L’infallibilità papale non è infallibilismo (parte seconda)

La Chiesa, risponde il Benson nel suo capolavoro profetico Il Padrone del mondo, un testo consigliato persino da Papa Francesco, è umana e divina insieme.

Come affermava sant’Agostino: “errare potero, haereticus non ero”, ossia “posso sbagliare (sbagliarmi) ma non sarò eretico”, per distinguere l’errare per umana debolezza, per fragilità di carattere, per ignoranza, ecc… dall’eresia vera e propria che nasce e si sviluppa in contesto volontario, conoscitivo, denigratorio, fino al punto dal voler cambiare la fede apostolica; l’errore è ammesso ma non è ammesso alcun tentativo di divisione e divisore.

0035-infallibilismo-2_56225c4843418Così leggiamo dalla presentazione: Essendo umana «essa risiede fra i regni di questa terra, i quali, almeno ai giorni nostri sono costituiti su basi esclusivamente umane. Uomini di governo e re, ai tempi presenti, non fondano la loro politica su considerazioni soprannaturali; il loro obiettivo è di governare i propri sudditi, di promuovere la pace e l’unione fra essi, di dichiarare la guerra a chi vi attentasse, seguendo criteri unicamente basati su princìpi naturali».

Se la Chiesa fosse soltanto una istituzione puramente umana potrebbe accordarsi con le altre istituzioni mondane, assecondando i loro tentativi di pacificazione e di benessere materiale, come nel presente romanzo farà il potente Felsenburgh incarnazione dello spirito del mondo. Ma la Chiesa è anche divina. «Essa non considera il mondo come principio e fine di ogni cosa; al contrario, mette risolutamente il regno di Dio innanzi a quello del mondo e la pace di Dio innanzi all’armonia degli uomini, Perciò, ogni qualvolta i suoi princìpi soprannaturali vengono in conflitto coi principi naturali, essa si vede costretta a divenire occasione di discordia».

Nel romanzo profetico del Benson pare che il mondo abbia raggiunto la sua pace e la sua felicità fuori del Cattolicesimo, anzi a dispetto di tutte le religioni, ma la sua pace è un quietismo mortificante, la sua felicità è puramente naturale. Il mondo è ridotto come un corpo senza più anima, o per lo meno pronto a espellere totalmente, dal suo complesso, l’anima. Ma quando l’anima parte dal corpo, il corpo muore. La pace e la felicità promosse dallo spirito del mondo non possono durare. É illusione del mondo che perisce.

Solo i veri cristiani, raccolti nella legittima Chiesa, un piccolo ed esiguo gregge superstite, sanno che la pace e la felicità naturali, ottenute mediante l’astuta politica del Felsenburgh non sono segni di vita, ma annunci di morte. La pace del mondo è labile; la felicità nel tempo è transitoria. «Noi desideriamo la pace sopra ogni cosa – dice il Benson nel suo sermone – ma la pace di Dio, non quella pace che il mondo, dal momento che può dare, può anche ritogliere, non la pace che dipende dall’armonia della natura con la natura, ma della natura con la Grazia!».

E conclude con spietata sincerità: «Fino a che il mondo o una contrada, o una famiglia o anche una sola anima individuale, si fonderà su principi naturali discordanti dai divini, la religione soprannaturale cattolica porterà non pace, ma guerra. E questo avverrà fino alla fine del mondo, fino alla catastrofe di Armageddon che lo distruggerà».


Non vogliamo tirarla per le lunghe, chi la vuole capire la capisca, dopo aver seguito anche la – prima parte, vedi qui – del discorso “Il ruolo del Papa, Vicario di Cristo.

Ciò che ci preme qui ora è chiarire il concetto di infallibilità papale a ridosso di una idolatria bergogliana che non ha riscontri passati neppure in quei tempi in cui il beato Pio IX, invocato come “papa re”, si guardava bene dal farsi idolatrare dai media del suo tempo e dagli stessi fedeli, accusando persino un certo fastidio ed imbarazzo davanti a quel termine il quale non piaceva neppure a Don Giovanni Bosco.

La Chiesa non è dunque una istituzione puramente umana, è proprio questa differenziazione da ogni istituzione umana e di Cesare a garantirle quella che chiamiamo, persino come dogma, infallibilità papale. Su tale infallibilità si sono scatenati grandi menti del nostro tempo e da cinquant’anni a questa parte tutti – in buona fede o meno – a sviscerare questo termine, sezionarlo in millesime parti pur di cercare in qualche modo o di screditare il Papa (leggasi i tradizionalisti estremi o i sedevacantisti), sia dall’altra parte, quella modernista, per attribuire ogni ragione al Papa, anche il più elementare starnuto trasformato in nuovo dogma infallibile, da parte di chi, oggi per esempio, ha fatto del Papa un feticcio di adorazione, una icona intoccabile.

