Tutti i papi Benedetti (3)

Breve storia di tutti i pontefici che hanno scelto il nome Benedetto. Ultima parte dedicata interamente a Benedetto XVI.

“Al momento, la Chiesa e noi tutti ci troviamo ancora tra i due campi gravitazionali. Ma da quando Cristo è risorto, la gravitazione dell’amore è più forte di quella dell’odio; la forza di gravità della vita è più forte di quella della morte. Non è forse questa veramente la situazione della Chiesa di tutti i tempi, la situazione nostra? Sempre c’è l’impressione che essa debba affondare, e sempre è già salvata. San Paolo ha illustrato questa situazione con le parole: “Siamo … come moribondi, e invece viviamo”, (2Cor 6, 9). La mano salvifica del Signore ci sorregge, e così possiamo cantare già ora il canto dei salvati, il canto nuovo dei risorti: alleluia! Amen” (1)

Dopo aver esposto succintamente e, ce lo auguriamo, in modo interessante tutta la serie dei Papi che hanno portato il nome di Benedetto (vedi prima parte e seconda parte), veniamo all’amato Benedetto XVI (2005 -2013 per rinuncia non al Papato ma al Ministero, un atto complesso ma reale), grazie a Dio in questo momento vivente e, per noi, il più grande Dottore che la Chiesa della nostra epoca moderna abbia avuto.

“…Lasciamo spazio allo Spirito Santo”, così come diceva proprio l’allora cardinale Ratzinger nel commento al Trittico alla Sistina di Giovanni Paolo II:

“Dagli occhi interiori del Papa emerge nuovamente il ricordo dei Conclave dell’agosto e dell’ottobre 1978. Poiché anch’io ero presente, so bene come eravamo esposti a quelle immagini nelle ore della grande decisione, come esse ci interpellavano; come insinuavano nella nostra anima la grandezza della responsabilità. Il Papa parla ai Cardinali del futuro Conclave “dopo la mia morte” e dice che a loro parli la visione di Michelangelo. La parola Con-clave gli impone il pensiero delle chiavi, dell’eredità delle chiavi lasciate a Pietro. Porre queste chiavi nelle mani giuste: è questa l’immensa responsabilità in quei giorni. Si ricordano così le parole di Gesù, il “guai” che ha rivolto ai dottori della legge: “avete tolto la chiave della scienza” (Lc 11, 52). Non togliere la chiave, ma usarla per aprire affinché si possa entrare per la porta: a questo esorta Michelangelo”.

Nel 2005 quelle Chiavi furono messe nelle mani che la Provvidenza aveva forgiate, preparate per tanti anni, le mani di Joseph Ratzinger.

Che non tutto il Collegio cardinalizio fosse d’accordo è comprensibile se pensiamo, per esempio, alle famosi e tuonanti parole all’ultima Via Crucis del Venerdì Santo (2), o come l’Omelia alla Messa Pro eligendo Pontifice, con le quali Ratzinger era come se avesse voluto consegnare un monito alla Chiesa, come il testamento di un profeta non certo di “sventura”, quanto piuttosto in qualità propria di “sentinella” come appunto si riporta in questo passo biblico:

” Al termine di questi sette giorni mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, ti ho posto per sentinella…..Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato….» (Ezech.3,16-21).

Un monito come saluto, per poi ritirarsi nella contemplazione dei testi sacri e patristici, come aveva più volte detto quasi esplicitamente.. ritirarsi sulla scia del suo amato San Benedetto, Padre del monachesimo occidentale e Patrono d’Europa.

Ma le vie della Provvidenza erano davvero diverse dalle sue in questo senso, e ha chiamato lui “l’umile e semplice lavoratore nella vigna del Signore; uno strumento insufficiente”, come si è definito nel breve saluto all’urbe e all’orbe, appena venne eletto alla successione Petrina (3).

0-nomen-benedetto-16-c_544b7e500c63cLa componente umana ha sempre giocato il suo ruolo umano da quando, Duemila anni orsono, il Signore Iddio scelse l’umile Ancella per realizzare il Suo Progetto di Salvezza e da Lei attese una risposta, amava sentire quel “Fiat” voluntas tua prima di cominciare l’opera.

Come ci insegnano i Padri della Chiesa, infatti, l’Incarnazione prodigiosa avvenne nel momento del fatidico “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me quello che hai detto” e l’Angelo compiuta la sua missione, partì da Lei (cfr Lc.1,28-38).

Così, all’incirca, avviene in ogni Conclave: ogni volta è una “incarnazione”, è un prodigio nonostante ci siano i calcoli umani, nonostante tutto… e non è un caso la promessa che il Signore Gesù fece solamente e singolarmente a Pietro: “E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli.. ” (Mt.16,18-19) vedi qui.

Chiunque venga eletto, alla fine dei giochi umani, riceve una dignità unica (con la Grazia di Stato) perché è la Parola del Signore che conta alla fine, è la Sua fedeltà che impegna il Suo stesso progetto. Gli scandali dunque ci saranno sempre, sta a noi non essere lo scandalo (Mt. 18,7)!

