“La mia più grande paura e frustrazione, era che staccassero la spina, mentre io sentivo tutto e non volevo. Piangevo, ma le lacrime non scendevano, solo mio padre e mia madre capirono che stavo piangendo… e mi salvarono…“
Molti di voi conosceranno una serie interessante trasmessa dai canali Discovery Italia, si chiama ER: storie incredibili, a dimostrazione che – in mezzo a tanto pattume – qualcosa da vedere è ancora possibile. ER è l’americano del nostro italiano Pronto Soccorso e in questa serie hanno raccolto tanti episodi bizzarri e non, seri, gravi, meno seri e meno gravi, raccontati dai veri protagonisti, medici e pazienti. Quel che emerge tra l’altro è la seria consapevolezza dei Medici nella loro specifica missione di “SALVARE VITE UMANE”. Per qualsiasi motivo un essere umano giungesse al Pronto Soccorso, per loro scatta la sfida contro la morte. E a dispetto del falso adagio per cui i medici essendo avvolti nella scienza, in teoria sarebbero tutti “atei”, in queste storie emerge spesso che molti di loro sono “timorati di Dio”, sentono che in molti casi è accaduto “il miracolo”, sanno – e lo dicono – che devono ringraziare Qualcun Altro. Anche se non sanno spiegarsi certi prodigi, molti di loro credono di aver ricevuto una “missione dall’alto” e che c’è Qualcuno che li guida e li aiuta. Pochi di loro credono nel “caso”.
Veniamo al primo fatto.
Una ragazza di 15 anni, ad un certo punto della sua normalissima quotidianità, in una famiglia del tutto normale, smette di respirare. Era in casa e chiama la mamma per dirle che non riesce più a respirare, da qui inizia la tragedia, una corsa in ospedale e la battaglia per la vita. L’unico episodio precedente ai fatti è una normalissima e banalissima influenza, superata già da ben due settimane, con un decorso del tutto naturale.
L’adolescente giunge in PS praticamente in coma ed è subito circondata dai medici che cercano di capire che cosa sta accadendo. Dopo tutte le analisi di rito si riscontra che la ragazza ha una gravissima infezione ai polmoni che sono letteralmente collassati e, di conseguenza, è meglio indurla al coma terapeutico per fare in modo che gli antibiotici lavorino più velocemente e l’organismo non si affatichi. Ma qualcosa va storto, l’adolescente entra letteralmente in coma vegetale, adesso è la battaglia contro il tempo.
Ora c’è da dire che questi due genitori erano favorevoli all’eutanasia così, appena un medico ricorda loro che sulla carta dell’assicurazione c’era scritta l’autorizzazione a staccare le prese e a non intraprendere alcun accanimento terapeutico, inizia una discussione per capire cosa fare. E’ commovente come i due genitori, trattandosi ora della propria figlia, iniziano lentamente a rivedere la loro posizione a riguardo dell’eutanasia, e si dicono che avrebbero “fatto di tutto” per rivedere la loro bambina risvegliarsi sana e salva. La loro firma a favore dell’eutanasia, tra l’altro, aveva delle incidenze sulle prestazioni dell’assicurazione, così i due genitori si prodigano all’istante a modificare il loro giudizio e a non ritenersi più favorevoli all’eutanasia.
Superati gli ostacoli burocratici, i due genitori iniziano il loro calvario sul Golgota della figlia bloccata nel letto con tutti i respiratori. Dice il padre piangendo, alla moglie: “Che idea idiota pensare di staccare una spina, come se poi bastasse questo per risolvere la vita di un essere indifeso! No! Nostra figlia avrà tutte le cure che il mondo conosce, noi lotteremo per lei, noi lotteremo perché viva! Vedrai, ce la faremo!“
Non sappiamo di quale fede fosse questa famiglia, ma in questi casi è la Legge naturale che ci unisce tutti, la Vita infatti e la sua difesa non è un monopolio “del cristiano” ma è “cattolico” ossia universale nel termine più vero!
Passano tre mesi e la situazione medica è stabile. Nella stanza della giovane adolescente i genitori, i nonni e gli amici stretti hanno creato un ambiente familiare con video della sua crescita, foto, registrazioni della sua voce, si respira la speranza!!
