Intervista al professor Roberto De Mattei (*) sul Vaticano II con Padre Nicholas Gruner (**) del 2014 e pubblicata l’11 marzo 2016 sul canale di youtube di “fatimatv”.
Ringraziamo il Professor de Mattei per averci autorizzati a riproporre questa intervista da noi trascritta in word affinché, attraverso una lettura calma e riflessiva, le parole dette possano aiutarci ad un sano discernimento e al vero ed autentico dialogo mai fine a se stesso, ma per giungere alla Verità.
P.G. – Professor De Mattei, se vuole può cominciare a parlarci di lei e di che cosa si occupa. Lei è professore di che cosa, esattamente? Forse poi può passare a parlarci degli eventi che stanno accadendo nella Chiesa di oggi, specialmente qui a Roma.
RdM. – Sono professore di Storia Moderna alla Università Europea di Roma, e sono presidente della Fondazione Lepanto che è una Associazione culturale che diffonde, irradia i principi della tradizione cattolica attraverso conferenze, pubblicazioni di libri e iniziative culturali di vario genere.
P.G. – Lei ha scritto diversi libri uno dei quali si intitola “Il Concilio Vaticano II”, non è l’ultimo ma è alquanto recente. Ce ne vuole parlare un poco?
RdM. – Sì. Questo libro è uscito nel 2010 ed ha avuto una grande diffusione perché è stato tradotto in cinque lingue: in inglese, francese, tedesco, polacco e portoghese. Vuole essere una storia, una ricostruzione storica degli eventi che si sono svolti a Roma tra il 1962, ’63 e il 1965 cioè, nei tre anni del Concilio Vaticano II. Perché fino a questo momento, la storia più conosciuta era quella detta della “Scuola di Bologna” di Giuseppe Alberigo, ecco, la mia è una ricostruzione storica alternativa che vuole ristabilire, sulla base dei documenti, quella che è stata la verità dei fatti storici.
P.G. – Noi ci siamo incontrati molti anni fa qui a Roma, quando ancora studiavo all’Angelicum. All’epoca già conoscevo alcuni dei suoi scritti, anche se ero molto impegnato a studiare ovviamente, ma in particolare trovo molto interessante questo suo libro sul Concilio Vaticano II proprio perché, Papa Benedetto XVI di recente, ha sollevato una questione che andrebbe sicuramente approfondita. C’è una ermeneutica della continuità o una ermeneutica della rottura nel Vaticano II? Un tema rilevante specialmente se si pensa alla Fraternità di San Pio X. Cosa ne pensa della questione dell’ermeneutica del Vaticano II? Secondo me, essendo più erudito di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha voluto permettere agli studiosi di esprimersi più apertamente in merito al Concilio, ai suoi problemi, o alle cose che di buono può aver portato. Che ne pensa?
RdM – Il contributo del mio libro non si pone sul piano teologico ed ermeneutico, ma sul piano storico. Vale a dire che io non entro nel dibattito tra l’ermeneutica della continuità o discontinuità. A me come storico interessa la ricostruzione degli eventi e dal punto di vista storico – e quindi non mi riferisco ai testi, ma mi riferisco all’evento storico – io credo che il Concilio Vaticano II ha rappresentato un momento di discontinuità nella storia della Chiesa. I testi possono essere interpretati in una maniera o nell’altra, ma il problema è che i testi sono solo una parte dell’evento perché, quando parliamo del Concilio Vaticano II, parliamo di un evento che comprende i testi, le discussioni che si sono svolte nell’aula conciliare, le pressioni mediatiche, le cause e le conseguenze di tutto quello che è accaduto. Quindi a me, il Concilio Vaticano II, interessa non sotto l’aspetto dei testi, ma nel suo insieme storico, nel suo contesto.
P.G. Sì! Leggendo questo suo libro, la ricostruzione di ciò che è accaduto tra il 1962 e il 1965, è evidente che lei ha compiuto moltissime ricerche sull’argomento e che probabilmente ha scoperto cose l’hanno sorpresa, e che comunque non conosceva in precedenza. Che cosa ha scoperto durante la stesura del suo libro? Per esempio, proprio in merito alla Scuola Belga che al Concilio Vaticano II cercò in tutti i modi di far uscire dal Concilio documenti assolutamente fuori dell’ordinario?
RdM – Uno dei punti che credo mostri il mio libro è quello di smentire e contraddire la idea secondo la quale, nel Concilio Vaticano II c’è stata una “maggioranza conciliare” che si è opposta a una “minoranza”. In realtà il Concilio Vaticano II ha visto la lotta tra due minoranze, una minoranza più conservatrice ed una minoranza più progressista, tra le due minoranze c’era, diciamo, la maggioranza degli incerti che fluttuavano tra questi due poli. La minoranza progressista era composta da un gruppo di Vescovi e di teologi – sopratutto del centro Europa tra cui quelli del Belgio, dell’Olanda, della Francia e della Germania – e quello che è successo è che questa minoranza ha preso la direzione del Concilio Vaticano II.