A questo neppure Benson nel suo profetico romanzo c’era arrivato, nessuna mente cristiana pura avrebbe potuto pensare o immaginare un Pontificato nel quale l’infallibilità sarebbe stata imposta a prescindere dalla ragione e a prescindere da ogni logica dottrinale diventando infallibilismo. O che addirittura un Papa, in nome della pastorale, non intendesse più difendere la dottrina, o dichiarasse “farisei e rigidi” coloro che lo avrebbero fatto al suo posto.

0035-infallibilismo-3_56225d78414b4Noi è un appello che vorremo lanciare da qui, una supplica al Santo Padre, ma anche un invito a quanti del Papa stesso ne hanno fatto icona di infallibilità. Siamo arrivati al punto che qualunque cosa dica il Papa o faccia, è infallibile a prescindere, è infallibile perché è Papa “Francesco”.

Il punto è che la definizione dogmatica sulla infallibilità la conoscono in pochi e molti altri hanno talmente sviscerato il termine da rendere più complessa la comprensione dottrinale.

Il dogma dell’infallibilità papale (o infallibilità pontificia) afferma che il papa non può sbagliare quando parla ex cathedra, ossia come dottore o pastore universale della Chiesa (episcopus servus servorum Dei). Dunque, il dogma vale solo quando si esercita il ministero petrino proclamando un nuovo dogma o definendo una dottrina in modo definitivo come rivelata, o quando il papa insegna sull’etica e sulla morale da tenersi in campo sociale, rifacendosi appunto alla dottrina della Chiesa (cfr. Ad tuendam fidem di Giovanni Paolo II) (1).

Molti da una parte nominano solo la Pastor Aeternus, documento con il quale il Concilio Vaticano I dogmatizzava una volta per tutte l’infallibilità papale e il primato petrino, così come molti altri dal versante opposto quello modernista, oggi diremo anche di una frangia di cattolici idolatrici della figura del Pontefice, lo usano per definire infallibile ogni gesto del Papa “più bello e simpatico della nutrita schiera dei papi”, facendo dell’infallibilità un nuovo dogma, quello dell’infallibilismo. Ma il punto è che pochi o nessuno fra questi ultimi cita un Documento assai utile a capire la situazione: Il primato del successore di Pietro nel mistero della Chiesa.

Un testo voluto da Giovanni Paolo II e per il quale incaricò l’allora Prefetto della CdF il cardinale Ratzinger, dopo la pubblicazione degli Atti di un simposio voluto sempre dal Papa tra il 1996 e il 1998.

Scrive Ratzinger in questo testo voluto e approvato da Giovanni Paolo II: “L’esercizio del ministero petrino deve essere inteso — perché « nulla perda della sua autenticità e trasparenza » — a partire dal Vangelo, ovvero dal suo essenziale inserimento nel mistero salvifico di Cristo e nell’edificazione della Chiesa. Il Primato differisce nella propria essenza e nel proprio esercizio dagli uffici di governo vigenti nelle società umane: non è un ufficio di coordinamento o di presidenza, né si riduce ad un Primato d’onore, né può essere concepito come una monarchia di tipo politico.

Il Romano Pontefice è — come tutti i fedeli — sottomesso alla Parola di Dio, alla fede cattolica ed è garante dell’obbedienza della Chiesa e, in questo senso, servus servorum. Egli non decide secondo il proprio arbitrio, ma dà voce alla volontà del Signore, che parla all’uomo nella Scrittura vissuta ed interpretata dalla Tradizione; in altri termini, la episkopè del Primato ha i limiti che procedono dalla legge divina e dall’inviolabile costituzione divina della Chiesa contenuta nella Rivelazione. Il Successore di Pietro è la roccia che, contro l’arbitrarietà e il conformismo, garantisce una rigorosa fedeltà alla Parola di Dio: ne segue anche il carattere martirologico del suo Primato….”

Si deduce da ciò che l’infallibilità papale è soggetta al dato oggettivo che:

a. il papato non è “un ufficio di coordinamento o di presidenza”, non è un primato d’onore, non è una forma monarchica, non agisce come agiscono i governi laici e politici;

b. il papa è “sottomesso” (badate bene all’uso del termine sottomesso) alla Parola di Dio, alla fede cattolica alla Scrittura interpretata dalla Tradizione perciò – se sottomesso a ciò – è garante di questa obbedienza della Chiesa e non decide pertanto “secondo il proprio arbitrio”;

c. tale primato, e perciò questa infallibilità è soggetta a dei limiti che “procedono dalla legge divina”;

d. Pietro è la roccia contro “l’arbitrarietà e il conformismo, garantisce una rigorosa fedeltà alla Parola di Dio”, per questo il suo destino è il martirio….

