«Sappiate, o padre, che per la misericordia del Signore, io porto già nel mio corpo le sue stigmate».
La stigmatizzazione di questa grande Santa, Patrona d’Italia e compatrona d’Europa, Dottore della Chiesa, fu differente da quella di un san Francesco o di un san Padre Pio, le piaghe dei quali furono visibili e sanguinati. Quelle della vergine domenicana, per espressa richiesta di lei, furono invisibili per tutta la sua vita (solo in morte si videro i cinque fori).
L’unico ad esserne a conoscenza fu il suo confessore, il beato Raimondo da Capua, che così ne parla della sua Legenda maior sanctae Catharinae Senensis
Nella narrazione della vita della Santa (Legenda maior), infatti, riferisce che il 1 aprile del 1375, quarta domenica di Quaresima, Caterina Benincasa si trovava nella chiesa di santa Cristina a Pisa, dove, fatta la comunione, dinanzi al crocifisso ligneo, cadde a terra come ferita da colpo mortale.
Ella stessa confidò al padre Raimondo che aveva ricevuto impressi nella carne i segni della Passione del Cristo, ma erano rimasti invisibili per sua espressa volontà.
Così ricorda l’evento il beato Raimondo:
194. Poiché si ragiona di questo argomento, son costretto, o buon lettore, a raccontarti quel che avvenne in Pisa molto tempo dopo, alla mia presenza.
Essendo venuta in Pisa, insieme con altri, fra i quali c’ero anch’io, fu accolta in casa di un certo cittadino, che stava vicino alla cappella di santa Cristina.
In questa cappella, in giorno di Domenica, a domanda della vergine, dissi la messa, e per dirla col linguaggio d’uso, la comunicai. Ricevuta che ebbe la Comunione, secondo il solito andò in estasi, perchè il suo spirito assetato del Creatore, cioè, del sommo Spirito, si allontanava quanto più poteva dai sensi. Aspettavamo che ritornasse in sé per ricevere da lei, come alle volte avveniva, un qualche conforto spirituale, quando all’improvviso vedemmo il suo corpicciuolo, che stava prostrato, alzarsi a poco a poco, rimanersene ritto su le ginocchia, stender le braccia e le mani, e raggiare di luce la faccia; dopo essere rimasto lungamente tutto intirizzito, e con gli occhi chiusi, lo vedemmo cascare di colpo come se fosse stato ferito a morte. Poco dopo, l’anima sua riprese i sensi.
195. Allora la vergine mi fece chiamare, e con voce sommessa, mi disse: «Sappiate, o padre, che per la misericordia del Signore, io porto già nel mio corpo le sue stigmate». Io le risposi, che osservando i movimenti del suo corpo mentre lei era in estasi, mi ero accorto di qualche cosa; e le domandai come il Signore aveva fatto tutto ciò.
Mi rispose: «Vidi il Signore confitto in croce, che veniva verso di me in una gran luce, e fu tanto lo slancio dell’anima mia, desiderosa di andare incontro al suo Creatore, che il corpo fu costretto ad alzarsi. Allora dalle cicatrici delle sue sacratissime piaghe, vidi scendere in me cinque raggi sanguigni, diretti alle mani, ai piedi ed al mio cuore. Conoscendo il mistero, subito esclamai: Ah! Signore, Dio mio, te ne prego: che non appariscano queste cicatrici all’esterno del mio corpo. Mentre dicevo così, prima che i raggi arrivassero a me, cambiarono il loro colore sanguigno in colore splendente, e sotto forma di pura luce arrivarono ai cinque punti del mio corpo, cioè, alle mani, ai piedi e al cuore». Le domandai: «Dunque nessun raggio è arrivato al lato destro!». Ed ella: «No, ma direttamente al sinistro, sopra il mio cuore; perché quella linea lucida, che usciva dal lato destro di Gesù, mi ferì direttamente, e non per traverso». Ed io: «Ti ci senti ora dolere in quei punti?». E lei, tirato un gran sospiro, rispose: «È tale il dolore che sento in questi cinque punti, specialmente nel cuore, che se il Signore non fa un altro miracolo, non mi par possibile che io possa andare avanti, e che in pochi giorni non debba morire».
