Santa Margherita M. Alacoque: l’obbedienza che Gesù esige dai Suoi

La croce della obbedienza in santa Margherita Maria Alacoque

video catechesi del testo:

Margherita Maria (alla quale avevano persino vietato di avere esperienze mistiche durante il momento della preghiera, come sovente le accadeva) cerca volenterosamente di adeguarsi alle direttive. Ma non ci riesce: quando è il momento della preghiera le indicazioni venute direttamente da Gesù hanno il sopravvento su quelle in vigore nel monastero. La maestra delle novizie se ne accorge e la affida a una suora che ha il compito di farla lavorare quando è il momento della preghiera. Le impongono di occuparsi delle più umili faccende di casa, così sperando che la giovane si adegui a percorrere la via ordinaria prescritta dai fondatori della Visitazione e non si attardi a seguire visioni mistiche.

Per Margherita Maria tutto ciò non è semplice. «Quando andavo a chiedere alla mia maestra di poter riprendere a pregare, mi rimproverava aspramente, dicendomi di farlo mentre lavoravo, fra un esercizio e l’altro del noviziato». La giovane Alacoque ci prova «senza che ciò potesse distrarmi dalla dolce gioia e consolazione della mia anima».

Le ordinano di andare ad ascoltare i punti dell’orazione al mattino, dopodiché deve dedicarsi ai lavori di pulizia fino all’ora di Prima. Margherita Maria reagisce così: «Più contraddicono il mio amore e più quest’unico bene m’infiamma. Mi tormentino pure notte e giorno, ma non me lo si può toglier dal cuore. Più sentirò dolore e più mi unirò al suo Cuore».

L’avversione al formaggio

In questa lotta quotidiana fra esigenze dell’Amore ed esigenze dell’obbedienza, si inserisce un episodio che le fa sperimentare l’efficacia e la fedeltà delle promesse del Signore. Margherita Maria, al pari degli altri membri della famiglia, ha un’avversione naturale verso il formaggio, benché questo sia storicamente uno dei cibi più amati dai francesi. Il fratello, nel contratto che regolava la sua entrata in monastero, aveva ottenuto che mai sarebbe stata costretta a mangiarlo. In realtà le consorelle le chiedono di farlo e con veemenza tale che la ragazza deve cedere al sacrificio. Per tre giorni la religiosa cerca di masticare un pezzo di formaggio, tentando di vincere la naturale repulsione. Una battaglia che la porta a dire che preferirebbe morire. Quanto basta perché madre Thouvant le replichi con durezza che non è degna di praticare l’obbedienza.

Margherita Maria è quella che con il linguaggio giovanile di oggi si direbbe una tipa tosta. Non si arrende: «Bisogna morire o vincere». Sa a chi rivolgersi e per tre o quattro ore sta a versare lacrime davanti al Santissimo Sacramento. La risposta che riceve è: «L’amore non deve avere riserve ». Torma quindi dalla madre e le chiede di sottoporsi al sacrificio del formaggio, sebbene sia forte la ripugnanza che prova. La penitenza durerà quasi per otto anni, finché la superiora non le ordina di smettere.

Questo episodio, come del resto molti altri della vita di Margherita Maria Alacoque, risulta piuttosto duro da comprendere a noi cresciuti in un clima culturale che ha portato alle estreme conseguenze quell’esaltazione dell’autonomia e della libertà dell’uomo, come assenza da ogni dipendenza, che è la cifra dell’epoca moderna.

E’ ragionevole tutto questo? E’ ragionevole praticare l’obbedienza fino a queste conseguenze? La risposta la dà la stessa Margherita Maria, raccontando quella che è stata la sua esperienza (altra parola chiave della modernità): «Fu dopo questo primo sacrificio che tutte le grazie e i favori del mio Sovrano raddoppiarono e inondarono la mia anima, a tal punto che ero come costretta a dire spesso: “Interrompete, o mio Dio, questo torrente che mi travolge, oppure aumentate la mia capacità di riceverlo!”. E qui tralascio tutte quelle predilezioni e profusioni del suo puro amore, così grandi che non saprei come esprimerle».