RdM – Ecco, questo mi sembra importante. Quando Giovanni XXIII ha annunciato il Concilio, la decisione ha sorpreso un poco tutti perché è stata annunciata pochi mesi dopo l’elezione al suo pontificato e però, il Concilio Vaticano II, ha avuto tre anni di lunga preparazione tra il 1959 e il 1962. In questi tre anni sono arrivate a Roma i pareri, le opinioni di oltre duemila e cinquecento Vescovi di tutto il mondo, ma anche di Università pontificie, diocesi e seminari che hanno mandato dei documenti e il Papa ha creato dieci Commissioni, a Roma, che hanno elaborato questi documenti e hanno preparato una serie di schemi preparatori per il Concilio Vaticano II. Questi schemi costituivano ciò che di meglio produceva – in quel momento – la teologia cattolica nel mondo. Sono schemi sulle fonti della Rivelazione, sulla Famiglia e sul Matrimonio, sulla Liturgia e su tanti altri argomenti e che riflettono una piena ortodossia, una grande sicurezza dottrinale, sono anche molto informati, molto aggiornati dal punto di vista del dibattito teologico. Bene! Quello che è avvenuto è che nello spazio di pochi giorni – cioè tra l’ottobre e novembre 1962 all’indomani dell’apertura del Concilio – questi schemi, i primi sette schemi che erano stati presentati per essere discussi in concilio, sono stati completamente buttati via, capovolti, cioè, tutto il lavoro di tre anni è stato un lavoro inutile e invece sono stati rielaborati, rifatti dei nuovi schemi completamente diversi. Ecco, come è successo questo? Questo è successo “grazie” all’opera di una minoranza, e una figura chiave è stata certamente il cardinale belga Suenens, neo arcivescovo di Bruxelles che, arrivato a Roma, ha esercitato una forte pressione su Giovanni XXIII per abbandonare gli schemi già preparati, per preparare i nuovi schemi teologici affidati ai teologi del centro Europa. Tra questi teologi del centro Europa il più influente era Karl Rahner.
P.G. – Karl Rahner è un teologo tutt’ora screditato a livello ufficiale. Non conosco bene i suoi scritti, ma di certo so che ha idee alquanto strampalate ed ostili, rispetto a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato…
RdM – Rahner esercita, però, ancora oggi una grande influenza nei milieu ecclesiastici perché viene studiato nelle università, i suoi libri sono diffusi e anche se tutti non ne condividono le idee, però viene considerato come un grande teologo. Rahner ha esercitato una forte influenza sui lavori del Concilio Vaticano II, soprattutto Rahner ha influenzato tutta la Conferenza episcopale tedesca la quale ha svolto un ruolo decisivo nel concilio.
P.G. – Ora, se non erro, padre Rahner, era uno dei teologi che il Sant’Uffizio considerava “sospetti” durante gli anni Cinquanta…
RdM – Sì, non solo Karl Rahner (gesuita), ma anche i domenicani Chenu e Congar (Schillebeeckx, aggiungiamo noi coautore dell’eretico Catechismo olandese), padre de Lubac (gesuita), tutti questi esponenti della “nouvelle teologie”, erano considerati con molta diffidenza, con molto sospetto, alcune loro opere erano state condannate e quello che è accaduto è che questi Autori considerati eterodossi, sono stati i protagonisti del rinnovamento teologico avvenuto dentro il Concilio e poi nel post-concilio.
P.G. – Di certo i teologi che avevano aiutato i Vescovi a preparare gli schemi prima, lo schema del Concilio prima del suo inizio, erano riconosciuti come buoni teologi e non certo sospetti. Ma dopo questa specie di rivoluzione avvenuta nei primi giorni, e nelle prime settimane del Concilio fu permessa, alla nuova teologia, all’eterodossia, ai teologi sospetti di sovvertire gli schemi preparatori e di ridurre al silenzio chi li voleva difendere.
RdM – E’ esattamente quello che è successo. Dal punto di vista della legalità è stato un golpe. Un golpe perché è stato violato il regolamento; perché nello spazio di poche settimane, per esempio, si è avuto, si è attribuito un potere che non era previsto dal regolamento, alle Conferenze episcopali e, queste, erano dominate dall’influenza di questi teologi progressisti. Quindi, fin dall’inizio del Concilio Vaticano II si è avuta questa presenza forte del “partito” dei teologi.
P.G. – Quindi possiamo affermare che il Concilio Vaticano II vide scontrarsi con le minoranze di ultra modernisti-progressisti da una parte e conservatori dall’altra e, in mezzo a loro, la vasta maggioranza dei Vescovi che talvolta pendevano da una parte o dall’altra, ma che spesso non sapevano da che parte stare. Dopo questo vero e proprio golpe, i progressisti presero il controllo del Vaticano II e i conservatori vennero screditati; i Vescovi conciliari si accodarono a questa linea, perché, anche il Papa sembrava pendere da questa parte.
RdM – Una delle ragioni per cui, diciamo, la parte intermedia ha appoggiato i progressisti è stato il fatto che i documenti del Concilio Vaticano II, il linguaggio dei Documenti, è stato un linguaggio molto ambiguo. Do un esempio: per quanto riguarda il tema del Matrimonio e della Famiglia, lo schema iniziale era uno schema molto chiaro, ortodosso, in cui si affermava che il fine primario del Matrimonio è la procreazione e, fine secondario, è il mutuo amore tra gli sposi. La Gaudium et spes al n.26 non nega questo, ma neppure lo afferma con chiarezza, cioè, da l’impressione che ci sia una equivalenza, diciamo, di fini… cioè, non afferma il primato del fine della procreazione. Ora, che cosa è accaduto? La maggioranza dei Vescovi moderati ha interpretato la Gaudium et spes in senso tradizionale, mentre la minoranza progressista ha interpretato questi documenti in senso rivoluzionario. Perché questi documenti essendo ambigui contenevano la possibilità di essere interpretati o in un senso tradizionale o in un senso rivoluzionario.
