Gesù dice: Badate di non lasciarvi ingannare… sarete consegnati a causa mia, non temete. Lc.21,5-19

All’Angelus, il Papa invita a non lasciarsi vincere dalla paura di fronte a conflitti, calamità e persecuzioni “a causa di Cristo”. Ricorda che la persecuzione dei cristiani “non accade solo con le armi e i maltrattamenti, ma anche con le parole, cioè attraverso la menzogna e la manipolazione ideologica”. Tuttavia, chi confida in Gesù sa che i disastri e i dolori hanno una fine (e un fine) e che “la grazia di Dio è capace di trasfigurare perfino la violenza in segno di redenzione”

Facciamo nostre le parole di Papa Leone XIV sia all’Omelia di questa Messa, quanto alle parole pronunciate all’Angelus…

Cari fratelli e sorelle, le ultime domeniche dell’anno liturgico ci sollecitano a guardare la storia nei suoi esiti finali. Nella prima Lettura, il profeta Malachia intravede nell’arrivo del giorno del Signore l’ingresso nel tempo nuovo. Esso viene descritto come il tempo di Dio, in cui, come un’alba che fa sorgere un sole di giustizia, le speranze dei poveri e degli umili riceveranno dal Signore una risposta ultima e definitiva e verrà sradicata, bruciata come paglia, l’opera degli empi e della loro ingiustizia, soprattutto a danno degli indifesi e dei poveri.

Questo sole di giustizia che sorge, come sappiamo, è Gesù stesso. Il giorno del Signore, infatti, è non solo il giorno ultimo della storia, ma è il Regno che si fa vicino a ogni uomo nel Figlio di Dio che viene. Nel Vangelo, usando il linguaggio apocalittico tipico del suo tempo, Gesù annuncia e inaugura questo Regno: Lui stesso infatti è la signoria di Dio che si rende presente e si fa spazio negli accadimenti drammatici della storia. Essi, perciò, non devono spaventare il discepolo, ma renderlo ancora più perseverante nella testimonianza e consapevole che sempre viva e fedele è la promessa di Gesù: «Neppure un capello del capo perirà» (Lc 21,18).

Questa, fratelli e sorelle, è la speranza a cui siamo ancorati, pur dentro le vicende non sempre liete della vita. Anche oggi «la Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunciando la morte del Signore finché Egli venga» (Lumen gentium, 8). E, dove sembrano esaurirsi tutte le speranze umane, si fa ancora più salda l’unica certezza, più stabile del cielo e della terra, che il Signore non farà perire neanche uno dei capelli del nostro capo.

Nelle persecuzioni, nelle sofferenze, nelle fatiche e nelle oppressioni della vita e della società, Dio non ci lascia soli. Egli si manifesta come Colui che prende posizione per noi. Tutta la Scrittura è attraversata da questo filo rosso che narra un Dio che è sempre dalla parte del più piccolo, dalla parte dell’orfano, dello straniero e della vedova (cfr Dt 10,17-19)E in Gesù, suo Figlio, la vicinanza di Dio raggiunge il vertice dell’amore: per questo la presenza e la parola di Cristo diventa giubilo e giubileo per i più poveri, essendo Egli venuto per annunciare ai poveri il lieto annuncio e predicare l’anno di grazia del Signore (cfr Lc 4,18-19).


Più l’ora è buia, più la fede brilla
Un appello molto “attuale” quello di Cristo, osserva il Papa all’Angelus, considerando le “notizie di conflitti, calamità e persecuzioni che tormentano milioni di uomini e donne” ogni giorno.
Sia davanti a queste afflizioni, sia davanti all’indifferenza che le vuole ignorare, le parole di Gesù annunciano però che l’aggressione del male non può distruggere la speranza di chi confida in Lui. Più l’ora è buia come la notte, più la fede brilla come il sole.
Armi e manipolazione ideologica, strumenti di persecuzione
La testimonianza si misura proprio nell’ora della prova. E di prove sono pieni i racconti biblici.
La persecuzione dei cristiani, infatti, non accade solo con le armi e i maltrattamenti, ma anche con le parole, cioè attraverso la menzogna e la manipolazione ideologica. Soprattutto quando siamo oppressi da questi mali, fisici e morali, siamo chiamati a dare testimonianza alla verità che salva il mondo, alla giustizia che riscatta i popoli dall’oppressione, alla speranza che indica per tutti la via della pace.

