Enrico Maria Radaelli: Gesù dice bianco, Ratzinger dice nero

Cari Amici, in questo link: Léon Bertoletti chiarisce come leggere il libro del professore Radaelli, vi avevamo già offerto un ottimo contributo ad un dibattito che si era acceso sui Media per il contenuto del libro del prof. Enrico Maria Radaelli per il quale lo stesso mons. Antonio Livi ci aveva inviato un profondo chiarimento, si legga qui, e per il quale non ringrazieremo mai abbastanza.

Questo sito ha un nome ben preciso: Cooperatori della Verità; per questo motivo siamo sempre molto grati al professor Radaelli sia per la sua amicizia, sia per l’enorme contributo al delicato, ma anche impegnativo dibattito in corso, sui gravi problemi di natura dottrinale che da mezzo secolo, oramai, degradano sempre più la santa Chiesa e mettono a dura prova la vera fede anche del “gregge più piccolo”.

Quanto segue è una “Nota a margine”, appunto, attraverso la quale il prof. Radaelli desidera offrire cinque esempi per: “rassicurare il lettore della più ampia contestualizzazione, in questo mio lavoro, delle citazioni del pensiero ratzingeriano, così da poter garantire allo studioso il più largo aiuto per afferrarne, oltretutto, il significato non sempre limpido…”.

AGGIORNAMENTO: ci è stata proposta questa “risposta” che condividiamo serenamente e ringraziando per l’utile dibattito.


DOVE GESÙ DICE BIANCO, RATZINGER DICE NERO.

di Enrico Maria Radaelli

Qui si vogliono offrire almeno cinque dei numerosi esempi di totale inconciliabilità, da una parte degli insegnamenti di Sacre Scritture e dogmi della Chiesa, dall’altra degli insegnamenti esposti dal Professor Ratzinger in un suo celebre libro del 1968, Introduzione al cristianesimo, a tutt’oggi vero e unico paradigma del suo pensiero, venduto da cinquant’anni in tutto il mondo, mai smentito, anzi confermato nel 2000 da un nuovo Saggio introduttivo vergato dal suo stesso Autore, all’epoca Prefetto della sacra Congregazione per la dottrina della fede, e, nella sua linea dorsale, ancora ribadito in un’intervista pubblicata su L’Osservatore Romano il 17-3-16, dunque solo due anni fa, e avendo l’augusto Soggetto compiuto già da tre anni la gran Rinuncia al Papato. Libro dunque ancora molto attuale.

Esso costituisce l’oggetto dell’analisi critica del mio  Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, pro manuscripto, Aurea Domus, Milano novembre 2017, pp. 370, disponibile nelle librerie Ancora (Milano e Roma), Coletti (Roma), Hoepli (Milano), Leoniana (Roma), oltre che sul sito di metafisica Aurea Domus.

Si vuole altresì rassicurare il lettore della più ampia contestualizzazione, in questo mio lavoro, delle citazioni del pensiero ratzingeriano, così da poter garantire allo studioso il più largo aiuto per afferrarne, oltretutto, il significato non sempre limpido.

Si ritiene urgente la massima diffusione di Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo affinché sia evidente che il sottoscritto, potendo cominciare a lavorarvi solo dal settembre del 2015, ha fatto di tutto per arrivare in tempo a provare – quantomeno a provare – di convincere l’esimio e mite Autore di Introduzione al cristianesimo della necessità di riflettere su tutti quei suoi assunti prima che sia troppo tardi.

In tale mio studio critico sono stati volutamente proposti anche quattro paragrafi (dal § 76 al § 79) in cui ho voluto esporre all’apprezzamento del lettore cinque importanti pensieri del Professore la cui presenza, pur nell’oceano delle più forti perplessità, permette di capire quanto esso sia scevro da ogni e qualsivoglia apriorismo, a meno che non sia dettato dalla divina e a tutti superiore Norma normans del Logos.

Questi i cinque esempi.

Primo esempio.

Nel 2005, salito da poco al papato col nome di Benedetto XVI, colui che era stato il Professor Joseph Ratzinger insegnava che quella di Dio «rimane l’ipotesi migliore, benché sia un’ipotesi» (Joseph Ratzinger, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, Cantagalli, Siena 2005, p. 123).
Ma dire che Dio è «l’ipotesi migliore» significa comunque fondare la fede in Dio – credere Deum – su un’ipotesi, se pur la migliore, ossia su un fatto dubitativo, il che però significa, essenzialmente, fondarla su un fatto umano: è l’uomo che ipotizza l’esistenza di Dio, è l’uomo che dunque, nella sua mente, “produce Dio”, che è tutto il contrario della certezza richiesta dalla fede: la certezza di una conoscenza data dalla testimonianza, altro che ipotesi! e la testimonianza è quella di Cristo, che dice: « Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato  » (Gv 1,18).

Si noti che questo pensiero drammaticamente errante del più recente Ratzinger, che conferma come si debba cercare di correggerne il fideismo di fondo, lo si è potuto raccogliere proprio da chi credeva, con la citazione di quelle sue parole, di difenderlo dal mio dire (vedi qui).

Nelle prime settantatré pagine del suo libro il Professor Ratzinger, ben trentadue anni prima, aveva già steso il concetto fondante della sua fede “ipotetica”, e l’aveva steso con plurime e sempre molto drammatiche espressioni, di cui qui si riportano solo le tre più esemplari e struggenti: «…il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio, trovandosi assegnato il mare dell’incertezza come unico luogo possibile della sua fede,…» (Introduzione al cristianesimo, p. 37);

«È la struttura fondamentale del destino umano poter trovare la dimensione definitiva dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza» (Introduzione al cristianesimo, p. 39);

«Il credente sperimenterà sempre l’oscura tenebra in cui lo avvolge la contraddizione dell’incredulità, incatenandolo come in una tetra prigione da cui non è possibile evadere,…» (Introduzione al cristianesimo, p. 73).

Ma il Signore, a proposito della certezza e solidità della fede, ci dice: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6); e san Paolo ricorda che « ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto [è manifesto agli uomini]; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa» (Rm 1,19-22). Conclusione: « Senza la fede è impossibile piacere a Dio» (Eb 11,6). Su tali inenarranti basi scritturali, la Chiesa dogmatizza (con proposizione cui si deve obbedienza de fide): «Dio, principio e fine di ogni cosa, può essere conosciuto con certezza mediante la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create» (Cost. dogm. Dei Filius, cap. 2, Denz 3004).

Bisogna qui aprire una parentesi di ordine generale che ci permette di notare come il postulato iniziale generalissimo del Professor Ratzinger, secondo cui: «…il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio», nullifica tutto il libro nonché se stesso medesimo, in quanto circolarmente contraddittorio. Se infatti, per principio, tutto è incerto, allora sarà incerto, per principio, anche il postulato medesimo, che quindi potrebbe essere falso, e saranno comunque incerte, forse false, per principio, tutte le proposizioni del libro e, allora, a che pro non solo scriverlo, ma anche leggerlo? (v., in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, i §§ 11-21 sul dubbio socratico e su quello scettico, pp. 51-82).

Secondo esempio.

