Un passaggio molto suggestivo della bolla “Exsurge Domine” di papa Leone X contro gli errori di Martin Lutero. (si ringrazia Radio Spada per i testi)
- Sorgi, o Pietro, e per la cura pastorale a te divinamente commessa, sovvieni alla causa della Santa Romana Chiesa, Madre di tutte le Chiese e Maestra della Fede, che tu, per il comando del Signore, hai consacrata col tuo sangue. Contro di essa, come tu ti degnasti di prevedere, insorgono maestri mendaci, che introducono sette di perdizione, attirando su sé stessi una pronta rovina. La loro lingua è fuoco, un male inquieto, pieno di veleno mortale. Essi hanno uno zelo aspro e la contesa è nei loro cuori, si inorgogliscono e sono bugiardi contro la verità.
Sorgi anche tu, te ne preghiamo, o Paolo, che questa vigna illuminasti e illustrasti con la dottrina e con un martirio pari a quello di Pietro. Insorge infatti un novello Porfirio, il quale, come quello un tempo ingiustamente e con mordacità criticò i santi Apostoli, ora, rimproverandoli invece di implorarli, contro quanto tu hai insegnato, non si vergogna di oltraggiare, diffamare i santi Pontefici nostri predecessori, arrivando all’insulto, ove disperi delle sue ragioni, alla maniera degli eretici, l”ultima difesa dei quali – come dice Girolamo – è l’iniziare a diffondere veleno con lingua di serpente quando vedono le loro ragioni sul punto di essere condannate, e prorompere in contumelie quando si vedono sconfitti. Infatti sebbene tu, o Paolo, abbia detto esser necessario che vi siano eresie, perché i fedeli siano messi alla prova, nondimeno è necessario che, con la tua intercessione e il tuo aiuto, esse siano distrutte sul nascere affinché non si sviluppino né prendano piede le volpi.
Il 31 ottobre 1517 il monaco agostiniano, Martin Lutero, affiggeva sul portone della chiesa di Wittemberg le famose 95 tesi sulle indulgenze, dando inizio a quella che si suole chiamare Riforma Protestante, ma che altro non fu che una vera e propria Rivoluzione contro Dio e la Chiesa, apportatrice di corruzione morale e di guerre sanguinosissime. La Chiesa condannerà ufficialmente gli errori di Lutero solamente nel 1520 – fino ad allora grande fu la pazienza di Leone X verso il ribelle – con la bolla “Exsurge Domine” del 15 giugno, frutto dell’alacre lavoro soprattutto del Cardinal Caietano, che interrogò il Sassone nell’ottobre 1518 ad Augusta, del Cardinale Pietro Accoliti di Ancona, e di Giovanni Eck, soprannominato da Lutero “Dottor Scrofa”. L’eresiarca risponderà aggressivamente a questa reprimenda romana, bruciando pubblicamente “la esecrabile bolla dell’Anticristo” e minacciando lo stesso Papa: “Quia tu conturbasti sanctum Domini, ideoque te comburet ignis aeternum” [Poiché tu facesti violenza al santo di Dio, ti bruci il fuoco eterno!]. Finalmente il 3 gennaio 1521, davanti a tanta pertinacia e violenza, Leone X fulminerà la scomunica contro Martin Lutero, pubblicando la bolla “Decet Romanum Pontificem” (vedi qui)
LEONE VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
A perpetua memoria
Sorgi, o Signore, e rendi giustizia alla tua causa! Ricordati degli improperi che ti si fanno tutto il giorno da parte degli stolti! Porgi il tuo orecchio alle nostre preghiere poiché sono insorte volpi cupide di devastare la vigna il cui torchio, tu da solo hai premuto; la cui cura, governo e amministrazione tu, dovendo ascendere al Padre, ad immagine della Chiesa trionfante, commettesti a Pietro, come Capo e tuo Vicario, e ai suoi successori. Si adopera a devastarla il cinghiale della foresta, ne fa suo pasto la belva selvaggia.
Sorgi, o Pietro, e per la cura pastorale a te divinamente commessa, sovvieni alla causa della Santa Romana Chiesa, Madre di tutte le Chiese e Maestra della Fede, che tu, per il comando del Signore, hai consacrata col tuo sangue. Contro di essa, come tu ti degnasti di prevedere, insorgono maestri mendaci, che introducono sette di perdizione, attirandosi una pronta rovina, la cui lingua è fuoco, un male inquieto, pieno di veleno mortale. Essi, hanno uno zelo aspro, la contesa nei loro cuori: si inorgogliscono e sono bugiardi contro la verità.
Sorgi anche tu, te ne preghiamo, o Paolo, che questa vigna illuminasti e illustrasti con la dottrina e con un martirio pari a quello di Pietro. Insorge infatti un novello Porfirio, il quale, come quello un tempo ingiustamente e con mordacità criticò i santi Apostoli, ora, rimproverandoli invece di implorarli, contro quanto tu hai insegnato, non si vergogna di oltraggiare, diffamare i santi Pontefici nostri predecessori, arrivando all’insulto, ove disperi delle sue ragioni, alla maniera degli eretici, la ultima difesa dei quali – come dice Girolamo – è l’iniziare a diffondere veleno con lingua di serpente quando vedono le loro ragioni sul punto di essere condannate, e prorompere in contumelie quando si vedono sconfitti. Infatti sebbene tu [o Paolo], abbia detto esser necessario che vi siano eresie, perché i fedeli siano messi alla prova, nondimeno è necessario che, con la tua intercessione e il tuo aiuto, esse siano distrutte sul nascere affinché non si sviluppino né prendano piede le volpi.
