Ma Maria è la Madre della Verità.
di Don Mario Proietti (16 luglio 2025)
Viviamo in un’epoca in cui la realtà è diventata liquida e la verità, più che cercata, è suggerita, proposta, spesso imposta da un flusso continuo di immagini, slogan e titoli. Nel mondo dei social media, la distinzione tra ciò che è e ciò che appare si assottiglia fino a scomparire. E così, mentre scrolliamo distrattamente tra una foto e un video, ci viene silenziosamente insegnato come pensare. O peggio: cosa pensare.
Ciò che un tempo avrebbe richiesto studio, confronto e riflessione, oggi viene sostituito da un titolo breve, incisivo, visivamente efficace. Ma ingannevole. Perché l’apparenza di verità non è ancora verità. E la forma breve non è di per sé falsa, ma spesso taglia via le sfumature, i contesti, le contraddizioni, che invece sono il cuore stesso della realtà.
Facciamo un esempio concreto. Scorrendo i social network, può capitare di imbattersi in una serie di titoli fotocopia: “Trump è un bullo”, “Trump intimidisce la democrazia”, “Trump distrugge i valori”. Articoli che non sempre vengono letti, per pigrizia, mancanza di tempo, o per il semplice fatto che la lettura richiederebbe di cliccare su un link esterno, perdere la posizione nel feed, e rinunciare a quella fluida leggerezza con cui ci stiamo distraendo. Eppure, quei titoli bastano. Bastano a sedimentare una convinzione. L’idea, ripetuta, semplificata, reiterata, diventa prima percezione, poi opinione, infine “verità”.
È il passaggio insidioso dalla realtà percepita alla realtà accettata. E infine alla verità proclamata. Anche se magari l’articolo completo, a leggerlo davvero, smonterebbe quell’etichetta, la smentirebbe, o almeno ne ridimensionerebbe la portata. Ma chi ha tempo di leggere davvero? Chi ha voglia di pensare criticamente? Siamo sempre più “consumatori di convinzioni”, pronti a farci suggestionare da ciò che suona bene, più che da ciò che è vero.
Questa dinamica è antica, ma oggi si è affinata fino a diventare uno strumento potentissimo di indirizzamento culturale e politico. Senza censura, senza violenza, senza apparente autorità. Basta che un messaggio venga ripetuto da più fonti, con parole simili, nello stesso arco di tempo. E la nostra mente, affaticata da mille stimoli, si aggrappa a quella sintesi facile, pronta all’uso. “Trump è un bullo” diventa una verità implicita. Non più opinabile. Da lì, ogni discorso si muoverà per confermare quel pregiudizio.
Questo vale per la politica, ma anche per la teologia, per la morale, per i temi ecclesiali. Quante volte abbiamo visto uomini e donne di fede liquidati con una formula: “è un integralista”, “è un progressista”, “è un nostalgico”, “è un ribelle”. Etichette. Comode. E quasi sempre bugiarde.
La posta in gioco non è solo la correttezza dell’informazione, ma la libertà del nostro pensiero. Se ci abituiamo a recepire concetti attraverso slogan, rinunciamo alla fatica della verità. Se prendiamo per buono ciò che ci colpisce in un istante, smettiamo di essere responsabili di ciò che crediamo. Diventiamo creduloni digitali, manipolabili senza accorgerci.
Nel mondo antico, la verità era un percorso. “Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi”, diceva Gesù (Gv 8,32). Oggi la verità viene somministrata in formato fast food: piccola, veloce, saporita, ma dannosa a lungo andare. Perché ci toglie il gusto della ricerca, ci disabitua al dubbio fecondo, alla lettura paziente, alla comprensione profonda. E ci lascia soli con le nostre impressioni, credendole verità assolute.
In questo smarrimento, dove la mente si affatica e il cuore si spegne, abbiamo bisogno di una guida. E quella guida, nel cammino verso la verità, ha un nome dolcissimo: Maria. La Vergine del Carmelo è per noi rifugio di discernimento e scuola silenziosa di verità. In Lei, che ha custodito nel cuore ogni parola di Dio (Lc 2,19), impariamo la pazienza del pensiero, la fedeltà alla luce, la purezza dello sguardo.
La battaglia per la verità, oggi, si combatte prima di tutto nelle nostre menti e nei nostri cuori. Riconoscere come i “titoli senza verità” possano distorcere la percezione e farla diventare dogma è il primo passo per difendere la nostra libertà di pensiero e la nostra capacità di discernimento. Questo processo è fondamentale non solo per affrontare la complessità del mondo secolare, ma anche per custodire l’integrità della fede stessa.
Abbiamo visto, in una precedente riflessione, come certe derive del tradizionalismo possano scaturire proprio da una percezione distorta della realtà ecclesiale, trasformando l’amore per la Tradizione in un’ideologia esclusivista. Il rifiuto del sensus Ecclesiae a favore di un sensus sui, la trasformazione dello zelo in ideologia, la proiezione del dolore personale sulla teologia, il rifiuto della Croce presente e il delirio da élite: tutte queste dinamiche affondano le radici in una mentalità che privilegia la “verità percepita” rispetto alla “verità ricercata” e amata in comunione con la Chiesa.
La sfida allora è tornare a pensare. Leggere, indagare, dubitare, verificare. Uscire dalla superficialità dello scrolling, per entrare nella profondità dello sguardo cristiano sulla realtà. Un cristiano che non ragiona è un cristiano che ha smesso di cercare Dio, perché Dio è Verità, e chi Lo cerca davvero non si accontenta mai di una didascalia.
Rialzare lo sguardo, rallentare il passo, rieducare il cuore alla verità. Questo è il compito. Anche se costa. Anche se richiede tempo. Ma solo così la realtà smetterà di essere manipolata, e la verità tornerà ad essere amata.
E in questo compito, non siamo soli. Abbiamo una Madre. Santa Maria, Madre della Verità, insegnaci a pensare, a pregare, a discernere. Donaci la grazia di amare la verità più di noi stessi, e di camminare nella luce del tuo Figlio, unico Verbo che salva. Mentre il mondo urla titoli, Tu sussurraci la Parola. Mentre tutto si confonde, Tu custodiscici nel tuo manto. E mentre tanti si perdono nella percezione, guidaci Tu verso la verità che libera. Amen.
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