Di conseguenza, quando un Pontefice (a prescindere da chi sia in quel momento il papa) agisce dicendo che la dottrina non è messa in discussione, ma di fatto usa la pastorale per aggirarla, egli non agisce più infallibilmente, ma arbitrariamente non garantendo più “la rigorosa fedeltà alla Parola di Dio”…

Quando un Pontefice insiste anche troppo a parlare di pastorale misericordiosa sostenendo che “la dottrina non c’entra, non cambia, nessuno la tocca”, di fatto la stacca, la sta separando e da questa separazione non può venire altro che una pastorale con la quale si faranno passare molte delle cose che la dottrina vieta.

E non parliamo di supposizioni, ma di fatti che si stanno verificando ogni giorno.

L’infallibilità papale è tale solo se nel magistero papale si insegnano: ” anche tutte e singole le cose che vengono proposte definitivamente dal magistero della Chiesa circa la fede e i costumi, quelle cioè che sono richieste per custodire santamente ed esporre fedelmente lo stesso deposito della fede; si oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi definitivamente (Giovanni Paolo II – vedi sempre Nota 1).

0035-infallibilismo-1_562260798b47eLo riaffermava del resto Benedetto XVI nel maggio 2005 quando, nell’insediamento a Vescovo di Roma sulla Cattedra romana diceva:

“Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo…”.

Il Papa dunque, e QUALUNQUE PAPA, non può proclamare le proprie idee, specialmente non può imporle e non può usare una pastorale che le imponga quando, soprattutto c’è il pericolo di dissociare la pastorale dalla dottrina, in questo caso il Papa PERDE LA SUA INFALLIBILITA’ la quale gli è data perché è il garante della dottrina. Ma se il papa non fa più il garante della dottrina e con la pastorale la aggira, allora non è più infallibile, ma non perde il pontificato, risponderà a Dio da Pontefice del suo operato, sarà la Chiesa a doversi pronunciare sul suo operato, non noi, nessuno può farlo o delegittimarlo e noi dobbiamo pregare per il Papa e contribuire alle giuste critiche:

Codice di Diritto Canonico (212.3)

  • §3. “In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi [i fedeli] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità delle persone“.

Continua infatti Benedetto XVI in quella omelia del 7 maggio 2005, andate a controllare:

“Il Papa è consapevole di essere, nelle sue grandi decisioni, legato alla grande comunità della fede di tutti i tempi, alle interpretazioni vincolanti cresciute lungo il cammino pellegrinante della Chiesa. Così, il suo potere non sta al di sopra, ma è al servizio della Parola di Dio, e su di lui incombe la responsabilità di far sì che questa Parola continui a rimanere presente nella sua grandezza e a risuonare nella sua purezza, così che non venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode…”

Si mettano l’anima in pace tutti gli spiriti bergogliani o bergogliosi, fate voi…, la finiscano con la ridicola litania del “siete contro il papa”, non è amare un pontefice quando lo si ADORA perversamente ingannandosi sulla realtà delle discordanze evidenti che stiamo vivendo!

Supplichiamo il Papa piuttosto di tornare ad essere magistralmente il garante della dottrina contro tutte le derive che, quali figli e membra della Chiesa, stiamo subendo da cinquant’anni ad oggi. Abbia il coraggio di condannare le eresie di Rahner e di altri.

Venendo a fatti concreti dei nostri giorni, ecco un esempio che appare di un interesse particolare e riportato da Marco Tosatti: “L’incertezza sull’esito di queste tre settimane di negoziati è resa ancora maggiore dal fatto che nel Residence del Vaticano, Santa Marta, ha luogo una specie di Sinodo parallelo: papa Francesco si incontra con partecipanti al Sinodo e con ospiti esterni per parlare con essi individualmente. Alla fine toccherà al Papa prendere una decisione sulle questioni ancora aperte e comunicare la sua decisione all’intera Chiesa in un testo conclusivo. Questo, comunque, è per ora il più grande interrogativo che incombe sull’intero Sinodo” (vedi qui la fonte)

Sia bene inteso il papa questo può farlo eccome…. ciò che a noi interessa è cosa dirà alla fine il papa: si atterrà alla dottrina o userà la pastorale per modificarla nella prassi? A breve lo sapremo e noi vi anticipiamo che siamo certi, il Papa non ci deluderà, ma in caso malaugurato vincesse la pastorale modernista, nessuno sarà tenuto più ad obbedire alla “nuova” pastorale del Pontefice, o può obbedirgli mettendo avanti alla pastorale o insieme la dottrina.

Attenzione, questo non significa affatto “disobbedire” al papa, come pensano gli “infallibilisti”, no!

