17 gennaio Sant’Antonio abate: la vita e i suoi insegnamenti attualissimi

– Dalla lettera agli Ebrei 3,7-14
Fratelli, come dice lo Spirito Santo: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant’anni le mie opere.
Perciò mi disgustai di quella generazione e dissi: hanno sempre il cuore sviato. Non hanno conosciuto le mie vie. Così ho giurato nella mia ira: non entreranno nel mio riposo». Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente.
Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato.
Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio.
Parola di Dio

– Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno (cfr.2Tim.4,1-8), ed al vedere uno che non sia pazzo, gli si avventeranno contro dicendo: “Tu sei pazzo!” a motivo della sua dissomiglianza da loro.
– Vidi tutte le reti del Maligno distese sulla terra e dissi gemendo: – Chi mai potrà scamparne? E udii una voce che mi disse: – l’umiltà. 
– Il padre Antonio disse: “Io non temo più Dio, lo amo. Perché l’amore caccia il timore” (1Gv.4,18).
– Il padre Pambone chiese al padre Antonio: “Che debbo fare?”.
L’anziano gli dice: “Non confidare nella tua giustizia, non darti cura di ciò che passa, e sii continente nella lingua e nel ventre. Osserva questi tre precetti e sarai salvo”. (Sant’Antonio Abate)

DAL TESTAMENTO di Sant’Antonio abate:
– “Com’è scritto io prendo la via dei miei padri. Sento di essere chiamato dal Signore. Voi siate giudiziosi, e non perdete il frutto della vostra lunga ascesi secondo la volontà del Signore, ma, come se cominciaste adesso, cercate di custodire con ogni cura il vostro zelo.
Conoscete i demoni insidiosi. Avete visto come sono feroci e insieme deboli. Non temeteli dunque, ma respirate sempre Cristo, e credete in lui, e vivete come se doveste morire ogni giorno, osservando voi stessi e ricordatevi le cose che vi ho consigliato.
– Non abbiate rapporto con gli scismatici…
Sapete quanto anch’io li evitassi, giacché essi, insegnando altre cose, combattono Cristo, invece di sostenerlo.
Cercate di unirvi sempre prima di tutto al Signore e poi ai santi, affinché dopo la vostra morte vi accolgano nei tabernacoli eterni.
Pensate a questo e comprendetelo.”

Antonio abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Nato a Coma, nel cuore dell’Egitto, intorno al 250, a vent’anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni: morì, infatti, ultracentenario nel 356.
Già in vita accorrevano da lui, attratti dalla fama di santità, pellegrini e bisognosi di tutto l’Oriente. Anche Costantino e i suoi figli ne cercarono il consiglio. La sua vicenda è raccontata da sant’Atanasio (295-373) vescovo di Alessandria, suo amico e discepolo, il quale ne scrisse la biografia, fonte principale di ciò che sappiamo di lui, che contribuì a farne conoscere l’esempio in tutta la Chiesa.

Ecco alcuni insegnamenti del Santo tratte da: Vita e detti dei Padri del deserto – che potrete scaricare QUI in comodo pdf per meditare.

