Comunque la si pensi…. in quasi tutte le religioni antiche si trova traccia di un disastroso diluvio in epoca remota, dal quale si sarebbero salvati solo in pochi. E sarebbero scampati alla morte grazie a un vascello costruito appositamente: l’arca. Oltre alla Bibbia, ne parlano leggende e testi sacri sumeri, babilonesi, assiri, greci, indiani, esquimesi, persiani, scandinavi, irlandesi, hawaiiani, cinesi, aztechi, maya. Il mito non riguarda quindi una zona circoscritta, ma l’intero globo e tutti, o quasi, questi racconti hanno in comune alcuni particolari, il più importante dei quali è che l’arca, oltre che per salvare un gruppo di persone dell’ umanità, fu costruita anche per salvare un certo numero di animali.
— L’Arca di Noè ai 4000 metri d’altezza del monte Ararat. Questa l’incredibile rivelazione annunciata nei giorni scorsi da un gruppo di ricercatori turchi e cinesi, che avrebbero ritrovato, nelle cavità della roccia, resti di legno risalenti a circa 4.800 anni fa. Esattamente il periodo temporale in cui si suole collocare l’episodio dell’Antico Testamento.
Autori della scoperta 15 ricercatori, metà di nazionalità turca, metà cinese. Gli studiosi ci lavoravano da tempo, e del resto il Monte Ararat, la vetta più alta della Turchia che supera i 5.100 metri, sarebbe stato indicato dalle stesse Antiche Scritture come possibile sede della mitica imbarcazione. L’Arca infatti, si sarebbe arenata proprio sulla cima di quel monte quando le acque si ritirarono al termine del diluvio.
Secondo quanto riportato dalla stampa turca, si troverebbe a 4000 metri di altezza. Qui i ricercatori hanno rinvenuto pezzi di una struttura di legno, che, in base a quanto emerso dal test del carbonio 14, risalirebbero a circa 4800 anni fa, l’epoca in cui si suole collocare il diluvio universale. I resti quindi sarebbero appartenuti niente meno che all’Arca di Noè. A conferma di questa incredibile ipotesi, ci sarebbe il fatto che la struttura è suddivisa in vari compartimenti, che potrebbero essere stati destinati al trasporto di animali.
“Non possiamo dire al cento per cento che si tratti dell’Arca di Noè – avrebbe dichiarato un documentarista del team, Yang Ving Cing, all’agenzia turca Anadolu -, ma pensiamo di poterlo affermare al 99,9 per cento”. ANKARA, Turchia, di Valentina d’Angella

La cima del monte Ararat alta 5.137 metri, su cui la storia biblica vuole si sia fermata l’Arca di Noè dopo il diluvio, è stata riaperta all’alpinismo dalle autorità turche. La vetta più alta della Turchia, con la sorella del “piccolo Ararat”, alto 3.925 metri, e’ situata nell’estremo est della Turchia, ai confini di Iran e Armenia.
Considerata sacra dagli armeni, finì sotto controllo di Ankara nel 1921 in seguito al trattato di Kars. Una concessione di Stalin alla nuova Turchia di Mustafa Kemal Ataturk, con il leader sovietico interessato più al controllo di Georgia, Armenia e Azerbaigian. Da allora una ferita aperta per gli armeni, ma anche una zona in passato non facile da controllare per Ankara.
L’ascensione è stata vietata a partire dal 1984 a causa del conflitto tra la Turchia e la guerriglia separatista curda del Pkk. Tra il 2004 e il 2015 vi si poteva salire solo con un permesso militare, accompagnati da guide della federazione turca. Poi un divieto totale che ha iniziato ad avere delle eccezioni nell’ultimo anno, fino alla riapertura di questi giorni. Una buona notizia per gli alpinisti di tutto il mondo, ma soprattutto per la popolazione locale, di etnia curda, che potrà contare su una importante risorsa per il turismo, nell’organizzazione di una ascensione non difficile tecnicamente , ma che per scarsita” di acqua e rarefazione dell’ossigeno richiede almeno 4 giorni e l’allestimento di 2 campi.
“Il Pkk ha smesso di arruolare gente nei villaggi ormai da anni, ma la povertà prima spingeva verso la guerra, ora spinge i giovani ad emigrare. Questa riapertura per noi rappresenta l’opportunita” di chiudere con il passato. Se c’è lavoro nessuno si arruola con il Pkk e i giovani smetteranno di andare via”, afferma Mehmet, uno dei portatori impegnati nell’organizzazione di spedizioni sulla cima.
Comunque la si pensi…. in quasi tutte le religioni antiche si trova traccia di un disastroso diluvio in epoca remota, dal quale si sarebbero salvati solo in pochi. E sarebbero scampati alla morte grazie a un vascello costruito appositamente: l’arca. Oltre alla Bibbia, ne parlano leggende e testi sacri sumeri, babilonesi, assiri, greci, indiani, esquimesi, persiani, scandinavi, irlandesi, hawaiiani, cinesi, aztechi, maya. Il mito non riguarda quindi una zona circoscritta, ma l’intero globo e tutti, o quasi, questi racconti hanno in comune alcuni particolari, il più importante dei quali è che l’arca, oltre che per salvare un gruppo di persone dell’ umanità, fu costruita anche per salvare un certo numero di animali.