P.G. – … contrario alla fede di sempre…
RdM – Esattamente. E allora che cosa è accaduto? Che dopo chiuso il Concilio, il cardinale Suenens, i cardinali Döpfner (?? al minuto 16,08 non comprendo il nome), Frings cioè, quelli che erano stati i protagonisti del Concilio, hanno voluto dare una interpretazione rivoluzionaria alla Gaudium et spes e hanno chiesto – diciamo così – con forza che la Chiesa accettasse la contraccezione artificiale partendo dal presupposto del “primato dell’amore sulla procreazione” e dell’educazione (cristiana poi) della prole. Paolo VI con l’Humanae vitae ha dato uno stop a questo, però c’è stata una ribellione contro l’Humanae vitae e, coloro che si sono ribellati i cardinali del Belgio, dell’Olanda e della Germania, non erano una minoranza marginale, ma erano i protagonisti del Concilio Vaticano II e che a questo si richiamavano. Quindi, loro, hanno accusato Paolo VI di aver tradito il Concilio Vaticano II perché, secondo loro, Paolo VI non ha permesso al Concilio di “realizzarsi nella prassi”. Da qui c’è stata la polemica dell’ermeneutica tra la Scuola di Bologna che accusa Paolo VI di aver tradito il Concilio Vaticano II e la Scuola – diciamo – del cardinale Ratzinger poi Benedetto XVI che invece accusa i teologi progressisti di aver tradito il pensiero e le vere intenzioni dei Padri conciliari. Nella mia opinione il tradimento c’è stato, ma questo tradimento è stato (qui scoppia un forte tuono) – mentre parliamo c’è un grande temporale su Roma, un temporale come fu il Concilio Vaticano II, in quel momento… dicevamo, il tradimento, a mio avviso, è avvenuto nei primi giorni, nelle prime settimane del concilio quando, lo stesso Giovanni XXIII, ha contraddetto, ha permesso che quei documenti che lui, il Papa, aveva approvato e firmato, i sette schemi originali, fossero cancellati e buttati via. Questo è stato, a mio avviso, il tradimento del Concilio Vaticano II. Rifiutare i tre anni di lavoro che erano stati svolti a Roma dalla Curia romana.
P.G. – Non solo dalla Curia romana ma da tutti i Vescovi che avevano fornito i loro pensieri sull’argomento
RdM – Sì, esattamente.
P.G. – Ovviamente un’altro aspetto più importante è far comprendere alle persone che non è vero un Concilio non può sbagliare, o che non possa essere, addirittura, malvagio. Si può spiegare il concetto di male come qualcosa che ci dovrebbe essere ma che non c’è. Non sono mie parole, ma insegnamenti di sant’Agostino e di san Tommaso. Un uomo che non vede, che è cieco, ha un male fisico, cioè gli manca la vista, un senso che dovrebbe avere in natura e che invece non ha. Ecco, in questo i documenti del Concilio rappresentano i suoi frutti, anche se non tutti, sicuramente i più importanti. Ebbene, se i documenti di un Concilio non sono chiari e possono essere interpretati in modi diversi, allora manca in essi la chiarezza che invece dovrebbero avere. Ad esempio, riguardo al Sinodo di Pistoia tenutosi nel 1786, Pio VI affermò che i suoi documenti avevano reso meno chiaro ciò che avrebbe dovuto essere chiarito invece, egli, è per questo che condannò quel Sinodo in quanto malvagio, proprio perché aveva prodotto dei documenti cattivi. Possiamo dire la stessa cosa anche in merito al Concilio Vaticano II?
RdM – Beh, sì, sono d’accordo con lei. La caratteristica del Concilio Vaticano II è quella di essere stato un concilio “pastorale”, e in che senso deve essere intesa questa espressione? Nel senso che il concilio ha voluto affermare il “primato della prassi sulla dottrina”. Sotto questo aspetto il Concilio Vaticano II ha prodotto dei documenti – a mio parere – volutamente, deliberatamente equivoci, o ambigui per poter lasciare alla prassi di realizzare il significato di questi documenti. In questo senso non si può dividere il Concilio dal post-concilio perché, il post-concilio, è la realizzazione nella prassi dei documenti del Concilio e quindi, l’ermeneutica, la vera ermeneutica dei documenti conciliari, sta nella prassi post-conciliare, in ciò che è accaduto dopo. Perché è il Concilio stesso che affida alla prassi, cioè alla pratica pastorale, la verifica dei propri documenti. Quindi a mio parere è difficile dire che c’è stato un tradimento dei documenti da parte del post-concilio, perché il post-concilio ha realizzato ciò che era implicito nei documenti del Concilio.
P.G. – Non sto parlando del tradimento dei documenti del Concilio, sto parlando del tradimento della Fede cattolica, della Chiesa Cattolica, la Chiesa di Cristo, dall’epoca della venuta di Nostro Signore e fino ai giorni nostri. Sto parlando del tradimento dello scopo stesso dell’Ufficio petrino e di quello dei Vescovi che è quello di promuovere, diffondere e difendere il Vangelo. Un Concilio dovrebbe fare la stessa cosa, ma se esso produce documenti ambigui o equivoci, il risultato è che essi possono essere interpretati nel modo sbagliato, proprio perché mancano di quella chiarezza – con gli stessi documenti – non permettendo quella chiarezza univoca. Quindi non è un tradimento del Concilio, ma è un tradimento della chiesa da parte di quel Concilio. Prendiamo l’esempio del secondo Concilio di Costantinopoli nell’Anno 553 e che Papa Gregorio Magno condannò in toto chiedendo ai Vescovi di far finta che non fosse mai esistito, e di tornare agli insegnamenti precedenti a quel concilio ebbene, potremo dire la stessa cosa del Concilio Vaticano II?
RdM – Io penso che possiamo dire esattamente la stessa cosa per il Concilio Vaticano II, lei lo ha espresso bene.
P.G. – Certo, nello spiegare la storia del Concilio lei ha detto che il primo e più importante tradimento fu causato da Giovanni XXIII, il quale permise ai sette schemi preparatori del Concilio, e a tutto il lavoro (ortodosso) in esso riversato, di venire scartati, pretendendo poi che il Concilio riuscisse a produrre un documento più ampio, per così dire, sul quale potesse votare la maggior parte dei Padri conciliari. Ma quei documenti vennero scritti in modo ambiguo e poco chiaro, tanto che il vescovo irlandese Morris – in seguito – affermò di averli firmati, e cito testualmente: “solo perché sapevo che erano stati scritti in modo poco preciso, e che avrebbero dovuti essere modificati in qualche modo, non mi preoccupai di votare a favore di essi perché ritenevo che non fossero né infallibili, né vincolanti per nessuno”.