Per due volte lasciò il suo romitaggio. La prima per confortare i cristiani di Alessandria perseguitati da Massimino Daia. La seconda, su invito di Atanasio, per esortarli alla fedeltà verso il Concilio di Nicea. Nel 311 infatti: si recò ad Alessandria, dove imperversava la persecuzione contro i cristiani, ordinata dall’imperatore romano Massimino Daia († 313), per sostenere e confortare i fratelli nella fede, desideroso lui stesso del martirio.
Forse perché incuteva rispetto e timore reverenziale anche ai Romani, fu risparmiato, ma le sue uscite dall’eremo si moltiplicarono per servire la comunità cristiana. Sostenne con la sua influente presenza l’amico vescovo di Alessandria, sant’Atanasio, che combatteva l’eresia ariana. Scrisse in sua difesa anche una lettera all’ imperatore Costantino, che non fu tenuta di gran conto, ma fu importante fra il popolo cristiano.
Nell’iconografia è raffigurato circondato da donne procaci (simbolo delle tentazioni) o animali domestici (come il maiale), di cui è popolare protettore.
Antonio inizia la sua vita da eremita per combattere contro i vizi e le tentazioni che spesso lo tormentavano e, dopo aver accolto consigli superiori, si rifugiò in un’antica tomba scavata nella roccia di una collina, intorno al villaggio di Coma.
Un amico gli portava ogni tanto un po’ di pane; per il resto, si doveva arrangiare con frutti di bosco e le erbe dei campi.
In questo luogo, alle prime tentazioni subentrarono terrificanti visioni e frastuoni. In più, attraversò un periodo di terribile oscurità spirituale: lo superò perseverando nella fede, nella continua preghiera di supplica e di lode a Dio, compiendo giorno per giorno la volontà di Dio, come gli avevano insegnato i suoi maestri.
Quando alla fine Cristo gli si rivelò l’eremita chiese: «Dov’eri? Perché non sei apparso fin da principio per far cessare le mie sofferenze?».
Si sentì rispondere: «Antonio, io ero qui con te e assistevo alla tua lotta…».
Certamente solo persone psichicamente sane potevano affrontare un’ascesi così austera come quella degli anacoreti. Alcune finivano per andare fuori di testa, scambiando le proprie fantasie per illuminazioni divine o tentazioni diaboliche.
Non era il caso di Antonio e che per la sua stessa sanezza di corpo e di mente, fu definito “Magno”: egli veniva attaccato dal demonio, che lo svegliava nel cuore della notte, oppure gli dava persino consigli spirituali ma, apparentemente sani, per spronarlo a una maggiore perfezione, in realtà per spingerlo verso l’esaurimento fisico e psichico e per disgustarlo della vita ascetica. L’eremita invece resistette e acquistò, con l’aiuto di Dio, il “discernimento degli spiriti”, ossia la capacità di riconoscere le apparizioni false, comprese quelle che simulavano le presenze angeliche.

Da questa sua sublime esperienza nasce la Raccolta dei suoi scritti e aneddoti. I suoi discepoli tramandarono alla Chiesa la sua sapienza, raccolta in 120 detti e in 20 lettere. Nella Lettera 8, sant’Antonio scrisse ai suoi: «Chiedete con cuore sincero quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto, ed esso vi sarà dato».

Il maiale, il fuoco, il “tau”
Il riferimento al maiale manca nella biografia del famoso eremita scritta nel 357 dal contemporaneo Atanasio, suo discepolo. Esso si lega invece alla nascita, sul finire dell’XI secolo, dei “Canonici regolari di sant’Antonio di Vienne”. Un fatto che diede nuovo impulso alla devozione per sant’Antonio Abate e alla sua iconografia.
Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento.
Secondo alcune interpretazioni, sarebbe il grasso dei maiali il rimedio al cosiddetto “fuoco sacro” (chiamato poi, appunto, “fuoco di sant’Antonio”, in medicina virus dell’Herpes Zoster): grazie a un unguento realizzato dalla cotenna di maiale, i canonici di sant’Antonio riuscivano a guarire i malati che si recavano a chiedere aiuto al santo, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla. Sempre per questa ragione, è invocato contro le malattie della pelle in genere.
Nella sua iconografia compare oltre al maialino con la campanella, anche il bastone degli eremiti a forma di T, la “tau” ultima lettera dell’alfabeto ebraico e quindi allusione alle cose ultime e al destino.
Una leggenda popolare, che collega i suoi attributi iconografici, narra che sant’Antonio si recò all’inferno, per contendere l’anima di alcuni morti al diavolo. Mentre il suo maialino, sgattaiolato dentro, creava scompiglio fra i demoni, lui accese col fuoco infernale il suo bastone a forma di “tau” e lo portò fuori insieme al maialino recuperato: donò il fuoco all’umanità, accendendo una catasta di legna.