In un’intervista del 2016 al gesuita Jacques Servais pubblicata sull’Osservatore Romano, l’augusto Teologo, già Papa, tornato cardinale pur ricusandone la qualifica, riconfermava la linea dorsale del libro ribadendo la sua personale convinzione che la Redenzione come ‘riparazione dell’«offesa infinita fatta a Dio»’ è solo una dottrina che, a causa della «ferrea logica» dovuta, secondo lui, unicamente al vescovo sant’Anselmo d’Aosta, resta «difficilmente accettabile dall’uomo moderno», così mantenendo inalterato il pensiero formulato cinquant’anni prima in Introduzione al cristianesimo, per il quale essa «ci appare come un crudele meccanismo per noi sempre più inaccettabile» (Introduzione al cristianesimo, p. 221). Ma Gesù stesso parla di “ira di Dio”: «Chi rifiuta di credere nel Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui» (Gv 3,36); quale ira? perché ira? L’ira del Creatore per il peccato della sua creatura; e san Paolo chiarisce: «Quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio» (Rm 5,10): nemici per il peccato dell’uomo, che la morte per Olocausto cruento di Cristo riscatta; infatti: «Anche noi tutti,  …  eravamo per natura figli dell’ira » (Ef 2,3); “per natura” a causa del peccato originale trasfuso in noi da Adamo; e l’Apostolo (Dio attraverso l’Apostolo) rincara: «E voi, che già eravate estranei e nemici nella vostra mente e nelle vostre opere malvagie, ora Dio vi ha riconciliati nel corpo di carne di Lui, per mezzo della Sua morte» (Col 1,21-2); cui si aggiunge l’Apostolo prediletto (ossia sempre Dio attraverso stavolta l’Apostolo prediletto): «In questo si è manifestato l’amore di Dio verso di noi: che Dio [Padre] ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che Dio ha amato noi e ha inviato il suo Figlio per essere l’espiazione per i nostri peccati» (I Gv 4,9-10).

Su tali inenarranti basi scritturali, il dogma ordina (Concilio di Trento, Denz 1743 e 1753) che la Chiesa professi la dottrina della Redenzione come Olocausto di Cristo al Padre, e in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo (§§ 40-3, 155-72) è percorsa tutta la storia del dogma al proposito, che esige che sia obbedito, accettato e creduto proprio ciò che il Professor Ratzinger rigetta.

Terzo esempio.

Il Professor Ratzinger afferma: «Dio è e sarà sempre per l’uomo l’essenzialmente Invisibile Dio è essenzialmente invisibile» (Introduzione al cristianesimo, p. 42); e ancora: «nell’Antico Testamento questa affermazione – che “Dio non compare né mai comparirà all’uomo” – assume valore di principio: Dio non è soltanto colui che è ora effettivamente fuori del nostro campo visivo …; no, egli è invece colui che ne sta fuori per essenza [marcatura dell’Autore], indipendentemente da tutti i possibili e pensabili allargamenti del nostro campo visivo » (Introduzione al cristianesimo, pp. 42-3).

Ma il Cristo di Sé dice: « Chi vede me vede Colui che mi ha inviato » (Gv 12,45); « Chi vede me vede il Padre » (Gv 14,9); e l’Apostolo prediletto afferma (ossia Dio in lui): « [Dio] lo vedremo così come Egli è» (I Gv 3,2); e san Paolo precisa: «Egli immagine del Dio invisibile» (II Cor 4,4, ma anche Col 1,15) e ancora: «Egli [il Cristo] è lo specchio della gloria di Dio e l’impronta della sua sostanza» (Ebr 1,3), il che significa che Dio Padre è perfettamente visibile nel Figlio, e ciò basta alla Chiesa ad affermare – al contrario di ciò che insegna, p. es., oltre al Professor Ratzinger, la nozione maomettana – la perfetta visibilità di Dio ai Beati, così chiamati appunto per il fatto che essi godono della visione divina (vedasi, in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, il § 18, pp. 70-4).

 Quarto esempio.

Il Professor Ratzinger sostiene che l’uomo, nella beatitudine del Paradiso, «vivrà nella memoria di Dio» (Introduzione al cristianesimo, p. 343), e precisa che « Paolo insegna – ripetiamolo ancora una volta – non la risurrezione dei corpi (Körper), bensì delle persone, e questa non nel ritorno dei ‘corpi di carne’, ossia delle strutture biologiche, che egli indica esplicitamente come impossibile» (Introduzione al cristianesimo, p. 347).

Ma i Vangeli, parlando dell’incontro tra Gesù risorto e gli Apostoli, notano invece che: «siccome stentavano a credere ed erano pieni di meraviglia, [Gesù] chiese loro: “Non avete nulla da mangiare?” Gli diedero un pezzo di pesce arrostito e un favo di miele. E dopo aver mangiato davanti a essi, prese gli avanzi e li diede a loro» (Lc 24,41-3); per non dire del celebre episodio  di Gv 20,27: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani! Accosta la tua mano e mettila nel mio costato!», da cui si evince che un corpo glorioso non è per questo meno carnale di un corpo mortale; e san Paolo, da qui, insegna: «E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,10-1).

Anche qui, sulla base di tali chiarissime e univoche risultanze poste dalle Sacre Scritture, la Chiesa così dogmatizza: «Tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti» (Concilio Laterano IV, 1215, Definizione contro gli Albigesi e i Catari, Denz 801), (vedasi, in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, i §§ 50-2, pp. 196-213, in cui l’inconciliabile opposizione tra l’insegnamento della dottrina cattolica e quello del Professor Ratzinger è evidenziata anche da plurime altre argomentazioni scritturali e dogmatiche).

Quinto esempio.

Il Professor Ratzinger sostiene che «la dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata qualora Gesù fosse nato da un matrimonio umano» (Introduzione al cristianesimo, p. 265), infatti, a suo avviso, la figliolanza divina di Gesù «non è un processo avvenuto nel tempo, bensì nell’eternità di Dio» (Introduzione al cristianesimo, pp. 265-6).

Ma l’Evangelista (Mt 1,18-26) scrive: «Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe», ‘promessa sposa’, dice, non ‘moglie’: ‘moglie’ è colei che, col coniugio, ha perso la verginità; ‘sposa’ invece è la donna che, unita in matrimonio, non ha ancora compiuto il coniugio; «prima che andassero a vivere insieme»: l’Evangelista segnala che quanto sta per narrare precede il momento in cui la vergine Maria si accaserà con Giuseppe; «si trovò incinta per opera dello Spirito Santo», come riporta san Luca nel suo Vangelo (1,26-38), «Giuseppe, suo sposo», ‘sposo’, anche qui, e non ‘marito’, a confermare lo stato non ancora coniugale dei due nubendi, «che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di ripudiarla in segreto», ossia di non ripudiarla pubblicamente, ossia che avrebbe provveduto a Maria e al nascituro, dando loro cibo, le vesti, un tetto, ma senza coniugarsi a lei; «Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa”», “di prendere con te”, dice l’angelo, con espressione casta, invece di dire “di maritarti”, per indicare a Giuseppe come egli avrebbe dovuto condurre l’unione con Maria “sua sposa”: proprio come aveva pensato lui, un “giusto”, che dunque ragiona con giustizia, secondo il cristiano discernimento degli spiriti, come dev’essere chi il Signore ha designato a proteggere la Madre del Suo Figlio e Suo Figlio stesso; «perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo», e non da un uomo, così sospendendo il passaggio degli influssi negativi dovuti al peccato originale; «…Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del Profeta: “Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio” »: si noti bene che san Matteo riconosce nella profezia la causa remota, ma non per questo meno efficace, di ciò che stava santamente avvenendo, così riconoscendo a Dio la Sua potenza: ciò che avviene ora è dovuto alla Parola di Dio data allora; in secondo, ricordando la profezia, ne sottolinea il concetto base: il concepimento del Figlio di Dio è dovuto, per parte di madre, a una miracolosa formazione di un embrione in una donna vergine che resta vergine, per cui il Profeta la chiama “Vergine” in quanto lo è per antonomasia, è “Vergine” ontologicamente; e, per parte di padre, è dovuto allo Spirito Santo, per il motivo sopra detto; poi «… Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù».

