Basilica di Santa Croce in Gerusalemme tra storia e Reliquie

Occorre chiarire subito che, dall’ultimo secolo circa, assistiamo ad un autentico “suicidio della Fede Cattolica” attraverso l’affermarsi di falsità, o racconti impietosi volti a colpevolizzare la Santa Chiesa del passato, di ogni nefandezza. Tra le tante accuse troviamo quella delle Reliquie fatte passare come falsità, o oggetti usati dalla Chiesa per piegare i sentimenti delle persone. Cosa c’è di vero o di falso, in tutto ciò?

C’è di vero che la Chiesa, Madre scrupolosa e attenta, ha sempre saputo fare discernimento dell’autenticità degli oggetti che le appartenevano, sovente è stata Lei stessa a dichiarare  “falso” ciò che era falso, anche per le reliquie. Così come è stata sempre solerte a difendere il proprio patrimonio culturale e spirituale, legato anche ai Santi e alle Reliquie, conferendo ad esse il suo sigillo di autenticità. Di falso c’è tutto ciò che si vuole negare alla Chiesa, senza uno straccio di fondamento.

Bisogna inoltre sottolineare che ciò che la Chiesa non è riuscita ad “autenticare” a causa di mancanza di documentazione certa, lo ha sempre segnalato additando però, una certa devozione sincera, quale patrimonio della fede attraverso la Tradizione viva del popolo di Dio, confermata dai Santi, dalle loro testimonianze con le quali hanno saputo creare un tessuto sociale e culturale riportato, anche, dalle grandi opere d’arte. Un esempio lo troviamo nella discussione sulla Santa Casa di Loreto: la tradizione autentica della Chiesa e i Santi, anche attraverso rivelazioni divine, riconoscono l’autenticità del prodigioso trasporto, mentre i tanti “Tommaso che non credono finché non vedono”,  pretendono negare i fatti senza portare uno straccio di prova.

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Or dunque, una di queste grandi opere d’arte è senza dubbio la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, alle pendici del colle Esquilino, in un’area ricca di storia, arte e spiritualità. Una antica necropoli e poi zona residenziale extra urbana di proprietà imperiale, nel III – IV sec. d.C. vi sorgeva un complesso costituito da un palatium detto Sessorium, dalle Terme Eleniane, dal Circo Variano e dall’Anfiteatro Castrense, inglobato nelle Mura Aureliane tra il 271 e il 275 d.C.

Con la costruzione della prima chiesa nel palazzo imperiale, per volontà di Costantino e di sua madre Elena, l’area di Santa Croce, già importante zona della Roma dei Cesari, ha continuato a svolgere un ruolo centrale anche nella Roma cristiana, con le vicine basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e gli Oratori di Santa Maria del Buon Aiuto (1476), Santa Margherita e della Scala Santa.

Una tradizione antica, ma ben documentata, attribuisce a Costantino e a sua madre Elena la costruzione della “Hierusalem romana” in una grande aula del Sessorium. Denominata in origine anche Basilica Heleniana o Sessoriana, la chiesa del IV sec. sorse per custodire le Reliquie della Passione del Signore, ritrovate miracolosamente sul Calvario e portate a Roma dall’anziana madre dell’Imperatore.

Nel corso dei suoi sedici secoli di vita, la chiesa ha subito vari rifacimenti architettonici, accogliendo tra le sue mura tesori d’arte, di fede e di cultura. Restaurata dai papi Gregorio II (715-731) e Adriano I (772-795), alla metà del XII sec, sotto il pontificato di Lucio II (1144-45), subì la prima radicale trasformazione in stile romanico, con la divisione in tre navate e con l’aggiunta di un campanile e di un portico, anteposto alla facciata del IV sec.