Sorga infine l’intera Chiesa dei Santi e il resto della Chiesa Universale. Messa da parte la sua vera interpretazione delle Sacre Scritture, certuni, la cui mente il padre della menzogna ha accecata, giusta l’antico uso degli eretici, credendosi sapienti, interpretano queste stesse Scritture altrimenti da come richiede lo Spirito Santo, a loro piacimento; e, teste l’Apostolo, per ambizione dell’acclamazione popolare, le distorcono ed adulterano. Sicché, secondo quanto dice Girolamo, non è più il Vangelo di Cristo, ma quello di un uomo, o quel che è peggio, del diavolo. Sorga, dico, questa santa Chiesa di Dio e assieme ai beatissimi Apostoli suddetti, interceda presso Dio onnipotente acciocché, purgati tutti gli errori delle sue pecorelle, ed eliminate tutte le eresie dalle terre dei fedeli, si degni di conservare alla sua santa Chiesa la pace e l’unità.
Da lungo tempo, cosa che possiamo a stento esprimere nell’eccesso della nostra afflizione, Noi abbiamo saputo da persone degne di fede e dalla voce pubblica che, per ispirazione del nemico del genere umano sono stati nuovamente suscitati e recentemente seminati fra alcune menti frivole nell’inclita nazione Germanica, degli errori: alcuni dei quali già condannati dai Concili e dalle Costituzioni dei nostri Predecessori, contenenti espressamente l’eresia dei Greci e dei Boemi; altri rispettivamente eretici, falsi, scandalosi, offensivi delle pie orecchie, capaci di sedurre le menti degli uomini semplici, originati da falsi credenti, i quali per superba curiosità, cupidi della gloria del mondo, contrariamente a quanto insegna l’Apostolo, vogliono sapere più di quanto sia necessario; la loquacità dei quali – come dice Girolamo – senza l’autorità delle Scritture non avrebbe credibilità se non si adoperassero a rafforzare la perversa dottrina anche con testimonianze divine, sebbene male interpretate; e davanti ai cui occhi non sta più il timor di Dio.
Tanto più ci doliamo che ciò sia accaduto in Germania, perché sia Noi sia i Nostri Predecessori sempre con sviscerato amore ci sono rapportati a questa Nazione. Infatti dopo la traslazione dell’impero dai Greci ai Germani da parte della Chiesa Romana, gli stessi Predecessori Nostri e Noi, sempre da essi abbiamo avuto avvocati e difensori della stessa Chiesa. Germani che, veramente fratelli germani della verità cattolica, consta furono sempre acerrimi impugnatori delle eresie. Testimoni di ciò sono le lodevoli costituzioni degli Imperatori Germanici pubblicate un tempo e confermate dai Nostri predecessori: costituzioni a favore della libertà della Chiesa; costituzioni per l’espulsione e l’estirpazione degli eretici in tutta la Germania, sotto minaccia delle pene più gravi, fino al sequestro di terre e domini; costituzioni contro i manutengoli degli eretici e contro coloro che non volessero espellerli. Se si osservassero ancora oggi, Noi e loro saremmo liberi da questo disturbo. Ne è ancora testimone la condanna e la punizione nel Concilio di Costanza della perfidia degli Hussiti, dei Wiclefiti e di Girolamo da Praga. Ne è testimone il sangue dei Germani effuso di volta in volta nelle guerre contro i Boemi. Ne è infine testimone la non meno dotta, quanto vera e santa, confutazione, riprovazione e condanna degli errori di cui sopra, o di molti di essi, fatta dalle università di Colonia e Lovanio, piissime e religiosissime cultrici del campo del Signore. Potremmo addurre anche molti altri fatti, che però abbiamo deciso di omettere, perché non sembri che stiamo facendo un’esposizione storica.
In nessuno modo, a motivo della cura del pastorale officio a Noi per grazia di Dio commessa, possiamo ulteriormente tollerare o trascurare il pestifero veleno dei predetti errori, senza che ne tragga nocumento la Religione Cristiana e ingiuria la fede ortodossa. Alcuni di questi errori, il cui tenore è il seguente, abbiamo deciso di includerli in questo documento:
- È sentenza eretica, ma largamente seguita, che i sacramenti della Nuova Alleanza danno la grazia giustificante a coloro che non vi pongono ostacolo.
- Negare che il peccato rimane nel bambino dopo il battesimo, significa disprezzare insieme Cristo e Paolo.
- Il fomite del peccato, anche se non c’è nessun peccato attuale, trattiene l’anima che esce dal corpo dall’ingresso nel cielo.
- La non perfetta carità di colui che sta per morire porta necessariamente con sé un grande timore, che di per sé è solo sufficiente a ottenere la pena del purgatorio, e impedisce l’ingresso nel regno.
- Che le parti della confessione siano tre: contrizione, confessione e soddisfazione non è fondato nella Sacra Scrittura, né negli antichi santi dottori cristiani.
- La contrizione che si ottiene con l’esame, la ricapitolazione e la detestazione dei peccati, e con la quale si ripensa alla propria vita nell’amarezza della propria anima (cfr.Is 38,15), soppesando la gravità, la moltitudine, la turpitudine dei peccati, la perdita della beatitudine eterna e il conseguimento dell’eterna dannazione, questa contrizione rende ipocrita, anzi addirittura peccatore.
- Verissima e più perfetta in tutto della dottrina fino a questo momento proposta sulla contrizione è la massima: “Non farlo più è la migliore penitenza; una nuova vita è l’ottima penitenza”.
