“È impossibile ritenersi cattolici se in un modo o nell’altro si riconosce il diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso.“ (Cardinale Carlo Caffarra – Nota dottrinale 14 febbraio 2010)
Convertirsi significa in sostanza vivere solo per Dio, poiché qualsiasi altra finalizzazione ultima della nostra vita riduce l’uomo ad essere solo polvere ed a ritornare in polvere. “Due sono infatti le passioni da cui è mossa la nostra volontà, così diverse fra loro, come diversi ne sono i movimenti. L’anima razionale, che non può esistere senza amare, o ama Dio o ama il mondo. L’amore verso Dio non è mai troppo; nell’amore del mondo, invece, tutto è pericoloso. Bisogna aver di mira così decisamente i beni eterni, considerando invece caduchi o passeggeri quelli temporali – dal momento che siamo di passaggio su questa terra e ci affrettiamo a ritornare in patria – da accogliere tutto quel che di fortunato potrà capitarci in questo mondo soltanto come viatico, e non come invito a rimanere” (S.Leone Magno, Discorso XC, 2). Il Signore accolga con paterna bontà il nostro desiderio di convertirci, perché possiamo giungere completamente rinnovati a celebrare in verità e grazia la sua Pasqua. (Cardinale Carlo Caffarra – Mercoledì delle Ceneri 17 febbraio 1999)
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FEBBRAIO
1 – Mi sembra che la società occidentale, attraverso un percorso assai lungo e complesso su cui non possiamo soffermarci neppure brevemente, sia giunta ormai ad una sorta di capolinea spirituale da cui non riesce più ad uscire. Quale? Esso si caratterizza per le seguenti affermazioni:
- – non esiste una verità sull’uomo universalmente valida, poiché l’uomo è la coscienza che ha di essere (essere = coscienza) e quindi esistono solo opinioni contrarie ed ugualmente valide per il soggetto;
- – di conseguenza non esiste un bene della persona umana come tale e quindi è oggetto della volontà di ogni persona, ma esistono solo “beni per me bene per te”: esiste un insuperabile conflitto di concezioni riguardo al bene dell’uomo.. (Convegno Accoglienza alla Vita – Embrioni e società incivile – 2 febbraio 1997)
2 – Questa sera noi possiamo offrire un’oblazione secondo giustizia: offriamo al Padre il Figlio stesso primogenito nei segni eucaristici. La Chiesa rivive ora il mistero narrato dal Vangelo. Ora si compie la profezia. Noi ringraziamo il Signore per il modo con cui la profezia si compie: dall’oblazione secondo giustizia del Primogenito nasce l’oblazione verginale di ciascuno/a di voi, figli prediletti della Chiesa. L’oblazione verginale è il frutto più prezioso del sacrificio di Cristo. Scrive infatti S. Ambrogio: “Vergine è colui che si sposa a Dio … Quello che a noi è promesso voi lo possedete già, e voi praticate ciò che per noi è desiderio. Venite da questo mondo, ma non ha potuto possedervi” (De Virginibus I, 52). (Omelia per la Vita Consacrata – 2 febbraio 1996)
3 – “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro quella perduta, finché non la ritrova?” E’ l’inizio di una delle più commoventi parabole del Signore. Che cosa ci commuove e ci stupisce ogni volta che ascoltiamo queste parole? E’ la cura che il Pastore ha di quell’una; la passione che sente per essa. Egli non pensa: “ma di che mi preoccupo? Su cento ne ho perso una solamente: me ne restano novantanove!”. Non solo. Il Pastore va a cercare quella sola “finché non la ritrova”. Egli non si stanca; Egli la rivuole vicino a sé. Che cosa significa in fondo questo racconto? Che davanti a Dio ogni e singola persona ha un valore assoluto, possiede una preziosità infinita. Davanti al Signore non esiste il genere umano: esisto io, esisti tu; non esiste una folla più o meno grande di uomini e donne: esiste il singolo. Ecco perché pur restandogliene novantanove, si preoccupa di quell’unica. (Tratto da “otto interventi per la Vita” da Telepace, 1997)