Al papa gli si vuole bene e lo si obbedisce nella dottrina, ma laddove imponesse una pastorale contraria alla dottrina, il cattolico deve obbedire a Cristo che sull’argomento ha parlato eccome e la Chiesa l’ha inciso indelebilmente nella Tradizione dottrinale, nel Depositum Fidei. Non significa perciò “abbandonare o uscire” dalla Chiesa, giammai!! Si continua a rimanere saldamente in Essa, avendo come Padre il Pontefice, ma perseguendo la dottrina del Vangelo e per questo, semmai, dovremo subire accuse di scomunica… questo ci insegna il caso di sant’Atanasio e di tutti i Santi che furono “perseguitati” dall’interno della Chiesa.

E del resto non lo diciamo solo noi, ecco le parole proprio di questi giorni, del Papa che ha ricordato ai Vescovi: «… il cammino sinodale culmina nell’ascolto del Vescovo di Roma, chiamato a pronunciarsi come «Pastore e Dottore di tutti i cristiani»: non a partire dalle sue personali convinzioni, ma come supremo testimone della fides totius Ecclesiae, garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa… ».

Ed ancora ha detto: «… ho sottolineato come il Popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile “in credendo”, aggiungendo che ciascun Battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del Popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni… Il sensus fidei impedisce di separare rigidamente tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens, giacché anche il Gregge possiede un proprio “fiuto” per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa» (Papa Francesco Discorso ai Vescovi 17 ottobre 2015)

Ricordare le sue stesse parole affinché abbiano poi una valenza nell’applicazione, non significa non amare Papa Francesco, al contrario.

0035-infallibilismo-4_562261a436b2fE senza vantare alcuna nostra bravura che siamo infinitamente peccatori e soffriamo davanti a quanto sta accadendo, riportiamo però il severo monito che Santa Ildegarda, Dottore della Chiesa, scrisse al papa Anastasio IV rimproverandolo apertamente, e noi lo facciamo nostro e lo rivolgiamo con vero e sincero affetto filiale, oggi, a papa Francesco:

«O uomo accecato dalla tua stessa scienza, ti sei stancato di por freno alla iattanza dell’orgoglio degli uomini affidati alle tue cure, perché non vieni tu in soccorso ai naufraghi che non possono cavarsela senza il tuo aiuto? Perché non svelli alla radice il male che soffoca le piante buone?… Tu trascuri la giustizia, questa figlia del Re celeste che a te era stata affidata. Tu permetti che venga gettata a terra e calpestata… Il mondo è caduto nella mollezza, presto sarà nella tristezza, poi nel terrore… O uomo, poiché, come sembra, sei stato costituito pastore, alzati e corri più in fretta verso la giustizia, per non essere accusato davanti al Medico supremo di non aver purificato il tuo ovile dalla sua sporcizia!… Uomo, mantieniti sulla retta via e sarai salvo. Che Dio ti riconduca sul sentiero della benedizione riservata ai suoi eletti, perché tu viva in eterno!» (2)

Santità, non ascolti noi che non siamo nulla, ma non dimentichi cosa hanno scritto i Santi ai Pontefici del proprio tempo e si liberi dei cortigiani, di quelli che l’applaudono ad ogni starnuto, di quelli che di lei ne hanno fatto una icona pastorale contro la dottrina, un misericordioso perfino più grande di Gesù Cristo il quale ha detto senza mezzi termini: «….. chi non crederà sarà condannato….» (Mc.16,15-16).

Sia lodato Gesù Cristo +


Note

1) Ad tuendam fidem, per difendere la fede: Can. 750 – § 1. Per fede divina e cattolica sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell’unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione dei fedeli sotto la guida del sacro magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria.

§ 2. Si devono pure fermamente accogliere e ritenere anche tutte e singole le cose che vengono proposte definitivamente dal magistero della Chiesa circa la fede e i costumi, quelle cioè che sono richieste per custodire santamente ed esporre fedelmente lo stesso deposito della fede; si oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi definitivamente.

2) dal libro di Padre P. Dumoulin “Ildegarda di Bingen” profeta e dottore per il terzo millennio –


San Tommaso d’Aquino e l’infallibilità del Romano Pontefice

Il 18 luglio ricorrono gli anniversari di due importantissimi eventi: la proclamazione del dogma dell’infallibilità pontificia (1870) e la canonizzazione di Tommaso d’Aquino (1323). Offriamo quindi ai Lettori alcuni testi del Dottore Angelico su questa fondamentale verità della fede cattolica.