196. Mentre ascoltavo queste parole e non senza mestizia ci riflettevo sopra, stavo attento se avessi potuto scorgere qualche segno di tanto dolore. Avendo lei finito di dirmi quel che desiderava che io conoscessi, uscimmo dalla cappella, e ritornammo alla casa di chi ci ospitava. Quivi giunti, appena la vergine ebbe messo piede nella camera che le era stata assegnata, non reggendole il cuore, tramortì. Tutti fummo chiamati d’intorno a lei, e considerando il caso insolito, piangevamo per la paura di perdere colei che amavamo nel Signore. È vero che l’avevamo veduta spesso rapita fuori dei sensi, ed anche alle volte l’avevamo ritrovata indebolita parecchio dalle penitenze e dalle fatiche; pure fino a quel momento non era mai apparsa ai nostri occhi tramortita in quel modo.
Dopo poco tempo ritornò in sé, e quando tutti ebbero fatta colazione, mi parlò di nuovo, dicendomi di sentire che se il Signore non ci metteva un rimedio, presto sarebbe morta.
197. Non rimasi sordo a queste parole, e radunati i suoi figliuoli e le sue figliuole, li pregai e scongiurai con le lacrime agli occhi di rivolgere tutti insieme al Signore la medesima preghiera, perché si degnasse di concederci per altro tempo la nostra mamma e maestra, acciocché noi, così deboli ed infermi, e non ancora irrobustiti dal cielo nelle sante virtù, non rimanessimo orfani fra i pericoli del mondo. Tutti e tutte con uno stesso animo ed una sola voce promisero di farlo, e così andammo da lei, e le dicemmo piangendo: «Noi certamente sappiamo, o mamma, che tu desideri Cristo tuo Sposo, ma il premio tuo è già sicuro; abbi piuttosto compassione di noi, che lasceresti ancora troppo deboli in mezzo alle tempeste. Sappiamo che nulla ti negherà lo Sposo dolcissimo che ami con tutto l’ardore: quindi ti supplichiamo di pregarlo, ché ti lasci ancora con noi, perché, se te ne andrai così presto, resta inutile che ti abbiamo seguito. Benché le nostre preghiere siano per quanto sta in noi fervorose, tuttavia temiamo che, per le nostre colpe, non siano ascoltate, perché disgraziatamente siamo molto indegni; ma tu, che desideri ardentemente la nostra salute, impetraci quello che non può ottenere il merito nostro».
A queste parole, che le rivolgevamo piangendo, Caterina rispose: «Già da un pezzo ho rinunziato alla mia volontà, né in queste né in altre cose voglio se non ciò che vuole il Signore. Io desidero con tutto il cuore la vostra salute, ma Colui, che è mia e vostra salute, sa procurarla meglio che di una qualunque creatura; e perciò si faccia in tutto la sua volontà. Nonostante pregherò volentieri, perché avvenga ciò che è meglio». A questa risposta restammo dolenti e perplessi.
198. Ma l’Altissimo non disprezzò le nostre lacrime, perché il sabato seguente Caterina mi fece chiamare, e mi disse: «Mi sembra che il Signore vi voglia accontentare, e spero che presto raggiungerete il vostro intento». E come mi disse avvenne.