Ma tutto ciò è impugnato dal Professore Ratzinger, il quale ritiene invece che: primo, «la dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata qualora Gesù fosse nato da un matrimonio umano»; secondo, che, a proposito del Vangelo ora visto e di quello di san Luca segnalato nel testo, «la formula della filiazione divina ‘fisica’ di Gesù è quanto mai infelice e ambigua», così accusando la Parola di Dio, e dunque Dio stesso, di essere, qualificandola “infelice”, una Parola inetta, e, qualificandola “ambigua”, una Parola falsa, e ciò sostiene in un colpo solo; (per entrambi i punti, si veda, nel mio Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, il § 71, pp. 305-19).

Conclusioni.

Questi cinque esempi, specie il primo, col quale dal 1968 al 2016 l’Autore di Introduzione al cristianesimo persiste nel dubbio dell’esistenza di Dio, che per lui «rimane l’ipotesi migliore, benché sia un’ipotesi », dimostrano l’impostazione mentale scettica, storicista e fideista che le ha originate e che mutano uno per uno tutti gli articoli del Credo, come dimostro nel mio Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, che individua anche le cause che hanno portato il Teologo di Tubinga a quella problematica impostazione.

Si spera che questi cinque esempi possano essere utili a far conoscere la mia disamina al più largo pubblico di fedeli possibile, così da metterli in guardia sulle dottrine insegnate in Introduzione, e sollecitano, come si può riscontrare nelle ultime mie pagine, a trovare presto, e con ogni prudenza, la strada migliore per convincere l’illustre Soggetto a ritenere – almeno – che quel suo libro e le dottrine contenute non siano più proponibili alla Chiesa come sue convinzioni profonde, come a suo tempo il cardinale Dal Poggetto riuscì ad avvicinarsi al letto di Papa Giovanni XXII, a parlargli, a convincerlo, così da raggiungere il santo fine di far cadere ogni pericolo che i cancelli aurei gli restassero per sempre sbarrati.

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Enrico Maria Radaelli.

Bibliografia.

Aggiornata al 30 gennaio 2018.

Nato a Milano il 15 luglio 1944.

Docente di Filosofia dell’estetica (Il trattato Ingresso alla bellezza è stato per tre anni testo di Corso per Filosofia della conoscenza, sezione Conoscenza estetica, tenuto da Antonio Livi e dall’Autore alla Pontificia Università Lateranense).

Director of Department of Aesthetic Philosophy of In-ternational Science and Commonsense Association (Rome).

Autore di:

 Libri:

Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, ed. pro manuscripto Aurea Domus, Milano, nov. 2017, in-8°gr. aureo, pp. 370, € 33 (sconto 15% sul prezzo di copertina di € 39).

Street Theology. La scristianizzazione o Grande Fuga dalla realtà della Chiesa post moderna dal Concilio Vaticano II a Papa Francesco, Fede & Cultura, Verona, luglio 2016, in-8°gr. aureo, pp. 196, € 18 (disponibile eBook).

Che cosa può cambiare e cosa non può cambiare nella dottrina della Chiesa, in AA. VV., Dogma e Pastorale, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma, 2015, pp. 213, € 20.

La Chiesa ribaltata. Indagine estetica sulla teologia, sulla forma e sul linguaggio del magistero di Papa Francesco, Prefazione di An-tonio Livi, Gondolin, Verona, giugno 2014, in-8°gr. aureo, pp. 313 + XXI, € 25 (disponibile eBook).

Il domani – terribile o radioso? – del dogma, Prefazione di Roger Scruton, Interventi: di Brunero Gherardini, Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro, Mario Oliveri; ed. pro manuscripto, Aurea Domus, Milano, gennaio 2013, in-8°gr. aureo, pp. 262 + XXIV, € 30 (sconto 15% sul prezzo di copertina di € 35).

La Bellezza che ci salva. La forza di Imago, il secondo Nome del-l’Unigenito di Dio, che, con Logos, può dar vita a una nuova civiltà, fondata sulla Bellezza, Prefazione di Antonio Livi; ed. pro manuscripto Aurea Domus, Milano, aprile 2011, in-8°gr., pp. 306 + XX, € 33 (sconto 15% sul prezzo di copertina di € 35).

Sacro al calor bianco. La Messa di san Pio V e la Messa di Paolo VI alla luce della Filosofia dell’Æsthetica trinitaria; in appendice Breve esame critico del Novus Ordo Missæ dei cardinali Bacci e Ottaviani 2 voll., I vol., ed. pro manuscripto Aurea Domus, Milano, nov. 2008, in-8°gr. aureo, pp. 188, € 27.

Ingresso alla Bellezza. Fondamenti a un’Estetica trinitaria, Prefazione di Elio Franzini; Fede & Cultura, Verona, 2007; IIa edizione, idem, Verona, giugno 2012, in-8°gr. aureo, pp. 399 + VI, € 30;

Theomachia ultima. Metafisica delle “tre grandi religioni monoteiste”: Cristianesimo, Ebraismo e Islam; ed. pro manuscripto Aurea Domus, Milano, sett. 2005, in-8°gr. aureo, pp. 91, € 23.

Romano Amerio. Della Verità e dell’Amore, Marco Editore, Lungro di Cosenza, 2005; Introduzione di Antonio Livi, Postfazione di Divo Barsotti, Interventi dei vescovi Mario Oliveri e Antonio Santucci; pp. 325 + XXXV, € 25.

Il Mistero della Sinagoga bendata, Effedieffe Edizioni, Milano, 2002; Introduzione di Antonio Livi (esaurito); IIa ed. rivisitata pro manuscripto Aurea Domus, Milano, ottobre 2010, in-8°gr. aureo, pp. 423 + XXIX, € 45.

Curatore di:

Romano Amerio, Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, Postfazione del Curatore (“Tutta la Chiesa in uno iota”); Lindau, Torino, giugno 2009, pp. 735, € 29.

Romano Amerio, Stat Veritas. Seguito a “Iota unum”, Postfazione del Curatore (“Stat Veritas. Mendacium fugit”); Lindau, Torino, giugno 2009, pp. 259, € 19,50.

Romano Amerio, Zibaldone, Postfazione del Curatore (“La soprannaturale armonia tra intelletto e realtà”); Lindau, Torino, giugno 2010, pp. 615, € 32.

Articoli e Conferenze:

L’arte come koinè del Cristo nella Storia, Conf. al Dipartimento di Arte Sacra dell’Università Ambrosiana, Milano, maggio 2002.

La Partecipazione al Cristo: la Dominus Iesus, la grazia e l’eucaristia, Una Vox, feb. 2003.

Introduzione, chiose e note a: Romano Amerio, Ragione, fede e natura dell’uomo, Scrittori italiani, sett. 2003.

Introduzione, chiose e note a: Romano Amerio, La religione e la sua valutazione nel pensiero moderno, Scrittori italiani, ott. 2003.

Gnoseologia e Trinità: sul metodo della filosofia cristiana in Tommaso e Bonaventura, Aquinas, sett. 2003; Sensus Communis, vol. 5 (genn.-mar. 2004), n. 1.

Analogie tra Bellezza e Verità in san Tommaso, Conferenza del 6 maggio 2004, Pontificia Università Lateranense, Atti in Aquinas, ottobre 2004.