Si legge nella Summa contra Gentiles (l. 4, c. 76): “All’unità della Chiesa è richiesto che tutti i fedeli si accordino nella fede. Riguardo poi a ciò che riguarda la fede, può capitare che sorgano questioni; ma per la diversità delle sentenze la Chiesa si dividerebbe, se non fosse conservata nell’unità per la sentenza di uno solo. È dunque richiesto per conservare l’unità della Chiesa che ci sia uno solo che presieda a tutta la Chiesa. È manifesto poi che Cristo non viene meno alla Chiesa nelle cose necessarie, lui che l’amò e per essa versò il suo sangue, come si dice della sinagoga per bocca del Signore: “Che cosa avrei dovuto fare ancora alla mia vigna che non ho fatto?” (Isaia 5, 4). Non si deve dunque dubitare che per ordinazione di Cristo uno solo presieda a tutta la Chiesa”.
Da questa testimonianza appare:
 come l’Angelico congiunga la questione dell’unico supremo principe nella Chiesa con la questione dell’unico supremo giudice infallibile;
 come secondo San Tommaso questa infallibilità sia assolutamente necessaria per conservare l’unità della fede, perché potendo sorgere questioni rispetto a ciò che riguarda la fede, per la diversità delle sentenze la Chiesa si dividerebbe, se non fosse conservata nell’unità per la sentenza di uno solo;
3° come quello stesso uno solo che per ordinazione di Cristo presiede a tutta la Chiesa, e che è il Romano Pontefice, secondo lo stesso San Tommaso … sia colui per la cui unica sentenza devono essere definite le questioni che possono sorgere riguardo a ciò che concerne la fede.

Né alcuno dica che San Tommaso debba intendersi del Papa con il Sinodo, infatti, oltre al fatto che né nella testimonianza riportata, né in tutto il Capitolo si trova neppure una parola sul Sinodo, appare essere del tutto falso per il fatto che, così come afferma in modo assoluto: È dunque richiesto per conservare l’unità della Chiesa, che ci sia uno solo che presieda a tutta la Chiesa; così afferma in modo assoluto: è richiesto che tutti i fedeli si accordino nella fede. Riguardo poi a ciò che riguarda la fede, può capitare che sorgano questioni, ma per la diversità delle sentenze la Chiesa si dividerebbe, se non fosse conservata nell’unità per la sentenza di uno solo. Così dunque il papa da solo secondo San Tommaso e non con il Sinodo, né con nessun altro, presiede a tutta la Chiesa; così il papa da solo, non con il Sinodo, né con alcun altro, definisce le questioni sorte riguardo alla fede.

La seconda testimonianza pertinente al nostro argomento è tratta da Summa Theologiae 2a 2ae, q. 1, a. 10 in cui indaga: “Se spetti al Sommo Pontefice ordinare il Simbolo della fede” E risponde: “Si deve dire che una nuova edizione del Simbolo è necessaria per evitare gli errori che insorgono. Spetta dunque all’autorità del Sommo Pontefice l’edizione del Simbolo, alla cui autorità spetta finalmente determinare ciò ciò che riguarda la fede, affinché sia tenuto da tutti con fede incrollabile: questo pertiene all’autorità del Sommo Pontefice, a cui sono deferite le questioni maggiori e più difficili della Chiesa … Onde anche il Signore in Luca, 22 disse a Pietro, che costituì Sommo Pontefice: “Io ho pregato per te, Pietro, affinché non venga meno la tua fede, e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. E la ragione di ciò è: perché deve esserci una sola fede di tutta la Chiesa, secondo 1Cor. 2: “Dite tutti la stessa cosa, e non vi siano scismi tra voi”, il che non potrebbe essere osservato se la questione di fede sorta dalla fede non fosse determinata da colui che presiede a tutta la Chiesa, affinché così la sua sentenza sia tenuta da tutta la Chiesa. E perciò spetta alla sola autorità del Sommo Pontefice la nuova edizione del Simbolo, così come tutte le altre cose che spettano a tutta la Chiesa, come convocare un Sinodo generale e altre simil”.

Raimondo Bianchi, De constitutione monarchica ecclesiae et de infallibilitate
Romani pontificis juxta D. Thomam Aquinatem ejusque scholam
in ord. praedioatorum, Roma, 1870, pp. 36-38.


Le ragioni dell’infallibilità del Papa: l’unità della Chiesa

Un capitolo dell’opera De’ Concilii Ecumenici e Del Concilio Vaticano (Roma, 1869) scritta dal valente teologo calabrese Luigi Vaccari, benedettino cassinese, allora Parroco della Patriarcale Basilica Ostiense, e poi Vescovo di Sinope in partibus infidelium e coadiutore del Vescovo di Nicotera e Tropea (1871-1887).