RdM – Io penso che dobbiamo allontanarci da una discussione sui documenti del Concilio perché il problema del Concilio non è un problema ermeneutico, ma è un problema storico. Cioè, dal punto di vista storico non c’è dubbio che le conseguenze del Concilio Vaticano II sono state negative per la Chiesa. Al di là del giudizio teologico sui documenti, anche se i documenti possono essere interpretati in una maniera corretta, resta il fatto che concretamente i risultati sono stati disastrosi. Quindi il problema di oggi è un problema pastorale, in questo senso: che la pastorale del Concilio Vaticano II è fallita, dopo cinquant’anni non ha funzionato perché i seminari sono vuoti, c’è una crisi di vocazione, la eterodossia è diffusa nelle università, nelle librerie, gli Ordini religiosi sono in crisi, è una situazione (e diciamolo) di disastro. Al contrario in tutti i luoghi in cui si riafferma il valore della Tradizione noi troviamo le chiese piene, le vocazioni che aumentano, i giovani che sono attirati. Io nella mia esperienza personale, presentando il mio libro in diverse lingue, in diversi posti del mondo, ho visto dappertutto tanti giovani laici, seminaristi, sacerdoti, tornare con entusiasmo alla Tradizione della Chiesa, alla giusta Fede, alla retta dottrina. Ecco credo che questa è la strada pastorale del futuro.
P.G. – Concordo. Esiste un sogno di san Giovanni Bosco nel quale egli definisce il Papa “Venerabile, Vegliardo del Lazio” il quale lascia Roma, si spoglia delle sue vesti e si incammina verso un’altra strada. Nel guardare alle sue spalle, tuttavia, egli vede che sempre meno persone lo stanno seguendo. Allora capisce, si gira e torna indietro sui suoi passi, rivestendosi coi suoi paramenti, solo a quel punto la gente torna a seguirlo. Che cos’è se non una promessa del ritorno della Chiesa alla Tradizione?
RdM – Ottima indicazione, profetica!
P.G. – E’ uno dei 400 sogni profetici di san Giovanni Bosco…
RdM – Uno dei più interessanti, è vero!
P.G. – C’è una battaglia che sta venendo combattuta nella Chiesa da parte di coloro che ritengono che attenersi alla Fede sempiterna della Chiesa sia un disservizio per quest’ultima. Queste persone sono moderniste, persone, cioè, che hanno perduto il concetto stesso della verità oggettiva e del fatto che la Fede è un “Deposito”. Io ti do questa penna, essa viene da me e tu non puoi cambiarla, devi mantenerla e trasmetterla così come è. La Fede che Dio ci ha donato, specialmente nella Persona di Gesù Cristo – e grazie ai Suoi Apostoli – è la stessa di ieri, oggi e per sempre. Un solo Dio, una sola Fede, un solo Battesimo, non puoi cambiarla in qualcosa di diverso. Riguardo al Segreto di Fatima, il cardinale Pacelli che in seguito sarebbe diventato Papa Pio XII, nel 1931 disse: “Sono preoccupato per il messaggio che ha dato la Beata Vergine a Lucia di Fatima….è un avvertimento divino contro il suicidio…” questa fu la parola da lui usata “suicidio”, e continua: “… contro il suicidio di alterare la Fede, nella Sua liturgia, la Sua teologia e la Sua anima. …”(1) Oggi come oggi è evidente che la Chiesa stia appoggiando sempre di più il Nuovo Ordine Mondiale, cercando il dialogo con tutte queste false religioni, gruppi e teorie che fanno tutti parte dello stesso piano massonico. A partire dal Vaticano II la Chiesa ha cominciato a mettere da parte i dogmi della Fede proprio come desiderava la Massoneria. Perché insistere sui dogmi e sulle verità infallibili? Perché ci permette di conoscere le differenze sui punti fondamentali con chi, invece, rifiuta tali dogmi e tali verità.
RdM – Assolutamente vero quello che lei dice. Mi domando, se oggi fosse vivo Pio XII, che cosa dovrebbe pensare dell’attuale crisi nella Chiesa che, già lui vivente, ne intravvedeva i primi segni. Purtroppo questa crisi si è accelerata in maniera vertiginosa negli anni che sono seguiti al Concilio Vaticano II…
P.G. – E la situazione non sta certo migliorando al giorno d’oggi. Basta pensare ai Francescani dell’Immacolata (2), di cui parla proprio questo libro (3). Ecco professor de Mattei, che cosa sta accadendo ai Francescani?
RdM – I Francescani dell’Immacolata sono un Ordine religioso che dopo il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI ha aderito con entusiasmo alla Messa tradizionale, ma non solo alla Messa, nella loro vita religiosa hanno sempre mantenuto una fedeltà alla Tradizione perché praticano l’austerità, il digiuno, la penitenza, camminano a piedi scalzi, cercano di vivere il carisma francescano nella sua purezza originaria. Quindi possiamo considerarlo uno degli Ordini, degli Istituti migliori di oggi, in questo orizzonte di crisi e di rovine. Quello che è accaduto è che nel luglio del 2013, questo Istituto religioso, i Francescani dell’Immacolata, è stato commissariato. Vale a dire che la Congregazione degli Istituti di vita religiosa ha imposto un cappuccino – Padre Fidenzio Volpi – che ha assunto i pieni poteri, ha esautorato la leadership dei Francescani dell’Immacolata a cominciare dal suo Fondatore Padre Stefano Manelli, ha chiuso il seminario, ha trasferito i sacerdoti (i frati, nota nostra) più vicini alla tradizione esiliandoli, ha proibito la celebrazione della Messa tradizionale…
P.G. – Ma questo è contrario alla legge della Chiesa di Dio
RdM – Certo, certo!