La Domenica seguente lei ricevette dalle mie indegne mani la santa Comunione, e come nella Domenica precedente il suo corpo, mentre era in estasi, fu quasi abbattuto dall’ardore, così in questo giorno, godendo della stessa estasi, sembrava davvero che rinvigorisse. Alle consorelle che si meravigliarono, perché in questo rapimento lei non aveva dato segno di soffrire come sempre i soliti dolori, ma era sembrato piuttosto che godesse e quasi dormisse un sonno tranquillo e riposante, io dissi: «Spero in Dio che le nostre lacrime, con le quali abbiamo chiesto che ci fosse conservata la vita di lei, siano già state accolte dal Signore, come lei ieri mi promise; e lei, che si affrettava di andare dal suo Sposo, spero che ritorni da noi, per sollevare la nostra miseria». Parlai così, e in breve avemmo la prova che non m’ero sbagliato, perché riavutasi, ci apparve tanto vigorosa, da non avere più alcun dubbio d’essere stati esauditi. O Padre di infinita misericordia, che cosa farai ai tuoi servi fedeli e figli diletti, se hai acconsentito con tanta piacevolezza a noi peccatori?
Pensando fra me e me a quanto vedevo, per essere più sicuro domandai alla vergine: «Mamma, lo senti ancora il dolore di quelle ferite che son state fatte nel tuo corpo?».
Rispose: «Il Signore, con mio grande dispiacere, ha esaudito le vostre preghiere, e quelle ferite non recano più al mio corpo nessuna pena, ma lo rendono più forte e robusto, e sento bene che il vigore nasce proprio da dove prima derivava lo spasimo».
I fatti che ti ho raccontato, o lettore, ti dicano di quali grazie straordinarie fosse arricchita l’anima di questa vergine, e t’insegnino che anche i peccatori, quando pregano per la salute dell’anima propria, vengono esauditi da Colui che vuole che tutti gli nomini siano salvi.
(fine della citazione originale)
Nonostante Pio II, nella bolla di canonizzazione della Santa del 1461, facesse riferimento al fenomeno delle stimmate sul corpo di Caterina, esse non furono riconosciute ufficialmente dalla Chiesa, fino al 1630, quando Papa Urbano VIII mise fine alla secolare diatriba e riconobbe ufficialmente le stimmate alla Santa.
La loro festa liturgica fu tuttavia fissata al 1° aprile da Benedetto XIII nel 1724
Il 1° aprile 2025 sarà il 650 esimo anniversario delle Stimmate.
Il Crocefisso delle Stimmate di santa Caterina (o Croce di Santa Cristina) è una croce dipinta e sagomata di artista pisano ignoto, databile al 1150-1200 circa e conservata nel Santuario Cateriniano a Siena.
Nei tabelloni laterali si vedono le figure dei “Dolenti” (la divina Madre e la Maddalena; Giovanni l’Apostolo prediletto ai piedi della Croce e l’ultimo dovrebbe essere il Pio Giuseppe d’Arimatea), slanciate e a figura piena, e più in basso un’altra allusione alla scena del Golgota con le croci dei due ladroni, quello buono e quello cattivo… Alle estremità dei bracci della croce si vedono poi due angeli.

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INNO A SANTA CATERINA DA SIENA
San Pio V e Santa Caterina: due grandi Domenicani
Supplica a Santa Caterina Patrona d’Italia, scritta dal Venerabile Pio XII per la salvezza della Patria e l’esaltazione della Santa Madre Chiesa:
Preghiera a Santa Caterina da Siena
+ O sposa del Cristo, fiore della patria nostra. Angelo della Chiesa, sii benedetta.
Tu amasti le anime redente dal Divino tuo Sposo: come Lui spargesti lacrime sulla Patria diletta; per la Chiesa e per il Papa consumasti la fiamma di tua vita.
Quando la peste mieteva vittime ed infuriava la discordia, tu passavi Angelo buono di Carità e di pace. Contro il disordine morale, che ovunque regnava, chiamasti virilmente a raccolta la buona volontà di tutti i fedeli. Morente tu invocasti sopra le anime, sopra l’Italia e l’Europa, sopra la Chiesa il Sangue prezioso dell’Agnello.
O Caterina Santa, dolce sorella patrona Nostra, vinci l’errore, custodisci la fede, infiamma, raduna le anime intorno al Pastore.
La Patria nostra, benedetta da Dio, eletta da Cristo, sia per la tua intercessione vera immagine della Celeste nella carità nella prosperità, nella pace.