Ecco alcuni insegnamenti del Santo tratte da: Vita e detti dei Padri del deserto – che potrete scaricare QUI in comodo pdf per meditare.

– Il pessimo male dell’anima sono i desideri insaziabili di ricchezze e piaceri, uniti all’ignoranza della verità.
– La pace è a prezzo della moderazione dei desideri, il nostro desiderare continuo ci riempie di agitazione.
– Se ti imbatti in uno che ama le discussioni e comincia a disputare con te su ciò che è vero ed ovvio, tronca il discorso e allontanati da lui.
– Siamo grati al medico anche per il medicamento doloroso; di fronte al patire dobbiamo esser grati a Dio; qualunque cosa ci accada è per il nostro bene.
– L’anima in possesso della sapienza pura e della vita autentica si manifesta nel modo di guardare, di comportarsi, di parlare, di sorridere, di conversare e di agire della parte fisica. Tutto in lei è trasformato e positivamente buono. La sua parte mentale, fertile per l’amore divino, è simile ad un vigilante guardiano che non permette l’ingresso a pensieri di male e di passionalità.
– Chiunque si adopri a condurre una esistenza libera dal male e illuminata dall’amore di Dio, abbandoni ogni stima di se stesso ed ogni ricerca di gloria effimera, vigili a riformare le sue forze vitali interiori ed esteriori. Una mente, fertile per l’amore di Dio e salda nella fede delle realtà invisibili, è guida e cammino verso Dio.
– Nessuna volgarità deve essere tollerata nelle conversazioni; la modestia e la purezza sono più gli attributi dell’uomo intelligente che dell’uomo casto. La mente fertile per l’amore di Dio, è luce per le anime come il sole lo è per i corpi.
– La bontà e la sapienza non si acquistano in un istante. Sono il frutto di oculati propositi, esercizi, esperienze, diuturno lavoro e di robusto desiderio del bene. L’uomo puro che ama Dio ed ha vera conoscenza di Lui, non si da requie nel fare senza restrizioni ciò che a Lui piace. Tali uomini sono rari.
– Chi ama Dio ha solo pensieri puri, desideri di cielo e distacco dalle sollecitazioni esteriori. Raramente incontrerà il plauso del l’uomo legato al folle stordimento dei sensi, costui preferirà perseguirlo con odio, derisione e oltraggi. L’uomo dai pensieri puri è pronto a patire aspra penuria, sapendo che ciò che ad altri appare come male è bene. Contento nei suoi pensieri di cielo, ha fede in Dio e sa che ogni creatura è il frutto di un particolare volere divino. Chi non ha pensieri puri, mai riuscirà a sentire l’universo come creatura di Dio e che è offerto all’uomo perché possa raggiungere la salvezza.