4 – “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione … allora brillerà fra le tenebre la tua luce”. Siamo davanti al Signore venuti per ascoltare la sua parola e celebrare i divini misteri. Ed Egli ci chiede di togliere di mezzo a noi l’oppressione. Quale oppressione? la peggiore che esista: l’uccisione della persona più debole ed innocente, quella già concepita e non ancora nata. Un’oppressione che nella nostra città si compie quotidianamente: nel 1983 mentre nascevano 1000 bambini altri 696 già concepiti venivano uccisi prima di nascere. Oggi questo rapporto è di 2 persone concepite uccise ogni 5 nati. Ma che cosa sta succedendo? Ma come può accadere in mezzo a noi una tale oppressione? (Omelia 4 febbraio 1996)
5 – Non c’è dubbio che, almeno dal Papa Leone XIII in poi, l’interesse della Chiesa per il matrimonio e la famiglia è andato sempre più crescendo…. Che cosa è accaduto e sta accadendo? Si va imponendo la tendenza ad equiparare matrimonio e famiglia ad un qualunque aggregato di individui, legati fra loro da gusti ed affetti privati. Matrimonio e famiglia vengono relegati alla pura affettività, senza considerare la sua rilevanza sulla società. La conseguenza è che si va configurando una società pensata e vissuta come aggregazione di individui e non comunità di famiglie….. La logica interna della privatizzazione del matrimonio porta inevitabilmente a porsi la domanda: vale ancora la pena sposarsi? Non è meglio convivere? Se consapevolmente o inconsapevolmente ci si lascia trasportare dal processo culturale che stiamo descrivendo, la risposta non potrà essere che la seguente: no, non vale la pena sposarsi! Il progressivo passaggio negli ordinamenti giuridici dal divorzio per colpa al divorzio per consenso, ha ulteriormente rafforzato la risposta. Si comprende dunque che la questione dell’ammissione o non dei divorziati-risposati all’Eucaristia non è né solo né principalmente una questione di peccato-colpa personale, soggettiva. L’assetto sacramentale è una struttura della Chiesa come tale. Il prezzo che stiamo pagando a causa della privatizzazione del matrimonio è molto alto. (Perché tanto interesse della Chiesa per la famiglia? – Correggio (RE), 12 febbraio 2017)
6 – La rivelazione cristiana svela pienamente l’uomo all’uomo: siamo stati creati per essere introdotti nella stessa comunione divina trinitaria. Cristo, il Verbo incarnato è morto e risorto perché in Lui formassimo una vera comunione interpersonale in questa unità delle tre Persone divine. Ora esiste un luogo in cui questa unificazione accade già: è la Chiesa. “Dimora di Dio fra gli uomini” [cfr. Ap 21,3], essa diventa la dimora, la casa dell’uomo nella quale questi è famigliare di Dio. La risposta al desiderio di comunione con Dio e con ogni uomo è la Chiesa. Essa è posta dentro alle divisioni umane come realtà di comunione perché rende partecipe l’uomo dello stesso vincolo che unisce le persone divine del Padre e del Figlio: lo Spirito Santo. Ma nello stesso tempo, questa realtà è collocata dentro ad una storia di idolatria e di divisione: la costruzione della casa dell’uomo e per l’uomo accade all’interno di questo contrasto, di questa “permixtio” direbbe Agostino. La costruzione quindi è opera della conversione dell’uomo, e non a caso il Vangelo usa spesso le immagini spaziali dell’essere “fuori” o “dentro” il Regno, il recinto dell’ovile, la sala del banchetto di Nozze. (Convegno: La casa dell’uomo e per l’uomo – 3 febbraio 2002)
7 – La Chiesa deve insegnare la verità sul bene della persona umana; ora uno dei “beni” fondamentali della persona umana è il matrimonio e la famiglia; quindi, la Chiesa deve dire la verità del matrimonio e della famiglia…. Cioè: la questione del matrimonio e della famiglia è la questione della persona umana, più precisamente della realizzazione della persona umana. Se la Chiesa si interessa al matrimonio e alla famiglia è perché si interessa dell’uomo; è perché la via della Chiesa è la persona umana. Da un punto di vista teologico, si tratta, mi sembra, della ripresa della prospettiva agostiniana dei “bona matrimonii”, reintrodotta dalla Enc. Casti Connubii (di Pio XI) e richiamata nella Lettera alle famiglie, di Giovanni Paolo II. (Matrimonio e Famiglia – Dottrina della Familiaris Consortio – Aggiornamento al Clero, gennaio 2002)