P.G. – Così si esprime il Concilio di Trento settima sessione canone 13: “Se qualcuno afferma che i riti tramandati e approvati dalla Chiesa Cattolica, possono essere cambiati da qualsivoglia Pastore, con altri nuovi riti, sia anatema”. In altre parole nemmeno un Papa può cambiare i riti tramandati e approvati dalla Chiesa. Papa Pio V nel 1570 affermò che questo Messale era stato tramandato e approvato e che nessuno, neanche uno dei suoi Successori, neanche un cardinale o un superiore religioso può proibire ad alcun sacerdote cattolico di rito latino, di celebrarlo. E questo “per sempre”. C’è chi afferma che un Papa non può vincolare un suo Successore, ma non è così. Un Papa può vincolare un’altro Papa su questioni di Fede, visto che è stato definito dal Concilio di Trento che i riti tramandati e approvati non possono essere mutati da qualsivoglia Pastore della Chiesa, nemmeno da un Papa. L’espressione usata è “quicumque” in latino, il che vuol dire anche il Papa. Quando Paolo VI ha introdotto il nuovo rito gettando via quello vecchio, egli non aveva ne il diritto, ne la capacità di farlo e nessuno, pertanto, dovrebbe obbedire a quell’ordine, ne tanto meno a quello di Padre Volpi o di qualunque ordine ai francescani, di non celebrare la Messa in latino.
RdM – No, esattamente! Ma oltretutto anche il Summorum Pontificum di Benedetto XVI afferma con chiarezza che, la Messa tradizionale, non è mai stata abrogata e non può essere abrogata quindi, l’ordine di padre Fidenzio Volpi è chiaramente un ordine illegale e i sacerdoti, i Francescani dell’Immacolata, avevano a mio parere il diritto di opporsi, di fare una resistenza su questo punto. Perché lei, come giustamente osserva, ci sono delle leggi divine che sono al di sopra delle leggi ecclesiastiche, e quando parliamo della Messa parliamo di una legge divina. Questo è un punto importante che mostra l’abuso di potere che c’è stato nei confronti dei Francescani dell’Immacolata. Dopo un anno – è passato un anno – c’è stata nei loro confronti una politica che ha avuto ed ha dei metodi polizieschi che ricordano quelli del K.G.B. dei regimi totalitari. Mai sotto il pontificato di Pio XII, dell’epoca pre-conciliare, si è avuta una tale e brutale violenza delle coscienze, che si è avuta nei confronti dei Francescani dell’Immacolata, e oggi anche delle Francescane dell’Immacolata, il ramo femminile delle Suore. Io credo che i Francescani e le Francescane dell’Immacolata abbiano il diritto e il dovere di una resistenza di fronte a ordini illegittimi da parte delle autorità ecclesiastiche.
P.G. – Lei ha tirato in ballo un punto fondamentale: resistere ad un ordine illegale, o persino eretico, o comunque basato su idee eretiche che un Papa non ha il diritto di imporci. Può sembrare una idea protestante, ma in realtà è molto cattolico. I protestanti “protestano” mentre i cattolici “resistono”, essi riconoscono l’autorità legittima, ma resistono a qualsiasi abuso di tale autorità.
RdM – Esattamente.
P.G. – Noi cattolici riconosciamo l’autorità del Papa e rispettiamo ciò che dice e fa, fino a tanto che ciò rientri nella sua giurisdizione, se dovesse andare oltre avremo il dovere di resistere.
RdM – Senza dubbio: ne ribellioni, ne proteste, ma è una resistenza che nasce da una coscienza retta degli individui che, come battezzati, noi abbiamo il dovere di difendere la Fede. Perché la Chiesa è stata istituita da Gesù Cristo per la salvezza delle anime, salus animarum est prima lex, e quindi quando la nostra Fede è in pericolo noi abbiamo il dovere di resistere, nel rispetto delle autorità ecclesiastiche, però di resistere per difendere la nostra Fede e quella delle persone che ci sono vicine.
P.G. – Sì e ovviamente, questo principio, non ce lo siamo inventati noi! ma è stato ribadito da grandi Santi e Dottori della Chiesa. Innanzi tutto abbiamo il famoso esempio del rimprovero a san Pietro da parte di san Paolo. Pietro stava agendo secondo coscienza e tuttavia il suo esempio stava ingenerando una opinione errata tra la gente della sua epoca, che cominciò a ritenere che solo i circoncisi si potessero considerare davvero cattolici. San Paolo rimproverò Pietro e gli disse che col suo esempio stava sviando i fedeli dalla retta via. Pietro doveva mangiare sia con chi era circonciso, sia con chi non lo era, in modo da non ingenerare una erronea impressione tra i fedeli. Pietro riconobbe il suo errore e modificò il suo comportamento. In una parola il primo Papa aveva sbagliato (ma accettò la correzione, nota nostra).
RdM – Il Papa non è il “Successore di Cristo” ma è il “Vicario di Cristo”. Il Papa è il Successore di Pietro, e Pietro non era “il Cristo”, ma è un uomo che ha servito il Cristo fino al martirio, ma che lo ha anche rinnegato. Quindi, diciamo, che il Papa può anche commettere degli errori. Il Concilio Vaticano I ha definito con chiarezza i limiti dell’infallibilità del Pontefice, ci sono dei casi in cui il Papa esercita la sua infallibilità, ma ci sono altri casi in cui ci può essere un errore di giudizio, un errore strategico, anche un errore dottrinale e in questi casi i cattolici hanno il dovere di preservare la Fede. Certo, sono casi eccezionali, ma noi oggi viviamo un’epoca eccezionale della storia della Chiesa.