Tra le principali ragioni che militano a pro dell’infallibilità dommatica del Papa, due, se non andiamo errati, sono le cardinali, le quali si ricavano dal primato del medesimo Pontefice, e dall’ infallibilità della stessa Chiesa.
E cominciando a dire della prima, ricorderemo appena che il primato del Papa è una dommatica verità nel duplice deposito della rivelazione consegnata, e mai sempre dalla Chiesa sparsa per tutta terra e riunita in Concilio solennemente proclamata; sicché la sinodo Fiorentina, ove davansi il bacio di concordia i Latini coi Greci, decretando codesta verità, faceva eco unisona ai secoli precedenti.
È risaputo che questo primato, non ostante le subdole cavillazioni degli eterodossi, fu inteso sempre non solo per la primazia d’onore, di un primo cioè tra gli eguali, ma di un monarca assoluto e indipendente. Sul proposito uno tra i più dotti Gesuiti di questo secolo (1), dopo avere stabilito che l’autorità è essenzialmente una; una monarchicamente se risiede nell’unità fisica, ed una poliarchicamente se posasse, come alcuni erroneamente pretendono, nella morale unità del consenso, e che quindi l’autorità della Chiesa al pari di ogni altra autorità è essenzialmente una, soggiunge (2): «Non pretendiamo qui tacciare teologicamente l’opinione gallicana, ma godiamo nel considerare che la divisione da noi stabilita delle forme di governo a rigor di filosofia venga qui a giustificare la riprovazione che soffrirono più volte dalla Chiesa le famose proposizioni del 1682. E i loro difensori non comprendeano che logicamente la Chiesa presso di loro diveniva repubblica, e però non furono anátema e ci sono fratelli, ben cari fratelli; ma la loro conseguenza colà andrebbe a parare ; ed ecco perché nella vigna del vero non potea mettere radice, eradicabitur. Onore al generoso Episcopato francese che con esempio sì raro consola oggi la Chiesa, rinunziando col sacrifizio di ogni puntiglio l’eredità del 1682 per rientrare nei pieni diritti della universale libertà cristiana».

Così il dotto scrittore; né potea, essere altrimenti in una nazione che conta gli Irenei, gl’Ilari, i Fénélon, in una nazione che ha dato al mondo tutto esempi prodigiosi di carità cristiana, chiamando fin il debol sesso alla magnanima opra dell’apostolato.

Primato del Papa dunque ed unità della Chiesa sono idee correlative.

Mirabile unità che abbraccia il cielo e la terra, la Chiesa trionfante e la militante, mirabile unità della Chiesa militante, che nel suo ampio concetto abbraccia tutti i tempi; e la società patriarcale e la mosaica furono la figura, la promessa e l’inizio della Chiesa di Gesù Cristo. Vasta unità; ché questa Chiesa, abbattendo ogni macerie, unisce Giudei, Barbari, Gentili, Greci e Romani in un medesimo ovile e sotto al reggimento di un solo pastore (3). In questa guisa dileguandosi le odiose caste, tutti come membri mistici stringonsi nel corpo di Gesù Cristo (4). Mirabile unità! un solo Dio Padre di tutti, ed una sola fede (5); un solo Dio principio ed obbietto della stessa fede; la fede, principale movente dello spirito; il battesimo, unico mezzo di congiunzione con Gesù Cristo e tutti gli altri sacramenti mezzi di perfezionamento di cotesta unione a seconda delle circostanze e dei diversi stati dell’uomo cristiano. Ma tutti questi e somiglianti mezzi sono in mano dei successori degli Apostoli , quali sono stati posti per l’unità della fede (6).
Quindi codesta unità della Chiesa non è al pari di quella, che si rinviene nelle società politiche, esteriore e visibile, ma è unità di mente e di cuore, di fede e di carità.

E però il grande s. Ambrogio (7) definì la Chiesa, per una congregazione, che forma un corpo connesso e compatto nell’unità di fede e di carità.
Mirabile economia di questa unità! I fedeli sono come i raggi di cerchi concentrici, vo’ dire delle semplici pievi che si concentrano immediatamente nei loro pievani. Questi poi sono raggi di cerchi maggiori, dico di diocesi, che in certa guisa si unificano nei loro Vescovi, i quali infine s’impernano, dirò così, nel sommo centro della Chiesa cattolica, cioè nel Pastore dei Pastori, nel Vescovo dei Vescovi.
Adunque l’ultimo anello di cotesta catena indissolubile sta nelle mani del Pontefice sommo. E però, il suo potere deve essere non pure sommo, ma anche infallibile; altrimenti non potrebbe egli conseguire quella perfetta unità di mente e di cuore, che Cristo esige dai suoi fedeli. Il che si fa ancora più chiaro, se si rifletta che l’unità della Chiesa, secondo che abbiam dello, consiste principalmente nell’unità di fede. E niuno può negare che a conservar efficacemente l’unità di fede nella Chiesa si addimandi una autorità non soggetta ad errore, altrimenti la causa non sarebbe più proporzionata a produrre il suo effetto. Ora il Pontefice romano, del che nessuno dubita, ha il diritto e dovere di tutelare l’unità della fede, la sua autorità dunque deve essere immune da ogni errore.

