Il mistero della Santissima Trinità non è un mero concetto astratto, ma la verità di Dio, la chiave per comprendere la fede cattolica, la vera santità e la salvezza. Al termine dell’intervento di Don Alberto Secci, abbiamo voluto unire la bellissima risposta di Don Mario Proietti – vedi qui – agli errori sulla SSma Trinità di ben tre persone (due sacerdoti) assai conosciute e che però, nessun Vescovo, interviene per fermarli…
Trascrizione dell’omelia di Don Alberto Secci, in occasione della solennità della Santissima Trinità, durante la Santa Messa in rito tradizionale a Vocogno in Val Vigezzo (VB), il 15 giugno 2025.
Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Domenica scorsa abbiamo vissuto la grande festa della Pentecoste. Gli apostoli hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo e subito, per la potenza dello Spirito, sono stati inviati a predicare e a battezzare.
Il Vangelo di questa domenica, la prima dopo Pentecoste, è dedicato alla festa della Santissima Trinità – una festa tanto grande quanto fragile, schiacciata tra la Pentecoste e il Corpus Domini… Ma quanto è importante!
Ebbene, il Vangelo di questa solennità, nella sua essenzialità – un Vangelo breve – dice tutto: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra”, dice Gesù Cristo agli apostoli. “Andate dunque e istruite tutte le genti.”
“Istruite tutte le genti”: non dimentichiamolo mai, perché prima viene questo. Il compito della Chiesa è istruire, non lasciare la gente con le idee che ha. Basterebbe solo questo: ci fermiamo, cantiamo il Credo.
“Andate dunque e istruite tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato.”
Ma in quel “tutto ciò che vi ho comandato” è contenuta la verità rivelata. Non ci sono solo le regole di comportamento, cari fratelli! La vita cristiana non si riduce a norme morali, come se il Signore avesse detto: “Ricordate tutto ciò che vi ho raccomandato, tutto ciò che vi ho insegnato…”.
No! Non sono solo regole: è la verità. La verità su Dio, prima di tutto – non sull’uomo – su Dio. Perché l’uomo si salva se entra in Dio. Ma se Dio non lo conosci, non riesci a entrare in Lui… e rischi perfino di prendere la direzione contraria!
Ecco perché celebriamo la festa della Santissima Trinità. È una festa che si è affermata nel corso dei secoli, non senza resistenze, anche da parte di Roma. Perché? Perché la liturgia cattolica è già sempre immersa nel mistero trinitario. Contempla la verità di un Dio uno e trino: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Ma, grazie a Dio, nel tempo – anche per l’intervento di uomini santi e per usanze locali – è stata istituita una domenica per celebrare, in tutto il mondo cattolico, la Santissima Trinità.
Noi però resistiamo ancora. Vi chiedo un attimo di meditazione – se volete, di “contemplazione”… Contemplazione: in modo più semplice, guardare. Guardare ciò che penseremmo “inguardabile”.
Vi invito a seguirmi per un minuto nella lettura di una pagina del grande abate Columba Marmion. Parla della Trinità. Vi chiedo di lasciare da parte ogni altra idea o preoccupazione. Ascoltate. Ascoltiamo:
“Nella sua essenza, Dio non è soltanto grande, ma anche degno di ogni lode. È quindi sommamente conveniente che Egli riceva una gloria adeguata alla sua maestà e che sia glorificato in sé stesso – non da noi, prima di tutto, ma in sé stesso. Il Padre genera il Figlio. Ripeto: il Padre genera il Figlio e, da tutta l’eternità, gli comunica il dono supremo: la vita e le perfezioni della divinità. Comunica questo, rendendolo partecipe di tutto ciò che Egli stesso è, eccetto la sua proprietà di essere Padre. Immagine perfetta e sostanziale, il Verbo è lo splendore della gloria del Padre. Nato dalla fonte di ogni luce, Egli stesso è luce, e rifluisce – come un cantico senza fine – verso colui dal quale emana. Il Padre genera il Figlio. Il Figlio rifluisce: ‘Ogni cosa mia è tua, e ogni cosa tua è mia’. Così, per il moto naturale della sua filiazione, il Figlio fa rifluire verso il Padre tutto ciò che ha ricevuto da Lui. In questa donazione reciproca, lo Spirito Santo – che è carità – procede dall’amore del Padre e del Figlio, come da un unico principio, e l’amplesso d’amore infinito tra le persone completa l’eterna comunicazione di vita nel seno della Trinità.”