Arriva una nuova superiora

Se Margherita Maria è dibattuta fra le esigenze dell’obbedienza e le grazie che il Signore le dona, le sue superiore, desiderando seguire il proposito dei fondatori che non volevano che fra le religiose ci fossero esperienze straordinarie, dubitano che la giovane sia adatta a vestire per sempre l’abito delle visitandine, indossato la prima volta il 25 agosto 1675, festa di San Luigi, re di Francia. Per questa ragione, una volta terminato il noviziato, le ritardano il giorno della professione solenne.

Margherita Maria ne soffre parecchio, finché a Paray-le-Monial non arriva una nuova superiora, madre Maria Francesca de Saumaise. Quando la Frémyot de Chantal fece visita al monastero di Digione e vi trovò la giovanissima religiosa, previde che sarebbe diventata una saggia superiora dell’istituto. Madre de Saumaise è dunque una figura di rilievo nella storia delle visitandine, soprattutto per il ruolo che ha occupato nella vicenda di Margherita Maria Alacoque. Quando la de Saumaise arriva a Paray-le-Monial, fra le suore è ormai maturata la convinzione che le «singolarità» della Alacoque non le consentono di rimanere in monastero. Ed è proprio lei a suggerire alla novizia che, se vuole diventare una visitandina, chieda a Dio di renderla utile alla comunità, osservando tutte le regole e le pratiche in vigore.

La novizia obbedisce e riferisce prontamente a madre de Saumaise la risposta del Signore: «Bene! Figlia mia, te lo concedo e ti renderò più utile alla religione di quanto lei può pensare, ma in un modo che solo io conosco. D’ora innanzi adatterò le mie grazie allo spirito della tua regola, alla volontà delle tue superiore e alla tua debolezza, sino a farti considerare sospetto tutto quanto ti allontanerà dalla pratica corretta della tua regola, che mi pare tu preferisca a tutto il resto. Inoltre, sarò lieto se preferirai la volontà delle tue superiore alla mia, quando t’impediranno di fare quel che io ti avrò ordinato. Lascia che facciano quel che vogliono di te. Io saprò trovare il modo di realizzare i miei disegni, anche con mezzi che ti sembrano opposti e contrari. E mi riservo solo la direzione del tuo intimo e, in particolare, del tuo cuore, che io non cederò mai ad altri avendovi fissato la sede del mio amore».

La risposta è ritenuta soddisfacente e Margherita Maria può così prepararsi al giorno della professione solenne, che avviene il 6 novembre 1672. «Quel giorno il mio divino Maestro volle ricevermi in sposa in un modo che mi sento incapace di esprimere. Dirò solo che mi preparò e mi trattò come una sposa del Tabor».

Durante il ritiro di preparazione alla professione, le chiedono di far da guardiana a un’asina e al suo puledro. E’ un modo per tenerla lontana da eventuali tentazioni mistiche.

La novizia si consola così: «Poiché Saul cercando giumente trovò il regno d’Israele, bisogna che acquisti anch’io il regno del Cielo correndo dietro a simili bestie».

D’altra parte, il Signore non è certo bloccato da un’asina: «Il mio Sovrano mi teneva una compagnia così fedele, che tutte quelle corse che dovevo fare non mi allontanavano da lui. Fu lì che ricevetti grazie così grandi, che mai ne avevo sperate di simili, soprattutto quella che mi fece conoscere sul mistero della sua santa morte e passione. E’ un abisso impossibile da descrivere e la lunghezza dell’eventuale racconto me lo fa evitare, ma mi ha ispirato un tale amore per la croce, che non posso vivere un solo momento senza soffrire: soffrire in silenzio, senza consolazione, sollievo o compassione, e morire con quel Sovrano della mia anima, schiacciata sotto la croce di ogni sorta di obbrobri, umiliazioni, dimenticanze e disprezzo».