Romano Amerio: verità e tradizione, Conf. del 29 gen. 2005, Lugano, Conv. italo-svizzero Romano Amerio. L’Umanista, il Luganese, il Cattolico, nel I centenario della nascita, Atti in Il Cenobio, luglio-sett. 2005, e in Giampiero Casagrande Editore, Lugano, 2005.

In principio era il Verbo, non l’amore (Errori dalla dislocazione delle essenze trinitarie), Conf. 9 nov. 2007, Ancona, Convegno Romano Amerio, il Vaticano II e le variazioni nella Chiesa cattolica del XX secolo, Atti in Fede & Cultura, Verona 2008, € 20.

L’architettura del bello e del vero. Come scoprire nell’edificio sacro il volto dell’Eterno, L’Osservatore Romano, 4-5 febbraio 2008.

Una tela appoggiata ai Vangeli. L’invisibile verità si fa immagine nell’opera di Caravaggio, L’Osservatore Romano, 14 febbr. 2008.

Quella volta radiosa che esprime l’incontro tra terra e cielo. Arte sacra e origini della Bellezza, L’Osservatore Romano, 12 giugno 2008 (trad. in inglese, francese, spagnolo e svedese qui).

Il giardino della bellezza ha una chiave antica, Il Domenicale, Milano, 14 giugno 2008.

Il fine più nobile dell’arte è permettere la conoscenza di Dio, intervista a cura di Luca Marcolivio, Radici Cristiane, Roma, anno IV, n. 40, dicembre 2008.

Splendore e mistero di un sorriso. Filosofia estetica e teologia trinitaria, L’Osservatore Romano, 30 sett. 2009.

Romano Amerio pone il problema. Romano Amerio dà la soluzione, Rivista Rosminiana, anno CIV, fasc. I, Stresa, gennaio – marzo 2010.

Nell’acquario delle nove Muse. Arte sacra e liturgia, L’Osservatore Romano, 4 febbraio 2010.

Che brutte le chiese originali per forza. L’arte e il senso comune della bellezza (spesso ignorato), L’Osservatore Romano, 12-13 luglio 2010.

Oltre il valico del consueto. Tradizione e audacia per l’arte sacra, L’Osservatore Romano, 8 sett. 2010

La via soprannaturale per riportare pace tra prima e dopo il Vaticano II, in Italia su Fides Catholica, Frigento (AV), dicembre 2011; in Francia su Catholica, Saint Cyr sur Loire, dicembre 2011; nei Paesi di lingua tedesca su Theologisches, gennaio-febbraio 2012.

 

Sito web:

http://www.enricomariaradaelli.it: Aurea Domus. Accademia di Metafisica e Filosofia per un Progetto Culturale Cattolico.


 

Risultati immagini per veritasAGGIORNAMENTO: ci è stata proposta questa “risposta” che condividiamo serenamente e ringraziando per l’utile dibattito.

Astratto. Premessa pseudo-tomista con dovizia di citazioni testuali. Modus operandi della didattica tomista: kenosis intellettuale. Il Padre Brown di Chesterton come esempio di tomismo investigativo. Controindicazioni. Parallelismo con il m.o. di Ratinzger. Critica di Enrico Maria Radaelli a Ratzinger. Critica della critica. Primo esempioSecondo esempioTerzo esempioQuarto esempioQuinto esempio.

Ecco un simpatico gedankenexperiment (esperimento mentale da svolgere nella propria testa). Immaginate d’imbattervi in un teologo che sostiene questa tesi ardita: San Tommaso d’Aquino era ateo. Egli non credeva all’esistenza di Dio. Tutta la sua opera deve essere reinterpretata sulla base di questo dato.
Probabilmente la vostra reazione immediata è un cauto scetticismo, che manifestate al vostro interlocutore nei modi più cortesi. Ma egli è un osso duro e sostiene di avere prove inoppugnabili: una buona dose di citazioni prese direttamente dall’opera del Dottore Angelico. Voi manifestate ulteriore scetticismo. Ma il teologo apre un paio di virgolette e vi molla questo brutale uppercut teologico:

«[28315] Iª q. 2 a. 3 arg. 1
Sembra che Dio non esista. Infatti:
Se di due contrari uno è infinito, l’altro resta completamente distrutto. Ora, nel nome Dio si intende affermato un bene infinito. Se dunque Dio esistesse non dovrebbe esserci il male. Viceversa nel mondo c’è il male. Quindi Dio non esiste.»

Con tanto di link, che voi controllate precipitosamente:

http://www.gliscritti.it/dchiesa/summat/parte10.htm#h413

http://www.carimo.it/somma-teologica/I_q2.htm#3

Scoprite con orrore che San Tommaso l’ha scritto davvero. Barcollate attoniti. E l’implacabile prosegue: Tommaso non solo era ateo, ma pure scettico kantiano! Infatti argomentava così l’indimostrabilità razionale di Dio:

«[28307] Iª q. 2 a. 2 arg. 1
Sembra che non sia dimostrabile che Dio esiste. Infatti:
Che Dio esista è un articolo di fede. Ora, le verità di fede non si possono dimostrare, poiché la dimostrazione ingenera la scienza, mentre la fede è soltanto delle cose non evidenti, come assicura l’Apostolo [Eb 11, 1]. Quindi non si può dimostrare che Dio esiste.»

http://www.gliscritti.it/dchiesa/summat/parte10.htm#h412

http://www.carimo.it/somma-teologica/I_q2.htm#2

L’ha scritto, l’ha scritto! Non si può negarlo. Lo vedete coi vostri stessi occhi. Il terreno vi si apre sotto i piedi. Desiderate l’equivalente teologico di una coperta di Linus. Riuscite soltanto a balbettare: ma come è possibile che nessuno, in ottocento e passa anni, se ne sia mai accorto? Nessuno prima del teologo che vi sta di fronte? A questa domanda egli si stringe nelle spalle con aria modesta e allontana da sé ogni onore. L’importante è che qualcuno abbia finalmente squarciato il velo. E si allontana a testa alta verso il tramonto, a portare la verità a qualche altro errante nella valle oscura, mentre voi siete ancora sotto shock e sentite il bisogno di sedervi sulla prima panchina dell’autobus che trovate. Siete schiacciati dalla prospettiva di dover ricalibrare tutto il vostro sistema di pensiero alla luce di queste rivelazioni. Maledicete la vostra pigrizia, perché diciamoci la verità, non vi siete mai presi la briga di andare a leggere direttamente la Summa. Non ce n’è bisogno, giusto? È una di quelle cose che si sa che esistono senza bisogno di toccarle con mano. Ma ora capite che quel che credevate di sapere vi è stato trasmesso da intermediari, educatori, divulgatori che evidentemente non erano così attendibili. Meccanicamente, con mani tremebonde, riaprite i link e andare a leggere le orribili frasi.

Questa volta però leggete con più attenzione e senza fretta. Non vi limitate a controllare se quei virgolettati ci sono davvero; leggete anche il contesto, il prima e il dopo. E così scoprite che, a proposito dell’esistenza di Dio, Tommaso prosegue così:

«[28318] Iª q. 2 a. 3 co.
RISPONDO: Che Dio esista si può provare per cinque vie. La prima e la più evidente…»

Ah.
E poi:

«[28319] Iª q. 2 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come dice S. Agostino: “Dio, essendo sommamente buono, non permetterebbe in nessun modo che nelle sue opere ci fosse del male, se non fosse tanto potente e tanto buono, da saper trarre il bene anche dal male”. Sicché appartiene all’infinita bontà di Dio il permettere che vi siano dei mali per trarne dei beni.»