Per te la Chiesa si estenda quanto il Salvatore ha desiderato, per te il Pontefice sia amato e cercato come il Padre, il consigliere di tutti.
E le anime nostre siano per te illuminate, fedeli al dovere verso L’Italia, l’Europa e verso la Chiesa, tese sempre verso il cielo, nel Regno di Dio dove il Padre, il Verbo il Divino con lo Spirito Santo Amore, irradiano sopra ogni spirito eterna luce, perfetta letizia.
Amen. Per l’Italia, per l’Europa, per la Chiesa, il Papa, i Vescovi e tutti i sacerdoti: 1Pater, Ave e Gloria….
ALTRO APPROFONDIMENTO
1375 -1° aprile-2025
650 esimo anniversario delle Stimmate di S. Caterina da Siena.
Perché Caterina si trovava a Pisa? chi si accorse delle stimmate? E perché le stimmate di Caterina differivano dalle piaghe sanguinanti di altri santi?
La fonte principale da cui attingiamo notizie sulle stigmate di santa Caterina è la «Legenda maior» del suo confessore, il beato Raimondo da Capua. Perché Caterina si trovava, in quel periodo a Pisa?
«Nella primavera del 1375 Caterina si trovava a Pisa, perché invitata da Pietro Gambacorta, signore della città. A Pisa Caterina avrebbe voluto promuovere la crociata contro gli infedeli, ma i risultati della sua “missione” furono modesti. Caterina lasciò, comunque, un segno profondo in città: ispirandosi al suo insegnamento, nel 1385 alcune nobildonne avrebbero fondato a Pisa il primo monastero femminile dell’Osservanza domenicana e la città toscana sarebbe diventata un focolaio importante della riforma dell’ordine».
Come fu accolta?
«Le pie signore dei Gambacorta la veneravano come una santa. Altri, invece, l’accusavano di vanità personale, di muoversi su un crinale pericoloso. Caterina accettava le critiche con grande umiltà».
Ci sono altre fonti che ricostruiscono questa storia?
«Sulle stimmate di Caterina esistono testimonianze precedenti alla Legenda maior. Due anni dopo la morte della santa, il primo a parlarne pubblicamente in una predica fu William Fleete, un agostiniano inglese trasferitosi nell’eremo del Lecceto. Era un uomo dotto e assai stimato per la sua austera condotta di vita e impegnato nella riforma della Chiesa. Dopo la pubblicazione – nel 1396 – della Legenda maior di Raimondo da Capua, anche altri scrissero delle stimmate. Come fra Tommaso da Siena, il Caffarini, autore di un significativo libello, scritto con lo scopo di favorire la canonizzazione di Caterina, ma anche di difendere l’autenticità del miracolo delle stimmate. Un miracolo messo in dubbio, anche se a quel tempo non ancora in maniera esplicita: la violenta disputa con i francescani sulle stimmate sarebbe infatti scoppiata decenni più tardi, nel 1461, proprio lo stesso giorno in cui Caterina venne elevata all’onore degli altari».
Le stimmate ricevute dalla domenicana furono invisibili per tutta la vita: solo in morte si sarebbero visti i cinque fori…
«Caterina racconta al confessore di aver visto scendere dal Crocefisso di S. Cristina cinque raggi rosso sangue che si dirigevano verso le sue mani, i piedi e il cuore. Fu in quel momento che, consapevole del miracolo, chiese a Dio che le cicatrici sul corpo non apparissero all’esterno. Non voleva infatti essere venerata come “una santa viva”. Il Signore ascoltò la sua richiesta e i cinque raggi da rosso sangue divennero chiari come la luce e sotto forma di pura luce arrivarono alle cinque parti del suo corpo. Tuttavia, nonostante le stimmate fossero invisibili, non erano simboliche, metaforiche. Raimondo parla infatti di dolori acutissimi, vivi, concreti e fisicamente conoscibili. Risposta di Dio a una richiesta precisa della santa: quella di sperimentare, nel cuore, ma anche nel corpo, i dolori di Cristo».