Joseph Ratzinger viene eletto al quarto scrutinio. Ma quello che a molti di noi dall’esterno può essere sembrato una naturale continuità col suo Predecessore – come avrebbe dovuto essere visto il profondo legame fraterno, professionale, dottrinale che legava Giovanni Paolo II a Ratzinger e viceversa -, fu in realtà un percorso pieno di ostacoli e di insidie, di odio e di cattiveria nei suoi confronti, utili oggi per comprendere la sofferenza e la dura persecuzione vissute e sopportate dal mite Benedetto XVI.

Perchè questo è sempre stato ed è Benedetto XVI: “mite ed umile di cuore”.

Ed è questa realtà che vogliamo portarvi in questo articolo.

Non possiamo non riscontrare un’altra immagine drammatica, quella biblica che ben delinea il Calvario di questo glorioso Pontificato:

“I suoi sacerdoti violano la mia legge, profanano le cose sante. Non fanno distinzione fra il sacro e il profano, non insegnano a distinguere fra puro e impuro, non osservano i miei sabati e io sono disonorato in mezzo a loro. I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi che dilaniano la preda, versano il sangue, fanno perire la gente per turpi guadagni”. (Ezech. 22,26-27)

Non è il grido di un “profeta di sventura” ma il giusto lamento di chi vede le ingiustizie, vede la sporcizia nella Chiesa, vede i torti che si commettono proprio contro il Signore, e non tace, ma mette in guardia e ammonisce.

In questo breve e drammatico passo c’è tutto il sunto di questi otto anni di Pontificato benedettiano, momenti difficili e bui per la Chiesa nei quali era proprio la parola e i gesti liturgici di Benedetto XVI a portare speranza, luce, fiducia.

L’umile lavoratore nella vigna del Signore è da subito circondato da lupi affamati.

Del resto, come ben sappiamo, l’orso di San Corbiniano riportato nel suo stemma ci conduce passo passo all’interno di questa battaglia che, effettivamente, Ratzinger combatteva già da molti anni in qualità di Prefetto per la custodia della sana Dottrina (CdF).

Detta brevemente, la storia dell’orso, ci racconta di come san Corbiniano, durante il suo pellegrinaggio verso la Tomba dell’Apostolo Pietro, venne assalito da un orso che uccide il suo cavallo. A quel punto san Corbiniano , che forse si sarà ricordato pure del Salmo: “Il cavallo non giova per la vittoria, con tutta la sua forza non potrà salvare” (32,17), si mette a parlare con l’orso, lo rimprovera per il suo gesto e così lo addomestica facendosi portare sulle sue spalle fino a Roma.

Benedetto XVI è senza armi umane e senza supporti, si affida a questo racconto per spiegare come egli vede il suo Pontificato: come l’orso che si fa carico dei problemi che hanno oscurato la cristianità del nostro tempo.

Ci si ostina a dire che Benedetto XVI eliminò la tiara dal suo stemma pontificio.

Nulla di ciò è più falso. Che Egli abbia deciso di adottare la mitria portata come dono per il nuovo stemma, è tipico del suo carattere mite e mansueto, pronto ad accettare anche una imposizione che lo coglie, invece, a sorpresa, a fatto compiuto. Lo stemma pontificio del Papa infatti venne confezionato a sorpresa e portato al Papa come dono del cardinale Montezemolo.

Che piaccia o meno, non era nel carattere di Ratzinger respingere un dono. Prova ne è che sul famoso tronetto rosso usato nelle Messe, venne riportato lo stemma di Benedetto XVI con tanto di tiara e non solo lì, ma anche su alcune stole, non ha esitato ad alternare il suo stemma con la tiara a quello con la mitria, per non parlare dell’uso delle stole dei predecessori con tanto di stemma con tiara; ma anche in diversi piviali e perfino si tentò di riportarla sul tappeto domenicale dell’Angelus, ma la comparsa di quello stemma di una domenica di ottobre del 2010, bastò per scatenare gli sproloqui progressisti e così, da buon mansueto, Benedetto sia, fece sparire anche quel tappeto.

Questi piccoli episodi la dicono lunga su cosa Ratzinger dovette sopportare e subire.

Così come le falsi voci di firme prestigiose sulle sue scarpe rosse, mantelli, mozzette varie avvolte da migliaia di ermellini morti, non sono altro che quel continuo tam-tam diffamatorio atto a voler presentare un Pontefice schivo alla povertà, spendaccione, amante del lusso, persino vanitoso.

In verità lo stile di Benedetto XVI non è stato altro che decoroso e dignitoso al ruolo che ricopriva, sobrio dal punto di vista delle spese visto che per otto anni ha usato paramenti e stole dei suoi Predecessori, sobrio dal punto di vista degli oggetti visto che ha tirato fuori dal museo i vari troni dei suoi Predecessori. Lo stesso pastorale (ferula) non fu altro che un dono del Circolo di San Pietro, una usanza antica quella di donare al nuovo Pontefice la ferula e dopo che ebbe portato sia quella di Paolo VI sia quella di Pio IX. Mozzette con ermellini sintetici, altre semplicemente donate al Papa. Dunque, dove stanno tutte queste “spese” per soddisfare la sua vanità?