– Sappi che il male fisico è inevitabile al corpo, essendo materiale e corruttibile. In casi di malattia, l’anima che ha raggiunto la conoscenza, invece di lamentarsi con Dio perchè ha siffattamente costruito il corpo, mostra graziosamente coraggio e pazienza.
– Guardiamoci dal dichiarare impossibile una vita pura, essa è solamente non facile. Non tutti raggiungono la stessa purezza di vita. La vita pura è possibile a chi ricerca la sapienza pura ed ha la mente fertile per l’amore di Dio.
– La mente ordinaria dell’uomo è legata alle effimere realtà esteriori ed è incostante; invasa da pensieri di bene e di male; mutevole ed incline a seguire le suggestioni delle realtà materiali. La mente fertile per l’amore di Dio, tronca decisamente il male che sale dalla neghittosità propria della volontà egocentrica.
– Soltanto chi ha raggiunto la sapienza pura o, nella ricerca di essa, si apparta in silenzio per purificarsi dal male, è degno del nome di uomo. L’uomo schiavo delle forze dell’esteriorità non è uomo; la schiavitù non è qualità umana. Tali esseri devono essere evitati. Chi convive tranquillamente col male, non raggiungerà la vera vita.
– L’uso della facoltà di raggiungere la sapienza pura ci rende degni del nome di uomini. Trascurandola, siamo differenti dai bruti solo per la disposizione delle nostre membra e il dono della loquela.
– L’uomo vero si renda consapevole della sua immortalità, sarà distaccato da quelle tendenze ignobili che conducono a morte.
– La mente che attraverso l’amore diviene una sola realtà con Dio, è una benedizione invisibile per tutti gli esseri, offerta da Dio stesso per condurre alla vita pura chi ne è degno.
– Non parlare con chiunque della religiosità e della vita conforme a verità. Non dico ciò per gelosia, ma perchè agli occhi dello stolto appariresti ridicolo. Esiste concordanza tra le cose simili, pochi sono quelli che possono ascoltare tali cose, forse è più giusto dire che sono rari. Meglio è non parlare, Dio non domanda che si parli per giungere alla salvezza.
– L’uomo che ama il peccato, ama anche i vasti possessi, trascura la rettitudine e non ha pensieri per l’incertezza, precarietà e rapidità della vita, mai ricorda l’inesorabilità della morte. Quando uno dimostra tale vergognosa mancanza di sensibilità fino agli ultimi anni della sua vita, è come un albero fracido, inutile a qualunque uso.
– Se ammirate la degnazione d’un imperatore, polvere come noi e che polvere tornerà, quanto più non dovete meravigliarvi che ci abbia scritto e parlato quel ch’è monarca eterno!
– Dio è la pienezza del bene, e le sue opere non sono che bene, non reca male a nessuno ed è sempre se stesso. Quando noi riusciamo ad esser buoni entriamo in comunione con Lui attraverso la somiglianza nel bene; ‘quando siamo malvagi, ci separiamo da Lui, perdendo la somiglianza nel bene. Vivendo con purità di vita siamo uniti a Lui, vivendo malvagiamente ci stacchiamo da Lui.

– È dal prossimo che ci vengono la vita e la morte. Perché se guadagniamo il fratello, è Dio che guadagniamo; e se scandalizziamo il fratello è contro Cristo che pecchiamo.
– La morte, per chi sa comprenderla, è immortalità; ma per gli ignoranti, che non comprendono, essa è solo la morte. Non è questa morte che dobbiamo temere, ma la perdita dell’anima che è la non conoscenza di Dio. Questo è cosa tremenda per l’anima!
– Reputa liberi quelli che lo sono per una maturata disposizione di vita interiore, non quelli che si dichiarano tali per condizioni esterne. Per esemplificare, non è libero chi ha un nome illustre o vasti possessi, se poi è schiavo di sensualità o intemperanza. La libertà e l’intimo gaudio dell’anima, sono il frutto di purità autentica e di distacco dalle realtà legate al tempo.
– Chi non ha conoscenza sufficiente per separare il bene dal male, non può erigersi a giudice di ciò che è bene o male tra gli uomini. L’uomo che ha conoscenza sperimentale di Dio, è buono; quando uno non è buono vuol dire che non ha la pienezza della conoscenza e non è partecipe della conoscenza che viene da Dio. Conoscere Dio significa possedere la bontà essenziale.
– Non devono venire scoraggiati o spinti a disperare quelli che non hanno inclinazione al bene. Cerchino, invece, di raggiungere la vita pura e gradita a Dio, anche se appare inaccessibile e irraggiungibile. Pensino che devono vigilare su loro stessi nel modo migliore che possono. Anche se non raggiungeranno la pienezza della vita pura, vigilando attentamente su sè stessi, o miglioreranno, o almeno non diverranno peggiori, e questo è un non piccolo bene per l’anima.
– Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno (cfr.2Tim.4,1-8), ed al vedere uno che non sia pazzo, gli si avventeranno contro dicendo: “Tu sei pazzo!” a motivo della sua dissomiglianza da loro.
– Vidi tutte le reti del Maligno distese sulla terra e dissi gemendo: – Chi mai potrà scamparne? E udii una voce che mi disse: – l’umiltà.