Queste idee non poteano sfuggire alla mente si perspicace di Bossuet, che dice così (8): «Il Figliuolo di Dio avendo stabilito che la sua Chiesa fosse una e solidamente basata sull’unità, ha stabilito ed instituito il primato di s. Pietro per sorreggerla e cementarla; e per questo noi riconosciamo questo medesimo primato nei successori del Principe degli Apostoli, ai quali si deve per questa ragione la sommessione ed obbedienza che í santi Concilii e i Santi Padri hanno sempre insegnato a tutti i fedeli».
E questi cattolici principi sconfessava Monsignor Maret, a cui piacque al certo, non già ispirato dal Paracleto, ma da quel vento che raggirò altra volta gli aulici ecclesiastici, diseppellire viete teoriche già spente, giudicate, anzi Lazzari quatriduani, e di cui in questa stagione lo stesso Bossuet redivivo, ed i suoi più fervidi seguaci ne proverebbero sazietà. Se la Chiesa poggia sulla divina rivelazione, questa senza dubbio non potrebbe né conservarsi, né trasmettersi senza un magistero visibile, infallibile e permanente! Ma dove si trova questo magistero? La risposta è concorde: nel Vicario di Gesù Cristo, nel Successore di S. Pietro, nel Capo visibile della Chiesa, nel Romano Pontefice. Troppo tardi e fuori stagione l’illustrissimo Maret, inviluppando. le sue teorie in mille ambagi, come il filugello nel bozzolo, tenterebbe tramutare la divina costituzione della Chiesa, e da monarchica, siccome Gesù Cristo l’ha stabilita, renderla pura aristocratica, innestandovi eziandio l’elemento democratico!
Il Pontefice Romano non è un presidente di repubblica rossa, o nera che sia ad triennium, ovvero ad nutum dei capricci dei tribuni della plebe, né per mandalo revocabile, e che si possa allargare o stringere a talento delle volubili popolazioni; ma, il torno a dire, è Vicario di Gesù Cristo, e successore di S. Pietro, e governa di propria autorità e per giure divino la Chiesa Cattolica.
Nondimeno questa divina Monarchia non esclude né punto né poco il potere che hanno i successori degli Apostoli, i Vescovi cioè della Chiesa Cattolica, sia che lo ricevano immediatamente da Gesù Cristo, o mediatamente per mezzo del suo Vicario in terra.
Mirabile monarchia, la sola la quale non può degenerare in assolutismo, o molto meno in dispotismo o tirannide! Conciossiaché è temperata dalle leggi fondamentali stabilite non già dagli uomini, ma dallo stesso Gesù Cristo, e però inalterabili. E tra queste leggi, cardinale è quella che stabilisce Pietro e i suoi legittimi successori, cioè i Romani Pontefici, a capi della Chiesa, e gli Apostoli, ed i Vescovi di loro eredi, a principi di lei incentrati nella prima cattedra.
In Pietro dunque, e nei suoi successori si rinviene l’infallibilità, e l’Episcopato ne partecipa allorché unisce il proprio sentimento a quello di Colui che disse e ripete ad ogni ora per bocca dei suoi successori: È sembrato a Noi e allo Spirito Santo.


(1) Taparelli: Saggio teorico di diritto naturale vol. 2. N. 1430.
(2). Nota 6.
(3) S. Giov. II.
(4) Rom. 12, 5.
(5) Efesi. 4.
(6) Efesi. 4, 11 13.
(7) Lib. III. degli uffiz. cap. 3.
(8) Primat. del R. P. Art. 21.


“Questa è la ragione della mia fede!”. Un discorso di Mons. F. Zunnui-Casula sull’infallibilità del Papa

Essendo la Chiesa stata edificata su Pietro la pietra, questo per la natura della sua destinazione di fondamento, deve essere sempre e continuamente indefettibile. Questo, affinché l’edificio non sia mai abbattuto, di necessità è richiesto dalla legge della fermezza e della stabilità e dalla fede, nella quale radicalmente consiste (poiché senza la fede è impossibile piacere a Dio) la ragione della coesione di tutte le parti visibili della Chiesa. Nelle parti che per fede sono unite a questo edificio la forza della coesione, o la ragione dell’assenso, deve essere tale che superi qualunque certezza metafisica. Sebbene infatti a Dio si debba credere, la certezza morale nell’assenso di fede è assurda. Ebbene nessuno crede a Dio visibilmente e aderisce all’edificio della Chiesa se non per mezzo di Pietro, che, solo, ne è il visibile fondamento.
Pertanto la divina assistenza per cui il solo Romano Pontefice è reso infallibile, affinché a lui credano a motivo della fede, gli è necessaria e propria per la natura del luogo in cui nell’ordine costituito è stato posto da Cristo … [il Romano Pontefice] è egli solo personalmente il Pastore Universale degli agnelli e delle pecore, dei fedeli e dei Vescovi; è personalmente il solo confermatore dei fratelli, degli Apostoli; è personalmente il solo Dottore della Chiesa Universale e il Maestro scelto dai giorni antichi per la cui bocca le genti udissero l’Evangelo di Dio e credessero, e pertanto il Padri dell’ottavo concilio ecumenico definirono il papa semplicemente “organo dello Spirito Santo”.