ANGELUS 16.11.2025

Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Mentre l’anno liturgico volge al termine, il Vangelo di oggi (Lc 21,5-19) ci fa riflettere sul travaglio della storia e sulla fine delle cose. Poiché conosce il nostro cuore, Gesù, guardando a questi eventi invita anzitutto a non lasciarsi vincere dalla paura: «Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni – dice – non vi terrorizzate» (v. 9).

Il suo appello è molto attuale: purtroppo, infatti, riceviamo quotidianamente notizie di conflitti, calamità e persecuzioni che tormentano milioni di uomini e donne. Sia davanti a queste afflizioni, sia davanti all’indifferenza che le vuole ignorare, le parole di Gesù annunciano però che l’aggressione del male non può distruggere la speranza di chi confida in Lui. Più l’ora è buia come la notte, più la fede brilla come il sole.

Per due volte, infatti, Cristo afferma che “a causa del suo nome” molti subiranno violenze e tradimenti (cfr v. 12.17), ma proprio allora avranno l’occasione di dare testimonianza (cfr v. 13). Sull’esempio del Maestro, che sulla croce rivelò l’immensità del suo amore, tale incoraggiamento ci riguarda tutti. La persecuzione dei cristiani, infatti, non accade solo con le armi e i maltrattamenti, ma anche con le parole, cioè attraverso la menzogna e la manipolazione ideologica. Soprattutto quando siamo oppressi da questi mali, fisici e morali, siamo chiamati a dare testimonianza alla verità che salva il mondo, alla giustizia che riscatta i popoli dall’oppressione, alla speranza che indica per tutti la via della pace.

Nel loro stile profetico, le parole di Gesù attestano che i disastri e i dolori della storia hanno un termine, mentre è destinata a durare per sempre la gioia di coloro che riconoscono in Lui il Salvatore. «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (v. 19): questa promessa del Signore infonde in noi la forza di resistere agli eventi minacciosi della storia e ad ogni offesa; non restiamo impotenti davanti al dolore, perché Egli stesso ci dà «parola e sapienza» (v.15), per operare sempre il bene con cuore ardente.

Carissimi, lungo tutta la storia della Chiesa, sono soprattutto i martiri a ricordarci che la grazia di Dio è capace di trasfigurare perfino la violenza in segno di redenzione. Perciò, unendoci ai nostri fratelli e sorelle che soffrono per il nome di Gesù, cerchiamo con fiducia l’intercessione di Maria, aiuto dei cristiani. In ogni prova e difficoltà, la Vergine Santa ci consoli e ci sostenga.


 

Antifona d’ingresso – Dice il Signore:
«Io ho progetti di pace e non di sventura. Voi mi invocherete e io vi esaudirò: vi radunerò da tutte le nazioni dove vi ho disperso». (Cf. Ger 29,11-12.14)

Prima lettura – Ml 3,19-20
Sorgerà per voi il sole di giustizia. Dal libro del profeta Malachìa
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.
Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio.
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.
Parola di Dio

Seconda lettura – 2Ts 3,7-12
Chi non vuole lavorare, neppure mangi. Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi.
Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.
Parola di Dio

Vangelo – Lc 21,5-19
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita. Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro:
«Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Parola del Signore