San Tommaso non è ateo! Straordinario! Siete esterrefatti dalla scoperta dell’acqua calda. Allora forse non è neppure scettico kantiano. Correte a controllare:

«[28312] Iª q. 2 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L’esistenza di Dio ed altre verità che riguardo a Dio si possono conoscere con la ragione naturale, non sono, al dire di S. Paolo, articoli di fede, ma preliminari agli articoli di fede: difatti la fede presuppone la cognizione naturale, come la grazia presuppone la natura, come (in generale) la perfezione presuppone il perfettibile. Però nulla impedisce che una cosa, la quale è di suo oggetto di dimostrazione e di scienza, sia accettata come oggetto di fede da chi non arriva a capirne la dimostrazione.»

Emettete un ululato. Saltate in piedi e vi guardate intorno alla ricerca del teologo, mentre le vostre mani si aprono e si chiudono in gesti inconsulti. Ma il personaggio si è già allontanato, d’ora in poi risulterà impermeabile a tutti i vostri tentativi di contatto, e a voi resterà questo dubbio irrisolto: ma ci è o ci fa?

Fine del gedankenexperiment.


Allora, la faccenda funziona così. Quando San Tommaso vuole dimostrare una tesi, per prima cosa espone la tesi contraria (“sembra che”); dopodichè sintetizza la tesi da dimostrare (“in contrario”), che poi espone in dettaglio (“rispondo”); infine confuta la tesi inizialmente esposta (“soluzione delle difficoltà”). Quasi tutta la Summa Teologica è scritta a questo modo.
Il che è molto bello ed istruttivo. Molti secoli prima di tutte le scempiaggini moderne sul dialogo, San Tommaso è assai più moderno e dialogante di tutti i moderni dialoganti. È così convinto della verità che non esita a calarsi nell’errore, come un uomo pulito potrebbe entrare in una fossa settica, per tirarne fuori chi ci sta dentro e portarlo alla verità quasi caricandoselo sulle spalle. È una specie di kenosis intellettuale. Tommaso si immedesima nell’errante, pensa con la sua testa, capisce il motivo per cui il falso sembra vero, e solo dopo tutto questo può dimostrare che il vero è vero e il falso è falso.

È degno di nota che Chesterton, il quale non per caso ha scritto una biografia su San Tommaso, in un certo senso replica questo modus operandi con il suo famoso prete detective. Il segreto di padre Brown per trovare il ladro o l’assassino è precisamente questo: consapevole che ogni male è un bene difettoso, egli sa che il motivo per cui un uomo ha compiuto un’azione cattiva è che gli sembrava che fosse buona, e ripercorre i motivi per cui quell’azione cattiva poteva sembrare buona, ed entra nella testa del ladro e dell’assassino fino a capirne l’identità. Perché ormai nella sua testa lui stesso è il ladro e l’assassino; perché qualunque peccatore, non fosse che per l’azione della Grazia, potrebbe commettere qualunque peccato. “Voi potete pensare che un delitto è orribile, perché non potreste mai commetterlo; io, invece, lo penso orribile appunto perché potrei commetterlo”.

Sfortunatamente, non per colpa di Tommaso bensì per la nequizia del mondo, questa didattica ha una pesante controindicazione: c’è chi, per errore o per malafede, attribuisce a Tommaso proprio quella tesi che lui espone al fine di confutarla.
Sembra uno scherzo, ma è proprio così. Succede davvero. E ovviamente chi cade in questo tranello ha sempre a disposizione una citazione testuale per dimostrare che Tommaso “l’ha detto”, e non si prende mai la briga di controllare il contesto attorno al testo, al massimo un’occhiata veloce giusto per controllare se il testo c’è davvero (ovvio che c’è), e immediatamente chiude la pagina soddisfatto di avere ragione.
Io prima ho estremizzato ma non troppo. A mia scienza nessuno è così insano da sostenere davvero l’ateismo tomista, tuttavia ho personalmente litigato con chi sosteneva, citazioni alla mano, che Tommaso “dice” che Dio è indimostrabile con la ragione, o che bisogna seguire la propria coscienza a costo di violare i dieci comandamenti. Non scherzo, ho le discussioni salvate. Sui siti ateisti girano citazioni compiaciute di Tommaso che “dice” le cose più agghiaccianti circa l’inferiorità delle donne rispetto agli uomini o dei sudditi rispetto ai re. Ultimamente alcuni attribuiscono all’Aquinate perfino l’idea che la virtù cardinale della prudenza (epikeia) possa legittimare la violazione di una norma morale assoluta; ma questo è, forse, un altro doloroso discorso.


San Tommaso è la vittima più illustre di questo cattivo utilizzo delle citazioni, ma non è l’unica. Un altro perseguitato dalle virgolette selettive è Joseph Ratzinger, aka Benedetto XVI.

Andiamo al dunque. Sono saltato sulla sedia quando ho letto la prefazione di Antonio Livi al recente libro di Enrico Maria Radaelli “Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo”. Con questo libro, Radaelli critica pesantemente la teologia di Ratzinger e in particolare il suo libro Introduzione al cristianesimo. Scorrendo l’indice, si evince che Radaelli accusa Ratzinger di una quantità immensa di misfatti: scetticismo kantiano, fideismo, hegelismo, storicismo, immanentismo, neocatarismo… praticamente manca solo l’abigeato. Successivamente Livi ha un po’ attenuato le critiche, con una parziale retromarcia-rectius-precisazione da cui mi pare di evincere che il suo scontento per Ratzinger sia dovuto, non tanto al pensiero teorico, quanto al governo pratico [nota 1]. Radaelli invece non solo non attenua, ma rilancia:

http://enricomariaradaelli.it/emr/aureadomus/convivium/convivium_gesu_dice_bianco_ratzinger.html

“DOVE GESÙ DICE BIANCO, RATZINGER DICE NERO”

Totale inconciliabilità, da una parte degli insegnamenti di Sacre Scritture e dogmi della Chiesa, dall’altra degli insegnamenti esposti dal Professor Ratzinger”.

Totale inconciliabilità. Bianco versus nero. Boom.
Per nostra fortuna, qui Radaelli argomenta le sue accuse, riassumendole a vantaggio di chi fosse troppo povero o troppo spilorcio per comprare il suo libro [nota 2], sostenendole con una buona dose di citazioni testuali.
L’accusa più grave è quella di scetticismo kantiano. In parole povere, secondo Radaelli, l’esistenza di Dio per Ratzinger sarebbe un fatto non dimostrabile con la ragione ma soltanto credibile per fede. Questo concetto è sempre stato condannato dalla teologia cattolica fino ad essere dogmatizzato dal Concilio Vaticano I: la costituzione dogmatica Dei Filius: afferma solennemente che la pura ragione umana può arrivare ad alcune verità su Dio, in primo luogo il fatto che Dio esiste, ad esempio attraverso le summenzionate cinque vie di San Tommaso; in questo la fede aiuta e conferma, ma non è strettamente necessaria. Invece per altre cose (es. la Trinità) è proprio necessaria la fede.
Voi capite che accusare Ratzinger di negare un dogma, di negarlo da molti decenni (Introduzione al cristianesimo è del 1968), è roba pesante. Ma proprio pesante. A parte tutto il resto, andiamo ad aggrovigliarci nella spinosa questione se sia o non sia possibile un Papa pubblicamente eretico. Inoltre non ci fa una bella figura neppure Giovanni Paolo II, che avrebbe chiamato un eretico pubblico e impenitente a capo della Congregazione della Dottrina della Fede.