Fu la trasformazione settecentesca, poi, che conferì a Santa Croce l’aspetto attuale. Sotto il pontificato di Benedetto XIV (1740-1758), gli architetti Gregorini e Passalacqua eressero la nuova facciata avanzandone il prospetto dal piano primitivo: non più allineata a livello del campanile romanico, presenta tre campi di struttura in travertino – il centrale convesso, concavi i laterali – divisi da doppi pilastri piani.

In cima le statue dei quattro Evangelisti, di Sant’ Elena e Costantino; al centro la Croce adorata da due angeli. L’antico portico romanico fu sostituito da un atrio ellittico, una delle più originali creazioni architettoniche dell’epoca. Alla metà del ‘700 la ristrutturazione fu anche urbanistica, poiché fu spianato il tratto tra Santa Croce e San Giovanni – detto “monte cipollaro” – e quindi completato il collegamento viario tra le tre Basiliche che “raccontano” la vita di Gesù – Santa Maria Maggiore (la Natività), Santa Croce (la Passione), San Giovanni in Laterano o Basilica del SS. Salvatore (la Resurrezione) – già iniziato da Sisto V alla fine del XVI sec. con la via Felice.

Scendendo per le cordonate laterali, si accede alle due cappelle semisotterranee: a sinistra, la Cappella di San Gregorio, con la volta affrescata da Girolamo Nanni e Francesco Nappi nel XVII sec. e una Pietà in bassorilievo sull’altare, opera di un anonimo autore agli inizi del XVII sec.; a destra la Cappella di Sant’Elena: è qui che Elena, madre dell’Imperatore Costantino, depose, secondo la tradizione, le preziose Reliquie, dopo aver cosparso il pavimento con la terra del Calvario.

Luogo antico e venerato, nel corso dei secoli ha meritato l’attenzione di grandi artisti: la sommità delle pareti è decorata con un ciclo di affreschi dedicato alla Vera Croce eseguiti dal Pomarancio (XVI sec.); sulla volta uno splendido mosaico, al centro, entro un tondo, il Cristo benedicente; intorno gli Evangelisti e quattro Storie della Croce. Anch’esso del XVI sec, è stato realizzato da Baldasarre Peruzzi, in sostituzione di quello originario di epoca romana, andato perduto, e vi ha lavorato successivamente anche Francesco Zucchi.

La statua di Sant’Elena è una copia della Giunone Vaticana opportunamente adattata con l’aggiunta dei simboli della Passione. Sul ritrovamento della Croce – che è alla origine di questa basilica – storia e leggenda si intrecciano. Tuttavia, quando parliamo di “leggenda” non significa falsità o invenzione, significa “da leggere” che proviene dalla ricca tradizione orale fatta spesso dai testimoni diretti. La documentazione storica ha poi operato per identificare il vero dal falso.

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Eusebio di Cesarea (265 circa-340) narra che l’imperatore Adriano aveva fatto costruire dei templi pagani sul Calvario e sul Santo Sepolcro, per far cadere nell’oblio la memoria degli avvenimenti cari ai cristiani. Terminate le persecuzioni e proclamato l’Editto di Tolleranza (313), l’imperatore Costantino fece demolire i templi pagani per innalzare in quegli stessi luoghi un nuovo grandioso tempio cristiano: l’Anastasis e Martyrion.

In quest’epoca l’anziana madre dell’Imperatore intraprese un viaggio in Terra Santa. Elena era nata a Drepanum, in Bitinia, nel 250 e solo in tarda età aveva abbracciato la fede cristiana. Di umili origini – stabularia, cioè locandiera, la descrive Sant’Ambrogio – scelta come concubina e poi ripudiata da Costanzo Cloro, rimase nell’ombra fino a quando il figlio, divenuto Imperatore, la chiamò a corte con il titolo di Augusta.