E proprio nel giorno in cui si trova a far da guardiana alle bestie in un bosco di noccioline, il Signore, oltre a mostrarle la sua passione e annunciarle che l’avrebbe associata alle proprie sofferenze, le assegna come patrono e guida san Francesco d’Assisi.

Ha scritto papa Benedetto XV nel decreto di canonizzazione: «Il Signore le disse che questa era una prova del suo divino amore, giacché il Santo l’avrebbe dovuta guidare attraverso una via di amarezze e di incessanti dolori. Soggiungeva di voler essere tutto per la sua sposa, suo conforto e gaudio, e nello stesso tempo sua pena».

Diventa aiuto infermiera

Una volta diventata monaca della Visitazione, le affidano il compito di aiuto infermiera. Un incarico semplice che per lei assume invece i contorni di un inferno. Non solo il demonio ottiene il permesso di tormentarla (e nell’Autobiografia sono riferiti alcuni di questi episodi), ma Margherita Maria non riesce a stabilire un rapporto di collaborazione con la suora infermiera che deve aiutare. Si sforza in tutti i modi di compiacerla, ma non ci riesce.

Fatica vana si rivela anche ogni suo tentativo di seguire docilmente la regola della Visitazione, di sottomettere il suo spirito ai metodi di preghiera vigenti nel monastero. Lei ci prova, si impegna, ma alla fine non capisce niente, non ricorda niente, ricorda solo ciò che le dice il Signore nei loro colloqui intimi. Margherita Maria non nasconde nulla alla superiora, riferisce ciò che le accade, convinta che si tratti di esperienze normali, visto che capitano a lei, così insignificante; ripete frasi che ha udito e delle quali non conosce pienamente il significato.

Le superiore si allarmano: non è che la giovane Alacoque vuole resistere alla virtù dell’obbedienza?

Ancora una volta in monastero non c’è pace. Margherita Maria se ne lamenta con il Signore: « O mio sovrano Maestro! Perché non mi lasciate sul sentiero comune delle figlie di Santa Maria? Mi avete condotta nella vostra santa casa al fine di perdermi? Concedete quelle grazie straordinarie ad anime scelte, che vi corrisponderanno meglio e vi glorificheranno più di me, che, invece, vi oppongo solo resistenza. Io non desidero altro che il vostro amore e la vostra croce e questo mi basta per essere una buona monaca, che è tutto quanto desidero».

La risposta del Signore ha il sapore di una sfida: «Combattiamo, figlia mia, ne sono contento, e vedremo chi vincerà, il Creatore o la sua creatura, la forza o la debolezza, l’Onnipotente o l’impotente. Ma chi vincerà, sarà vincitore per sempre».

Comprensibile che dopo queste frasi Margherita Maria sia andata ancor di più in confusione. Il Signore la tranquillizza:

  • «Sappi che non mi sento affatto offeso da tutti questi conflitti e dinieghi che mi opponi in nome dell’obbedienza, per la quale io ho dato la mia vita. Ma voglio insegnarti che sono il padrone assoluto dei miei doni e delle mie creature, e che nulla potrà impedirmi di portare a compimento i miei disegni. Ecco perché voglio non solo che tu faccia ciò che le tue superiore ti diranno, ma pure che tu non faccia nulla di ciò che ti ordino senza il loro consenso. Io amo l’obbedienza e, senza di questa, non mi si può piacere».

E Margherita Maria in ogni giorno della sua tormentata esistenza si atterrà sempre scrupolosamente a questa suprema direttiva.

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(tratto da: Margherita Maria Alcoque, la Santa del Sacro Cuore – di Valerio Lessi Ed. Paoline, pagg. 45-53)


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