouvelle theologie, ripescata da Giovanni XXIII (1958-1963) e Paolo VI (1963-1978), benché condannata dal loro predecessore Pio XII con l’enciclica Humani generis del 1950.

Negli anni dell’immediato post-Vaticano II scoppiò una “guerra civile” fra gli esponenti della nouvelle theologie, fra l’ala moderata, che faceva capo a de Lubac, e quella radicale, il cui leader indiscusso era Karl Rahner, SJ (1904-1984), che è proseguita anche durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, per smorzare i toni con il pontificato di Benedetto XVI che sembrava aver recuperato terreno su alcune questioni come la Liturgia e la Dottrina morale, per naufragare quasi irrimediabilmente ma visibilmente oggi, con il pontificato di Papa Francesco il quale sembra aver dimenticato il magistero di questi due Predecessori, per tornare a tuffarsi in quello “spirito del concilio” da entrambi, però, aspramente denunciato e condannato proprio da Benedetto XVI nel suo primo Discorso alla Curia del Natale 2005.

Il card. Muller ha vissuto quegli anni schierandosi a fianco del Papa, sì, ma senza mai rinnegare il suo pensiero teologico riformista, per questo ha sempre difeso la teologia della liberazione, sostenendo che andava solamente riveduta e corretta, accogliendone alcuni aspetti secondo lui condivisibili e conciliaristi.

In definitiva, il card. Muller, come tutti i riformisti moderati filo-conservatori, è veramente legato alla Chiesa e al suo passato, ma il suo pensiero è modernista-innovatore.

Concludendo, però, suggeriamo la lettura di questo libro perché è molto utile non solo per conoscere il pensiero del cardinale Muller sul Papa, ma anche per capire qual è l’ecclesiologia della nouvelle theologie.

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