0-nomen-benedetto-16-d_544b7f066ed29Ma torniamo alle cose più serie.

Potremmo fare una cronologia dei fatti attraverso i quali a Benedetto XVI nulla è stato risparmiato in umiliazioni, attacchi ingiustificati atti a destabilizzare non solo il suo di Pontificato, ma proprio a voler attaccare il Primato petrino, finirlo di scardinare dopo i duri attacchi fatti a Paolo VI negli anni ’70.

E come non dimenticare il vile tentativo di far passare la sua breve esperienza militare (obbligatoria e dalla quale si defilò disertando) con indosso una divisa della aviazione, scambiata volutamente e diabolicamente quale divisa delle SS? Ma se lo stesso interessato nel libro “La mia vita” spiega come sono andati i fatti, nessuno gli crede (4).

E come non ricordare il tentativo di rovesciare questo Trono Petrino quando in quel 12 settembre del 2006, all’università di Ragensburg, di proposito si vollero usare le parole del suo Discorso storpiandole, manipolandole, in modo da dare origine al “caso”, ma anche qui invano? Anche in quella occasione si usarono i giornali, i Media quale voce della verità, ignorando volutamente e per giorni il testo ufficiale del Discorso.

Il 17 aprile del 2008 è la prima volta nella storia della Chiesa che un Pontefice incontra uomini e donne vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti cattolici.

Ben consapevole di tal piaga oramai purulenta, dopo che sotto il Pontificato precedente i Vescovi e cardinali l’avevano avuta vinta di far passare tutto sotto silenzio, Benedetto XVI decide di far emergere tutto il pus velenoso che si era addensato nella piaga e indice, non a caso, un Anno Sacerdotale (2009/2010) durante il quale le tenebre si accaniscono contro la Chiesa cercando di ottenere il suo più completo disfacimento, ma invano! (5)

E il 21 marzo 2010 così scriveva mons. Crepaldi:

“Il tentativo della stampa di coinvolgere Benedetto XVI nella questione pedofilia è solo il più recente tra i segni di avversione che tanti nutrono per il Papa.”

Nella sua Lettera ai Vescovi del 2009, proprio per chiarire la questione della Tradizione nella Chiesa associata alla discussione alla FSSPX, il Pontefice Benedetto XVI ha detto:

“Ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del Concilio deve essere richiamato alla memoria che il Vaticano II porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l’albero vive”.

Per la prima volta nella storia della Chiesa un Papa è costretto a dover scrivere una Lettera ai Vescovi per spiegare la purezza dei suoi gesti, ma non può tacere davanti alla mala fede e perciò scrive questo passo davvero doloroso:

” Ma ora domando: Era ed è veramente sbagliato andare anche in questo caso incontro al fratello che “ha qualche cosa contro di te” (cfr Mt 5, 23s) e cercare la riconciliazione? (…) Può essere totalmente errato l’impegnarsi per lo scioglimento di irrigidimenti e di restringimenti, così da far spazio a ciò che vi è di positivo e di ricuperabile per l’insieme? Io stesso ho visto, negli anni dopo il 1988, come mediante il ritorno di comunità prima separate da Roma sia cambiato il loro clima interno; come il ritorno nella grande ed ampia Chiesa comune abbia fatto superare posizioni unilaterali e sciolto irrigidimenti così che poi ne sono emerse forze positive per l’insieme. (…) A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo….”

Tolleranze al Papa? zero!

O meglio, specifichiamo: tolleranza a Benedetto XVI? assolutamente no! Questo Papa deve essere annientato! Deve essere eliminato! E a dirlo non siamo solo noi.

Non possiamo che rispondere con l’articolo del teologo domenicano Padre Giovanni Cavalcoli O.P. su Riscossa Cristiana, già da noi più volte, e a buona ragione citato, dove dice:

” Se dunque nei primi anni del postconcilio avevamo per lo più soltanto teologi rahneriani colpevolmente tollerati dai loro vescovi, adesso abbiamo vescovi rahneriani, che sono gli antichi seminaristi di un tempo formati da insegnanti rahneriani. Una situazione incancrenita e pericolosissima. Rahner è diventato un “classico” quasi fosse un Padre della Chiesa o un nuovo S.Tommaso d’Aquino. (..)

Il potere di questi prelati, essendo immediatamente e spazialmente vicino, conta più di quello del Papa, è più temibile di questo.

Disobbedire al Papa in molti ambienti non porta a nessuna conseguenza, anzi si ottiene successo e si passa per moderni ed avanzati, ma disobbedire ai prelati modernisti si paga caro e può compromettere o bloccare la stessa carriera o attività ecclesiastica o sacerdotale, per quanto si possa essere teologi o docenti stimati e di lunga esperienza.