ULTERIORI RIFLESSIONI

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
I discepoli ammirano l’architettura del tempio, così inizia il Vangelo di oggi.
Gli occhi di Gesù però si spingono più in là: egli vede la distruzione di Gerusalemme, i cataclismi naturali, i segni dal cielo, le persecuzioni della Chiesa e l’apparizione di falsi profeti.
Sono manifestazioni della decomposizione del vecchio mondo segnato dal peccato e dalle doglie del parto di nuovi cieli e di una terra nuova. In tutte le pressioni e le estorsioni esercitate sulla Chiesa, noi non dovremmo vedere qualche cupa tragedia, perché esse purificano la nostra fede e confortano la nostra speranza.
Esse sono altrettante occasioni per testimoniare Cristo. Altrimenti il mondo non conoscerebbe il suo Vangelo né la forza del suo amore.
Ma un pericolo più grande incombe su di noi: si tratta dei falsi profeti che si fanno passare per Cristo o che parlano in suo nome. Approfittando delle inquietudini e dei rivolgimenti causati dalla storia, i falsi profeti guadagnano alle loro ideologie, alle loro idee pseudo-scientifiche sul mondo e alle loro pseudo-religioni.
La vera venuta di Cristo (che non è millenarista o temporanea, ma sarà definitiva alla fine del mondo) sarà invece così evidente che nessuno ne dubiterà. Gesù incoraggia i suoi discepoli di ogni tempo a rimanere al suo fianco sino alla fine. Egli trasformerà tutte le infelicità, tutti i fallimenti e persino la morte del martire in risurrezione gloriosa e in adorazione.
Quante volte ci fermiamo ad ammirare le cose?
Il Vangelo di oggi si apre proprio così: gente che ammira il Tempio «ornato di belle pietre e di doni votivi». Non facciamo fatica a capirli. Lo facciamo anche noi. Magari non ammiriamo un tempio, ma ammiriamo la nostra nuova casa, la macchina appena comprata, il conto in banca che cresce, la nostra carriera che decolla. E guardando queste cose, pensiamo: “Ce l’ho fatta. Questo è solido. Questo durerà”.
E proprio lì, mentre siamo intenti ad ammirare le nostre sicurezze, arriva Gesù e, con una frase, fa crollare tutto: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». È un colpo duro.
Gesù non è un menagramo, è un realista. Ci dice: “Attenzione, state costruendo la vostra vita su cose che, prima o poi, crollano”. La salute crolla, i soldi finiscono, la fama svanisce. Su cosa stai davvero appoggiando la tua vita?
Come scriveva Sant’Agostino, “La perseveranza è il dono di Dio che ci fa restare in Dio”.
Non è uno sforzo umano, ma una grazia da chiedere ogni giorno: la fedeltà nelle piccole cose.
E ancora Agostino ricorda: “Non si può dire che uno persevera, se non resta fermo fino alla fine”.
Ammiriamo il tempio di pietra, i nostri progetti, le nostre stesse pastorali, ma ci dimentichiamo che la pietra più fragile è il nostro cuore se non “costruisce e non riposa in Dio”, nel suo progetto su di noi che è incrollabile..
Chi ci insegna questa perseveranza? Guardiamo a Maria. Lei è la Donna della perseveranza. Sotto la croce, il vero “tempio” – il corpo di suo Figlio – veniva distrutto pietra su pietra. I falsi profeti urlavano, i discepoli fuggivano. Tutto sembrava finito. E Lei? Lei rimase. Lei rimase lì, perseverando nel dolore e nella fede, Lei era lì a sostenere l’apparente ed incomprensibile progetto di Dio per la nostra salvezza.
Come scriveva Sant’Ambrogio, “Stabat Mater iuxta crucem” – “la Madre stava presso la croce”: ferma, fedele, forte nell’amore e che accoglieva dal Figlio morente la Maternità della Chiesa, di ognuno di noi.
Chiediamo a Lei, Vergine fedele, la grazia non di non avere problemi, ma di avere un cuore perseverante nel progetto di Dio per noi e non ai nostri progetti, capace di rimanere con Gesù anche quando tutto sembra crollare.
Così costruiremo la nostra vita non sulla sabbia delle illusioni, ma sulla roccia viva che è Cristo. Amen!