P.G. – Possiamo dire che fin dai tempi dell’eresia di Ario la Chiesa non ha mai sperimentato una crisi come la nostra, che forse è addirittura peggiore di quella ariana quando, il novanta per cento dei Vescovi cadde nell’eresia, che rimasero pochissimi Vescovi tra cui sant’Atanasio a mantenere salda la propria Fede..
RdM – … Eusebio di Vercelli, sant’Ilario di Poitiers, sì, certo.
P.G. – Sì, resistevano all’eresia. Sant’Atanasio arrivò addirittura ad essere scomunicato, tra virgolette, da Papa Liberio nel 557, ma in realtà era quel Papa ad essere in errore perché non si può ricevere la scomunica se non si è commesso un grave peccato contro la Fede o contro la Chiesa. Atanasio era rimasto saldo nella dottrina e quindi non avrebbe dovuto ricevere un simile castigo. Ovviamente Papa Liberio si pentì, in seguito, di quel gesto, ma aveva comunque promulgato un decreto di scomunica nei confronti di Atanasio. In questo caso avevano ragione coloro che seguivano quell’unico Vescovo che era rimasto saldamente ancorato alla propria Fede e non al Papa. (4)
RdM – “Il beato John Henry Newman disse che fu la “ecclesia docta” (cioè i fedeli che ricevono l’insegnamento dal clero) anziché la “ecclesia docens” (cioè i responsabili del magistero ecclesiastico) a salvare l’integrità della fede cattolica nel quarto secolo” (5) Ora noi non siamo la “ecclesia docens” però siamo dei cattolici che con il loro sensus Fidei capiscono, diciamo, per istinto soprannaturale che cosa è ortodosso, che cosa è eterodosso. Diamo un esempio molto concreto, ci sarà prossimamente un Sinodo dei Vescovi in cui c’è stato addirittura un cardinale, il cardinale Kasper, che ha messo in dubbio il valore di due Sacramenti, il sesto e il nono Comandamento quando ha affermato la possibilità di dare la Comunione a degli adulteri..
P.G. – Contro il nono Comandamento, contrario ai due Sacramenti l’Eucaristia e il Matrimonio..
RdM – Sì, due Sacramenti, Eucaristia e Matrimonio e due Comandamenti il sesto e il nono. Ora questo va direttamente contro la legge divina, allora non c’è bisogno di essere grandi teologi, è sufficiente la conoscenza del Catechismo, dei principi fondamentali della Chiesa per capire che ci troviamo di fronte a delle proposte quantomeno eretizzanti…
P.G. – Mi rendo conto che tutto questo potrebbe essere fondamento per uno scisma, ma non si può nascondere il fatto che quando il cardinale Kasper ha detto certe cose agli altri cardinali del Sinodo, invitato a farlo e poi a indirlo da parte di Papa Francesco, e quando quest’ultimo ha applaudito il discorso di Kasper, ebbene, l’ottantacinque per cento dei cardinali non si è unito a quell’applauso, ed erano loro ad aver ragione, mentre il Papa Francesco e Kasper erano (e sono) in errore. E questo è ovvio a chiunque conosca il Catechismo, e come ha detto giustamente lei, non c’è bisogno di essere dei teologi per comprenderlo, e ritengo che la gente dovrebbe rendersi conto che il vero scisma non è quello dei cardinali, ma proviene dai falsi insegnamenti, persino se a pronunciarli è un Papa. Per molti “scisma” significa una comunità di sottoposti che non obbediscono ai propri superiori, ma uno scisma può anche provenire dai vertici. Come? Ad esempio come è il caso della nuova liturgia introdotta da Paolo VI. Egli non affermò mai nei suoi documenti che era obbligatorio celebrare la nuova Messa, dette soltanto quella impressione, permettendo ai suoi sottoposti di far si che essa si ingenerasse tra la gente. Conosco famiglie intere in America che sono state infrante per colpa delle divisioni causate dalla Messa tridentina, non certo per colpa del rito in se, ma per via degli ordini categorici: “non puoi andare a quella Messa, non devi andare” e così via…. Tutto ciò ha causato confusione e differenze di opinioni ( su degli argomenti sui quali non vi è affatto nulla di discutere, ma solo da conoscere e da accogliere, oppure rigettare insieme all’intera Fede della Chiesa, nota nostra). Certo si tratta di uno scisma, ma da cosa deriva? Dai vertici della Chiesa, dal Papa che non parlò chiaramente. Nostro Signore disse: le tue parole siano sì, sì – no, no… e tuttavia dando l’impressione di dare un ordine senza poi assumersene la responsabilità, quel Papa causò grave confusione e scandalo nelle famiglie e comunità. Si tratta di uno scisma causato dall’alto perché ha colpito i fedeli su questioni religiose per i quali Dio ci aveva chiesto invece l’assoluta unità.
RdM – Sì! E’ uno scisma che già esiste e in cui siamo immersi. Ora questo non è normalmente ufficiale, ma che presto diventerà ufficiale. Di fatto viviamo già in una situazione di oggettivo scisma materiale.