Ebbene.
Io non ho titoli particolari per esprimermi in questa vicenda. Non sono di mestiere né teologo né filosofo. Sono solo uno che è cattolico (o almeno ci prova) e che usa la materia grigia (o almeno ci prova).
Tuttavia, in quanto depositario di un cervello affidatomi dalla Provvidenza, chi sono io per rifiutarmi di farne uso? Chi sono io per non giudicare?

Esprimo pertanto il mio umile giudizio: accusare Ratzinger di sfiducia nella ragione umana è una sesquipedale sciocchezza. In estremissima sintesi, tutto il pensiero di Ratzinger è basato sull’armonia tra fede e ragione; è l’esaltazione dell’ascendenza ellenica del cristianesimo, il quale non si fonda solo sulla religione ebraica ma anche sulla filosofia greca, su quello che Ratzinger non teme di chiamare addirittura “illuminismo”. Cristo è Logos, è Razionalità; l’atto di fede non è un mero “sentimento” ma un vero e proprio atto della ragione.
Potrei menzionare decine e decine di libri, discorsi, omelie, encicliche di Ratzinger che illustrano questo concetto; probabilmente il più bello è la famigerata lezione di Ratisbona. Qui mi limiterò a un passaggio breve ma esemplare:

«La matematica come tale è una creazione della nostra intelligenza: la corrispondenza tra le sue strutture e le strutture reali dell’universo – che è il presupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, già espressamente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico – suscita la nostra ammirazione e pone una grande domanda. Implica infatti che l’universo stesso sia strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura. Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un’unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell’una e dell’altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore.»
Benedetto XVI (discorso del 19/10/2006)

http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/october/documents/hf_ben-xvi_spe_20061019_convegno-verona.html

Questo paragrafo mi piace molto perché esemplifica egregiamente non solo il pensiero ma anche il modus operandi di Ratzinger, che prima di essere Papa è un teologo e soprattutto un professore. Il tenore letterale delle parole è “chiediamoci se non…”: sulla base di questa scelta verbale, qualcuno vuole seriamente ipotizzare che il Papa stia precisamente “dubitando”, esprimendo un sua incertezza effettiva? Qui si vede quella somiglianza con il metodo tomista di cui parlavo prima, quella “kenosis intellettuale”: il docente, per far capire qualcosa di importante al discente, non si limita ad affermarlo “id est”, ma parte in modo pacato ed interrogativo dalle convinzioni del suo interlocutore. È così che nel ragionamento di Ratzinger questo “chiediamoci se” ci riporta “verso il Logos”.
Il metodo funziona, e possono testimoniarlo in tutto il mondo migliaia di ex pecorelle smarrite: alzi la mano chi deve la sua conversione anche grazie alla lettura di Ratzinger (presente). Tuttavia per trarre profitto dalla lettura è necessario un certo atteggiamento mentale, un certo “anticipo di simpatia senza il quale non c’è comprensione” (cit. premessa alla trilogia di libri storici su Gesù). Se invece ci si mette con la lente d’ingrandimento in caccia della frasetta incriminante, estrapolando ciò che supporta l’interpretazione preconfezionata e scartando tutto il resto, allora ci si condanna all’incomprensione.


Dunque io mi si sono letto con una certa attenzione questa “Nota a margine” in cui Radaelli, insegnando che Gesù sta a Ratzinger come il bianco al nero, precisa

“rassicurare il lettore della più ampia contestualizzazione, in questo mio lavoro, delle citazioni del pensiero ratzingeriano, così da poter garantire allo studioso il più largo aiuto per afferrarne, oltretutto, il significato non sempre limpido…”

Non ho motivi per mettere in dubbio la buona fede di Radaelli, tuttavia questa ampia contestualizzazione io non ce la vedo proprio. Amnetto di non aver letto il libro (e onestamente non so se lo farò: pur con il fatidico sconto del 15%, è parecchio costoso) ma solo la sintesi fattane dall’autore: pertanto è possibile che mi sia perso qualche pezzo del puzzle. Tuttavia in tal caso la responsabilità non sarebbe mia, bensì di Radaelli, perché sarebbe lui ad aver fatto un riassunto che che non riassume.
Radaelli enumeri cinque esempi di eresia ratzingeriana, tratti da Introduzione al cristianesimo nonché (per il primo esempio, il più importante) da L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture. Io ho fatto una cosa semplicissima: sono andato a rileggermi questi libri, con attenzione e senza fretta. E ho scoperto che queste “citazioni del pensiero ratzingeriano”, lette nel loro più ampio contesto, assumono un significato diverso [ nota 3].

Segue sintesi dei cinque esempi, della critica di Radaelli, del contesto originale da cui è tratta la citazione.


PRIMO ESEMPIO

Oggetto: certezza dell’esistenza divina.

Radaelli fa due citazioni, una da L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, l’altra da Introduzione al cristianesimo.

§ 1 §

Citazione tratta da L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture:

«quella di Dio rimane l’ipotesi migliore, benché sia un’ipotesi» (p. 123).

La critica di Radaelli è annichilente: Ratzinger non crede al 100% all’esistenza di Dio!

Questi cinque esempi, specie il primo, col quale dal 1968 al 2016 l’Autore di Introduzione al cristianesimo persiste nel dubbio dell’esistenza di Dio, che per lui «rimane l’ipotesi migliore, benché sia un’ipotesi », dimostrano l’impostazione mentale scettica, storicista e fideista che le ha originate e che mutano uno per uno tutti gli articoli del Credo.

Contesto originale.

L’Europa di Benedetto si inserisce in un filone di dibattiti con filosofi non cattolici come Marcello Pera e Jurgen Habermas. Proprio la premessa scritta da Marcello Pera è illuminante per capire il senso del ragionamento di Ratzinger:

Papa Ratzinger avanza una proposta ai laici:
«Nell’epoca dell’illuminismo si è tentato di intendere e definire le norme morali essenziali dicendo che esse sarebbero valide etsi Deus non daretur, anche nel caso che Dio non esistesse … Dovremmo capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur».
La proposta è da accettare e la sfida da accogliere. Per una ragione principale: perché il laico che agisca veluti si Deus daretur, diventa moralmente più responsabile. Non dirà più che un embrione è una “cosa” o un “grumo di cellule” o un “materiale genetico”. Non dirà più che un desiderio che abbia uno strumento tecnico per essere soddisfatto è automaticamente un diritto che deve essere reclamato e sancito. […] Al credente che gli proponga di agire veluti si Deus daretur, il laico non credente può e deve rispondere di sì.

Insomma, questa “ipotesi Dio” non è il pensiero in prima persona di Ratzinger, da lui interiormente pensato, bensì la sua proposta ai non cattolici, mettendosi nel discorso dalla loro prospettiva; e soprattutto, non opera sul piano teoretico bensì su quello pratico [nota 4]: non riguarda il cosa ritenere vero ma il cosa fare, quale deve essere il criterio guida dei gestori della cosa pubblica.
In sostanza, dice Ratzinger ai governanti, se voi nel vostro intimo non volete accettare Dio come certezza (di fede e di ragione), accettatelo almeno nel vostro agire come ipotesi operativa; perché una società senza Dio e senza etica diventa ingovernabile e crolla, e questo è un guaio per tutti. Chi volesse approfondire questo discorso può leggere il famoso dibattito tra Ratzinger e Habermas.
Questo ragionamento può sicuramente essere oggetto di critiche e osservazioni le più varie; ma considerarlo come se fosse un’affermazione epistemologica e teologica “forse Dio c’è ma forse no” è proprio prendere un granchio colossale.