– Nel corso di un viaggio, alcuni si fermano all’osteria e passano la notte nel letto; altri sostano all’addiaccio e dormono gagliardamente come i primi. Al mattino, quando la notte è passata, gli uni e gli altri riprendono la via, lasciando l’osteria e portandosi dietro ciò che loro veramente appartiene. Cosi quelli che percorrono i sentieri dell’esistenza: tanto chi ha condotto una vita tapina, quanto chi è vissuto nella ricchezza e negli onori, lasceranno la terra come un’osteria, non portandosi dietro i conforti e i beni avuti, ma solo il frutto delle loro opere buone o cattive.
– Quando riposi nel tuo letticciolo, ricorda con gratitudine le benedizioni e la Provvidenza di Dio. Perchè confortato da questi soavi pensieri, possa avere gioia nello spirito e il tuo sonno fisico mantenga l’anima nella sobria vigilanza. Il chiudersi delle tue palpebre e il tuo silenzio, inondati da sentimenti di bene, renderanno gloria a Dio con tutto il cuore e con tutte le forze, e dal tuo intimo salirà verso l’alto un canto di lode. Il ringraziamento dell’uomo innocente è più gradito del penoso sacrificio. A Dio sia gloria in ogni età. Amen.
– Dio ha voluto che insieme allo sviluppo fisico, l’uomo acquisisse la facoltà mentale per scegliere tra il bene e il male. L’anima che non sceglie il bene, non possiede la mente. Così, tutti i corpi hanno un’anima, ma non tutte le anime hanno una mente. La mente resa fertile da Dio si trova tra gli uomini casti, giusti, retti, buoni, puri, misericordiosi e devoti. La mente è il ponte della comunione tra l’uomo e Dio.
– L’occhio vede le creature sensibili, la mente apprende l’invisibile. La mente resa fertile da Dio è la luce dell’anima. L’uomo che possiede una mente innamorata di Dio ha una luce nel cuore e può vedere l’Invisibile.
– Dio è la pienezza del bene, immune da passione e da mutamento. Se accettiamo come verità giusta l’immutabilità divina, rimaniamo perplessi di fronte alle raffigurazioni umane di Dio che Lo presentano gioioso del bene compiuto dall’uomo, sdegnoso col malvagio, irritato con i peccatori e misericordioso con chi si pente. La risposta a tali perplessità la troviamo nel pensiero che Dio non gioisce e non si irrita; gioia e ira sono passioni e quindi mutamenti.

Ulteriori fatti raccontati da sant’Atanasio della vita di sant’Antonio Abate:

“Io non temo più Dio, lo amo. Perché l’amore scaccia il timore” (1Gv 4, 18).
Queste parole appartengono alla collezione dei detti di Sant’Antonio Abate, del deserto riportate dai suoi discepoli, specialmente dal grande sant’Atanasio vescovo.

Così dirà parlando del rovesciamento dei valori:
Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno (cfr.2Tim.4,1-8), ed al vedere uno che non sia pazzo, gli si avventeranno contro dicendo: “Tu sei pazzo!” a motivo della sua dissomiglianza da loro.

Per lui, ogni giovane deve sapere bene quale vita vuole condurre, quali aspetti della vita cristiana vuole privilegiare. Ognuno deve imparare a scegliere:
Colui che batte un blocco di ferro, prima pensa a quel che vuole farne: se una falce, o una spada, o una scure. E anche noi dobbiamo sapere a quale virtù tendiamo, se non vogliamo faticare invano.