- Non presumere in alcun modo di confessare i peccati veniali, ma neppure tutti i mortali, perché è impossibile che tu conosca tutti i peccati mortali.Per questo motivo nella chiesa primitiva si confessavano soltanto quelli mortali manifesti.
- Quando vogliamo confessare tutto in modo completo non facciamo altro che questo: non vogliamo lasciare nulla da perdonare alla misericordia di Dio.
- A nessuno sono rimessi i peccati, se non crede che gli sono rimessi dal sacerdote che assolve; anzi il peccato rimane, se non lo crede rimesso: non sono sufficienti infatti la remissione del peccato e il dono della grazia, ma bisogna anche credere che è stato rimesso.
- Non confidare in nessun modo di essere assolto a motivo della tua contrizione, ma per la parola di Cristo: “Tutto ciò che scioglierai” (cfr. Mt 16,19). In questo confida, io dico: se tu hai ottenuto l’assoluzione del sacerdote, e credi fermamente che tu sei stato assolto, sarai stato assolto davvero, qualsiasi cosa sia in quanto alla contrizione.
- Se, per assurdo, colui che si confessa non fosse contrito, oppure il sacerdote assolvesse non sul serio, ma per gioco, se tuttavia egli si crede assolto, è assolto con assoluta certezza.
- Nel sacramento della penitenza e nella remissione della colpa, il papa o il vescovo non fanno nulla di più di un semplice sacerdote: anzi, dove non c’è un sacerdote, può fare ugualmente un semplice cristiano, anche se fosse una donna o un bambino.
- Nessuno deve rispondere al sacerdote di essere contrito e il sacerdote non lo deve domandare.
- È grande l’errore di coloro che si accostano al sacramento dell’eucaristia fidandosi del fatto di essersi confessati, di non essere consapevoli di nessun peccato mortale, di aver premesso preghiere personali e preparatorie: tutti questi mangiano e bevono la propria condanna. Ma se credono e confidano che qui essi conseguiranno la grazia, questa fede sola li rende puri e degni.
- Risulta come deciso, che la chiesa abbia stabilito in un concilio universale che i laici debbono comunicarsi sotto le due specie: e i Boemi che si comunicano sotto le due specie, non sono eretici, ma scismatici.
- I tesori della chiesa, da cui il papa trae le indulgenze, non sono i meriti di Cristo e dei Santi.
- Le indulgenze sono dei pii inganni dei fedeli, e dispense dalle opere buone; e appartengono al numero delle cose che sono permesse, e non al numero di quelle che sono utili. (cfr.1Cor 6,12; 1Cor 10,23).
- Le indulgenze, per coloro che veramente le acquistano, non hanno valore per la remissione della pena dovuta alla giustizia divina per i peccati attuali.
- Si ingannano coloro che credono che le indulgenze sono salutari e utili per il bene dello spirito.
- Le indulgenze sono necessarie solo per le colpe pubbliche, e vengono propriamente concesse solo ai duri di cuore e agli insensibili.
- Per sei categorie di uomini le indulgenze non sono né necessarie né utili: e cioè per i morti o per quelli che stanno per morire, per i malati, per i legittimamente impediti, per coloro che non hanno commesso peccati, per coloro che hanno commesso peccati, ma non pubblici, per coloro che compiono cose migliori.
- Le scomuniche sono soltanto pene esteriori, e non privano l’uomo delle comuni preghiere spirituali della chiesa.
- Bisogna insegnare ai cristiani più ad amare la scomunica che a temerla.
- Il pontefice romano, successore di Pietro, non è il vicario di Cristo sopra tutte le chiese del mondo intero, dallo stesso Cristo costituito nel beato Pietro.
- La parola di Cristo a Pietro: “Tutto ciò che scioglierai sulla terra” ecc. (cfr.Mt 16,19) si estende soltanto alle cose legate dallo stesso Pietro.
- È certo che non è affatto in mano della chiesa o del papa lo stabilire gli articoli di fede, e anzi neppure le leggi morali o delle opere buone.
- Se il papa con una gran parte della chiesa pensasse in un modo o nell’altro, e inoltre non sbagliasse, non è ancora peccato o eresia pensare il contrario, soprattutto in cose non necessario per la salvezza, finché da un concilio universale una cosa non è stata respinta e l’altra approvata.
- Ci è stata aperta la via per svuotare l’autorità dei concili e per contraddire liberamente le cose da loro compiute, per giudicare i loro decreti e per confessare con confidenza qualsiasi cosa sembri vero, sia che sia stato approvato, sia che sia stato respinto da un qualsiasi concilio.
- Alcuni articoli di Jan Hus condannati nel concilio di Costanza sono cristianissimi, verissimi ed evangelici, e neppure la chiesa universale potrebbe condannarli.
- In ogni opera buona il giusto pecca.
- L’opera buona compiuta nel modo migliore, è peccato veniale.
- È contro la volontà dello Spirito che gli eretici siano bruciati.
- Combattere contro i Turchi è opporsi a Dio, che visita le nostre iniquità per mezzo loro.
- Nessuno è certo di non peccare sempre mortalmente, a motivo del segretissimo vizio della superbia.
- Dopo il peccato, il libero arbitrio è una realtà in modo solo apparente; e quando compie ciò che gli compete, pecca mortalmente.
- Il purgatorio non può essere provato mediante la sacra Scrittura che si trova nel canone.
- Le anime nel purgatorio non sono sicure della propria salvezza, almeno non tutte; e non è provato da nessun argomento razionale né dalle Scritture, che esse si trovano al di fuori della condizione di meritare o di accrescere la carità.