§ 2 §

Citazioni da Introduzione al cristianesimo:

«…il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio, trovandosi assegnato il mare dell’incertezza come unico luogo possibile della sua fede,…» (p. 37);
«È la struttura fondamentale del destino umano poter trovare la dimensione definitiva dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza» (p. 39);
«Il credente sperimenterà sempre l’oscura tenebra in cui lo avvolge la contraddizione dell’incredulità, incatenandolo come in una tetra prigione da cui non è possibile evadere,…» (p. 73).

Critica di Radaelli: Ratzinger è un relativista radicale, dubita di tutto!

Il postulato iniziale generalissimo del Professor Ratzinger, secondo cui: «…il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio», nullifica tutto il libro nonché se stesso medesimo, in quanto circolarmente contraddittorio. Se infatti, per principio, tutto è incerto, allora sarà incerto, per principio, anche il postulato medesimo, che quindi potrebbe essere falso, e saranno comunque incerte, forse false, per principio, tutte le proposizioni del libro e, allora, a che pro non solo scriverlo, ma anche leggerlo? (v., in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, i §§ 11-21 sul dubbio socratico e su quello scettico, pp. 51-82).

N.B. certo che ci vuole coraggio – chiamiamolo coraggio – ad accurare Ratzinger di essere un apologeta del relativismo radicale.

Contesto originale.

Poco prima della citazione di pag. 37, Ratzinger porta due esempi di dubbio: la tentazione finale di Santa Teresa di Lisieux (p. 34) e il dramma di Paul Claudel La scarpina di raso (p. 35). È particolarmente angosciante l’esempio della santa, che dopo una vita passata nell’ortodossia più certa, proprio poco prima della morte ebbe un momento di smarrimento terribile, un dubbio radicale su tutto ciò che aveva creduto, “mi affiorano alla mente i pensieri dei più perversi materialisti”. Una prova terribile che Teresa ha superato, altrimenti non sarebbe santa: per lei il dubbio è stata la prova finale prima della gloria del paradiso.
Da questi esempi appare chiaro che il discorso di Ratziger ha la prospettiva opposta di quella che gli attribuisce Radaelli. Ratzinger non sta dicendo che il dubbio è belloe che bisogna dubitare di tutto; sta dicendo che il dubbio, come il peccato, è una tentazione da cui non saremo mai definitivamente liberi prima della morte. Chi si pensa “ma tanto a me ormai dubbi non possono venire più, la mia fede è saldissima” sta sopravvalutando i suoi mezzi e peccando di orgoglio.


SECONDO ESEMPIO

Oggetto: teoria della soddisfazione.

Citazione da Introduzione al cristianesimo:

In un’intervista del 2016 a Jacques Servais s.j., pubblicata sull’Osservatore Romano, l’augusto Teologo, già Papa, tornato cardinale pur ricusandone la qualifica, riconfermava la linea dorsale del suo libro ribadendo la convinzione che la Redenzione come ‘riparazione dell’« offesa infinita fatta a Dio »’ è solo una dottrina medievale: una dottrina dovuta, secondo lui, unicamente a un vescovo, peraltro santo, ma lui questo non lo rileva mai, il vescovo Anselmo d’Aosta, la cui « ferrea logica » resta « difficilmente accettabile dall’uomo moderno », così mantenendo inalterato il pensiero formulato cinquant’anni prima in Introduzione al cristianesimo, per il quale essa «ci appare come un crudele meccanismo per noi sempre più inaccettabile » (p. 221).

Critica di Radaelli: Ratzinger nega il Concilio di Trento, nega il dogma della Redenzione come Olocausto di Cristo al Padre.

Contesto originale.

La frase completa di Ratzinger – citata da Radaelli in versione un po’ monca – è questa:

Mi limito a ricordare la forma in cui la dottrina concernente la redenzione è per lo più presente alla coscienza cristiana. Essa si basa sulla cosidetta “teoria della soddisfazione” che è stata sviluppata alle soglie del Medioevo da Anselmo da Canterbury e in Occidente ha condizionato in maniera sempre più esclusiva le coscienze. Essa, già nella sua forma classica, non va immune da unilateralità. Qualora poi la si consideri nella grossolana veste che le ha dato la coscienza generale, ci appare come un crudele meccanismo per noi sempre più inaccettabile.

Si evince che l’oggetto della critica sfavorevole di Ratzinger non è il dogma della Redenzione in sé, ma il modo in cui questo viene generalmente rappresentato e come viene percepito dall’uomo moderno. Il paragrafo si trova all’interno di un capitolo denominato “Cristologia e soteriologia”. Il fondo del discorso di Ratzinger è che le due domande “cosa è Cristo?” e “come ci salva Cristo?” vanno esaminate congiuntamente, altrimenti nessuna risposta è soddisfacente.
A comprensione di Radaelli va detto che il discorso è oggettivamente difficile perché resta sospeso, Ratzinger rimanda a più avanti la risposta “definitiva” (p. 223):

dovremo tornare diffusamente sull’argomento quando sarà il momento di parlare del significato della croce. Per ora può bastare l’accenno al fatto che le cose si presentano in maniera tutta diversa allorchè, invece di separare fra loro l’opera e la persona di Gesù, si vede chiaramente come in Gesù Cristo non si tratti di un’opera staccata da lui stesso, non di una prestazione che Dio deve esigere perché egli stesso tenuto a rispettare l’ordine; come in lui non si tratti di ciò che l’umanità può avere, bensì del suo essere.


TERZO ESEMPIO

Oggetto: la visione di Dio.

Citazione da Introduzione al cristianesimo:

«Dio è e sarà sempre per l’uomo l’essenzialmente Invisibile … Dio è essenzialmente invisibile» (Introduzione al cristianesimo, p. 42);
«nell’Antico Testamento questa affermazione – che “Dio non compare né mai comparirà all’uomo” – assume valore di principio: Dio non è soltanto colui che è ora effettivamente fuori del nostro campo visivo …; no, egli è invece colui che ne sta fuori per essenza [marcatura dell’Autore], indipendentemente da tutti i possibili e pensabili allargamenti del nostro campo visivo » (Introduzione al cristianesimo, pp. 42-3).

Critica di Radaelli: Ratztinger nega che i beati in cielo vedano Dio faccia a faccia!

Dio Padre è perfettamente visibile nel Figlio, e ciò basta alla Chiesa ad affermare – al contrario di ciò che insegna, oltre al Professor Ratzinger, la nozione maomettana – la perfetta visibilità di Dio ai Beati, così chiamati appunto per il fatto che essi godono della visione divina.

Contesto originale.

Io vorrei davvero capire da quale elemento Radaelli tragga la convizione che Ratzinger neghi la visione beatifica nel Paradiso. Sono francamente basito. Non c’è assolutamente nulla, nel testo da cui è tratta la citazione (il primo capitolo del libro: “credere, nel mondo attuale”) che autorizzi una tale intepretazione. È del tutto indebita. Ratzinger sta evidentemente parlando dei vivi, di chi è nel mondo e sperimenta i limiti della conoscenza sensibile. Il discorso prosegue così:

la parola “credo” suggerisce che l’uomo non considera il vedere, l’udire e il toccare come la totalità delle cose che lo riguardano, che non ritiene fissati i limiti del suo mondo solo da quanto può vedere e toccare. […] La parola “credo” implica un’opzione fondamentale nei confronti della realtà in quanto tale; un modo fondamentale di rapportarsi all’essere, all’esistenza, all’intero complesso della realtà. Essa designa l’opzione che ciò che non può esser visto, non è affatto l’irreale, ma è anzi l’autentica realtà: quella che sorregge e rende possibile ogni altra realtà.