In tal modo il Papato con i pochi collaboratori fedeli che gli restano tra i vescovi e tutti i buoni cattolici, è una specie di stato maggiore di un esercito dove però l’esercito si è costituito capi per conto suo, i quali non seguono affatto le direttive dello stato maggiore, ma vanno per conto proprio con una loro politica ecclesiastica, una loro teologia ed una loro pastorale che non riflette la vera concezione cattolica, ma quella concezione ereticale di cui sopra.

E i Papato ha le mani legate, non può far quasi nulla dal punto di vista del governo, del controllo della dottrina e delle nomine ecclesiastiche.

Queste ultime sono per lo più imposte od ottenute con raggiri dai modernisti, sicchè il Papa deve, come si suol dire, “far buon viso a cattivo gioco”, si trova ad avere a che fare con “collaboratori” finti o di facciata che non sono affatto copertamente o scopertamente veri collaboratori, ma che gli remano contro se non in modo plateale e sfacciato, certo comunque in modo reale e come un tarlo che corrode ogni giorno il sistema del Papato.

Il Papa è così sottoposto ad uno stillicidio quotidiano, ad una vita logorante difficilmente sopportabile, se non fosse che abbiamo avuto in questi decenni Papi santi che hanno saputo offrire la loro vita per la Chiesa in unione con la croce di Cristo. Con tutto ciò è chiaro che il Papa ha i suoi buoni collaboratori, presenti grazie a Dio in tutti i settori della Chiesa in tutto il mondo, ma in scarsissimo numero, e tutto quello che possono fare, oltre a soffrire insieme col Vicario di Cristo, è la proclamazione della sana dottrina, peraltro sistematicamente ed immediatamente criticata, fraintesa, derisa e contestata dai potenti mezzi propagandistici dei modernisti.

E’ possibile dunque sapere, in linea di principio, che cosa pensa il Magistero, ma è assai difficile metterlo in pratica a causa degli ostacoli, delle minacce, delle seduzioni e delle persecuzioni provenienti dal potere modernista.

Questa situazione di debolezza e di impotenza sorge col papato di Paolo VI e si protrae sino ai nostri giorni. Essa certamente è all’origine delle dimissioni di Benedetto XVI.

0-nomen-benedetto-16-e_544b7f8e7c8bfIl Papato con Paolo VI non è più Cristo che guida le folle, che compie prodigi, che corregge i discepoli, che caccia i demòni, che minaccia farisei, sommi sacerdoti e dottori della legge, ma è Cristo sofferente, “crocifisso e abbandonato”, inascoltato, disobbedito, contestato, beffato, emarginato, angosciato…”

Perdonate la lunga citazione, ma indispensabile per comprendere questi 8 anni di calvario di Benedetto XVI, perché parliamo appunto di Calvario, descritto da una firma assai più prestigiosa della nostra.

Come ha reagito il popolo?

Si diceva, appena eletto, che avrebbe svuotato le piazze riempite dall’atletico predecessore, ma sono rimasti delusi, le piazze hanno continuato a riempirsi, basta vedere le foto delle Benedizioni Urbi et Orbi o degli incontri particolari nella Piazza, o alle Udienze per le quali doveva farle spesso sia in Basilica quanto nell’aula Paolo VI. Qualcuno piuttosto ha ragionevolmente detto: “se Giovanni Paolo II seppe riempire le piazze, dopo aver tolto i giovani dalle piazze delle ideologie, Benedetto XVI aveva riportato questi giovani nelle Chiese perchè, dopo la ricreazione di piazza, seppe riorganizzare gli incontri di Culto a Dio”.

Ed è vero! Benedetto XVI volle che la serata conclusiva delle GmG, prima della grande Messa della domenica conclusiva, i giovani si raccogliessero per l’Adorazione Eucaristica. Sembrava di essere ritornati ai grandi ed immensi incontri Eucaristici internazionali, quando erano presieduti spesso dall’allora Segretario di Stato Pacelli divenuto poi Pontefice, il Venerabile Pio XII.

Un milione di giovani, nella GmG in Spagna, nonostante un improvvisa tempesta che non fece allontanare neppure il Papa. Dopo, un silenzio adorante scese su tutto il campo, tutti in ginocchio con il Pastore davanti all’Ostia Santa, al Mistero dei misteri, al Dio vivo vero celato sotto i veli dell’Ostia radiosa, come dice il celebre inno eucaristico.

I giovani e meno giovani hanno davvero voluto bene a Benedetto XVI, chi lo ha osteggiato e forse anche odiato, sono stati i Media e non poche voci interne alla Chiesa.