- Le anime del purgatorio peccano in modo continuo finché cercano il riposo e hanno orrore delle pene.
- Le anime liberate dal purgatorio per i suffragi di coloro che sono vivi godono minore beatitudine che se avessero soddisfatto da se stesse.
- I prelati ecclesiastici e i principi secolari non farebbero male, se eliminassero tutte le sacche di mendicità.
Nessuno che sia sano di mente ignora quanto questi errori siano pestiferi, perniciosi, scandalosi, capaci di sedurre le menti pie e semplici, contrari ad ogni carità, alla riverenza verso la Santa Romana Chiesa, Madre di tutti i fedeli e Maestra della fede, al nerbo dell’ecclesiastica disciplina, ossia contrari all’obbedienza, la quale è la fonte e l’origine di tutte le virtù, senza la quale ciascuno è condannato come infedele.
Noi dunque, volendo, come conviene, precludere la via a siffatta peste e morbo canceroso, affinché nel campo del Signore ulteriormente non si diffonda quale rovo nocivo, eseguita su tutti e singoli e predetti errori, in quanto gravissimi, un’indagine, un controllo e un attento esame, con matura deliberazione, pesata ed esaminata ogni cosa secondo le norme prescritte, assieme ai venerabili Nostri fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, ai Priori e Ministri Generali degli Ordini Regolari, a molti altri peritissimi Professori e Maestri di sacra Teologia e di Diritto Civile e Canonico, abbiamo trovato che questi medesimi errori o articoli non siano cattolici, né che vadano creduti tali, ma che siano contrari alla dottrina della Chiesa Cattolica ed alla Tradizione, soprattutto alla vera e comune interpretazione delle divine Scritture, alla cui autorità Agostino credé talmente di dover prestar fede da affermare che non avrebbe creduto al Vangelo senza che fosse intervenuta l’autorità della Chiesa Cattolica. Infatti dai medesimi errori, o da qualcuno di essi, o da alcuni deriva chiaramente che la stessa Chiesa, che è retta dallo Spirito Santo, erri o e abbia sempre errato. La qual cosa è assolutamente contraria a quello che il Cristo promise ai suoi discepoli al momento della sua Ascensione, conferme si legge nel santo Vangelo di Matteo: “Io sono con voi fino alla consumazione dei secoli”. E allo stesso modo contraria alle conclusioni dei santi Padri, alle chiare ordinanze e ai canoni dei Sommi Pontefici, la non ottemperanza dei quali, come testimonia Cipriano, sempre fu il fomite e la causa di tutte le eresie e di tutti gli scismi.
Perciò, col parere e l’assenso dei medesimi venerabili Nostri fratelli, dopo matura deliberazione sopra ciascuno dei detti articoli, per l’autorità di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo e Nostra condanniamo e riproviamo e rigettiamo tutti e singoli i predetti articoli ed errori, rispettivamente eretici, scandalosi, falsi, offensivi delle pie orecchie, capaci di sedurre lo spirito dei semplici e contrari alla verità cattolica; e dichiariamo e definiamo che da tutti i Cristiani, di ambo i sessi, debbono essere ritenuti condannati, riprovati e rigettati.
[Il Papa stabilisce alcune pene spirituali e temporali – dalla scomunica maggiore, alla privazione di benefici e feudi, fino alla negazione della sepoltura ecclesiastica – chiunque, foss’anche Imperatore o Cardinale, affermi, difenda, predici, e favorisca i predetti errori]
Inoltre perché i suddetti errori e molti altri sono contenuti nei libelli e negli scritti di Martin Lutero: detti libelli e tutti gli scritti e prediche, in latino od in qualsiasi altra lingua, del nominato Lutero, nei quali vi sono i suddetti ed altri errori, similmente li condanniamo, riproviamo e del tutto rigettiamo e vogliamo che siano tenuti, in tutto e per tutto condannati, riprovati e rigettati. Comandiamo pertanto in virtù della santa obbedienza, e sotto le pene suddette, a tutti e i singoli i Cristiani, di ambo i sessi, sopra nominati, di leggere, predicare, lodare, stampare, pubblicare o difendere codesti scritti, libelli, predicazioni, carte o i capitoli, gli errori e gli articoli suddetti che vi sono contenuti, personalmente o tramite altri, direttamente o indirettamente, tacitamente o espressamente, pubblicamente o di nascosto; ed anche di tenerli in casa propria o d’altri, in luoghi pubblici od in privati. Comandiamo inoltre che dopo la loro pubblicazione gli Ordinari, fattane subito una diligente ricerca, pubblicamente e solennemente, sotto tutte e singole le pene suddette, alla presenza del clero e del popolo, li brucino.
Per quanto invero riguarda Lutero – oh buon Dio! – cosa abbiamo tralasciato, cosa non facemmo, cosa abbiamo omesso della paterna carità per ritrarlo da siffatti errori? Dopo averlo citato, volendo procedere con lui nel modo più mite possibile, lo abbiamo invitato, tanto con le diverse trattative avute con il Nostro Legato, quanto a mezzo di Nostre lettere, a dissociarsi dai predetti errori, o che venisse presso di Noi (avendogli dato anche un salvacondotto e del denaro necessario per il viaggio) senza paura, né timore alcuno (cose che la perfetta carità di Dio deve tener lontane) e, sull’esempio del nostro Salvatore e dell’Apostolo Paolo, ci parlasse non di nascosto, ma apertamente ed in faccia. Che se ciò avesse fatto, sicuramente (come riteniamo), ritornato in sé, avrebbe riconosciuto i priori errori, né nella Curia Romana, la quale tanto malevolmente insulta, non avrebbe trovato tante cose errate, ed gli avremmo insegnato il più chiaramente possibile, che i santi Romani Pontefici Nostri predecessori, i quali così smodatamente oltraggia, nei loro Canoni e nelle loro Costituzioni, che egli s’impegna ad offendere, non hanno mai errato. Poiché come dice il Profeta, “non c’è balsamo in Galaad, né manca il medico”.