P.G. – Infatti, proprio come nel caso dei Francescani dell’Immacolata, questa pretesa che il commissario dei Francescani abbia il diritto di imporgli di non celebrare una Messa in latino, è assolutamente falsa. Non che sia l’unica questione in gioco sebbene sia la più importante, ma il fatto è che costui non ha l’autorità di dir loro di non celebrare più la Messa (detta, seppur erroneamente) tridentina. San Pio V disse che chiunque l’avesse fatto sarebbe incorso nella collera di Dio, San Pietro e San Paolo, ed io francamente non vorrei trovarmi nei panni di una persona del genere. Dobbiamo fare chiarezza sulla questione. Innanzi tutto abbiamo gli insegnamenti di San Roberto Bellarmino, Dottore della Chiesa, tra l’altro uno dei più grandi estenui difensori del papato, quindi una persona assai qualificata per parlare della questione. Secondo san Roberto se un Papa ci attaccasse fisicamente avremo il diritto di resistergli, anche con i nostri pugni se necessario, e se questo è vero – e lo è per un attacco al corpo – lo sarebbe a maggior ragione se un Papa minacciasse la nostra Anima. In questo caso avremo il dovere di resistergli, di non obbedire ai suoi ordini e di far si che nessuno li portasse a compimento, e a tal fine dovremo fare ogni cosa in nostro potere – tranne ovviamente deporlo – perché quello è un atto che solo un superiore può fare, e solo Dio è superiore al Papa. Abbiamo poi gli insegnamenti di sant’Alfonso Maria de Liguori e il domenicano sant’Antonino Vescovo di Firenze i quali insegnavano che se un Papa pronunciasse un insegnamento eretico, un Vescovo dovrebbe chiedergli ufficialmente: “Santità, lei ha detto queste cose? Ha negato l’Immacolata Concezione?” giusto per fare un esempio, e se il Papa rispondesse di sì il Vescovo potrebbe chiedergli: “Lei sa che esiste una definizione infallibile e che se lei nega tale dogma si pone al di fuori della Chiesa? Ne è cosciente?” Se anche in questo caso il Papa rispondesse di sì, allora gli si potrebbe legittimamente dire che egli non è più membro della Chiesa, perché si è tolto da essa di sua spontanea volontà. Non sarebbe quel Vescovo a dichiarare il Papa fuori della Chiesa, ma la definizione dogmatica stessa. Questo era l’insegnamento di sant’Alfonso, di sant’Antonino e il Concilio di Firenze.
RdM – Certo, sono problemi molto importanti e delicati e credo che la strada per risolverli è proprio quella dello studio dei grandi Dottori della Chiesa come sant’Alfonso, san Roberto Bellarmino, così come i grandi teologi dell’Ottocento e del Novecento. Quindi è necessario molto studio ma anche molta santità, molta umiltà per chiedere un’aiuto, una illuminazione allo Spirito Santo che guidi i fedeli in questo momento così difficile nella storia della Chiesa, ma anche nella storia e nella vita di ognuno di noi.
P.G. – Sì. Per tornare un attimo ai Francescani dell’Immacolata: essi hanno il diritto di non obbedire quando viene chieste loro di non celebrare la Messa antica. Un rito santificato, tramandato e approvato. Lo hanno insegnato il Concilio di Firenze , di Trento e l’Enciclica Quo primum di San Pio V, nessuno può toglierci quel rito, ne padre Volpi, né Papa Francesco. I Francescani dell’Immacolata hanno il diritto e il dovere di resistere, per farlo basta che prendano l’Ostia e il vino e con i loro Messali antichi celebrino la Messa di sempre. Ribadendo con tutto il rispetto che non hanno alcun dovere di obbedire ad un simile ordine, perché nessuno ha l’autorità per imporlo, è un fatto incontrovertibile. Con questo, ovviamente, non voglio dire che non debbano difendersi pubblicamente a mezzo stampa o nei tribunali ecclesiastici.
RdM – Il caso dei Francescani dell’Immacolata è molto importante perché va al di là dei Frati, è piuttosto un problema che tocca tutta la Chiesa perché, quello che succede oggi ai Frati Francescani dell’Immacolata (e anche al ramo femminile delle Suore), domani potrebbe succedere ad altre congregazioni, ad altri istituti religiosi. E quindi parlare di questi argomenti, di studiarli, credo che sia molto importante. Per esempio io nel mio piccolo, nel mio ambito, ho cercato di aiutare i Francescani dell’Immacolata, continuerò a farlo, ma ci troviamo purtroppo dentro ad una vera e propria guerra religiosa.
P.G. – Certo. E comunque è importante che comprendano che non sono soltanto i santi da noi citati a parlarne, ma tutta la Tradizione Cattolica e i Concili trascorsi. Tutti i Padri della Chiesa concordano, ciascuno con parole proprie, che bisogna resistere specialmente quando è in gioco la nostra Fede, come aveva ricordato già San Paolo
RdM – E’ un punto fondamentale. I teologi oggi dovrebbero dedicare le loro energie per approfondire questo tipo di problemi. Perché nell’Ottocento quando fu proclamato il dogma dell’infallibilità tutte le energie erano dedicate a mettere in luce l’autorità del Papa, il suo potere, la sua infallibilità. Oggi è molto importante cercare di capire quali sono i limiti della infallibilità, i limiti della obbedienza, il diritto di resistenza, e questo è un tema su cui bisognerebbe scrivere degli articoli, organizzare dei convegni, degli incontri, è un tema in cui varrebbe la pena di parlare, approfondire, un tema importante.
P.G. – Ho scritto un libro a riguardo, rivolto più a un vasto pubblico che ai teologi o agli addetti ai lavori, anche se è un libro corto di per se. In quel libro riporto cinque esempi di Papi che hanno commesso gravi errori nella storia della Chiesa, non sono gli unici ovviamente, anche se non sono poi così frequenti per fortuna! Abbiamo il caso di San Pietro di cui abbiamo già parlato, e il caso di Papa Pasquale II nel 1111 il quale venne osteggiato da tutti quanti i Vescovi perché aveva intenzione di distruggere la Chiesa, cedendo le redini al potere dell’imperatore. Abbiamo il famoso caso di Giovanni XXII il quale intorno all’anno 1330 commise un grave errore dottrinale di un punto non ancora definito dogmaticamente, ma che il magistero ordinario della Chiesa universale aveva già abbondantemente chiarito. Insomma, oggi, non serve nemmeno rifarsi alla teologia, basta la storia stessa della Chiesa per capire che i Papi possono sbagliare, commettere errori e sapere che tanti Padri della Chiesa ci hanno detto che in tal caso è necessario resistergli. Sicuramente dobbiamo parlare molto di più della questione, di certo in maniera più approfondita di quanto abbiamo fatto in passato. In questo libro sui Francescani dell’Immacolata, si parla di questo argomento, giusto?