Mi fermo.
La Chiesa ci chiede un salto. Quando fa bene il suo mestiere, la Chiesa chiede un salto di qualità nella vita spirituale. La difficoltà che avete avuto ad ascoltare è il segno che questo salto, spesso, deve ancora essere fatto. Altrimenti, il rischio è tornare pagani. Pagani siamo, io e voi.
Qui è altro. Qui è totalmente altro. Dio fatto uomo che ci porta in Dio. Tutt’altro!
Com’è difficile – permettetemi – riconoscere che siamo totalmente dipendenti da Dio-Trinità. Ma ancora più difficile è accettare che la nostra conoscenza dipenda da Dio, cioè dalla sua rivelazione.
Guardate che il punto dove tutto crolla è questo: noi abbiamo già un’idea di Dio; non ci affidiamo alla rivelazione.
Abbiamo impiastricciato l’immagine di Dio, e poi vogliamo che il Signore entri in ciò che noi abbiamo già fabbricato. A volte risulta aggiustato da un po’ di devozione un quadro nato male. Permettetemi: è molto difficile sanare un quadro nato male.
L’Antico Testamento custodiva questa verità vietando di farsi immagini di Dio. Avete presente gli Ebrei? Nessuna immagine di Dio. Il laicismo ha letto questo come un segno che Dio non è conoscibile. No! È il contrario!
Era la preparazione alla rivelazione: siccome Dio si farà conoscere, non farti un’immagine di Lui, accogli piuttosto ciò che Egli dice di sé. L’esatto contrario dell’agnosticismo! Oggi, alcuni dicono: “Vedi com’erano profondi gli Ebrei? No, Dio non si può conoscere.”
No, figlio mio. Non farti tu l’immagine, perché Dio si fa conoscere a te. È Trinità! È la vita tra le persone divine: tre persone, un solo Dio. Questa è anche la festa della Rivelazione.
Chi non sopporta la festa della Santissima Trinità è chi pensa che l’idea di Dio sia già in lui. Chi si ferma ai bisogni, ai desideri religiosi…
Ma quelli sono solo una preparazione. Siccome sei fatto per Dio, Dio viene e si fa conoscere. E ancora di più: chiede che tu partecipi realmente alla sua vita divina.
Noi, creature lontane da Dio, sporchi peccatori, per la grazia del sacrificio di Cristo, siamo chiamati realmente a partecipare alla vita trinitaria.
Senza la contemplazione della Trinità non si comprende la santità. Si fanno tanti santi oggi… ma il popolo cristiano non sa più cos’è la santità.
La santità è partecipare realmente alla vita trinitaria. Per questo il Signore ha dovuto purificarci con il suo sacrificio. Per questo ti chiede un cammino lungo, nella vita e anche dopo la morte corporale – se c’è il Purgatorio – affinché tu possa vivere realmente dentro la vita di Dio, quando Dio sarà tutto in tutti.
Il pessimismo protestante ha detto: “Tu non puoi diventare santo.” E quindi via i santi. Ma poi, in modo folkloristico, ci si affeziona: “A noi piacciono i santi!”. I protestanti no – nemmeno la Madonna. Ma è una cosa seria!
I santi vivono la vita della Trinità. Per questo la Chiesa è sempre stata seria. Non si poteva inventare una processione di un santo, così, per caso. Qui, la festa di San Rocco fu introdotta a metà Ottocento “di sfrosio”, perché il vescovo non aveva dato il permesso. Solo dopo uno o due anni è rimasta tradizione.
La Chiesa non voleva esagerare. Non voleva troppi pellegrinaggi, troppe feste. Le regole della tradizione sono severissime! I vescovi vigilavano. Perché? Perché il santo deve portarti alla contemplazione della Trinità. Altrimenti, è l’idolo di una religione neo-naturale: statua, banda, grigliata… e dov’è la vita cristiana?