Ma, ad onta di tutto ciò, egli sdegnò la citazione e rifiutò di venire, e fino ad oggi contumace, stette più di un anno sotto le censure, e, aggiungendo male a male, avuta notizia della citazione, ha temerariamente appellato al futuro concilio, contro le disposizioni di Pio II e di Giulio II, Nostri predecessori, dalle quali si apprende che a questi appellanti vadano pene imposte agli eretici. Inutile inoltre questo appello, poiché egli professa pubblicamente di non credere al Concilio. Pertanto, prescindendo da un’ulteriore citazione, potremmo procedere, in quanto sospetto notorio riguardo alla fede, alla sua condanna come eretico e alla severa imposizione di tutte e singole le suddette pene e censure.
Nondimeno, col parere dei Nostri fratelli, imitando la clemenza di Dio onnipotente, il quale non vuole la morte del peccatore, ma che egli si converta e viva, dimenticando tutti gli oltraggi fatti a Noi ed alla Sede Apostolica, abbiamo risolto di usare tutta la bontà possibile e di fare quanto sta in Noi perché per la via della misericordia egli ritorni in sé e si allontani dai suoi errori e Noi lo riceviamo con benevolenza come il figliuol prodigo che fa ritorno in seno alla Chiesa.
Perciò, Noi scongiuriamo lo stesso Martino e tutti i suoi aderenti, protettori e fautori, per le viscere della misericordia del nostro Dio e per il sangue del nostro Signore Gesù Cristo, in cui e per cui è stata realizzata la redenzione del genere umano e l’edificazione della Santa Madre Chiesa, Noi li esortiamo e scongiuriamo con lutto il cuore a cessare di turbar la pace, l’unità e la verità della Chiesa , per la quale lo stesso Salvatore ha pregato con sì vive istanze il Padre suo, e di astenersi interamente dai detti errori così perniciosi, sicuri di trovare in noi, se obbediranno realmente e ci daranno prove legittime della loro obbedienza, i sentimenti della carità paterna e l’aperta fonte della mansuetudine e della clemenza.
Proibiamo tuttavia da ora, per l’intanto, a Martino di cessare dalla predicazione.
Diversamente se casomai l’amore per la giustizia e per la verità non lo ritraggono dal peccato, ve lo potrebbe costringere il terrore della disciplina delle pene: con la presente richiamiamo Martino e i suoi aderenti, complici, fautori e fiancheggiatori e li ammoniamo in virtù della santa obbedienza, e sotto la pena di incorrere in tutte e singole le pene suddette comandiamo loro – concedendo sessanta giorni (una primo di termine di venti giorni, un secondo termine di altri venti e un terzo termine perentorio dei restanti venti) dal momento della affissione della presente nei luoghi infrascritti – di desistere dai proprio errori, dalla loro predicazione e dalla pubblicazione e dalla difesa e di bruciare i libri e gli scritti contenenti tutti e singoli o anche solo alcuni degli anzidetti errori.
Martino inoltre ritiri del tutto i siffatti errori ed asserzioni e della ritrattazione ci faccia certi attraverso una pubblica dichiarazione giuridicamente valida da consegnare a Noi, nello spazio di altri sessanta giorni, per le mani di due prelati, o personalmente (ci farebbe più piacere se volesse venire da Noi) col già citato pienissimo salvacondotto, affinché non permanga alcuno scrupolo sulla verità della sua obbedienza.
Se il nominato Martino e i suoi complici, fautori e fiancheggiatori, facessero – non sia mai! – altre cose, né adempissero nel termine di cui sopra tutto e singolarmente quanto detto dianzi, seguendo la dottrina dell’Apostolo che insegnò di evitare l’uomo eretico dopo la prima e la seconda correzione, condanniamo Martino e i suoi complici, aderenti, fautori e fiancheggiatori come tralci secchi che non rimangono uniti a Cristo: che insegnano una dottrina contraria alla fede cattolica, sua nemica, nonché scandalosa e condannata, ad onta non piccola della divina maestà e della Chiesa universale; che dogmatizzano la rovina della fede cattolica e lo scandalo; che vilipendono le chiavi della Chiesa. E dichiariamo, per l’autorità della Chiesa, che essi sono stati e sono eretici notori e pertinaci e come tali li condanniamo e tali vogliamo e comandiamo li ritengano tutti i Cristiani di ambo i sessi. E tutti e singoli li sottoponiamo alle suddette pene ed alle altre inflitte dal diritto e li dichiariamo e definiamo caduti nelle medesime.
[Il Papa conferma la condanna e i rogo dei libri di Lutero]
Ammoniamo inoltre tutti e singoli i cristiani, sotto pena di scomunica latae sententiae, di evitare e di far evitare, allo scadere del termine dei sessanta giorni, i suddetti dichiarati eretici e condannati per non ottemperare ai nostri comandi; e di non avere con essi rapporti, contatti e comunione, né di dar loro ciò di cui necessitano.