8 – La storia della Chiesa conosce degli incontri che in un qualche modo sono stati emblematici, paradigmatici sia in se stessi considerati sia per le conseguenze che hanno avuto nella storia della Chiesa. Mi limito a ricordarne tre. L’incontro pressoché casuale che un giovane di nome Gregorio, di passaggio da Cesarea di Palestina per ragioni di carriera, ebbe con Origene: l’incontro ha generato uno dei più grandi vescovi della Chiesa antica, S. Gregorio il Taumaturgo, che scriverà il racconto commosso di quell’avvenimento. L’incontro fra Basilio e Gregorio avvenuti ad Atene: è una delle pagine più suggestive di quella comunione ecclesiale di cui parlavo. Una amicizia che ha generato non solo santità, ma anche grande pensiero teologico ed insonne passione pastorale. Ed infine, quello più noto, l’incontro di Agostino con Ambrogio: un incontro che ha marcato tutta la storia successiva della Chiesa latina. (Il beato Josemaria nella persona di Alvaro del Portillo – Congresso mondiale Opus Dei – Roma 8 gennaio 2002)
9 – Fra gli ammalati guariti da Gesù c’è anche la suocera di Pietro. Della sua guarigione l’evangelista dà una descrizione accurata anche se breve. Ogni parola è importante….. Quale grande insegnamento ci dona Gesù! In primo luogo, ci insegna che dobbiamo pregare. Egli, che di pregare non aveva bisogno, col suo esempio ci ricorda la necessità della preghiera. Cari fratelli e sorelle, non possiamo essere veri discepoli del Signore se nella nostra giornata, in ogni giornata, non facciamo spazio alla preghiera. Non solo, ma col suo comportamento Gesù ci insegna anche come dobbiamo pregare. «Uscito di casa». Non significa farlo proprio materialmente. L’espressione ha un significato più profondo. Fare spazio alla preghiera esige che ci stacchiamo per qualche tempo dal nostro lavoro, dalle nostre preoccupazioni quotidiane. «Si ritirò in un luogo deserto». Non sempre possiamo farlo materialmente, ma possiamo custodire dei momenti di silenzio nei quali stiamo soli col Signore. Ecco, cari fedeli, l’insegnamento di Gesù sulla preghiera, e su come possiamo assicurare un tempo quotidiano alla preghiera. (Omelia 8 febbraio 2015)
10 – Gesù è venuto per dirci l’amore del Padre; per assicurarci della volontà del Padre di renderci partecipi della vita e beatitudine divina. Questa predicazione, di cui l’uomo ha bisogno più dell’aria che respira, oggi si continua nella Chiesa. Gli Apostoli hanno ascoltato la predicazione di Gesù. Lo Spirito Santo li ha introdotti nel significato delle parole ascoltate. Questa parola essi ha lasciato alla Chiesa, consegnandola anche allo scritto. La parola della Chiesa, il suo Magistero, la sua predicazione fa risuonare di generazione in generazione la predicazione di Gesù. Non è solo predicazione riguardante il Cristo, ma in Cristo; testimonianza di Cristo, sempre presente ed operante nella sua Chiesa. Cari fedeli, tutto questo genera un duplice obbligo: in noi pastori il dovere di non predicare se stessi o opinioni umane; in voi il dovere di ascoltare con fede la predicazione della Chiesa. Ed infine, noi e voi siamo ugualmente co-discepoli di un solo Maestro: Gesù. (Omelia 8 febbraio 2015)
11 – Ed ora, fratelli e sorelle, riascoltate il Vangelo: in esso Gesù dice ai suoi apostoli “Imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. Le parole di Gesù richiamano un’altra dimensione con cui il credente si accosta alla malattia: essa deve essere combattuta per essere guarita. La giornata è un richiamo anche a tutti coloro che hanno responsabilità nel campo sanitario. Si tratta di un aspetto del nostro vivere associato dal quale si misura il grado di civiltà di un popolo. Non è onesto, quando si affronta questo problema, rifugiarsi subito in una generale deresponsabilizzazione dei singoli per assolvere tutti e quanti, ed accusare il cosiddetto sistema… (Omelia Giornata degli Ammalati – 11 febbraio 1997)