Condividiamo questa riflessione di Don Mario Proietti:

 
L’anno liturgico sta volgendo verso la conclusione. Oggi il Vangelo di Luca apre una scena limpida. Alcune persone mostrano a Gesù il tempio adornato di pietre splendide e doni votivi. Lo sguardo umano si posa sull’imponenza e sulla bellezza. Lo sguardo di Gesù scende nel cuore della realtà. Le sue parole rivelano l’inganno delle apparenze: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra”. La solidità visibile non coincide con la fedeltà invisibile. L’edificio religioso non garantisce la presenza di Dio né la docilità dell’uomo.
Questa pagina illumina il nostro tempo.
La Chiesa vive un intenso desiderio di rendere accessibili i propri spazi e le proprie iniziative. Molte energie convergono su progetti che valorizzano l’ascolto, la partecipazione, la prossimità. Nasce una struttura vasta, articolata, attiva.
Le “belle pietre” non sono solo quelle del tempio di Gerusalemme.
Oggi prendono la forma di linguaggi nuovi, tavoli di confronto, percorsi pastorali, programmi che cercano di accogliere ogni sensibilità. Ogni pietra racconta un’attenzione reale verso chi si affaccia alla vita ecclesiale.
 
Il Vangelo offre un criterio. La forza della casa di Dio non nasce dalle sue forme esteriori.
Cresce dalla verità che annuncia, dalla conversione che propone, dalla santità che genera.
La comunità cristiana non si comprende attraverso l’efficienza delle attività, ma attraverso il suo volto più profondo: il discepolo che vive dell’Eucaristia e della Parola, la Chiesa che educa alla vita nuova in Cristo, il popolo che cammina nella grazia.
 
Gesù continua il suo discorso ricordando che la storia attraversa guerre, rivoluzioni, terremoti, pestilenze. Le strutture vacillano. Le certezze umane si incrinano. Nel mezzo di questi eventi il discepolo non ricerca protezioni architettoniche. Vive di una promessa: “Io vi darò parola e sapienza”. La difesa del cristiano non nasce dalla potenza delle pietre, ma dalla fedeltà allo Spirito. Il mondo può scuotere tutto. La grazia custodisce ogni capello del capo.
 
La prova diventa occasione di testimonianza. I discepoli vengono trascinati davanti a re e governatori. La comunità cristiana entra nella storia con una voce che non dipende dall’applauso esterno.
La perseveranza conserva la vita. L’identità non si modella per piacere. Si modella per rivelare Cristo.
La casa di Dio mantiene la sua dignità originaria quando rimane fedele alla sua missione: guidare l’uomo alla verità, illuminare la coscienza, trasformare il cuore.
Il Vangelo si offre come misura per il nostro presente. Una Chiesa che cura le sue strutture senza perdere l’essenziale mostra il volto autentico del Signore. Una comunità che si lascia guidare dalla Parola diventa faro nelle tempeste. La casa di Dio risplende quando tutto parte da Cristo e tutto conduce a Lui. In questa fedeltà la Chiesa non si disperde. Diventa rifugio, sorgente e via.

Cos’altro possiamo dire sul tema di questa pagina? Ecco altre riflessioni utili.