A maggior confusione di Martino e dei suoi complici, fautori, aderenti e fiancheggiatori suddetti, che saranno dichiarati e condannati come eretici dopo la scadenza del termine, comandiamo, sotto tutte e singole le pene suddette, a tutti i e singoli i Cristiani di ambo i sessi […] qualsiasi sia la dignità ecclesiastica o secolare di siano insigniti, che personalmente o a mezzo d’altri catturino il suddetto Martino e i suddetti suoi complici, fautori, aderenti e fiancheggiatori e, una volta catturati, li mandino a Noi, come richiediamo: ne otterranno, da Noi e dalla Sede Apostolica, remunerazione e degno premio. Espellano poi tutti e singoli i summenzionati – siano chierici, regolari o laici – dalle Metropolitane, Cattedrali, Collegiate e dalle altre chiese, casa, monasteri, conventi, città, domini, università, comunità, castelli, terre e luoghi.
Sottoponiamo all’interdetto ecclesiastico, per tutto il tempo della loro permanenza e fino a tre giorni dopo la loro partenza, le città, i domini, le terre, i castelli, i villaggi, le comunità, i fortilizi, le piazzeforti e i luoghi tutti con le loro rispettive Metropolitane, Cattedrali, Collegiate ed altre chiese, monasteri, priorati, case conventi e luoghi pii e religiosi di ogni ordine ove Martino o qualcuno dei summenzionati penseranno di ritirarsi.
E perché quanto si è detto sia a tutti noto, ordiniamo a tutti i Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi e altri Prelati di chiese patriarcali, metropolitane e collegiati, ai Capitoli e alle altre persone ecclesiastiche, secolari come regolari di ogni ordine, […] soprattutto della Germania, sotto pena di incorrere in pene e censure, di annunziare nelle loro chiese, di domenica o nei giorni festivi quando maggiore è l’affluenza del popolo alle divine funzioni, che Martino e tutti e singoli gli altri nominati che non avranno ottemperato ai nostri moniti e comandi nello spazio di tempo fissato, sono eretici e dispongano e comandino che anche altri lo annunzino e che tutti li evitino. E comandiamo di evitarli anche a tutti i Cristiani, allo stesso modo e sotto pena delle suddette pene e censure. Facciano leggere, affiggere e pubblicare la presente lettera o una sua copia nelle loro chiese, monasteri, case, conventi ed altri luoghi. Scomunichiamo ed anatematizziamo tutti e singoli e ogni stato, grado, condizione e dignità eminente ed eccellente, che procureranno, personalmente o per altri, pubblicamente od occultamente, indirettamente o direttamente, tacitamente od espressamente, di non leggere, affiggere e pubblicare nelle loro chiese, monasteri, case, conventi ed altri luoghi pubblicare la presente lettera o una sua copia.
[Vengono date indicazioni su dove affiggere pubblicamente la bolla]
Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro scritto di dannazione, riprovazione, decreto, dichiarazione, inibizione, volontà, comando, esortazione, preghiera, richiesta, ammonizione, assegnazione, concessione, condanna, sottomissione, scomunica e anatema. Se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.
Dato a Roma, presso san Pietro, il 15 giugno dell’anno dell’Incarnazione del Signore 1520, ottavo del Nostro Pontificato.
BOLLA DI SCOMUNICA
“Decet Romanum Ponteficem”
di Sua Santità Leone X
(Testo a cura di anonimo, raccolto da Piergiorgio Seveso)
La condanna e la scomunica di Martin Lutero, l’eretico, e dei suoi seguaci, gennaio 1521.
Preambolo
Per il potere conferitogli da Dio, compete per nomina e divina disposizione al Romano Pontefice gestire le pene spirituali e temporali come ogni caso solidalmente merita. Lo scopo di ciò è la repressione dei malvagi disegni di uomini fuorviati, che sono stati così affascinati dal loro degradato impulso verso fini malvagi da dimenticare il timore del Signore, da mettere da parte con disprezzo i canonici decreti e gli apostolici comandamenti, e di osare formulare nuovi e falsi dogmi e di introdurre il male dello scisma nella Santa Chiesa di Dio – o di supportare, aiutare e aderire a tali scismatici, che fanno un commercio del loro stracciare la tunica del nostro Redentore e l’unità della corretta fede. Quindi si addice al Pontefice, per timore che la nave di Pietro sembri navigare senza pilota o rematore, prendere severe misure contro tali uomini e i loro seguaci, e attraverso il moltiplicare misure punitive e attraverso altri opportuni rimedi fare in modo che questi stessi uomini prepotenti, dedicati come sono a fini malvagi, insieme ai loro aderenti, non debbano ingannare la moltitudine dei semplici con le loro menzogne ed i loro meccanismi ingannevoli, né trascinarli insieme a condividere il loro errore e la loro propria rovina, contaminandoli con ciò che equivale ad una contagiosa malattia. Si addice anche al Pontefice, dopo aver condannato gli scismatici, per evitare la loro ancora maggiore perdizione e confusione – pubblicamente,mostrare e dichiarare apertamente a tutti i fedeli cristiani come temibili sono le censure e le punizioni a cui la colpa può portare, acciocché attraverso una tale dichiarazione pubblica loro si possano rivolgere, in contrizione e rimorso, alla loro vera essenza, facendo un’ abiura incondizionata delle conversazioni proibite, ristabilendo comunione e (soprattutto) obbedienza a quanto detto nella precedente missiva ( la bolla Exsurge Domine n.d.r.), in questo modo essi possono sfuggire ai castighi divini, ed a qualsiasi grado di partecipazione alle rispettive loro condanne.