12 – Il lebbroso guarito dal contatto con Gesù è il segno che in Israele e nel mondo, mediante l’agire di Gesù, è venuto il Regno di Dio, che prende sotto la sua protezione gli ammalati, i poveri, i peccatori…. Carissimi diaconandi, voi conoscete bene la data e la modalità della nascita nella Chiesa del diaconato. Fu per evitare e risolvere un problema di esclusione. Le vedove dei greci convertiti erano meno servite delle vedove dei giudei convertiti. Dunque nel vostro DNA è inscritta la «cultura dell’inclusione»; dovete essere immunizzati dalla «globalizzazione dell’indifferenza». Il vostro servizio alla carità abbia soprattutto tre destinatari, secondo le vostre possibilità e responsabilità: i bambini nascituri o abbandonati, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana per farne poi quello che si vuole; i giovani, i quali oggi vivono – privi spesso come sono di lavoro – l’esperienza di essere una generazione della quale si può fare senza; gli anziani malati terminali, per i quali si vanno preparando leggi che legalizzano la loro eliminazione, sotto la maschera dell’eutanasia. Siate veramente i testimoni del Vangelo della carità. (Omelia per i Diaconi – 15 febbraio 2015)
13 – Celebrando la “giornata per la vita”, che cosa in realtà celebriamo? Celebriamo il valore assoluto ed incondizionato di ogni persona umana, in ragione della sua appartenenza esclusiva al Signore Iddio suo Creatore. Col loro gesto, Maria e Giuseppe (la Presentazione di Gesù al tempio) ci ricordano che la vita umana è sacra al Signore e che nessuno ne può disporre. Questa “indisponibilità” vale in primo luogo della persona già concepita e non ancora nata. Se ogni omicidio è abominevole delitto, l’aborto lo è in sommo grado, sopprimendo la più innocente, debole ed indifesa persona umana. Col loro gesto, Maria e Giuseppe ci insegnano anche quale è la radice ultima del rispetto che dobbiamo ad ogni vita umana e quindi, per contrasto, quale è la causa ultima di quella “cultura di morte” nella quale viviamo. Quando si perde progressivamente la consapevolezza della nostra appartenenza al Signore, quando si smarrisce il senso di Dio creatore, si smarrisce anche il senso dell’uomo, della sua dignità, del valore incomparabile della sua persona. (Omelia 2 febbraio 1997)
14 – La pagina evangelica mette a confronto due modi di operare: «davanti agli uomini per essere da loro ammirati» – “davanti al Padre” «che vede nel segreto». Due modi di operare che rivelano due modi di essere: nel mondo, senza riferimento trascendente il mondo; nel mondo, ma orientati al Padre che è nei cieli. La Chiesa ci chiede di ascoltare e meditare questa pagina evangelica all’inizio della Quaresima. Essa è infatti il tempo donatoci per ri-orientare la nostra vita. Che cosa significa “agire davanti agli uomini”? Rinchiudersi, imprigionarci dentro ai rapporti sociali, ritenendo che il riconoscimento degli altri sia il bene più importante: «per essere da loro ammirati». E’ come se pensassimo che il valore della nostra vita e del nostro agire è misurato solamente dalla stima di cui godiamo presso gli altri. Orbene, cari fedeli, Gesù nel Santo Vangelo ci richiama una verità assai importante. La nostra vita, il nostro agire non si svolge principalmente davanti agli uomini, sul palcoscenico di questo mondo. Essa si svolge soprattutto davanti a Dio. Non è il giudizio degli uomini che decide il valore del nostro agire: è il giudizio di Dio «che vede nel segreto». (Mercoledì delle Ceneri 18 febbraio 2015)