Deve però, insieme, avere l’umiltà, originata dalla consapevolezza di ciò che ancora non si sa, senza la quale è impossibile poter crescere desiderando di imparare:
Un giorno alcuni anziani fecero visita al padre Antonio; c’era con loro il padre Giuseppe. Ora l’anziano, per metterli alla prova, propose loro una parola della Scrittura e cominciò dai più giovani a chiederne il significato. Ciascuno si espresse secondo la sua capacità. Ma a ciascuno l’anziano diceva: “Non hai ancora trovato”. Da ultimo, chiede al padre Giuseppe: “E tu che dici di questa parola?”. Risponde: “Non so”. Il padre Antonio allora dice: Il padre Giuseppe sì, che ha trovato la strada, perché ha detto: “Non so”.

Dalla tradizione ci sono riferite due sue diverse e complementari risposte alla domanda su quale sia la via della volontà di Dio. Antonio invita a vivere alla presenza di Dio, alla necessità di mettere radici in un luogo preciso, con relazioni costanti, all’importanza di trascurare l’effimero, alla bellezza del saper tacere che accompagna il digiuno dei cibi:
Un tale chiese al padre Antonio: “Che debbo fare per piacere a Dio?”. E l’anziano gli rispose: “Fa’ quello che ti comando: dovunque tu vada abbi sempre Dio davanti agli occhi; qualunque cosa tu faccia o dica, basati sulla testimonianza delle Sante Scritture; in qualsiasi luogo abiti, non andartene presto. Osserva questi tre precetti e sarai salvo”.
Il padre Pambone chiese al padre Antonio: “Che debbo fare?”. L’anziano gli dice: “Non confidare nella tua giustizia, non darti cura di ciò che passa, e sii continente nella lingua e nel ventre. Osserva questi tre precetti e sarai salvo”.

Senza preghiera nessuno riesce ad essere uomo in profondità e cristiano:
Disse ancora: “Come i pesci muoiono se restano all’asciutto, così i monaci che si attardano fuori della cella, o si trattengono tra i mondani, snervano il vigore dell’unione con Dio. Come dunque il pesce al mare, così noi dobbiamo correre alla cella; perché non accada che attardandoci fuori, dimentichiamo di custodire il di dentro”.
Disse ancora: “Chi siede nel deserto per custodire la quiete di Dio è liberato da tre guerre: quella dell’udire, quella del parlare, e quella del vedere: Gliene rimane una sola: quella del cuore”.
Un fratello disse al padre Antonio: “Prega per me”. L’anziano gli dice: “Non posso io avere pietà di te, e neppure Dio, se non sei tu stesso ad impegnarti nel pregare Dio”.

Senza l’amore ai fratelli tutto è perduto. Da questo punto di vista non c’è alcuna differenza fra il monaco che vive nel deserto ed il laico che vive la sua fede in città:
Il padre Antonio, nel deserto, ebbe questa rivelazione: “In città c’è uno che ti somiglia: è di professione medico, dà il superfluo ai bisognosi, e tutto il giorno canta il trisagio (cioè il canto: Santo, santo, santo) con gli angeli”.
Disse ancora: “E’ dal prossimo che ci vengono la vita e la morte. Perché se guadagniamo il fratello, è Dio che guadagniamo; e se scandalizziamo il fratello, è contro Cristo che pecchiamo”.

I giovani della sua generazione gli appaiono talvolta senza nerbo, senza vigore, senza carattere:
Dei fratelli fecero visita al padre Antonio e gli dissero: “Dicci una parola: come possiamo salvarci?”. L’anziano gli dice: “Avete ascoltato la Scrittura? E’ quel che occorre per voi”. Ed essi: “Anche da te, padre, vogliamo sentire qualcosa”. L’anziano dice loro: “Dice il Vangelo: Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra”. Gli dicono: “Ma di far questo non siamo capaci”. L’anziano dice loro: “Se non sapete porgere anche l’altra, tenete almeno ferma la prima”. Gli dicono: “Neppure di questo siamo capaci”. E l’anziano: “Se neppure di questo siete capaci, non contraccambiate ciò che avete ricevuto”. Dicono: “Neppure questo sappiamo fare”. Allora l’anziano dice al suo discepolo: “Prepara loro un brodino: sono deboli”. E a loro: Se questo non potete e quello non volete, che posso fare per voi? C’è bisogno di preghiere”.
Disse ancora: “Dio non permette che contro questa generazione si scatenino guerre come contro le antiche; perché sa che è debole e non ha forza di sopportare”.