Quale significato dobbiamo attribuire a questo episodio? La stigmatizzazione è un’ulteriore prova della santità di santa Caterina da Siena?
«Secondo il suo agiografo, le stimmate di Caterina era dei signa confirmationis, quasi un sigillo soprannaturale apposto da Dio sul suo corpo – vera e propria unzione carismatica (unctio) – della sua missione storica. Erano il segno che Egli approvava la sua vita apostolica, benché fosse una donna e la sua condotta andasse oltre le convenzioni sociali ed ecclesiastiche del tempo. Non solo: con le stimmate il Signore stesso le trasmetteva anche la forza e la potenza necessarie per poter compiere la missione».
👉 «Nel 1630 papa Urbano VIII autorizzò l’inserimento del racconto della stimmatizzazione nell’ufficio liturgico della festa di santa Caterina da Siena. Con questo provvedimento il Barberini abrogava i decreti del suo predecessore Sisto IV, che nel 1472 aveva proibito le raffigurazioni della mantellata domenicana con le stimmate. Era questa la prima volta che un pontefice interveniva ex cathedra per regolamentare la produzione delle immagini, e tuttavia le bolle sistine non furono sufficienti a chiudere una controversia che già da tempo divideva i due principali ordini Mendicanti.
Al contrario, il provvedimento papale alimentò un vigoroso dibattito teologico e una libellistica fiorente, mentre, nel corso del Cinquecento, le raffigurazioni di Caterina stimmatizzata si moltiplicarono, così che l’eroina domenicana divenne involontaria protagonista di numerosi episodi di iconoclastia intra-cattolica su scala europea.
Attenzione, però: non si può liquidare la sostanza del conflitto come l’ennesima espressione della rivalità tra due potenti ordini religiosi. Esso chiamava direttamente in causa un tema di vitale importanza: lo statuto delle immagini e dell’arte sacra. Con la sua decisione, Urbano VIII chiudeva finalmente una disputa che si trascinava ormai da un secolo e mezzo. Nella città natale della santa la notizia venne accolta con cerimonie trionfali, quasi una seconda canonizzazione. In occasione dei festeggiamenti Rutilio Manetti allestì un magnifico stendardo, tuttora conservato a Siena, nella cappella attigua all’Oratorio della cucina, dove si trovava la casa di Caterina, nel rione Fontebranda».
Perché Caterina si trovava a Pisa? chi si accorse delle stimmate? E perché le stimmate di Caterina differivano dalle piaghe sanguinanti di altri santi?
La fonte principale da cui attingiamo notizie sulle stimmate di santa Caterina è la «Legenda maior» del suo confessore, il beato Raimondo da Capua.
Perché Caterina si trovava, in quel periodo a Pisa?
«Nella primavera del 1375 Caterina si trovava a Pisa, perché invitata da Pietro Gambacorta, signore della città. A Pisa Caterina avrebbe voluto promuovere la crociata contro gli infedeli, ma i risultati della sua “missione” furono modesti. Caterina lasciò, comunque, un segno profondo in città: ispirandosi al suo insegnamento, nel 1385 alcune nobildonne avrebbero fondato a Pisa il primo monastero femminile dell’Osservanza domenicana e la città toscana sarebbe diventata un focolaio importante della riforma dell’ordine».
Come fu accolta?
«Le pie signore dei Gambacorta la veneravano come una santa. Altri, invece, l’accusavano di vanità personale, di muoversi su un crinale pericoloso. Caterina accettava le critiche con grande umiltà».
Ci sono altre fonti che ricostruiscono questa storia?