15 – “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento”…. stando così le cose, essendo questa la vostra posizione nel mondo, voi non potete pensare “che io sia venuto ad abolire la legge e i Profeti”. «Legge e Profeti» qui ha il significato preciso di manifestazione della volontà divina in quanto norma obbligante la nostra libertà. Anzi, dice il Signore, «non solo non sono venuto ad abolire questa norma, ma sono venuto a dare di essa un compimento perfetto»…. Già l’apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi (6,12) riferisce che esistevano dei cristiani i quali precisamente ritenevano che Gesù era venuto ad abolire la Legge e i Profeti, e che pertanto tutto fosse lecito. Si cercava già allora di giustificare un’esercizio della propria libertà sradicato da qualsiasi esigenza morale. Pur avendo perso ogni pseudo-giustificazione evangelica, questa concezione della libertà sradicata da qualsiasi differenza obiettiva fra bene e male, è diventata dominio comune. La pagina del Vangelo rifiuta in primo luogo questa concezione della libertà. La Legge e i Profeti non possono essere aboliti, perché semplicemente non può essere abolita la distinzione fra bene/male, giusto/ingiusto, virtù/vizio. (Omelia 14 febbraio 1999)
16 – “Ricordati, o uomo, che sei polvere ed in polvere ritornerai”. Il nostro itinerario quaresimale verso la Pasqua inizia con un richiamo alla verità del nostro essere e con un gesto che la esprime. La verità è la seguente: sei polvere e in polvere ritornerai; il gesto che la esprime sarà l’imposizione sul nostro capo di un po’ di cenere. E ci è chiesto di ricordare: la memoria della nostra verità è la condizione perché il nostro cammino verso la Pasqua possa cominciare e continuare. Dimenticare chi siamo ci fa vivere in un mondo di sogni, di illusioni; ci impedisce di vivere nella verità. E la verità è: «sei polvere ed in polvere ritornerai». Cioè: inconsistente e fragile come la polvere; effimero, caduco e debole. Ma è questa l’intera verità dell’uomo? In realtà le parole con cui il sacerdote impone sul nostro capo le ceneri, sono parole di condanna pronunciate sull’uomo che ha peccato: “All’uomo disse: poiché….. hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato : «non ne mangerai»….. tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei ed in polvere ritornerai” (Gen. 3,17.19). E’ dunque il peccato che conduce l’uomo alla distruzione di se stesso. (Mercoledì delle Ceneri 17 febbraio 1999)
17 – Oggi dobbiamo riflettere sul contenuto più importante, da un certo punto di vista, della trasmissione della fede…. la trasmissione della divina Rivelazione non si esaurisce nella trasmissione della verità divina, ma include anche la trasmissione di ciò che Cristo ha istituito perché l’uomo entrasse nella sua vita stessa divina: l’Eucarestia, in primo luogo e gli altri sacramenti, attorno ai quali e a partire dai quali si genera la preghiera cristiana…. deve essere insegnata la dottrina cristiana sulla preghiera. Non una sola volta durante il ciclo base del catechismo, ma all’inizio di ogni primo anno di catechismo; in un secondo momento dopo la prima comunione; alla fine, nell’anno della Cresima. Non solo l’insegnamento, ma anche avere momenti di preghiera guidati ed insegnati….. l’inizio della mistagogica [l’ho detto durante le Visite pastorali] è costituito dall’insegnamento del SEGNO della CROCE. “Il gesto fondamentale della preghiera del cristiano è e resta il segno della Croce: è riassunta tutta la essenza dell’avvenimento cristiano, è presente il tratto distintivo del cristianesimo” [J. Ratzinger, Lo spirito … op. cit. pag. 173-174]. Le prime lezioni del primo anno di catechismo siano dedicate a questo gesto. (Incontro con i Catechisti 17 febbraio 2002)
18 – Nei quaranta giorni della Quaresima, iniziata mercoledì scorso, siamo chiamati a passare da una vita, da un modo di vivere contrario o non pienamente conforme alla legge di Dio ad un modo di vivere conforme alla nostra vocazione battesimale. Se viviamo con serietà questo passaggio, entreremo in una condizione di combattimento contro tendenze presenti nella nostra persona, e ben radicate in essa. Non solo, ma anche la persona di Satana cerca di introdursi nella nostra coscienza, per persuaderci, prendendo spunto da quelle tendenze, a rimanere nella condizione in cui ci troviamo; a non obbedire alla Parola del Signore. E’ per tutto questo che la Chiesa all’inizio di ogni Quaresima, ci fa meditare su uno degli