RdM – Si parla anche di questi argomenti, certamente. Qualche articolo anche io, personalmente, l’ho scritto come “lex dubia non obligat” – vedi qui – in cui sviluppo alcuni di questi argomenti. Questi punti sono trattati da alcuni autori e tra gli autori di questo libro curato da Carlo Manetti, ci sono alcuni giovani scrittori italiani del mondo tradizionale come Cristina Siccardi, Corrado Gnerre, Massimo Viglione, Alessandro Gnocchi, Mario Palmaro che purtroppo è morto, e molti altri. E’ un libro interessante e il titolo è “Un caso che fa discutere”… perché, diciamo, è il momento di discutere di questi casi come stiamo facendo in questo momento.
P.G – Bene. La ringrazio di essere stato con noi. Sono sicuro che potremo parlare molto di più della questione visto che lei ha scritto molti altri libri e articoli sull’argomento. Mi auguro quindi di poterla intervistare nuovamente in futuro, grazie.
RdM – Grazie a lei.
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(*) Roberto de Mattei (Roma, 1948) insegna Storia Moderna e Storia del Cristianesimo presso l’Università Europea di Roma, dove è preside dell’ambito di Scienze Storiche. È presidente della Fondazione Lepanto. È membro dei Consigli Direttivi dell’Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e Contemporanea e del Consiglio Direttivo della Società Geografica Italiana.
Tra il 2003 e il 2011 è stato vice-presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche con delega nel settore delle Scienze Umane; Membro del Board of Guarantees della Italian Academy presso la Columbia University di New York (2005-2011); Consigliere per le questioni internazionali del Governo Italiano (2002-2006).
È autore di libri e pubblicazioni tradotte in varie lingue e collaboratore di giornali e riviste italiane e straniere. Dirige le riviste “Radici Cristiane” e “Nova Historica” e l’agenzia di informazione “Corrispondenza Romana”.
(**) Padre Nicholas Gruner è stato un sacerdote cattolico canadese che ha ricevuto gli ordini a Frigento, in Italia, nel 1976. Ha conseguito il diploma in Sacra Teologia (S.T.L.) presso L’Università Pontificia di San Tommaso d’Aquino a Roma (l’Angelicum, dei Padri Domenicani), ottenuto con alti voti. Un sacerdote di ottima reputazione. Nel 1978, dopo aver preso la decisione di non far parte della comunità francescana italiana alla quale aveva inizialmente avuto intenzione di unirsi, Padre Gruner ricevette dal Vescovo di Avellino, in Italia, il permesso scritto di risiedere in Canada. A causa della barriera linguistica, ad Avellino Padre Gruner non ha avuto alcuna missione canonica in qualità di sacerdote di parrocchia. Quindi Padre Gruner ha fatto ritorno in Canada, dove si è impegnato nell’apostolato mariano dedicato, in modo del tutto speciale, al Messaggio di Fatima. Per leggere altre vicende, si acceda qui. Negli ultimi decenni ha predicato il messaggio a lui caro nelle cattedrali e nelle chiese di più di 500 città e di 30 nazioni. Nel 1993 Giovanni Paolo II gli mandò la sua benedizione personale.
Padre Gruner è morto di infarto il 29 aprile 2015. La notizia è stata data, «con grandissimo dolore», da Fatima Tv (canale 630 dei digitale terrestre), la stazione televisiva romana dedicata interamente alla figura della Vergine apparsa ai tre Pastorelli il 13 maggio 1917 in Portogallo.
1) Citazione riportata nel libro Pius XII Devant L’Histoire, Editions du Jour/Robert Laffont (1972), pp. 52, 53.
2) Consigliamo di leggere i due interventi a braccio di Papa Francesco, da noi trascritti e riportati integralmente dal video, ai Frati Francescani dell’Immacolata del 10 giugno 2014 – qui la prima parte; qui la seconda parte.
3) “Un caso che fa discutere” I Francescani dell’Immacolata di Carlo Manetti, vedi qui.
4) Qui è bene ricordare che quando Sant’Atanasio venne scomunicato, un’altro grande Padre della Chiesa e suo amico, Sant’Ilario di Poitiers, giunse a scomunicare tutti i Vescovi caduti nell’eresia ariana. Intanto si radunò in Seleucia un concilio di eretici per annullare i canoni di quello di Nicea. Sant’Ilario vi fu invitato, ed egli vi si recò per difendere la vera fede, ma poi udendo le orribile bestemmie che si dicevano contro la divinità di Gesù Cristo, indignato si ritirò a Costantinopoli, chiedendo di tenere in pubblico delle conferenze con l’eretico Saturnino. Gli Ariani se ne intimorirono, e tacciandolo di imbroglione e perturbatore della pace, lo fecero rimandare a Poitiers, dove fu accolto colla più grande allegrezza. Riunì allora un concilio nelle Gallie, vi condannò gli atti del concilio di Rimini, e scomunicò Saturnino. Questo concilio portò i più benefici effetti: cessarono gli scandali, e la fede fu riconosciuta in tutta la sua purezza. A dimostrazione che quando la Fede è in pericolo, ogni singolo Vescovo ha l’autorità e il dovere di poter prendere decisioni imponenti per difenderla, come del resto hanno fatto quei pochi cardinali, oggi, con i “Dubia” chiedendo umilmente e con rispetto a Papa Francesco di chiarire l’interpretazione corretta dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. Vedi qui l’intervista del cardinale Caffarra.
5) citazione nostra da un intervento di mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana (Kazakistan), perchè non si comprende bene di chi sta parlando il prof. de Mattei, ma dice la stessa e identica cosa al minuto 40:27 del video.