Gli antichi storici della Chiesa, e qui troviamo documentazione certa, tra cui Sant’Ambrogio, hanno testimoniato l’elogio delle virtù cristiane di Elena. A lei la tradizione attribuisce il ritrovamento sul Calvario di tre croci che furono portate a Gerusalemme in processione e lì San Macario, vescovo della città, avendo invocato dal Signore un segno, distinse la croce di Gesù per il miracoloso ritorno in vita di un giovane toccato con il Santo Legno.

Sant’ Elena allora, fece tre parti della Croce: una la lasciò a Gerusalemme, un’altra la mandò al figlio a Costantinopoli e portò la terza parte a Roma, con un chiodo e anche una gran quantità di terra del Calvario, con la quale cosparse il pavimento della Cappella successivamente a lei dedicata. Nel “cubiculum Sanctae Helenae”, che la leggenda ha tramandato come la stanza privata dell’imperatrice, sono state custodite le Reliquie della Passione per più di un millennio.

Recenti scavi archeologici (1996) hanno riportato alla luce i resti di una vasca battesimale e alcune tombe nell’antica cappella di Sant’ Elena: si è così chiarito che l’originario luogo di culto non era affatto una cappella palatina ad uso privato, bensì un luogo di culto pubblico, dove la comunità cristiana di Roma professava la propria fede vicino alle Reliquie della Passione del suo Salvatore.

LA CAPPELLA DELLE RELIQUIE – SANTUARIO DELLA CROCE

Nel 1570, a causa dell’umidità dell’ambiente, le Reliquie furono trasferite dalla Cappella di Sant’ Elena in un vano sopra la cordonata di destra, a cui si accedeva attraverso la clausura del Monastero e con speciali permessi. Tale collocazione non consentiva agevolmente il passaggio dei pellegrini, il cui flusso andò aumentando nei tempi moderni. Per questo, durante l’Anno Santo del 1925, si pensò di costruire una Cappella di maggiore capacità e più facile accesso.

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L’attuale “Santuario della Croce” – come Giovanni Paolo II ha definito questo luogo durante la visita pastorale del 25 marzo 1979 – è stato ricavato nell’antica Sacrestia della Basilica su progetto dell’architetto Florestano Di Fausto. L’idea sottesa all’opera è quella del pellegrinaggio al Calvario meditando il mistero della Passione e Morte di Gesù, tema efficacemente espresso dai simboli lungo il percorso: varcato l’ingresso – in fondo alla navata di sinistra della Basilica – si entra subito nel clima meditativo e una gradinata conduce al Vestibolo.

Salendo i gradini si ripercorre la Passione di Gesù con le Stazioni della Via Crucis (in 14 gruppi bronzei di Giovanni Nicolini) alternate a citazioni tratte dal Nuovo Testamento e dalla Liturgia del Venerdì Santo; infine, dal Vestibolo e al di là di un’iconostàsi, si giunge alla visione delle Reliquie, custodite in sei preziosi reliquiari, realizzati del tutto o in parte nel corso dell’800 per sostituire quelli antichi confiscati nel 1798 dalla Repubblica Romana.

La Cappella, realizzata in marmi policromi e arricchita anche dalle vetrate artistiche del Picchiarmi e dai mosaici realizzati su disegno di Corrado Mezzana, fu inaugurata nel 1930 e ultimata nel 1952. Le modifiche apportate tra il 2003 e il 2005 – tra cui la collocazione dei reliquiari e del patibulum del Buon Ladrone in un climabox – sono funzionali ad una ottimale conservazione delle reliquie e ad una migliore fruizione della Cappella.

A completamento della catechesi sulla Passione che le Reliquie suggeriscono, in un vano adiacente la Cappella sono stati posti una copia della Sindone a grandezza naturale – dono alla Basilica della Commissione Diocesana della Sindone dell’Arcidiocesi di Torino nel 2003 – e il Crocifisso sindonico realizzato da mons. Giulio Ricci, a cui è intitolato il Centro Diocesano di Sindonologia che qui ha sede.