episodi più oscuri della vita di Gesù, narrato – come avete sentito – dal Vangelo nel modo seguente: “Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dalla Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo”…. Che cosa significa “fu tentato dal diavolo”? In una parola: Satana spinge Gesù a realizzare la sua missione ricorrendo ai mezzi che sono propri della potenza e del successo umano. Spinge Gesù su una via di successo. Come reagisce Gesù? Egli, avrete notato, non si mette a discutere col Satana. Semplicemente oppone alle proposte del diavolo la parola di Dio. E’ come se Gesù dicesse al Satana: “questa è la tua proposta di vita; ma Dio mi fa una proposta contraria. Fine della discussione!”. (I° Domenica di Quaresima 17 febbraio 2013)
19 – Cari fratelli e sorelle, Gesù nostro capo era unito misteriosamente a ciascuno di noi. In Lui anche noi eravamo tentati; in Lui noi abbiamo la forza di vincere. Considerate che le tentazioni a cui siamo sottoposti ogni giorno riprendono nella loro sostanza le tentazioni di Gesù. A che cosa, in fondo, ci sospinge il Satana? A vivere non secondo la volontà e la Legge del Signore, ma contro di essa. Egli mira a persuaderci che noi sappiamo veramente quale è il vero bene della nostra persona, non il Signore. E che quindi noi siamo autorizzati a stabilire ciò che è bene e ciò che è male per l’uomo. Cari fratelli e sorelle, il mistero della tentazione di Gesù è prima di tutto un grande insegnamento. Gesù ci insegna che la nostra vera beatitudine consiste nel vivere secondo la Legge del Signore, secondo la sua Parola. Ma Gesù subendo la tentazione, non ci dona solamente un insegnamento fondamentale, Gesù subendo la tentazione “è diventato capace di compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato” [cfr. Eb 2, 17-18]. Egli quindi ci dona la forza per vincere la tentazione del Satana e per riposizionarci nell’obbedienza della Parola di Dio. Iniziamo dunque con profondo fervore il nostro cammino quaresimale, perché ci convertiamo veramente al Signore. (I° Domenica di Quaresima 17 febbraio 2013)
20 – Non è la prima volta che l’umanità è costretta a ripensare le ragioni più profonde della sua vicenda, a riscoprire profondamente la sua verità. Quale cammino percorrere? L’ultima cosa da fare è quella di credere che tali problemi possano essere risolti solo con nuove leggi istituzionali o in modo accademico. Essi possono essere risolti solo “ritornando alla sorgente”. E quale è la sorgente? È il cuore dell’uomo. “E’ nell’intimo che abita la verità”: dice S. Agostino. Prima e più forte di ogni ideologia, è il desiderio che dimora nel cuore dell’uomo. E’ il desiderio di essere nella verità, la sola che genera la libertà. E’ necessario combattere senza alcuna dimissione l’errore antropologico, l’errata visione dell’uomo che ormai vuole imporsi anche a livello legislativo nazionale ed internazionale. A me sembra che questa falsa visione dell’uomo si regga sui seguenti pilastri, che pertanto devono essere scardinati con un profondo impegno e di pensiero e di vita: la concezione individualista dell’uomo, la definizione della libertà come pura ed originaria indifferenza neutrale, la separazione fra bene e giusto. Abbiamo cioè bisogno di testimoni dell’amore che suscitino col loro pensiero e con la loro vita, nell’uomo e nella donna sradicati dalla loro verità, la “nostalgia” di ritornare alla loro vera identità. “Non ci ardeva il cuore …?” dicono i discepoli di Emmaus, dopo aver parlato col Signore Risorto. (Matrimonio e Famiglia: una connessione spezzata – Bologna, 20 febbraio 1997)
