Trascrizione dell’omelia di Don Alberto Secci della Domenica in Albis, Ottava di Pasqua, del 27 aprile 2025, intitolata “Patetico poveretto”. Viene spiegato che la fede non è un atto isolato, ma si basa sulla testimonianza della Chiesa e dei santi: la Tradizione. Non si può “ricominciare da capo” nella Fede, ignorando la tradizione con la sua eredità spirituale. Nessuno lo può fare: neppure un papa. Infine, si evidenziano due strategie del Nemico: censurare la storia della Chiesa e promuovere continue riforme che ignorano la sua natura profonda. Chi volesse procedere senza questa Tradizione o con una professione di fede personale, accomodante, sentimentale, che possa piacere al mondo, è – appunto – un “poveretto e patetico”, e noi condividiamo pienamente questa Omelia. Buona meditazione a tutti.
Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Sia lodato Gesù Cristo. Dice il testo latino: “Non essere incredulo, sed fidelis”, cioè “abbi fede”. È strano: in latino “avere fede” vuol dire “essere fedele”; per noi “essere fedele” è un’altra cosa, eh. E invece la radice è questa: i fedeli sono quelli che vivono la fede.
Voi sapete, questa settimana è stata una settimana tutta particolare: l’Ottava di Pasqua, che ieri si è conclusa con il sabato in Albis, ma che in modo solenne si conclude con la domenica in Albis. “In Albis” cioè “nelle vesti bianche”, perché coloro che erano stati battezzati nell’unica notte dei battesimi dei catecumeni adulti — il sabato santo, la notte di Pasqua, durante la veglia pasquale — oggi si presentavano ancora alla Messa con l’abito bianco. L’abito che viene imposto ancora anche ai neonati nel battesimo, e che veniva deposto dopo la Messa di oggi. Per questo: “domenica in Albis”.
Tutta la liturgia di questa settimana, per chi l’ha vissuta, è una grande educazione alla fede, a capire che cosa è accaduto. Perché stranamente tutta la settimana della resurrezione di Cristo è una settimana sul battesimo, sulla grazia del battesimo. È tutto così: dalla notte del sabato in avanti. Già questo ci indica che c’è un collegamento da fare, senza il quale perdi Gesù Cristo: resurrezione-battesimo.
Perdonatemi se parlo per slogan, ma almeno non si dimenticano: resurrezione-battesimo. Non dimenticare mai: quando uno parla della resurrezione da sola, senza collegarla meditativamente al battesimo, è fuoristrada, non è cattolico: li porta fuoristrada.
Ma si capisce tantissimo in questa Domenica in Albis con il grande Vangelo delle due apparizioni di Cristo nel Cenacolo: la sera di Pasqua e quella che colpisce di più. Perché se vi avessi interrogato adesso, avreste ricordato solo San Tommaso.
San Tommaso arriva otto giorni dopo. Arriva nei giorni mediati, dicendo: “Non abbiamo visto il Signore”, gli dicono. “Perché il Signore era già apparso”. Lui dice: “Io non credo a voi, se non metto la mano, se non vedo i segni dei chiodi”.
Otto giorni dopo, il Signore torna al Cenacolo. Ci sono quelli che l’avevano già visto e c’è Tommaso, che non credeva agli altri apostoli. Attenti, perché gli altri apostoli avevano già visto e gliel’avevano detto. Allora il Signore dice: “Metti la mano, guarda. Non essere più incredulo, ma fedele”. Fedele, fedele.
Bisognerebbe stare un’intera giornata su questo testo, insieme con pazienza. Io cerco di condensare il più possibile. È chiaro che in tutti questi giorni la liturgia ci ha presentato tutte le apparizioni del Signore risorto, dove si vede che è risorto con il suo vero corpo. Chi è venuto a Messa sa: “Non sono un fantasma”, dice, “un fantasma non ha carne e ossa come io ho”. Capite?
Ci sono i richiami a capire di che natura è la resurrezione. In un’epoca spiritualista dovremmo starci su questo. Eh, si fanno anche bruciare dopo morti: “tanto è tutto spirito”… Proprio tonti sono! Tonti, tonti! È l’unico termine che posso usare in predica, ma ne userei altri…
Perché noi abbiamo la fede nella resurrezione della carne. E tutta la liturgia — se guardate il Messalino — fa dire al prete nel canone: “Risorto col suo vero corpo, col suo vero corpo”, non solo con un corpo: il suo! E così sarà la resurrezione dei credenti, dei fedeli, con il loro corpo: io con il mio, voi con il vostro. Questo è. “Non sono un fantasma! Un fantasma non ha carne e ossa come io ho.” E poi: “Avete qualcosa da mangiare?”. Avete in mente? E gli presentano una porzione di pesce arrostito e un favo di miele da succhiare.
Il Signore è risorto.
Va bene, tutta la settimana è su questo. Ma io vorrei soffermarmi sul problema che salta fuori con San Tommaso, perché ci aiuta a capire com’è l’atto di fede. Sennò parliamo di fantasmi anche noi.