I
[qui il Santo Padre riassume la sua precedente bolla Exsurge Domine ]
II
Siamo stati informati che dopo che questa Nostra precedente missiva ( la bolla Exsurge Domine n.d.r.) Era stata esposta in pubblico e dal momento che l’intervallo o gli intervalli temporali di risposta prescrittivi sono trascorsi [60 giorni] – e con la presente notifichiamo solennemente a tutti i
cristiani fedeli che questi intervalli erano e sono trascorsi – molti di coloro che avevano seguito gli errori di Martino Lutero hanno preso atto della nostra missiva e dei suoi avvertimenti e ingiunzioni; lo Spirito di un sano consiglio li ha portati di nuovo in loro stessi, hanno confessato i loro errori e abiurato l’eresia come da Nostra istanza e, tornando alla vera fede Cattolica, hanno ottenuto la benedizione di assoluzione che quegli stessi messaggi erano stati autorizzati a concedere, e in diversi stati e località della detta Germania, i libri e gli scritti del suddetto Martino furono pubblicamente bruciati, come avevamo ingiunto.
Tuttavia lo stesso Martino, e ci dà grave dolore e turbamento il dire questo, lui lo schiavo di una mente depravata, ha disprezzato di revocare e rinnegare i suoi errori nell’intervallo prescritto e di inviarci anche una sola parola di revoca come da Noi paternamente richiesto, o di venire da Noi lui stesso, anzi , come una pietra d’inciampo, non ha temuto di scrivere e predicare cose peggiori di prima, contro di Noi e questa Santa Sede e la fede cattolica, e di guidare gli altri a fare lo stesso.
Ora viene solennemente dichiarato eretico, e così anche gli altri, qualunque sia la loro autorità e rango, che non hanno curato nulla della propria salvezza, ma pubblicamente e davanti gli occhi di tutti gli uomini diventano seguaci della perniciosa ed eretica setta di Martino, e coloro che hanno dato a lui apertamente e pubblicamente il loro aiuto, consiglio e favore, incoraggiandolo in mezzo a loro nella sua disobbedienza e ostinazione, o ostacolando la pubblicazione della nostra suddetta missiva: questi uomini sono incorsi nelle pene stabilite in tale missiva, e devono essere trattati legittimamente come eretici ed evitati da tutti fedeli cristiani, come dice l’Apostolo (Tito 3. 10-11).
III
Il nostro proposito è che tali uomini debbano legittimamente essere classificati alla stessa stregua di Martino e degli altri infausti eretici e scomunicati, e che proprio qualora si siano schierati con la stessa caparbietà nel peccare del suddetto Martino, loro parimenti condivideranno le sue punizioni ed il suo stesso nome, portando con loro ovunque il titolo (marchio) di “luterani” e le punizioni che esso comporta. Le nostre istruzioni precedenti erano così chiare e così efficacemente notificate e se ci si attiene così strettamente ai nostri presenti decreti e dichiarazioni, che non mancherà, avviso, prova o citazione. I Nostri decreti che seguono vengono rivolti contro Martino e gli altri che lo seguono nella caparbietà verso il suo scopo depravato ed esecrabile, come anche contro coloro che lo difendono e lo proteggono con una guardia del corpo militare, e coloro che non temono di sostenerlo con le proprie risorse o in qualsiasi altro modo, e coloro che hanno la presunzione di offrire e fornire aiuto, consiglio e favore verso di lui. Tutti i loro nomi, cognomi e grado – per quanto elevata e folgorante possa essere la loro dignità – vogliamo che siano considerati come inclusi in questi decreti con lo stesso effetto come se vi fossero elencati singolarmente e potrebbero esservi così elencati nella pubblicazione dei decreti, che deve essere favorita con un’energia pari all’altezza della forza suoi articoli.
Su tutti costoro noi decretiamo, dichiariamo, definiamo le sentenze di scomunica, di anatema, della nostra perpetua condanna e interdetto, di privazione della dignità, degli onori e delle proprietà sopra di essi e sopra i loro discendenti, e di inidoneità dichiarata per i beni stessi; della confisca dei loro beni e del delitto di lesa maestà: queste e le altre sentenze, censure e pene che vengono inflitte dal diritto canonico per gli eretici e che sono indicate nella nostra predetta missiva, decretiamo essere cadute su tutti questi uomini a loro dannazione.
IV
Noi aggiungiamo alla nostra presente dichiarazione, con la Nostra Autorità Apostolica, che gli stati, territori, campi, città e luoghi in cui questi uomini hanno temporaneamente vissuto o che gli è capitato di visitare, insieme con i loro beni – città che hanno cattedrali e sedi metropolitane,
monasteri e altre case religiose e luoghi sacri, privilegiati o non privilegiati – ognuno e tutti sono posti sotto il nostro interdetto ecclesiastico, mentre questo interdetto dura, nessuna pretesa di Indulgenza Apostolica (tranne nei casi consentiti dalla legge, e anche lì, per così dire, a porte chiuse e escluse quelle sotto la scomunica e interdetto), può essere invocata per consentire la celebrazione della messa e degli altri uffici divini. Noi prescriviamo e ingiungiamo che gli uomini in questione siano dappertutto da essere denunciati pubblicamente come scomunicati, infausti, condannati, interdetti, privi dibenie incapaci di possederli. Essi devono essere rigorosamente evitati da tutti i cristiani fedeli.