Poi arriva un medico di quelli che fanno trapianti…. che spiega ai due genitori che c’è un bambino di 5 anni che attende, urgentemente, un cuore giovane…. Se non facesse il trapianto entro le prossime ore, rischia di morire. Il medico non era stato aggiornato sul pensiero dei due genitori, e così scoppiano a piangere perché pur dispiacendo loro per la sorte di quel bambino e per la sofferenza di altri genitori, loro nutrivano speranza per la loro figlia e non intendevano staccare alcuna presa prima del tempo, prima della morte naturale. Avvisati del fatto che al 90% la ragazza potrebbe aver subito danni cerebrali, il medico chiedeva loro quanto valesse la pena di proseguire senza speranze mediche.
E qui accade quel che molti non pensano o non credano: l’adolescente SENTIVA TUTTO e a tratti “vedeva” ciò che le accadeva intorno. Ad un tratto vuole reagire, sente quel che dicono, ma lei “URLA” alla madre di non staccare la presa, che è viva e che il suo cervello sta benone, ma dalla bocca non esce alcun suono, è la frustrazione totale, teme che i suoi possano cedere allo sconforto: “La mia più grande paura e frustrazione, era che staccassero la spina, mentre io sentivo tutto e non volevo. Piangevo, ma le lacrime non scendevano, solo mio padre e mia madre capirono che stavo piangendo… e mi salvarono…“
Sì, ad un certo punto, durante la visita del medico che fa gesti di rassegnazione… il padre nota qualcosa che solo dei genitori possono notare: richiama l’attenzione della moglie, si guardano, stupiscono e si abbracciano felici “E’ VIVA!!” gridano ai medici “STA PIANGENDO!!”. Per i medici ovviamente si tratta solo di emozioni e di fissazione genitoriale… ma loro insistono “conosciamo nostra figlia, conosciamo ogni suo gesto, sta piangendo”. Per fortuna uno dei medici si lascia convincere e decide di togliere il coma guidato, farmaceutico, e di provare a far respirare la ragazza da sola….
Tutta la pratica viene terminata con successo e dopo 15 minuti la ragazza apre gli occhi, sorride ai genitori e sussurra: “SAPEVO CHE AVRESTE RICONOSCIUTO LA SMORFIA DI QUANDO PIANGEVO DA PICCOLA“…. I genitori, tutti presi dalla gioia le rispondono: “Sì! sapevamo che sentivi quanto ti amiamo!”. La ragazza si riprese subito e senza riportare conseguenze, tranne il fatto che ha perso l’udito da un orecchio ed ha avuto un problema alla vista che la obbliga oggi a portare gli occhiali, ma per il resto è sanissima ed ha voluto raccontare la sua storia, insieme ai genitori, per combattere contro l’eutanasia e far sapere al mondo che, proprio perché in coma, un essere umano può vedere ed ascoltare tutto, e la frustrazione che altri non comprendano, è il dolore più grande e la paura tremenda che qualcuno sta per staccare la presa che ti tiene in vita.
Lasciamo ora a voi l’onere della riflessione e di comprendere che, quanti sono in coma, non è detto che non ci ascoltino, attenzione perciò, il caso del giornalista Antonio Socci e della loro amata Caterina, vedi qui, dovrebbe insegnarci che è meglio lottare, anziché arrendersi per non combattere la propria battaglia. Questi due genitori soltanto quando hanno capito che la vita della propria figlia era in pericolo, hanno cambiato idea ed hanno lottato fino all’ultimo, vincendo la sfida.
“Qualunque cosa ci accada ti prego, non permettere che stacchino quella presa! Questa presa terrà accesa la speranza che ce la faremo, noi ce la faremo, lo sento, ti prometto che ritornerò con tuo figlio….”
Una famiglia anche qui normalissima, nella pura quotidianità. Sposi giovani e lei in attesa del primo figlio. Tutto va bene fino a quando lei, al settimo mese di gravidanza, sente che qualcosa non va e si precipita dal medico. Inizia la battaglia fatta di commiserazioni, incomprensioni, sottovalutazione del problema. Il medico non riscontra nulla di anomalo e dopo il terzo allarme lanciato dalla giovane mamma, accusata di essere inesperta e troppo apprensiva, viene rimandata a casa.
Testarda si reca al PS e spiega al medico di turno le sue sensazioni. Anche qui fatta una eco grafia, la rimandano a casa raccomandandole di stare più serena. In tutto passano tre settimane, sta per entrare all’ottavo mese e sente problemi di respirazione, ma non suoi, pensa infatti che il problema è nel bambino, ritorna al PS e naturalmente viene mandata a casa. Non si arrende e il giorno dopo si reca ad un altro PS e qui incontra un medico più coscienzioso che l’ascolta e comincia a crederle: crede che la donna non mente e non sta esagerando e le fa fare alcuni esami specifici.