«Sulle stimmate di Caterina esistono testimonianze precedenti alla Legenda maior. Due anni dopo la morte della santa, il primo a parlarne pubblicamente in una predica fu William Fleete, un agostiniano inglese trasferitosi nell’eremo del Lecceto. Era un uomo dotto e assai stimato per la sua austera condotta di vita e impegnato nella riforma della Chiesa. Dopo la pubblicazione – nel 1396 – della Legenda maior di Raimondo da Capua, anche altri scrissero delle stimmate. Come fra Tommaso da Siena, il Caffarini, autore di un significativo libello, scritto con lo scopo di favorire la canonizzazione di Caterina, ma anche di difendere l’autenticità del miracolo delle stimmate. Un miracolo messo in dubbio, anche se a quel tempo non ancora in maniera esplicita: la violenta disputa con i francescani sulle stimmate sarebbe infatti scoppiata decenni più tardi, nel 1461, proprio lo stesso giorno in cui Caterina venne elevata all’onore degli altari».
Le stimmate ricevute dalla domenicana furono invisibili per tutta la vita: solo in morte si sarebbero visti i cinque fori…
«Caterina racconta al confessore di aver visto scendere dal Crocefisso di S. Cristina cinque raggi rosso sangue che si dirigevano verso le sue mani, i piedi e il cuore. Fu in quel momento che, consapevole del miracolo, chiese a Dio che le cicatrici sul corpo non apparissero all’esterno. Non voleva infatti essere venerata come “una santa viva”. Il Signore ascoltò la sua richiesta e i cinque raggi da rosso sangue divennero chiari come la luce e sotto forma di pura luce arrivarono alle cinque parti del suo corpo. Tuttavia, nonostante le stimmate fossero invisibili, non erano simboliche, metaforiche. Raimondo parla infatti di dolori acutissimi, vivi, concreti e fisicamente conoscibili. Risposta di Dio a una richiesta precisa della santa: quella di sperimentare, nel cuore, ma anche nel corpo, i dolori di Cristo».
Quale significato dobbiamo attribuire a questo episodio?
La stigmatizzazione è un’ulteriore prova della santità di santa Caterina da Siena?
«Secondo il suo agiografo, le stimmate di Caterina era dei signa confirmationis, quasi un sigillo soprannaturale apposto da Dio sul suo corpo – vera e propria unzione carismatica (unctio) – della sua missione storica. Erano il segno che Egli approvava la sua vita apostolica, benché fosse una donna e la sua condotta andasse oltre le convenzioni sociali ed ecclesiastiche del tempo. Non solo: con le stimmate il Signore stesso le trasmetteva anche la forza e la potenza necessarie per poter compiere la missione».
«Nel 1630 papa Urbano VIII autorizzò l’inserimento del racconto della stimmatizzazione nell’ufficio liturgico della festa di santa Caterina da Siena. Con questo provvedimento il Barberini abrogava i decreti del suo predecessore Sisto IV, che nel 1472 aveva proibito le raffigurazioni della mantellata domenicana con le stimmate. Era questa la prima volta che un pontefice interveniva ex cathedra per regolamentare la produzione delle immagini, e tuttavia le bolle sistine non furono sufficienti a chiudere una controversia che già da tempo divideva i due principali ordini Mendicanti. Al contrario, il provvedimento papale alimentò un vigoroso dibattito teologico e una libellistica fiorente, mentre, nel corso del Cinquecento, le raffigurazioni di Caterina stigmmatizzata si moltiplicarono, così che l’eroina domenicana divenne involontaria protagonista di numerosi episodi di iconoclastia intra-cattolica su scala europea. Attenzione, però: non si può liquidare la sostanza del conflitto come l’ennesima espressione della rivalità tra due potenti ordini religiosi. Esso chiamava direttamente in causa un tema di vitale importanza: lo statuto delle immagini e dell’arte sacra. Con la sua decisione, Urbano VIII chiudeva finalmente una disputa che si trascinava ormai da un secolo e mezzo. Nella città natale della santa la notizia venne accolta con cerimonie trionfali, quasi una seconda canonizzazione. In occasione dei festeggiamenti Rutilio Manetti allestì un magnifico stendardo, tuttora conservato a Siena, nella cappella attigua all’Oratorio della cucina, dove si trovava la casa di Caterina, nel rione Fontebranda».
fr. Antonio Cocolicchio o.p., Padre provinciale e rettore della nostra chiesa