Mettetevi nei panni degli altri apostoli che avevano incontrato il Signore risorto alla sera di Pasqua — Tommaso non era presente provvidenzialmente — e lo incontrano dopo. Gli dicono: “Abbiamo visto il Signore”. E lui: “Se non metto la mano nelle sue piaghe non crederò”.
Mettetevi nei panni degli apostoli che avevano già visto, e vi rendete conto di qual è la colpa di Tommaso: non si fida della testimonianza degli altri. È grave questo, gravissimo, perché aveva tutti i motivi ragionevoli per fidarsi: non erano dei pazzi, non erano dei santoni vaganti, erano i compagni di tre anni di apostolato con Gesù Cristo. Avevano vissuto lo stesso scandalo della croce. Tutti concordavano nella testimonianza. Quindi era irragionevole non fidarsi.
Questo ci fa capire molto.
Certo, la fede è una virtù teologale che scende dall’alto, è un dono di Dio. Ma la forma… Dio si è fatto uomo! La forma con cui si accoglie il dono è importante. Se tu sragioni, il dono dall’alto non funziona.
L’atto di fede è un assenso alle verità rivelate per l’autorità di Dio che le rivela. Anche nella dizione classica di che cos’è la fede — che è una virtù donata da Dio — si chiede una corrispondenza non solo di cuore ma anche di ragione.
C’è un’attitudine da imparare: il fidarsi.
Anche di fronte a Gesù Cristo ha avuto fede chi si è fidato della testimonianza, per l’autorità enorme che il Signore manifestava. Ma alla fine ti chiede questa fiducia nella testimonianza, prima di Cristo perché è Dio, ma fatto uomo. E quindi tu vedi l’uomo. E quando parla delle cose eterne, il Signore, devi fidarti per un giorno vedere.
Adesso non sei capace della sublimità di Dio, devi essere trasformato. Ma per essere trasformato devi vivere di fede, e quindi devi fidarti della testimonianza. Se no, la vita di fede non scatta. E non scatta quella trasformazione nella grazia di cui parla oggi: quasi modo geniti infantes, come bambini appena nati, bramate il latte spirituale. È una nuova nascita.
Tutta la liturgia di Pasqua è una meraviglia.
Pensate: la conoscenza, il sapere, l’esperienza… Non è che ogni uomo che nasce sulla terra ricomincia da capo! Devi scoprire il fuoco e la ruota da solo? O ti fidi di chi l’ha già scoperto? E così potete fare miliardi di esempi.
Noi, per vivere, dobbiamo avere continuamente fede nella testimonianza di altri, a partire da tuo padre e da tua madre: se non ti fidi di loro, non inizi neanche a parlare. Impari tutto. Il cucciolo d’uomo impara tutto, cioè deve fidarsi, deve avere fede. Perché la fede non è solo una virtù teologale: è il principio della conoscenza!
Pensate alla scienza, alla tecnica: se ogni generazione dovesse ricominciare da capo, non ci sarebbe progresso. Per questo il progresso si è sviluppato, tra l’altro, nel mondo cattolico. Eh, questo non lo dicono, ma è così: nel mondo cristiano, giudeo-cristiano. Perché abbiamo questo atteggiamento, che non è solo riguardo le cose del cielo, ma è la capacità di ragione anche per le cose della terra: la fiducia, la fede.
Per questo diventa gravissimo non fidarsi. Non si può ricominciare da capo!
Se c’è una cosa da imparare dopo l’Ottava di Pasqua è questa: tu non puoi ricominciare da capo.
Pensate addirittura a quello che descrive il Vangelo, non nell’incontro con Tommaso, ma otto giorni prima, la sera di Pasqua: “Alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”.
Non solo una testimonianza verbale, ma una consegna potente! Addirittura Gesù comunica il suo potere agli apostoli: al sacerdozio da cui nasce la Chiesa! Comunica la sua potenza, la sua autorità sulla natura delle cose, e rende possibile quella trasformazione nella grazia che solo Gesù Cristo potrebbe operare, ma che comunica.
Che cos’è questa testimonianza verbale, “Abbiamo visto il Signore”? Che cos’è questa testimonianza di potere, di azione, “Alitò su di loro”? Si chiama Tradizione.
La Tradizione è questo: la consegna!
Per cui è estremamente importante, capitale, che ci sia l’atto di fede. O hai fiducia, o ricominci da capo da solo. E allora non combini niente. Tanti cristiani si sono rovinati perché sono convinti che l’atto di fede sia loro, punto.
L’atto di fede non è tuo. Certo, sei tu che devi avere fede, ma tu fai l’atto di fede perché hai un corpo enorme che l’ha già fatto prima di te!
Pensate alla Chiesa come qualcosa di gigantesco: tu sei sulle spalle di questo gigante. E puoi dire “Credo, Signore” con fermezza, con una certezza che affronta tutta la vita, perché ti fidi, ti fidi, ti fidi, ti fidi. Hai fede.
Capite com’è grave che Tommaso non si sia fidato? Il Signore, da buon Maestro, ha recuperato il tradimento di Tommaso, la stupidità di Tommaso. Perché questa è stupidità: non ragionare. E ciò che è successo serve a noi per imparare che non puoi ricominciare da capo.