La campagna diffamatoria è stata lanciata fin da quando Benedetto XVI è stato chiamato sul Soglio Petrino. Questo Papa, seppur circondato da molti fedeli sinceri, ha ricevuto la stessa sorte del Maestro e Signore. Basta ricordare la scena al Pretorio: la folla, la menzogna (Barabba) e la Verità (Gesù e il Suo Vicario in terra), “Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!» (Mt.27,21); la folla voleva che venisse liberata la menzogna e crocefissa la Verità, la voce di chi gridava a favore della Verità veniva soppressa dalle urla del male, ma anche da gente che durante gli anni di vita pubblica Gesù aveva in un certo modo beneficiato.

Così è la vita del Vicario di Cristo in terra, aspettarsi la gloria e gli osanna sarebbe sbagliato, questi osanna durarono solo un giorno, all’ingresso a Gerusalemme, dopo tre giorni la stessa folla che lo aveva salutato ora lo insultava e lo calunniava, voleva vederlo crocefisso.

Del resto vale il detto del Maestro: “se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv.12.24)

Arriviamo al 2010 e la Sapienza, tra le più antiche Università di Roma fondata niente meno che per volontà di papa Bonifacio VIII, il 20 aprile 1303 con la bolla pontificia “In suprema praeminentia dignitatis”, lo “Studium Urbis”, prima invita Benedetto XVI per una Lectio in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico, poi a causa di alcuni gruppi oppositori rigetta l’invito.

Inaudito! La campagna mediatica si scatena.

Per Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, le contestazioni alla visita di papa Benedetto XVI rischiano di rendere La Sapienza ”più povera” e vogliono costruire un nuovo ”muro di Berlino” tra cultura laica e religione.

Scatta la solidarietà, gli scandali, dice il Signore, sono necessari (Mt.18,7) e gli studenti cattolici – favorevoli alla visita del Santo Padre – rispondono alla contestazione dei collettivi con una veglia di preghiera. Qui l’allocuzione che il Papa avrebbe tenuto a La Sapienza. All’angelus il popolo si riunisce attorno al suo Pastore, la solidarietà dilaga, in piazza scendono anche i non cattolici, gli atei, quanti pur non credenti sanno che è accaduto un fatto intollerante, ingiusto.

Ed altri attacchi ancora, dall’interno della Chiesa contro il Magistero di Benedetto XVI tanto da dare l’impressione, come spiegherà mons. Crepaldi, arcivescovo di Trieste, di avere un “magistero parallelo”.

Queste le sue parole, del 10 marzo 2010, che vale la pena di meditare:

“Non era forse mai accaduto che la Chiesa fosse attaccata in questo modo. Alle persecuzioni nei confronti di tanti cristiani, crocefissi in senso letterale in varie parti del mondo, ai molteplici tentativi per sradicare il cristianesimo nelle società un tempo cristiane con una violenza devastatrice sul piano legislativo, educativo e del costume che non può trovare spiegazioni nel normale buon senso si aggiunge ormai da tempo un accanimento contro questo Papa, la cui grandezza provvidenziale è davanti agli occhi di tutti.

A questi attacchi fanno tristemente eco quanti non ascoltano il Papa, anche tra ecclesiastici, professori di teologia nei seminari, sacerdoti e laici.

Quanti non accusano apertamente il Pontefice, ma mettono la sordina ai suoi insegnamenti, non leggono i documenti del suo magistero, scrivono e parlano sostenendo esattamente il contrario di quanto egli dice, danno vita ad iniziative pastorali e culturali, per esempio sul terreno delle bioetica oppure del dialogo ecumenico, in aperta divergenza con quanto egli insegna. Il fenomeno è molto grave in quanto anche molto diffuso.

Benedetto XVI ha dato degli insegnamenti sul Vaticano II che moltissimi cattolici apertamente contrastano, promuovendo forme di contro-formazione e di sistematico magistero parallelo guidati da molti “antipapi”; ha dato degli insegnamenti sui “valori non negoziabili” che moltissimi cattolici minimizzano o reinterpretano e questo avviene anche da parte di teologi e commentatori di fama ospitati sulla stampa cattolica oltre che in quella laica; ha dato degli insegnamenti sul primato della fede apostolica nella lettura sapienziale degli avvenimenti e moltissimi continuano a parlare di primato della situazione, o della prassi o dei dati delle scienze umane; ha dato degli insegnamenti sulla coscienza o sulla dittatura del relativismo ma moltissimi antepongono la democrazia o la Costituzione al Vangelo.

Per molti la Dominus Iesus, la Nota sui cattolici in politica del 2002, il discorso di Regensburg del 2006, la Caritas in veritate è come se non fossero mai state scritte.

La situazione è grave, perché questa divaricazione tra i fedeli che ascoltano il Papa e quelli che non lo ascoltano si diffonde ovunque, fino ai settimanali diocesani e agli Istituti di scienze religiose e anima due pastorali molto diverse tra loro, che non si comprendono ormai quasi più, come se fossero espressione di due Chiese diverse e procurando incertezza e smarrimento in molti fedeli.

In questi momenti molto difficili, il nostro Osservatorio si sente di esprimere la nostra filiale vicinanza a Benedetto XVI. Preghiamo per lui e restiamo fedelmente al suo seguito”.