L’umiltà è, allora, la via della vera ascesi (parola che non vuol dire “salita” – si tratta piuttosto di una discesa – ma attraverso un continuo “esercitare” azioni e virtù che sono gradite a Dio):
Il padre Antonio disse: Vidi tutte le reti del Maligno distese sulla terra, e dissi gemendo: “Chi mai potrà scamparne?” E udii una voce che mi disse: “L’umiltà”.
Disse il padre Antonio al padre Poemen: “Questa è l’opera grande dell’uomo: gettare su di sé il proprio peccato; e attendersi tentazioni fino all’ultimo respiro”.

Antonio è l’iniziatore del monachesimo. Propone con forza a tutti l’importanza di essere accompagnati da un padre spirituale, soprattutto se si vuole essere guida di altri. Se la persona confida troppo in se stessa certo peccherà o diventerà pazzo, pur volendo cercare Dio:
Tre padri avevano costume di andare ogni anno dal beato Antonio; due di loro lo interrogavano sui pensieri e sulla salvezza dell’anima; il terzo invece sempre taceva e non chiedeva nulla. Dopo lungo tempo il padre Antonio gli dice: “E’ tanto ormai che vieni qui e non mi chiedi nulla”. Gli rispose: “A me, padre, basta il solo vederti”.

Disse ancora: “Obbedienza e continenza ammansiscono le belve”.
Disse anche: “Ho visto monaci dopo molte fatiche cadere e uscir di senno perché avevano confidato nella loro opera e trascurato quel precetto che dice: Interroga il padre tuo ed egli te lo annunzierà” (Dt 32, 7).
Disse ancora: “Quando è possibile, il monaco deve affidarsi ai padri riguardo al numero dei passi da fare e delle gocce d’acqua da bere nella sua cella; se in queste cose non vuole cadere”.

Come ogni vero santo Antonio ha conosciuto il tempo della tristezza e dell’aridità:
Un giorno il santo padre Antonio, mentre sedeva nel deserto, fu preso da sconforto e da fitta tenebra di pensieri. E diceva a Dio: “O Signore! Io voglio salvarmi, ma i miei pensieri me lo impediscono. Che posso fare nella mia afflizione?” Ora, sporgendosi un po’, Antonio vede un altro come lui, che sta seduto e lavora, poi interrompe il lavoro, si alza in piedi e prega, poi di nuovo si mette seduto a intrecciare corde, e poi ancora si alza e prega. Era un angelo del Signore, mandato per correggere Antonio e dargli forza. E udì l’angelo che diceva: “Fa così e sarai salvo”. A udire quelle parole, fu preso da grande gioia e coraggio: così fece e si salvò.