Ai piedi della Cappella, inoltre, dal 1999 riposano le spoglie mortali della Serva di Dio Antonietta Meo, conosciuta come “Nennolina” (1930-’37), una bambina vissuta a poche centinaia di metri dalla Basilica negli anni Trenta e morta all’età di sei anni e mezzo in seguito a osteosarcoma.

Una storia di ordinaria sofferenza, ma vissuta in modo straordinario: ne sono testimonianza le numerose “Letterine” indirizzate a Dio Padre, a Gesù, allo Spirito Santo e alla cara Madonnina che fanno della piccola Nennolina la più giovane mistica che la Chiesa ricordi. Benedetto XVI ha promosso, con il processo diocesano, il titolo di “Venerabile”, in attesa della beatificazione.

LE RELIQUIE SESSORIANE e il percorso storico

L’autenticità delle Reliquie Sessoriane – cioè quelle presenti in questa Basilica dalla sua origine – è stata variamente, ma fondatamente motivata. E’ tradizione antichissima che una parte della Croce del Signore sia stata portata a Roma e collocata nella Basilica Sessoriana: ne danno conferma gli antichi rituali medievali delle funzioni papali, che fissano la Stazione del Venerdì Santo proprio a Santa Croce.

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In quell’occasione il Pontefice in persona procedeva scalzo dalla Basilica Lateranense e processionalmente, con il clero e il popolo, andava alla Hierusalem romana per adorarvi il “Legno della vera Croce”. Ulteriore prova di quanto fosse radicata la convinzione che in quest’antica basilica romana vi fosse la vera Reliquia della Croce sono gli svariati frammenti del Sacro Legno prelevati dalla Reliquia Sessoriana per essere donati dai Pontefici a personalità e santuari.

Anche per quanto riguarda il Chiodo la tradizione è antichissima e costante: molti storici del IV sec, infatti, narrano che Sant’ Elena trovò anche i chiodi con i quali Gesù era stato crocifisso e che ne fece mettere uno nel freno del cavallo di Costantino e un altro nella corona. Infine, uno lo portò con sé a Roma dove è anticamente annoverato tra le Reliquie Sessoriane.

Per la reliquia del Titolo – la tavoletta di legno che riportava l’imputazione formulata da Pilato nei confronti di Gesù in tre lingue – ebraico, greco e latino – la tradizione ad un certo punto lascia il passo alla storia ben documentata: Stefano Infessura nel suo Diario, in data 1 febbraio 1492, racconta che questa reliquia fu casualmente ritrovata durante dei lavori di restauro in Basilica voluti dal card. Mendoza.

Chiusa in una cassettina con il sigillo del card. Caccianemici – titolare di Santa Croce e poi papa col nome di Lucio II (1144-45) – era stata murata “ab antiquo” (a significare “sin dalla antichità”) nell’arco che separa il transetto dalla navata centrale. Nell’antichità le reliquie venivano spesso messe in alto nelle chiese per preservarle dai furti, ma nel caso del Titolo pare se ne fosse poi persa memoria, poiché erano cadute le lettere musive che ne indicavano la collocazione.

La notizia del ritrovamento fece molto scalpore all’epoca, anche perchè coincise con la riconquista spagnola di Granada, ultima roccaforte degli Arabi in Occidente. Sull’autenticità della reliquia sono di grande interesse i recenti studi (2003) di Maria- Luisa Rigato, secondo la quale la reliquia – già venerata a Gerusalemme – giunse a Roma non con Santa Elena ma successivamente, tra il 570 e il 614, in coincidenza con l’attribuzione del titolo cardinalizio a Santa Croce ad opera di Papa Gregorio Magno.

La studiosa sostiene, inoltre, che il Titolo è intero così come si presenta oggi e che la sua divisione in due o tre parti che alcuni hanno sostenuto è pura congettura. L’iscrizione come tale, infatti, analizzata e studiata in tutte le sue parti attraverso una sapiente analisi paleografica ed esegetica dei testi in ebraico, greco e latino è perfettamente compatibile con i dati dei Vangeli, in particolare quello di Giovanni.