CREDO! Mi fido. Mi affido.
Siamo alla fine dei tempi, che scoperta.
Dal tempo descritto da san Paolo: “Giunta la pienezza dei tempi Dio mandò il Suo Figlio nato da donna…”, da questi tempi della Incarnazione divina, della passione e morte, della resurrezione di Gesù l’unico Salvatore, siamo alla fine dei tempi, è cominciato il conto alla rovescia.
Nel senso che attendiamo la conclusione di questa scena, ma senza botti e catastrofi, piuttosto come la visione dell’innamorato che finalmente incontra la sua amata adorna come una sposa (Ap 21,1-11). E che ammira cieli nuovi e terra nuova.
Perché questo accadrà. Questo accade in questo tempo per chi, come noi, ha imparato a non farsi travolgere dal quotidiano ed alza lo sguardo.
In questa penultima domenica dell’anno liturgico Luca parla alla sua e alla nostra comunità degli ultimi tempi. Quelli che sono già iniziati.
Non parla della fine ma del fine. Non della clamorosa implosione del mondo ma del senso della storia.
A capirla e saperla leggere. Alla fine dell’anno parliamo del fine della realtà. Del senso di quello che (ci) sta accadendo. Luca sta evangelizzando una comunità perseguitata, impressionata dalla distruzione di Gerusalemme e del tempio, impaurita, dall’ondata di odio scatenata da Nerone.
Siamo perduti?, si chiedono i suoi parrocchiani, È la fine?
Non ve lo chiedete mai? Io sì.
Me lo chiedo ogni giorno quando ascolto la rassegna stampa alla radio. Me lo chiedo davanti agli scenari di guerra, non solo l’Ucraina o Gaza, ma anche gli altri 60 conflitti che non meritano le prime pagine. Me lo chiedo davanti ad una crisi energetica dove tutti, ormai, siamo interdipendenti.  Me lo chiedo davanti ai problemi economici di molte persone, di famiglie che non arrivano alla fine del mese, di anziani che vivono con il minimo della pensione. Me lo vedo girando sui social, me lo chiedo davanti all’impoverimento di linguaggio, di pensiero, che sta svuotando il nostro Occidente. E la Chiesa? che cosa sta accadendo? è sempre la stessa?
E se Dio si fosse sbagliato? E se la vita fosse davvero un coacervo inestricabile di luce e di tenebre che mastica e tritura ogni emozione e ogni sogno? Che peso hanno le nostre piccole comunità, travolte dalla rabbia, dalla violenza, dal vittimismo di un mondo sempre più contrapposto?
È la fine? Dobbiamo arrenderci?
Esagerato!?
Incontriamo qui due tipi di cristiani (non ci soffermeremo sugli indifferenti).
Quelli che imperterriti guardano alle belle pietre del tempio e ai doni votivi, dicendo che in fondo le cose non vanno poi così male e bisogna tenere duro rispetto ai “nemici della Chiesa, ai brontoloni” perchè si sentono sufficienti a se stessi, novelli superman che salveranno la Chiesa… e quelli che, invece, vedono il tempo presente come la fine del cristianesimo, e vivono con disagio e cupezza la profonda crisi che sembra avere colpito le nostre comunità europee, povere di fede e di speranza: è finita, dicono, non c’è più speranza, la Chiesa non c’è più.
È una questione di sguardi e di segni dei tempi, ma entrambi hanno torto, ci vuole più equilibrio.
Sentirsi i salvatori della Chiesa o fare le vittime, a rimpiangere ipotetici tempi d’oro, non serve a nulla.
Ora stiamo vedendo che davvero siamo diventati una minoranza.
Le chiese ci sono ancora e le feste e i simboli.
Ciò che manca è la fede. Il fuoco dell’Amore. La passione. La Verità stessa.
Il cristianesimo, in Italia, sta diventando un pacco ben confezionato, arricchito di tante pastorali che in buona fede vengono confezionate ogni anno, ma con risultati davvero scarsi, inutili se non peggiorativi in alcuni casi. Insomma, diciamocelo onestamente, un cristianesimo vuoto.
Allora si grida al mondo nemico e crudele, come se ai tempi di Gesù ed anche dopo, tutto andasse liscio. Si vagheggia di ritorni al passato, come se fosse possibile cancellare la storia, come se fosse utile cancellare ciò che la Chiesa stessa con i Santi, i Padri, i Dottori ha insegnato e dato testimonianza.