21 – L’apostolo Paolo nel discorso fatto ad Atene, parlando della ricerca di Dio da parte dell’uomo, usa un’immagine stupenda. Egli dice che gli uomini cercano Dio “andando come a tentoni” [At 17,27]. L’espressione paolina richiama sicuramente alla nostra memoria un’esperienza che abbiamo vissuto: trovarci all’improvviso al buio, e dover cercare di fare luce. E’ questa la grande metafora che usa spesso Paolo per cercare di descrivere l’uomo alla ricerca di Dio: una stanza buia; un grande bisogno di luce; la ricerca della luce per illuminare la stanza dove viviamo. Perché una stanza buia? Perché siamo costretti a farci delle domande che superano la nostra capacità di rispondere [perché la sofferenza dell’innocente? Perché tanta ingiustizia nella storia? Alla fine: che senso ha il tutto?]. Perché un grande bisogno di luce? Perché possiamo ignorare tante cose [se c’è o non c’è vita su Marte; che cosa è la materia oscura], ma non possiamo ignorare, per esempio, se colla morte finiamo interamente; se la nostra sofferenza ha un senso o no. Ora, Dio ci ha dato dei segnali in questa stanza buia in cui andiamo a tentoni; non ci muoviamo a caso. L’apostolo Paolo, sempre nello stesso contesto, ci dice che Dio non è lontano da ciascuno di noi. (Scuola della Fede 19 febbraio 2013)
22 – Cari fratelli e sorelle, la parola di Dio, l’esperienza dei due grandi apostoli Pietro e Paolo vi dicono che voi vivrete quanto essi stessi hanno vissuto. Il Padre ha rivelato a voi chi è Gesù; voi andate per le vie della città a dire ai giovani ciò che vi è stato “rivelato” dal Padre vostro che è nei cieli. L’annuncio che andrete facendo è la narrazione di un fatto che ha cambiato la vostra vita. Pietro avrebbe dovuto essere la “roccia della fede” e colui che “conferma nella fede i suoi fratelli” [cfr. Lc22, 31]. Paolo, colui che evangelizza le genti. Ma perché è necessario che voi andiate per le vie di Bologna? Molto semplice: “la fede viene dalla predicazione” [Rom10, 17], e “senza la fede è impossibile piacere” a Dio [cfr. Eb11, 6], e quindi “Dio ha voluto salvare il mondo attraverso la stoltezza della predicazione” [1Cor 1, 21]. Ed è ciò che voi in questi giorni andrete facendo, poiché come “potrebbero credere tanti giovani, in questa città, senza aver sentito parlare di Gesù?” [cfr. Rom 10,14]. (Missione cittadina ai giovani 22 febbraio 2013)
23 – «Sanza speme… in disio» Speranza e desiderio sono le due grandi, le più grandi, forze dello spirito umano. Sono i due motori della libertà. Agostino chiama l’uomo «un filo d’erba assetato», e parla del cuore umano come di un «inquietum cor». Non si tratta di osservazioni psicologiche. Sono affermazioni di carattere ontologico. Esse parlano della stoffa [la sete, l’inquietudine] di cui è intessuta la persona umana, la trama della sua vicenda drammatica, che non può essere riempita che dall’Infinito. Trattasi appunto dello statuto ontologico dell’uomo. L’«inquietum cor» è il sintomo permanente della chiamata ad un Bene Sommo. È l’orma che la mano creatrice di Dio ha impresso nella persona umana. La persona umana è un vuoto illimitato. Tommaso ha parlato di un «naturale desiderium videndi Deum». Ciò che importa sottolineare in questa famosa affermazione tomista è l’aggettivo «naturale», il quale in questo contesto si oppone ad «elicitum». Cioè: la persona umana desidera vedere Dio non se, non perché ha deciso di vederlo: il desiderio di cui parla Tommaso è inscritto nella natura della persona umana. Non esiste persona umana che non abbia questo desiderio, dal momento in cui il suo spirito si sveglia. (La Chiesa e l’uomo della post-modernità 24 febbraio 2016)
24 – “Desideriamo innanzi tutto rinnovare la nostra assoluta dedizione ed il nostro amore incondizionato alla Cattedra di Pietro e per la Vostra augusta persona, nella quale riconosciamo il Successore di Pietro ed il Vicario di Gesù: il “dolce Cristo in terra”, come amava dire S. Caterina da Siena. Non ci appartiene minimamente la posizione di chi considera vacante la Sede di Pietro, né di chi vuole attribuire anche ad altri l’indivisibile responsabilità del “munus” petrino. Siamo mossi solamente dalla coscienza della responsabilità grave proveniente dal “munus” cardinalizio: essere consiglieri del Successore di Pietro nel suo sovrano ministero. E del Sacramento dell’Episcopato, che “ci ha posti come vescovi a pascere la Chiesa, che Egli si è acquistata col suo sangue” (At 20, 28).” (cardinale Carlo Caffarra, dopo la firma dei Dubia al Papa Francesco, e la Lettera a lui inviata)