Tutti sapevano chi era Ratzinger, ma molti ne avevano una immagine distorta. Con pazienza e preparando il terreno attraverso catechesi e discorsi, Benedetto XVI cominciò ad avviare una grande Riforma nella Chiesa a partire dalla Liturgia, e questa fu giudicata come un attacco alla propria e personale creatività da parte di molti. Qualcuno scriveva “la ricreazione è finita!”

In verità Ratzinger non ha imposto nulla e forse questa “troppa grazia” è stata mal digerita dai gruppi detti tradizionalisti, mentre dall’altra parte progressista si avvertiva per loro il pericolo, resa invalida la Riforma.

Benedetto XVI comincia a riformare la Messa del Pontefice fino ad allora ridotta davvero all’osso con gli altari spogliati completamente di tutto.

Una Sposa denudata, ridotta a stracci, per altro costosissimi, di casule ridicole indegne pure per il mago Otelma: colorate, rasate, e non giudichiamo l’arte, ma il sacramentalmente ridicole come le casule imposte a Benedetto XVI in visita apostolica in Austria.

Finalmente dal primo ottobre 2007 le cose cambiano, arriva mons. Guido Marini nominato Maestro delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice e gli effetti si vedono.

Perché spendere soldi? Ecco riaprire la Sacrestia dei Papi e rispolverare pianete, mitrie, stole e casule degne di un Pontefice, poi il dono di alcuni fedeli con seri piviali con tanto di stemma faranno il resto.

Non ci voleva tanto, ma solo la buona volontà.

“Pizzi e merletti” si va dicendo con ironia, odiosi orpelli che ritornano in uso, si accusa al Pontefice, dimenticando che stiamo parlando di un Sposa non di un oggetto, tale è la Liturgia che si celebra nella Chiesa: è la Sposa che parla, che si rivolge allo Sposo; è la Sposa che solleva il Calice della salvezza e con lo Sposo offrono al Padre il Suo Sacrificio perfetto; è la Sposa che invocando lo Spirito Santo manda sulle membra i suoi sette santi doni.

Certo che “pizzi e merletti” non servono, chi e che cosa potrebbe mai essere all’altezza di esprimere visibilmente quello che accade in una vera Liturgia Cattolica?

Questi “orpelli” sono solo un segno che esprime, solamente sfiorandola, la Bellezza che viviamo e di cui tanto parliamo, la vera Bellezza che salva, ogni indumento ha il suo significato biblico.

0-nomen-benedetto-16-f_544b804764193Annotiamo anche una nota di “colore”.

Il famoso camauro che Papa Benedetto XVI osò indossare in una udienza durante un inverno gelido. L’ignoranza di certi vaticanisti è tollerabile quando, senza conoscerne l’usanza, si scagliarono con maleducazione inaudita contro il Papa ridicolizzandolo, ma che certa ignoranza provenga dalla stampa cattolica è davvero inaccettabile.

Il camauro non è solo un semplice copricapo invernale (bianco se è dopo Pasqua) che a differenza dello zucchetto protegge meglio il capo e le orecchie dal freddo, ma è anche un ricordo della “corona di spine”.

Fa pensare come certa stampa si sia così presto dimenticata del beato Giovanni XXIII, così racconta l’episodio il grande sarto dei Papi, Gammarelli:

“Un giorno, durante il pontificato di Giovanni XXIII, mio padre fu chiamato in Vaticano dal Papa, che disse: ‘Gammarelli, vorrei un camauro’. Mio padre cadde dalle nuvole, ma evidentemente non si dice di no ad un desiderio del Papa e disse: ‘senz’altro, Santità , provvederemo immediatamente’.

Mio Padre aveva una vaga idea di ciò che era un camauro e soprattutto non sapeva dove cominciare per confezionarlo e se a Roma c’erano artigiani in grado di soddisfare la curiosa richiesta. Dopo avere consultato enciclopedie di vario tipo, mio padre si accorse che il camauro era molto ben documentato dal punto di vista figurativo, ma rimaneva il problema di come farlo e chi lo potesse fare. Il problema fu presto risolto, avendo nel negozio il velluto del colore adatto ed una manodopera specializzata. Il tutto per la completa soddisfazione del Papa buono e l’orgoglio di avere esaudito un desiderio del Papa. In seguito e’ stato di nuovo confezionato per Sua Santità Benedetto XVI in velluto rosso, ma anche in damasco bianco, da indossare nel periodo pasquale”.

Dove stava lo scandalo in tutto ciò tanto da ridicolizzare Benedetto XVI?

Ma sorvolando su questi cambiamenti nel luglio 2007, Benedetto XVI aveva osato firmare un Motu Proprio “inaccettabile”: aveva osato liberalizzare la Messa nella forma oramai detta “antica”, il famoso Summorum Pontificum.