In una terra – quella dell’antico Egitto dei faraoni – che non aveva conosciuto le parole del Signore “Quando muore con sé non porta nulla, né scende con lui la sua gloria” o ancora “Tutto quello che hai messo da parte di chi sarà?” e che, cercando l’immortalità, aveva monumentalizzato le sepolture, Antonio vuole morire senza che nessuno sappia dove verrà sepolto.
La nudità della sua morte ci appare simile a quella di Mosè, che lascia le persone da lui stesso liberate dall’Egitto ed abbandona ogni cosa che da quella terra di schiavitù ha salvato, per ridire il suo amore a Dio, prima di morire:
Com’è scritto io prendo la via dei miei padri. Sento di essere chiamato dal Signore. Voi siate giudiziosi, e non perdete il frutto della vostra lunga ascesi secondo la volontà del Signore, ma, come se cominciaste adesso, cercate di custodire con ogni cura il vostro zelo. Conoscete i demoni insidiosi. Avete visto come sono feroci e insieme deboli. Non temeteli dunque, ma respirate sempre Cristo, e credete in lui, e vivete come se doveste morire ogni giorno, osservando voi stessi e ricordatevi le cose che vi ho consigliato. Non abbiate rapporto con gli scismatici…
Sapete quanto anch’io li evitassi, giacché essi, insegnando altre cose, combattono Cristo, invece di sostenerlo. Cercate di unirvi sempre prima di tutto al Signore e poi ai santi, affinché dopo la vostra morte vi accolgano nei tabernacoli eterni. Pensate a questo e comprendetelo.
E se v’importa di me, non permettete a nessuno di portare il mio corpo in Egitto, affinché forse non venga messo in una casa. Per questo appunto sono salito sul monte, perché sedendo vicino al fiume e rendendo lo spirito presso gli eremiti, io non soffra questo destino. Sapete come io confondessi chi faceva così e raccomandavo loro di abbandonare questa consuetudine. Seppellite dunque il mio corpo e nascondetelo sotto terra; e custodite in voi la mia parola, perché nessuno sappia dov’è il mio corpo e in che luogo è stato messo. Nel giorno della resurrezione dei morti, io lo riceverò incorrotto dal salvatore…per il resto vi dico addio, o figli. Antonio lascia questo mondo, e non sarà più con voi.

Sant’Antonio abate vive fino a 106 anni in ottima salute. Si spegne il 17 gennaio del 356. È protettore di animali domestici, bestiame, cavalli, stalle, agricoltori, allevatori, macellai, salumieri e fabbricanti di spazzole. È invocato quando si subisce un’ingiustizia, viene rubato qualcosa, per farci riappacificare, per trovare l’amor Cristiano e far tornare l’armonia in famiglia. Protegge contro gli incendi, le malattie contagiose, le varici, il prurito e le malattie della pelle e le eruzioni cutanee in genere. È anche patrono dei dermatologi ma anche un Grande Maestro dello spirito.
Sant’Antonio Abate è rimasto a lungo nel cuore delle popolazioni in cui era vissuto anche dopo molto tempo dalla sua morte, come ricorda Sant’Agostino nelle Confessioni. Il culto cominciò, tuttavia, durante la sua vita. Infatti, San Girolamo in Vita Hilarionis attesta le preoccupazioni del Santo riguardo la volontà di un certo Pergamo, ricco signore dell’Egitto, di trasporne, dopo la morte, il corpo nei propri possedimenti per erigergli una Chiesa.
Nell’anno 561 le sue reliquie vennero scoperte e traslate ad Alessandria d’Egitto, presso la Chiesa di San Giovanni. Verso l’anno 635, in seguito all’occupazione araba dell’Egitto, furono spostate a Costantinopoli. Nel XI secolo il nobile francese Jocelin de Chateau Neuf le ottenne in dono dall’Imperatore di Costantinopoli e le portò in Francia. Oggi riposano nelle due città francesi di Arles e Saint-Antoine-l’Abbaye.


Mentre dunque Antonio si ritirò e per molto tempo non volle uscire né ricevere nessuno, accadde che Martino, capo dei soldati, lo molestava.
Sua figlia era tormentata dal diavolo. Dopo che Martino rimase per molto tempo battendo alla porta, e gli chiese di venire e di pregare il Signore per sua figlia, Antonio non volle aprire, ma osservando dall’alto disse: “O uomo, perché gridi verso di me? Io sono un uomo come tu sei. Ma se credi nel Cristo che io servo, va e prega Dio così come credi, e ti sarà concesso.”
L’altro se ne andò subito credendo e invocando Cristo, e sua figlia fu purificata dal demonio.

Molti altri prodigi fece, tramite il proprio servo, il Signore che dice: Bussate, e vi sarà dato. Poiché Antonio non apriva la porta, moltissimi indemoniati vennero purificati soltanto per aver dormito davanti alla casa di lui, e creduto e pregato scrupolosamente.
Sant’Atanasio, Vita di Antonio.

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