Tommaso, quando non si è fidato degli altri Apostoli, voleva ricominciare da solo. È come un peccato originale dell’atto di fede, questo. Ecco perché è grave non fidarsi, ecco perché è grave non raccogliere la testimonianza: perché pretendi di ricominciare da capo, saltando la Chiesa, saltando tutta la testimonianza.
Perché questo è il metodo di Dio! È per questo che ha fondato la Chiesa: è necessario! Per questo chi salta la Chiesa non perviene a nulla. Chi salta la testimonianza non perviene a nulla. Chi vuol ricominciare da capo fallisce.
Ripeto: tra di noi c’è questa idea dell’atto di fede come se fosse solo nostro. Anche tra di noi, molti dicono: “Ah, mi sono convertito”. Ma che ti sei convertito?! C’è un mare di gente che t’ha preparato quello che finalmente hai capito! Ma era tutto chiaro già! Non pensare di essere chissà chi perché ti sei convertito!
Attenti, però: se ti converti, impara a tornare a quel corpo da cui hai ricevuto. Perché se vai avanti da solo nel cercare la vita della spiritualità, sei il più vigliacco tra gli uomini, quello che distrugge il dono appena ricevuto. Perché noi facciamo così: forse per la conversione incominciamo a chiedere aiuto, ma dopo facciamo da soli.
Capite? Questo è il peccato dei peccati, il più orribile dei peccati, che non scandalizza purtroppo nessuno, eh, ma che è tale! Bisognerebbe scriverlo a caratteri cubitali sui giornali: questo è il grande delitto: voler fare da soli.
Pensate: cosa sarebbe il nostro atto di fede personale se non ci fosse stata la fede dei santi? Leggete le vite dei santi! Come facciamo a dire che l’atto di fede nostro è nostro?
Il mio è mio, ma se non avessi avuto la fede di Santa Caterina da Siena, di San Giuseppe, di San Francesco d’Assisi, di Sant’Ignazio di Loyola, di San Paolo della Croce che festeggiamo domani*, di tutti quelli che volete, di Sant’Alberto Magno — personalmente di Sant’Alberto di Gerusalemme che è il mio santo — ecco, se non avessi avuto quell’eredità lì, e se non facessi un atto di fiducia in quello che mi hanno testimoniato, di Agostino, di Tommaso… la fede non ci sarebbe!
E per non parlare dei santi ufficiali: anche dei santi non ufficiali. Abbiamo memoria delle persone che dobbiamo ringraziare se siamo arrivati ad avere fede. Cerchiamo di avere dei volti di fronte. Io ce li ho, i volti: non potrò mai dimenticare che la fede mia è la fede che ho ricevuto da loro. Non sono santi canonizzati, ma hanno portato la grazia nella mia vita.
Vedete, chi pensa di fare l’atto di fede da solo è patetico. Poveretto. Ridicolo. Patetico. Perché l’atto di fede presuppone il corpo della Chiesa, inteso come la comunità dei santi, di coloro che testimoniano con la vita la fede.
Il pasticcio di questi giorni — anche — cercate di non ascoltar troppo sui papi: sono i papi!
Chi diventa papa, non si capisce che il papa non è un fungo atomico, eh, non è un mandrake della Chiesa! Il papa è il custode di questo deposito che riceve! Diceva un grande intellettuale: “È il più alto tra gli uomini del più poveretto”, perché non ha niente di suo, deve custodire una cosa non sua. Capite?
Dopo che abbiamo analizzato cos’è l’atto di fede, cosa vuol dire, vedete come è ridicolo pensare che sia nostro… vedete come è ridicolo pensare che l’atto di fede sia nostro? Facendo questo errore, nella Chiesa pensiamo a questi personaggi — i papi, i santi — come a cose isolate, che seguono le mode. Niente di più ridicolo. L’inganno è grande.
Per questo il potere nemico, il mondo — come dice san Giovanni — ha due tecniche fondamentali.
La prima: censurare la storia.
Dall’Unità d’Italia nelle nostre scuole non si è più fatta storia della Chiesa. Sarebbe troppo bello sapere cosa hanno fatto i santi! Non si fa. Si parla anche degli uomini più stupidi, ma dei santi non si parla mai. Censurare le radici, censurare la storia.
Fratelli, vi prego: se volete vivere da Risorti, leggete serie vite di santi. Se non sapete quali, fatevi consigliare. Ma senza le vite dei santi non capite il cristianesimo.
La seconda tecnica d’inganno, quando non riescono a censurare, è questa: far fare le riforme alla Chiesa, pensando che la Chiesa nasca oggi. È sempre uccidere la testimonianza. È sempre l’errore di Tommaso: faccio io da solo. Adesso faccio una Chiesa bella io… Sì, ci sono le rovine. Ma domandiamo di rimparare il cristianesimo.
Ecco perché — e chiudo veramente — l’Ottava di Pasqua è l’Ottava del Battesimo.
Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
NOTA
*Nel calendario riformato il 28 aprile è la memoria di San Luigi Maria Grignon de Monfort