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A Santa Croce sono custodite anche due Spine che si ritiene provengano dalla Corona che cinse il capo di Gesù. La tradizione non attribuisce a Sant’ Elena il ritrovamento della Corona di Spine. Di questa reliquia si sa però che era venerata a Costantinopoli già ai tempi di Giustiniano. Durante l’Impero Latino d’Oriente (1204-1261) ne vennero in possesso i Veneziani. Nel 1270, poi, l’ebbe San Luigi Re di Francia, che la pose nella Cappella del Palazzo Reale.

Successivamente, questa Corona, passò alla chiesa abbaziale di San Dionigi (1791) e infine nel 1806 fu trasferita a Notre Dame, dove è conservata tuttora. E’ priva di spine che invece sono sparse in molte chiese. Per completare la catechesi sulla Passione, nel corso dei secoli Santa Croce si è arricchita di altre reliquie, quali i frammenti della grotta di Betlemme, del Santo Sepolcro e della colonna della Flagellazione, il patibulum del Buon Ladrone e la falange del dito di San Tommaso.

IL MONASTERO DI SANTA CROCE

La fondazione di un Monastero annesso alla Basilica risale al X sec. Successivamente varie comunità religiose si sono avvicendate a Santa Croce: i Benedettini di Montecassino, i Canonici di San Frediano di Lucca, i Certosini, quindi i Cistercensi della Congregazione di San Bernardo, che tuttora vi risiedono, officiano in Basilica e dal 1910 amministrano la Parrocchia.

Del trecentesco Monastero certosino sono ancora visibili resti del Chiostro grande e del Chiostro piccolo. L’attuale Monastero, invece, risale alla metà del ‘700. Ad esso appartiene la prestigiosa Biblioteca Sessoriana, nata per iniziativa dell’abate cistercense Ilarione Rancati (1594-1663).

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SANTA CROCE TRA STORIA E FEDE

Riti e tradizioni legati al culto della Croce caratterizzano la storia della Basilica. Essendo strettamente legata alla Passione di Cristo, Santa Croce è meta di pellegrinaggi soprattutto in alcuni momenti particolari dell’anno liturgico, come l’Esaltazione della Croce (14 settembre), l’Invenzione della Croce (3 maggio) e la Settimana Santa.

Inserita nell’itinerario stazionale romano, in Quaresima è chiesa stazionale per ben due volte: la IV Domenica di Quaresima – in cui anticamente si svolgeva anche la benedizione della Rosa d’oro – e il Venerdì Santo alla presenza del Pontefice. Dalla metà del ‘500 è nel percorso delle Sette Chiese voluto da San Filippo Neri, è stata basilica giubilare in occasione degli Anni Santi straordinari della Redenzione e in occasione del grande Giubileo del 2000.

MUSEO DELLA BASILICA

L’esposizione si articola in quattro sezioni, in cui è possibile ripercorrere alcune tappe significative della storia della Basilica, del Monastero e dell’area circostante: gli affreschi, Ciclo dei Patriarchi (XII sec.), la Crocifissione di scuola giottesca (XIV sec.); ciclo di affreschi di scuola di Pietro Cavallini (XIV sec.). I dipinti su tela: opere in prevalenza di autori di area romana, toscana e lombarda (XVI/XX sec.).

Le suppellettili sacre: di notevole pregio anche l’autentico Reliquiario di San Gregorio Magno, con un’icona musiva dell’lmago Pietatis (XIV sec.); una croce stazionale (XV sec.); due statue in alabastro di fattura inglese (San Pietro e San Paolo XIV sec.), e i Codici liturgici miniati, quattro Graduali pergamenacei miniati (XIV sec.) provenienti dalla Badia a Settimo (Firenze).

 

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