V
Vorremmo far conoscere a tutti il piccolo commercio malevolo che Martino e i suoi seguaci e gli altri ribelli hanno creato su Dio e la Sua Chiesa con la loro temerarietà ostinata e senza vergogna. Vogliamo proteggere il gregge da un animale infetto, per timore che la sua infezione si diffonda a quelle pecore sane. Quindi poniamo l’ingiunzione seguente ad ogni e ciascun Patriarca, arcivescovo, vescovo, ai prelati della cattedrale patriarcale, metropolitana, e alle chiese collegiate, e ai religiosi di ogni ordine, anche mendicante – privilegiato o non privilegiato – ovunque esso si trovi di stanza : che con la forza della fede e del loro voto di obbedienza e sotto pena della sentenza di scomunica, essi, se richiesto per l’esecuzione di questi presenti decreti, annuncino pubblicamente e facciano in modo che siano annunciati da altri nelle loro chiese, che lo stesso Martino e il suo seguito sono scomunicati, dannati, condannati, eretici, induriti, interdetti, privati di beni e incapaci di possederne, e così elencati nell’esecuzione di questi decretali. Tre giorni verranno concessi: noi pronunciamo un avvertimento canonico e concediamo un giorno di preavviso sul primo (avvertimento n.d.r.), un altro sul secondo, ma sul terzo decretiamo un’esecuzione perentoria e definitiva del nostro ordine. Questo avrà luogo di Domenica o in un giorno di festa, quando una grande moltitudine si riunisce per il culto. Il vessillo della croce deve essere sollevato, suonino le campane, le candele restino accese e dopo un certo tempo si spengano, si gettino a terra e si calpestino sotto i piedi, e delle pietre devono essere gettate via tre volte, e si facciano le altre cerimonie che sono solite essere osservate in tali casi. I cristiani fedeli, tutti, devono essere rigorosamente ingiunti di rifuggire quegli uomini.
Vorremmo ancora un’occasione in più per contrastare il suddetto Martino e gli altri eretici che abbiamo menzionato, e i loro seguaci e partigiani: da adesso, sulla forza della loro fede e del loro voto di obbedienza noi ingiungiamo ad ogni e ciascun Patriarca , arcivescovo e tutti gli altri prelati, che proprio in quanto sono stati incaricati con l’autorità di San Girolamo a dissipare scismi, così ora nella crisi attuale, come il loro ufficio li obbliga, devono ergere un muro di difesa per il loro popolo cristiano. Essi non devono tacere come cani muti che non possono abbaiare, ma incessantemente devono gridare e alzare la voce della predicazione e fare che sia predicata la parola di Dio e la verità della fede Cattolica contro gli articoli condannati ed eretici suddetti.
VI
Ad ogni rettore di chiese parrocchiali, ai rettori di tutti gli Ordini, anche mendicanti, privilegiati o non privilegiati, noi ingiungiamo negli stessi termini – sulla forza della loro fede e del loro voto di obbedienza – che sono designati dal Signore ad essere come le nubi, le quali cospargono piogge spirituali sul popolo di Dio – che non abbiano paura a dare la più ampia pubblicità alla condanna contenuta negli articoli suddetti, in quanto il loro ufficio li obbliga. È scritto che l’amore perfetto scaccia via la paura. Lasciate che ognuno di voi si assuma l’onere di tale dovere meritorio con devozione completa, mostratevi quindi puntigliosi nella sua esecuzione, così zelanti e ansiosi in
parole e opere, che dai vostri lavori, con il favore della grazia divina, venga l’auspicata raccolta , e che attraverso la vostra devozione non solo guadagniate quella corona di gloria che è la ricompensa dovuta a tutti coloro che promuovono la difesa della fede, ma anche otteniate da noi e la Santa Sede l’elogio sconfinato che la vostra diligenza si merita.
VII
Tuttavia, poiché sarebbe difficile consegnare la presente missiva, con le sue dichiarazioni e i suoi annunci, a Martino in persona e agli altri dichiarati scomunicati , a causa della forza della loro fazione, il nostro desiderio è che l’affissione pubblica della presente missiva sulle porte di due cattedrali – o entrambe metropolitane o una cattedrale e una metropolitana fra le chiese di Germania – da parte di un messo dei nostri in quei luoghi, abbia una tale efficacia vincolante che Martino e gli altri che abbiamo nominato, devono essere mostrati condannati in ogni punto in modo deciso, come se la missiva fosse stata portata personalmente a loro conoscenza e presentata a loro.
VIII
Sarebbe anche difficile trasmettere questa missiva in ogni singolo posto dove la sua pubblicazione potrebbe essere necessaria. Di qui il nostro desiderio e decreto autorevole è che le copie di esso,sigillate da qualche prelato ecclesiastico o da uno dei nostri messaggeri di cui sopra, e controfirmato dalla mano di qualche pubblico notaio, dovrebbe recare ovunque la stessa autorità come la proposizione e l’ esibizione dello stesso originale.
IX
Nessun ostacolo è concesso ai nostri desideri nelle costituzioni Apostoliche e nei decreti o in nulla nella nostra suddetta missiva precedente ( la bolla Exsurge Domine n.d.r.) che noi non vogliamo ostacolare, o da qualunque altro pronunciamento contrario.
X
Nessuno può, infrangere questa, o alcuna nostra decisione, scritto, dichiarazione, precetto, ingiunzione, assegnazione, volontà, decreto o avventatamente contravvenirli. Se qualcuno osa tentare una cosa del genere, sappia che incorrerà nella collera di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo. Noi abbiamo detto.
Dato a San Pietro, Roma, il 3 Gennaio dell’ anno del Signore 1521, anno VIII del Nostro Pontificato