Forse dovremmo, semplicemente, fidarci di Dio. E credere, finalmente, che davvero il Signore ha stabilito un progetto e che sarà portato a termine, nonostante “noi”.
Il Signore fa nuove tutte le cose, in ogni tempo, non ce ne accorgiamo?
Alziamo lo sguardo!
Nessuna catastrofe, dice Gesù, state calmi, ci sono eventi che sono necessari, ci saranno gli scandali “necessari” affinchè possiate fare discernimento, comprendere, ma sarò sempre io – ci rammenta Gesù – al timone della barca sballottata dalle tempeste dei tempi.
E, sorridendo, il Maestro ci dice: cambia il tuo sguardo. Cambia te stesso. CONVERTITI A ME.
Guarda al Regno che avanza, nonostante il male che esiste, nei cuori di molta gente, timido, discreto, pacifico, disarmato. Guarda a te stesso, fratello mio, a quanto il Signore è riuscito a compiere in tutti gli anni della tua vita, nonostante tutto. Guarda col mio cuore e fallo tuo questo pensare Bene. Non a caso Gesù ci dice: rimanete NEL MIO AMORE e non nel vostro, questo fa la differenza.
Guarda e non ti scoraggiare.
Di più: la fatica può essere l’occasione di crescere, di credere.
La fede si affina nella prova, nella sofferenza, sul proprio Calvario, sul Golgota, diventa più trasparente, il tuo sguardo si rende più trasparente, diventi testimone di Dio quando ti giudicano, diventi santo davvero e non te ne accorgi, ti scopri credente, forse proprio come il Buon Ladrone sulla Croce!
Se il mondo ci critica e ci giudica, se ci attacca, non mettiamoci sulle difensive, non ragioniamo con la logica di questo mondo: affidiamoci allo Spirito Santo.
Quando il mondo parla troppo della Chiesa, la Chiesa deve parlare maggiormente di Cristo!
E del suo magnifico Progetto di salvezza. Un Dio che sa. Che conosce. Che conta i capelli del tuo capo. Che non ci abbandona. Che non lascia vacante la Sede di Pietro.
Ancora non ti fidi?
Mannaggia!!
Questo accade quando si preferisce crogiolarsi nelle nostre vere o presunte disgrazie, preferiamo lamentarci di tutto e di tutti, vivendo nella rabbia cronica, nel falso zelo, dimenticando la tolleranza che dobbiamo alla zizzania.
Preferiamo cento volte lamentarci del mondo brutto sporco e cattivo, dei nemici della Chiesa, ed eventualmente costruirci una piccola setta cattolica molto devota in cui ci troviamo bene, al sicuro, magari pregando come il fariseo contro il pubblicano, il cattivone di turno.
Preferiamo fare a modo nostro, accipicchia! come se Gesù avesse perso la battaglia, la Chiesa fosse già finita e così corriamo dietro ai falsi profeti, ai falsi maestri che ci dicano ciò che vogliamo sentirci dire.
In verità si fa più fatica a dover cambiare noi stessi. La scena della Tempesta sedata è lì a ricordarcelo.
E allora! se proprio devo fare come vuoi tu, Signore, allora libera il mio cuore dal peso del peccato, dall’incoerenza profonda, dalla tristezza, dall’autosufficienza,  dalla tendenza all’autolesionismo che mi contraddistingue e rendimi libero, in attesa del tuo Regno, con fede nella Tua Barca.
Alla fine, Signore, aiutami tu a non pensare che sia la fine che intende il mondo che non ti conosce o non vuole conoscerti, convertirsi a Te.
Ma aiutami a trovare il fine di tutto questo.
Il mondo sta precipitando nel caos soprattutto a causa delle leggi inique che continua ad emanare contro di Te, ma fra le tue braccia per un abbraccio infinito e definitivo d’amore, io non dispero! Tu hai il timone della Barca, Tu sei il Salvatore, Tu hai già vinto il mondo.
Forse convertirmi, credere, prenderti sul serio è la mia salvezza, e togliamo anche quel “forse”
Aiutami, perchè spesse volte davvero non capisco il Tuo progetto, non comprendo certi eventi. Ma mi fido di Te. Mi affido a Te. Credo in Te.


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