Ci perdoni Papa Bergoglio, non stiamo facendo paragoni, ma l’accenno va fatto. Infatti i gesti compiuti da Papa Francesco appena eletto e la dismissione di mozzette ed altro, non hanno fatto altro che generare applausi e larghi consensi come se, coloro che hanno applaudito agli usi del nuovo Papa, avessero vissuto anni di profonda castrazione, manco fossero stati obbligati e costretti ad indossare loro mozzette e affini.

Basta usare la moviola e recuperare le reazioni che molti nella Chiesa hanno avuto davanti a quel Motu Proprio, quasi fossero stati obbligati ad andare alla Messa “antica”.

Ci fu persino l’ammutinamento dei Vescovi francesi che scrissero una lettera al Papa per chiedergli di non firmare quella liberalizzazione, pena sarebbe stata una divisione nella Chiesa.

Ecco il ricatto! Se tu firmi io ti remo contro ma resto appunto nella stessa barca.

Perché questo è stato il dramma delle persecuzioni vissute da Benedetto XVI: questa gente non se ne è andata via, è rimasta nella Chiesa remando contro.

Ve la immaginate la scena? Pietro che regge il timone, tutti che ai suoi ordini remano in una direzione, poi ad un tratto i rematori (Vescovi) cominciano a remare divisi chi da una parte chi dall’altra.

Ecco cosa è accaduto in questi otto anni: disobbedienza al Pontefice su molti fronti.

Si comprende bene l’applauso ricevuto da Papa Bergoglio quando celebrando la sua prima Messa con i Cardinali ha invece dato “le spalle alla Croce” orientando su di se lo sguardo dell’assemblea dopo che, faticosamente Benedetto XVI aveva riportato, almeno alla Cappella Sistina, l’altare alla sua origine e la celebrazione nella sua giusta direzione con il celebrante non “di spalle” ma con l’assemblea “rivolti tutti verso il Signore”: ma riecco il “nuovo” che avanza…. e che da le spalle alla Croce.

Questa autoreferenzialità, questo “faccio come voglio io”, sono le scelte incomprensibili che dividono, non l’atteggiamento di chi volge il proprio sguardo alla Croce.

Anche qui Benedetto XVI non impose nulla e sul sito Vaticano fa spiegare i motivi di questa scelta sperando che, essendo lui il Papa, esistano ancora christefidelis-laici, sacerdoti e vescovi pronti ad imitarlo e a seguirlo, ma invano.

Il 22 febbraio 2007 scrive la monumentale Sacramentum Caritatis nella quale, in accordo con i Vescovi e il Sinodo appena concluso, ribadisce l’importanza del latino nel canone della Consacrazione della Messa, l’importanza della musica gregoriana nelle Messe almeno dei Vescovi, parla dell’importanza della centralità del Tabernacolo nelle Chiese, ecc… ma è come se non l’avesse mai scritta!

Allora prova riportando il Crocefisso sull’Altare da dove era stato ingiustamente tolto, ma anche qui, trova pochi imitatori e molti contestatori e persecutori.

A giugno del 2008, per il Corpus Domini in Laterano, prima della Processione Eucaristica, osa dare la Comunione a dei bambini in ginocchio e alla bocca, scoppia lo scandalo!

Caspita! Ricevere Gesù in ginocchio e alla bocca è diventato lo scandalo, un male!

Non possiamo ignorare il monito di Isaia: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Is. 5,20).

E il nuovo “Vescovo di Roma” sembra dare ragione ai chi duramente perseguitò questo Pontefice.

Ci vengono a mente le parole di Giovanni XXIII nel suo “il giornale dell’anima” dove appuntava: “Signore ti ringrazio perché mai mi sono fermato a raccogliere i sassi che mi lanciavano dietro”.

Noi purtroppo per dovere di cronaca e di storia abbiamo dovuto e voluto farlo, lo riteniamo un dovere di figli verso un Padre ingiustamente perseguitato, ma senza dimenticare il suo atteggiamento di misericordia verso tutti.

Benedetto XVI nella sua intervista “Luce del mondo”, dice:

“Il fatto di trovarmi all’improvviso di fronte a questo compito immenso è stato per me un vero choc. La responsabilità, infatti, è enorme. Veramente avevo sperato di trovare pace e tranquillità. Il pensiero della ghigliottina mi è venuto: ecco, ora cade e ti colpisce.

Ero sicurissimo che questo incarico non sarebbe stato destinato a me ma che Dio, dopo tanti anni faticosi, mi avrebbe concesso un po’ di pace e di tranquillità.

Sapevo che di lì a poco, dalla Loggia centrale, avrei dovuto pronunciare qualche parola, e ho iniziato a pensare: «Cosa potrei dire?». Per il resto, fin dal momento in cui la scelta è caduta su di me, sono stato capace soltanto di dire questo: «Signore, cosa mi stai facendo? Ora la responsabilità è tua. Tu mi devi condurre! Io non ne sono capace. Se tu mi hai voluto, ora devi anche aiutarmi!». In quel momento ho capito che accanto ai grandi Papi devono esserci anche Pontefici piccoli che danno il proprio contributo”.