Le origini del racconto. Secondo alcuni studiosi, il fatto si riferirebbe a un immane cataclisma avvenuto sulla Terra tra 10500 e 12 mila anni fa. L’austriaco Otto Munch, basandosi su documenti e ricerche archeologiche, si dice addirittura certo che il disastro avvenne nell’8496 avanti Cristo. In quell’anno il nostro pianeta sarebbe stato colpito da un asteroide e l’impatto avrebbe provocato terremoti e maremoti in tutto il globo.
I resti non si trovano? Ricerche più recenti fanno risalire l’impatto al 2300 a. C. A cercare l’arca, o almeno i suoi resti, ci hanno provato in molti. Nel 1960 il maggiore dell’aviazione turca S. Kurtis durante una ricognizione aerea sul monte Ararat, sul quale, secondo la Bibbia appunto, si sarebbe posata l’arca, fotografò uno strano oggetto dalla forma ovale stranamente simile a una nave. Conferme e smentite si sono da allora succedute, ma a nulla di preciso hanno portato le numerose spedizioni organizzate periodicamente fino a oggi in quella regione, compresa quella del novarese Angelo Palego.
Da segnalare l’ultima catastrofe sul monte biblico. Ci sarebbe un terremoto all’origine della catastrofe naturale che nel 1840 sconvolse la regione turca alle pendici del monte Ararat, il vulcano coperto dai ghiacci dove, secondo la tradizione, si sarebbe incagliata l’arca di Noè dopo il diluvio universale. A ricostruire la dinamica di questo recente ma oscuro episodio è lo studio pubblicato sulla rivista Geomorphology dall’Università Statale di Milano in collaborazione con l’Università di Firenze e l’Università dello Utah.
Lo studio di immagini da satellite del versante nord-est del vulcano evidenzia la presenza di un profondo canyon, chiamato Ahora, descritto anche nei resoconti di viaggio di alcuni esploratori di fine ‘800 e inizio ‘900. Le cronache raccontano in particolare di un disastro avvenuto allo sbocco del canyon nel luglio del 1840, definito da alcuni autori tedeschi come ‘katastrophe diluviale’. Questo diluvio provocò la distruzione di villaggi e centinaia di vittime, ma la sua natura rimase poco chiara.
Per ricostruire l’accaduto, i ricercatori della Statale di Milano hanno esaminato anche i rilievi del terreno effettuati in collaborazione con il Comitato Scientifico Centrale del Club Alpino Italiano. Hanno così scoperto che tutto sarebbe cominciato con un evento sismico connesso a un’eruzione vulcanica laterale, che avrebbe causato la rapida fusione di parte della calotta glaciale del monte Ararat: questa avrebbe generato l’imponente colata di fango e detriti lungo la gola di Ahora che distrusse i villaggi alla base del vulcano.
L’evento portò all’approfondimento della gola e alla costruzione di un enorme cono di detriti alla base del vulcano. I ricercatori hanno messo in evidenza anche la presenza di un ghiacciaio coperto da detriti sul fondovalle che si è sviluppato dopo l’evento del 1840 e che ha rimodellato la morfologia della gola di Ahora.
La ricerca conferma dunque l’importanza del glacialismo quale agente geomorfologico nella regione ed evidenzia la possibilità che simili catastrofi possano ripetersi in futuro, rappresentando un rischio per la popolazione.

Storia Sacra: Ritrovata l’Arca di Noè sul monte Ararat?
Un gruppo di quindici archeologi cinesi e turchi ha annunciato di aver ritrovato sul Monte Ararat, nell’est della Turchia, qualcosa di molto simile a quella che le Sacre Scritture indicano come l’Arca di Noè. Secondo il tabloid britannico The Sun, il gruppo ha spiegato di aver individuato i resti di una struttura in legno e di aver sottoposto alcuni campioni al test del carbonio 14. Da questo esame sarebbe risultato che il reperto risale a circa 4.800 anni fa, epoca in cui avvenne il diluvio universale raccontato dalla Bibbia.
La spedizione, la prima che ha visto coinvolto il governo turco, risale allo scorso ottobre e ha visto impegnati, oltre ai funzionari di Ankara, anche il Media Evangelism di Hong Kong e il Noah’s Ark Ministry International. A circa 4000 metri di altitudine sul monte Ararat, in un punto di cui non sono state rivelate le coordinate, i quindici archeologi hanno rinvenuto una struttura dai tratti curvi, con contenitori, porte, chiodi e resti di funi, che potrebbero essere cavezze per legare animali.
Un archeologo turco presente sul posto, Oktay Belli, dell’Università di Istanbul, ha spiegato che è impensabile che si tratti di ciò che avanza di un insediamento umano perché non sono mai stati trovati villaggi o abitazioni sopra i 3.500 metri d’altezza. Un altro ricercatore, l’olandese Gerrit Alten, ha dichiarato alla stampa di Hong Kong che «c’è un’eccezionale quantità di prove concrete che la struttura trovata sull’Ararat sia l’Arca di Noè».
Uno degli esploratori, Yeung Wing-cheung, di Hong Kong, ha affermato che «non possiamo dire al 100% che si tratta dell’Arca di Noè, ma pensiamo di poterlo dire al 99,9%». Il gruppo di archeologi ha spiegato di aver già invitato le autorità turche a richiedere all’Unesco che il sito sia inserito nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità e di proteggerlo fino a quando un’indagine archeologica più approfondita non possa esservi condotta.