Bingo! Aveva ragione la madre, sembra che il bambino stia soffrendo per una malformazione non significativa del cuore, una specie di soffio ma… quel che non avevano ancora capito è che la madre stava in pericolo per un problema grave del suo cuore, invisibile agli esami intrapresi. Mentre è ricoverata le sue condizioni peggiorano all’improvviso, i medici non capiscono cosa sta accadendo e prendono in considerazione di far abortire la donna per salvarle la vita.
Entra in scena il giovane marito che si oppone all’istante, anche la moglie è d’accordo, la vita del figlio deve essere salvata semmai a costo della sua… e chiede se è il caso di fare un cesareo, ma entra in coma e non può essere operata perché non è chiaro di cosa soffra, non c’è diagnosi e non si capisce cosa sta accadendo. In quel momento credevano semplicemente che il problema fosse il bambino…
Prima di entrare in coma, la giovane moglie aveva supplicato il marito con queste parole: “Qualunque cosa ci accada ti prego, non permettere che stacchino quella presa! Questa presa terrà accesa la speranza che ce la faremo, noi ce la faremo, lo sento, ti prometto che ritornerò con tuo figlio….“
Cominciano le discussioni fra medici, tra chi è favorevole all’aborto e chi dice che si deve optare per salvare la vita di entrambi…
Grazie a Dio prevale il buon senso e i medici decidono di concentrarsi per trovare una diagnosi a questo coma insolito, e per salvare il bambino che comunque è all’ottavo mese, capace di respirare autonomamente anche se con l’aiuto di una incubatrice. Il medico che aveva accolto la donna al PS e le aveva creduto, riesamina TUTTA la sua situazione fin dai primi sintomi ai quali gli altri medici non avevano dato peso. Il medico comincia a chiedersi se non avessero sbagliato loro la diagnosi del nascituro. E’ come costruire un puzzle, si rimettono insieme tutti i pezzi, con calma e pazienza, dopo 24 ore il medico crede di aver trovato il problema e sottopone la madre in coma ad altri esami.
Arriva la diagnosi: è la madre che soffre di un problema al cuore che altri esami fatti prima, per una serie di coincidenze, non avevano fatto emergere, aveva una piccola emorragia dell’aorta e alcuni rivoli di sangue erano andati ad interessare i suoi polmoni, portandola al coma. Ora con questa diagnosi certa i medici chirurghi possono intervenire. Fanno nascere il bambino con un cesareo che risulta essere sanissimo, senza alcun soffio al cuore e senza altra anomalia, la sua sofferenza prenatale registrata in precedenza, era stata data dalla sofferenza della madre e non del bambino.
Dopo 5 giorni anche la madre si risveglia – sanissima – e la prima cosa che chiede è “come sta mio figlio? Lo avete salvato?” Perché è questo l’istinto di una vera madre…. non pensa a se stessa, ma è pronta a dare la propria vita per quel “frutto” che porta in grembo. Oggi il bambino ha cinque anni ed è sanissimo e questi due genitori hanno avuto anche una bambina, dopo che la madre si è sottoposta a cure per risolvere il suo problema al cuore.
Anche questa storia ci insegna che la vita è una battaglia, una buona battaglia, e che vale la pena di lottare, sempre, fino alla fine. Quella madre ha vinto, perché non si è arresa!
Laddove uno, due, tre medici non dessero ascolto al nostro “sesto senso”, o dove sottovalutassero i nostri sintomi, non molliamo mai!!! Richiediamo più pareri, questo è lottare, non arrendiamoci.
Questo bambino sarebbe stato abortito se non fosse prevalso il buon senso, ed era sanissimo, non soffriva di alcuna patologia! Quei medici si stavano per arrendere e così sarebbero morte due persone. Invece ha vinto la Vita.
Pensiamoci! Sono storie vere e a questo servono i Medici: per salvare la vita fino all’ultimo respiro di speranza. Ma ai Medici chiediamo di non sottovalutare alcun sintomo, di prestare ascolto ai pazienti e – con loro – di non smettere mai di sperare: si vincerà insieme!
Laudetur Jesus Christus