Direte: “Ma noi siamo come i nostri vecchi?”. No! I vecchi veri erano istruitissimi sulla Trinità! È girata la moda di dire che erano ignoranti. Ho trovato i catechismi del vescovo Val di Sertone – fine ’700 – nelle case della parrocchia. Chi conosce la storia della diocesi sa che vescovo serio fosse, e come si impegnasse a insegnare la dottrina cristiana e a evitare che il cristianesimo diventasse religione naturale. Perché il paganesimo, qui, aveva già fatto furore prima dell’arrivo del Vangelo. Avevano già i loro templi… E se non vigiliamo, le chiese torneranno ad essere neopagane sotto una facciata di cattolicesimo.
“Andate e istruite tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”
Allora si comincia a capire la vita cristiana. Capisci perché ci sono i comandamenti: perché tutto parte dalla visione della Trinità e della tua chiamata a partecipare alla vita divina. Altrimenti è solo un impasto di cose umane.
Stamattina, chi ha recitato l’Ora di Prima si è imbattuto nel Simbolo di sant’Atanasio, che un tempo si diceva ogni domenica, prima della riforma di Giovanni XXIII. Tre volte, tutta la spiegazione della Trinità. Ve la risparmio… però andate a cercarla: “Simbolo di Sant’Atanasio“. Meditateci sopra. Sant’Atanasio dice:
“Chiunque vuole essere salvo, prima di tutto deve abbracciare la fede cattolica. Fede che, se non sarà conservata integra e inviolata, senza dubbio sarà dannato in eterno.”
Non dice “non si salverà” – che è generico – dice: “sarà dannato in eterno.” La fede cattolica consiste in questo: venerare un solo Dio nella Trinità delle persone e un Dio trino nell’unità della natura. E la Chiesa ti dice, con Sant’Atanasio: “Non cedere! Entra dentro il mistero. Guarda!”
Non come nelle battute… Don Stefano raccontava: c’era un prete che diceva: “Chiedimi tutto, tranne la Trinità.” No! Se non mi chiedi della Trinità, di cosa parliamo nel cristianesimo? Degli dei?
Sant’Atanasio continua: “Pertanto, chi si vuol salvare, così deve pensare della Trinità.”
E te l’ha descritta in venti righe!
Poi aggiunge: “Questa è la fede cattolica. Fede che, se ciascuno non avrà fedelmente e fermamente creduto, non si potrà salvare.”
Fratelli, questo è il dono prezioso da vivere, da comunicare. E deve essere, permettetemi di dirlo, il clima in cui facciamo ogni gesto di preghiera.
Guardate – e concludo – la liturgia tradizionale. Una liturgia dura? Sì. Qualcuno ci critica: “A loro piacciono le cose vecchie.” Sì. È così. Tutta la vita così. Ma è essenziale. È severa. Non solletica i vostri sentimenti. Potrei iniziare con un canto alla Madonna: qualcuno si commuove. No. Sobrietà.
“In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.”
Perché tutto è trinitario. Tutto è la Trinità.
La Chiesa ha salvaguardato la liturgia. San Pio V è un grande santo perché ha impedito che entrassero elementi che offuscassero il mistero centrale: l’unità e la Trinità di Dio, insieme all’incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo.
E allora, quando la liturgia è veramente cattolica, ti riporta lì. Ti dà delle “botte”, come si fanno alle bestie per guidarle al pascolo: “Torna lì!”. Guai a noi preti se lasciamo correre, purché la gente venga ancora in chiesa, purché alzi gli occhi al cielo… Il risultato poi si vede: Un cristianesimo naturalizzato è un cristianesimo immorale, che non cambia la vita.
Allora, se il peccato resta peccato, se tutto resta come prima… Dov’è Gesù Cristo?
Visto che Gesù Cristo opera la salvezza, viviamo bene questa festa della Santissima Trinità, in compagnia dei santi che hanno compreso – cioè vissuto – il mistero grande, la verità profonda dell’unità e Trinità di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