Pertanto, dal momento che egli [il Romano Pontefice] insegna le vie della verità e della giustizia del Signore a tutti coloro che sono ammaestrati da Dio, e anche a noi, iniziando dal Decano del Sacro Collegio degli Eminentissimi Cardinali fino a me, ultimo di tutti i Vescovi, e in esse conferma, non si può dire che il Romano Pontefice è la bocca della Chiesa… Non è infatti ministro della Chiesa, ma maestro, vicario di Cristo Gesù, la cui dottrina trasmette, del quale è la bocca …
Da queste cose è abbastanza manifesto che il solo Romano Pontefice è il visibile fondamento, il principio attivo e la causa formale dell’infallibilità della Chiesa, che tutta e visibilmente è retta da Pietro, come Pietro è retto da Cristo. La fermezza infatti che da Cristo è attribuita a Pietro, da Pietro, in cui è rafforzata la fortezza di tutti, viene conferita agli Apostoli. Il che apertamente ci trasmesse il Discepolo di tutti i Santi Dottori della Chiesa, il Dottore Angelico, con queste parole: “La Chiesa Universale non può errare, poiché colui che in tutto fu esaudito per la sua riverenza, dice a Pietro, sulla cui confessione è fondata la Chiesa: Rogavi pro te etc.“. Se certamente fides ex auditu, auditus autem per verbum Christi, e la parola di Cristo la si deve ascoltare e credere per la bocca del solo Pietro, allora segue di necessità che l’infallibilità del Romano Pontefice è il fondamento, il principio e la causa dell’infallibilità della Chiesa, che è una e medesima che quella. Dal solo Romano Pontefice infatti le decisioni conciliari ottengono l’infallibilità, poiché egli solo è infallibile e gli altri sono maestri a diritto per mezzo e in unione a lui.
Non temiamo dunque, venerabili Padri, le parole solus et personalis in ordine al Romano Pontefice perché comportano isolamento e divisione. Cristo infatti personalmente è, solo, il fondamento e il capo, nondimeno non è diviso né isolato, ma ha la Chiesa come suo Corpo Mistico. Così il Papa personalmente è il solo Dottore della Chiesa Universale e tuttavia non è diviso e isolato dai discepoli, a cui insegna col suo magistero. Egli è personalmente il solo capo visibile della Chiesa, né per questo è diviso dai membri che governa e che sotto il suo governo … Cristo e il suo Vicario non sono separati e divisi dal corpo della Chiesa e dalla scuola di coloro che ammaestrano, ma coloro che a questo capo e dottore non sono sottoposti, questi miserrimamente sono separati e divisi dal Papa e quindi da Cristo, poiché il Sommo Pontefice è Cristo Gesù nella verità, nel giudizio e nella giustizia …
Questa è la mia fede, venerabili fratelli, la ragione della mia fede, infatti la fede ha una sua ragione e logica. Questa è la fede della Diocesi [di Ales e Terralba] a me affidata, anzi la fede di tutta l’Isola di Sardegna. A questa fede certamente la mia carissima patria deve se la religione cristiana, da quando per l’infinita bontà di Dio vi fu predicata dai santi Apostoli Pietro, Paolo e Giacomo, nutrita e rafforzata da san Clemente Papa, suo primo Vescovo, e da tanti e tanto grandi Martiri, col proprio sangue che è semenza di Cristiani, custodita, propagata e imporporata, restò fino ad oggi mai deturpata da errori né lacerata da scismi, né concussa da persecuzioni e vessazioni.
E questa sarà la fede che salverà noi e le nostre diocesi, reverendissimi padri, dal furore dei flutti che la tempesta dell’incredulità ed empietà di questi tempi con impeto tanto grande ha eccitato. Chi sta nella nave di Pietro, che viene innalzata ad altezze sublimi su queste acque fangose, non sarà sommerso, poiché colui che in tutto fu esaudito per la sua riverenza ha detto a Pietro: Ego pro te rogavi, ut non deficiat fides tua.

* Il discorso non fu mai pronunziato durante i lavori del Vaticano I, fu inviato alla Deputazione della fede il 2 luglio 1870. Il testo integrale latino si trova in Mansi, 52, 1170-1174. Vedi anche P. O. Alberti, I Vescovi Sardi al Concilio Vaticano I, Roma, 1963.

a cura di Giuliano Zoroddu

 

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