25 – Nello specchio della Via Crucis abbiamo visto tutte le sofferenze dell’umanità: la Via Crucis dei condannati ingiustamente a morte. La morte fisica: i bambini già concepiti e mai nati perché considerati di troppo; i bambini uccisi dalle guerre e dalla fame. La morte morale: la persona che ha perso il lavoro e dispera di trovarne ancora uno; e la persona senza lavoro è una persona uccisa nella sua dignità. Abbiamo percorso la Via Crucis della famiglia, sottoposta oggi ad un attacco che non ha precedenti. E dei poveri che sono ormai considerati “materiali di scarto” di spietate logiche economiche e finanziarie. Ma abbiamo anche visto la Via Crucis della bontà, della vicinanza, della commozione. Abbiamo visto la Madre di Gesù, che resta sempre vicina al Figlio; il coraggio pieno d’amore di Veronica che pulisce il volto di Gesù; un africano, Simone che aiuta a portare la croce. (Via Crucis con il cardinale 18 aprile 2014)
26 – Esiste una forza contro la quale la potenza del male si infrange? C’è qualcosa di radicalmente più grande, più forte del peccato? Questa forza esiste, e l’abbiamo contemplata questa sera: è la compassione di Cristo, è la misericordia che Dio rivela in Cristo. Il limite alla potenza del male, anzi la vittoria del bene sul male è la sofferenza di Cristo sulla Croce. “Per le sue piaghe noi siamo stati guariti” [Is 53,5]. Cari fratelli e sorelle, se non partiamo da questo colle questa sera senza questa intima certezza, si è costretti o a pensare che bisogna venire a compromessi col male, essendo questo più forte di tutti e di tutto; o a pensare che questo mondo, questa società, questa creazione merita solo disprezzo. Ed è attraverso la Chiesa che opera la compassione di Dio per la nostra meschinità. Non perché la Chiesa non conosce nei suoi figli il male, il peccato, la sporcizia e la deturpazione dell’umano. Ma perché dentro di essa semplicemente accade l’evento mirabile e misterioso del perdono. Ed in fondo la Chiesa ha solo questo da offrire all’uomo: il calore di un abbraccio, il fuoco di un bacio. Il calore ed il fuoco della compassione e del perdono di Dio: “per le sue piaghe siamo stati guariti”.(Via Crucis con il cardinale 2 aprile 2010)
27 – L’emergenza, se così posso chiamarla, è una sola: annunciare Gesù Cristo puramente e semplicemente, con un annuncio fatto al «cuore» di ogni persona, così che tutto il suo vissuto quotidiano ne sia coinvolto e trasformato. Evitando sia il rischio che Gesù Cristo diventi solo occasione per parlare d’altro, come solidarietà, pace e così via; sia il rischio di un cristianesimo evasivo nei confronti dei problemi veri dell’uomo…. la problematica più urgente è una sola: quella della cultura cristiana, di una fede cioè che sia capace di generare cultura. In una parola ciò che si cerca di realizzare è che l’annuncio del Vangelo accada là dove l’umano di ogni persona è generato, perché lo sia in Cristo… e non in Adamo, affrontando ogni giorno la sfida più grave fatta oggi al Vangelo, il gaio nichilismo contemporaneo. (Dichiarazione al quotidiano Avvenire, 27 febbraio 1999)
28 – Cari amici, l’umanità è attraversata ed ogni luogo è visitato da una lunga serie di testimoni, i quali hanno trovato nella Via Crucis di Gesù la forza di essere presenti sulla Via Crucis dell’uomo. Ne ricordo solo alcuni: Vincenzo de’ Paoli, Camillo de Lellis, Massimiliano Kolbe, p. Marella, M. Teresa. E così anche ciascuno di noi è invitato a trovare la sua posizione; a trovare assieme a questi grandi testimoni la via dell’amore; il coraggio della verità; la capacità di commuoverci per ogni uomo o donna depredati della loro dignità. Questa sera ritorniamo a casa avendo capito che la Via Crucis non è solo la via degli orrori umani. Non è neppure un’esortazione moralistica a fare il bene. E’ il fiume della misericordia di Dio che fa rifiorire i nostri deserti; la forza che vince ogni male. (Via Crucis con il cardinale 18 aprile 2014)