0-nomen-benedetto-16-g_544b809faae79Nel riconoscersi in questa vera piccolezza, possiamo dire che è stato ed è davvero un grande Pontefice della Croce.

Abbiamo voluto ricordare questi eventi perché se è vero che Benedetto XVI non è più Vescovo di Roma, Sommo Pontefice dal 28 febbraio 2013 per sua scelta, è altrettanto vero che sarà “Papa e Vicario di Cristo” fino all’ultimo dei suoi giorni perché, come si deduce dallo stesso Diritto Canonico, il ruolo di “ex Papa o ex Vicario di Cristo”, e persino di “emerito” come ora va in voga, non esiste il che significa, almeno per noi, che Benedetto XVI pur non essendo più alla guida della Chiesa egli è nella Chiesa, come detto da lui stesso nell’ultimo Angelus:

“Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze…” (Angelus 24.2.2013).

Non abbiamo voluto occuparci, volutamente, della rinuncia perché la situazione è ancora controversa e dibattuta e spetterà a chi verrà dopo di noi parlare dei fatti, come noi ci siamo occupati infatti del passato dei Papi che hanno portato questo nome e dunque, ci siamo occupati del Pontificato di Benedetto XVI che appartiene già alla storia della Chiesa e del mondo.

Benedetto XVI è ancora vivo, grazie a Dio, e a Lui ci rivolgiamo perché ce lo tenga ancora a lungo con noi, perché abbiamo bisogno della sua presenza e della sua preghiera, di sentirlo ancora vicino a noi.

Vogliamo chiudere questa serie con una bella Preghiera che prendiamo in prestito dal sito “Il Papa Emerito”

Preghiera per Benedetto XVI

Maria, Madre della Chiesa e Vergine del Silenzio, assisti e proteggi il tuo servo Papa Benedetto.

Lui, che con umiltà e nel nascondimento, custodisce la volontà del Figlio Tuo, ottienigli forza e vigore per essere un segno visibile dell’amore del Padre.

Maria, Madre della Chiesa e Regina assunta in cielo, siamo pellegrini qui sulla terra in attesa di essere cittadini del cielo: santifica il tuo servo Benedetto e ricompensalo di tutto il bene che ha seminato nella vigna del Signore.

Maria, Madre della Chiesa e nostra Avvocata, assisti il nostro Papa emerito Benedetto negli assalti del demonio. Fa’ che non si senta mai solo ma percepisca il tuo amore e la tua protezione materna.

O Maria, Madre della Chiesa e Vergine del Magnificat, ti raccomandiamo il tuo servo Benedetto. Assistilo nella vecchiaia e nel bisogno, confortalo nei momenti della prova e presentalo ogni giorno e ogni istante al Figlio Tuo, Pastore supremo della santa Chiesa.

Maria, Madre della Chiesa e Madre della speranza, aiutaci sempre nella “buona battaglia” e sii al nostro fianco quando tutto sembra essere contro di noi.

Ti ringraziamo per il dono del tuo servo Benedetto, vero faro di speranza in questo mondo senza Dio. Ti ringraziamo per avercelo dato in questi momenti difficili.

Maria, Madre della Chiesa e Arca dell’alleanza, dona al tuo servo, il Papa emerito Benedetto, la grazia di servire ancora la Chiesa con la sua preghiera, lo studio, la meditazione, per donare ancora a noi, figli devoti della e nella Chiesa, una bussola sicura nel cammino della nostra vita.

Maria, Madre della Chiesa e Regina della pace, dona la pace al tuo servo Benedetto. Fagli gustare la pace del tuo Figlio, la pace del Paradiso, così da anticipare qui sulla terra la grazia che viene dal cielo.

Maria, Madre della Chiesa e Vergine potente, ti affidiamo il tuo servo Benedetto. Che il suo umile lavoro nella vigna del Signore porti frutti abbondanti in questi giorni e nell’avvenire della santa Chiesa di Dio. Presenta al Tuo Figlio e al Padre celeste questi frutti copiosi di santità.

Maria, Madre della Chiesa e Regina degli apostoli, quando terminerà questo ultimo tratto di strada, concedi al tuo servo Benedetto di godere sempre la beatitudine eterna del cielo per lodare con gli angeli e i santi il Signore Dio, Signore della Chiesa e della storia, che vive e regna nei secoli dei secoli.

Amen.

 

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NOTE

1) Benedetto XVI Omelia della Veglia Pasquale 11 aprile 2009

2) Via Crucis al Colosseo Venerdì Santo 2005 – Meditazioni del card. J. Ratzinger

3) Discorso e Benedizione Urbi et Orbi Benedetto XVI 19 aprile 2005

4) se volete sapere la verità di come andarono i fatti, cliccate qui

5) cliccare qui per avere sottomano tutto l’operato di Ratzinger su questa questione.

3. FINE – Lo stesso lavoro potrete trovarlo, integrale, nel Formato Kindle qui.