Ma secondo voi qui di cosa stiamo parlando? Dei vivi o dei morti?


QUARTO ESEMPIO

Oggetto: la resurrezione della carne.

Citazione da Introduzione al cristianesimo:

Il Professor Ratzinger sostiene che l’uomo, nella beatitudine del Paradiso, «vivrà nella memoria di Dio» (Introduzione al cristianesimo, p. 343), e precisa che « Paolo insegna – ripetiamolo ancora una volta – non la risurrezione dei corpi (Körper), bensì delle persone, e questa non nel ritorno dei ‘corpi di carne’, ossia delle strutture biologiche, che egli indica esplicitamente come impossibile» (Introduzione al cristianesimo, p. 347).

La citazione da p. 347 è monca della della conclusione. Più avanti la riporto intera.

Critica di Radaelli: Ratzinger nega la resurrezione della carne!

Anche qui, sulla base di chiarissime e univoche risultanze poste dalle Sacre Scritture, la Chiesa così dogmatizza: «Tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti» (Concilio Laterano IV, 1215, Definizione contro gli Albigesi e i Catari, Denz 801), (vedasi, in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, i §§ 50-2, pp. 196-213, in cui l’inconciliabile opposizione tra l’insegnamento della dottrina cattolica e quello del Professor Ratzinger è evidenziata anche da plurime altre argomentazioni scritturali e dogmatiche).

Contesto originale.

Il discorso qui è molto complesso. Semplifico per quanto possibile.
Ratzinger comincia con la sua tipica “kenosis” intellettuale, dando voce ai dubbi e alle possibili critiche dei suoi lettori.

Affiora subito un dubbio: chi può, basandosi sulla nostra odierna concezione del mondo, immaginarsi una resurrezione del corpo? Tale resurrezione infatti – così sembra – includerebbe comunque un nuovo cielo e una nuova terra, esigerebbe corpi immortali e non più bisognosi di nutrizione, una condizione completamente mutata della materia. Ora tutto ciò non è forse totalmente assurdo, diametralmente opposto alla nostra idea di materia e alle sue leggi, e quindi incontestabilmente mitologico? (p. 338)

Chi ha confidenza con il suo modo di scrivere avrà già capito che che egli parte da queste domande proprio per portare passo passo il lettore alla conclusione che no, la resurrezione del corpo non è affatto assurda.
Ma bisogna capire che cosa si intende per “corpo”. Si devono distinguere la prospettiva della vita dopo la morte nella concezione greca e nella concezione ebraica. Nella concezione greca l’uomo è un dualismo di corpo e anima come sostanze estranee l’una all’altra, il corpo è la prigione dell’anima, e alla fine il corpo scompare e solo l’anima sopravvive. Invece nella concezione ebraica l’uomo è una unità indivisa, tant’è che

la Scrittura non conosce alcun termine che indichi solo il corpo separato dall’anima, anzi per essa anche il termine ‘anima’ denota l’intero uomo corporeamente esistenteLa risuscitazione dei morti (non dei corpi!) di cui parla la Scrittura si riferisce quindi alla salvezza dell’unico e indiviso uomo, non soltanto al destino di una sua metà(p. 339).

Ratzinger successivamente confronta ed esamina San Paolo (1 Cor 15,50: “la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l’incorruttibilità”) e San Giovanni (Gv 6, 63: “è lo spirito che vivifica, la carne non giova a nulla”) per spiegare che la resurrezione di cui stiamo parlando non è un evento intra-mondano, ma qualcosa che va oltre la fisica. Ciò che resusciterà non è il corpo dell’uomo così come è adesso, ma l’uomo tutto intero e indiviso, in cui corpo e anima sono tra loro in una relazione nuova ed esistono in uno stato dell’essere completamente trasformato da Dio:

Paolo insegna – ripetiamolo ancora una volta – non la risurrezione dei corpi (Körper), bensì delle persone, e questa non nel ritorno dei ‘corpi di carne’, ossia delle strutture biologiche, che egli indica esplicitamente come impossibile (“il corruttibile non può diventare incorruttibile”) bensì nella diversità specifica della vita della resurrezione, così come si è esemplarmente manifestata nel Signore risorto” (p. 347).

N.B. il testo in rosso è ciò che Radaelli mette nella citazione; tuttavia manca accidentalmente (ops…) la prosecuzione del periodo, l’accenno alla manifestazione del Risorto, che cambia di prospettiva a tutto il resto e invalida ogni interpretazione in senso neocataro.
Ratzinger qui non usa l’espressione “corpo glorioso”, tuttavia mi pare che il suo discorso descriva proprio questo concetto. La resurrezione di cui stiamo parlando non è come quella di Lazzaro, in cui l’anima torna nel corpo e l’uomo continua a vivere allo stesso modo di prima; questa sarebbe una resurrezione “difettosa” (difatti Lazzaro andò poi di nuovo incontro alla morte come chiunque altro); è invece come la resurrezione di Cristo, in cui il corpo è incorruttibile e manifesta proprietà inedite [nota 5]. La morte ha perso il suo pungiglione.
Questo nuovo stato però presuppone una nuova materia, e perciò

occorre pensare a un’ultima complessità in cui il mondo trova il suo Omega e la sua unità. Allora c’è un ultimo nesso tra materia e spirito in cui trova compimento il destino dell’uomo e del mondo, anche se oggi ci risulta impossibile definire il tipo di tale connessione. Allora l’ultimo giorno sarà quello nel quale il destino del singolo uomo si compirà perché ha trovato compimento il destino dell’umanità. (p. 348)


QUINTO ESEMPIO

Oggetto: la filiazione divina di Gesù e il concepimento verginale.

Citazione da Introduzione al cristianesimo:

Il Professor Ratzinger sostiene che «la dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata qualora Gesù fosse nato da un matrimonio umano» (Introduzione al cristianesimo, p. 265), infatti, a suo avviso, la figliolanza divina di Gesù «non è un processo avvenuto nel tempo, bensì nell’eternità di Dio» (Introduzione al cristianesimo, pp. 265-6).

Critica di Radaelli: dopo una lunga e meticolosa citazione dai vangeli che narrano il concepimento verginale (Mt 1,18-26 e Lc 1,26-38), Radaelli deduce che Ratzinger bestemmia:

tutto ciò è impugnato dal Professore Ratzinger, il quale ritiene invece che: primo, «la dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata qualora Gesù fosse nato da un matrimonio umano»; secondo, che, a proposito del Vangelo ora visto e di quello di san Luca segnalato nel testo, «la formula della filiazione divina ‘fisica’ di Gesù è quanto mai infelice e ambigua», così accusando la Parola di Dio, e dunque Dio stesso, di essere, “infelice”, una Parola inetta, e, qualificandola “ambigua”, una Parola falsa.

Contesto originale

Tutto il discorso verte sul rifiuto dell’equiparazione del piano metafisico a quello biologico. Ratzinger, manco a dirlo, non nega affatto il concepimento verginale; ciò che nega è la vulgata che il concepimento verginale sia la realizzazione del mito così come era inteso nelle religioni non cristiane, nei racconti pagani. Gesù non è un semidio, “biologicamente figlio” di una divinità alla maniera di un Ercole o un Achille: è qualcosa di radicalmente diverso.

“Gesù non è mezzo Dio e mezzo uomo, ma interamente Dio e interamente uomo. Il suo essere Dio non comporta una sottrazione al suo essere uomo. Questa è stata la strada seguita da Ario e da Apollinare, i grandi eretici dell’antica chiesa. Contro di essi venne energicamente difesa l’intatta integrità della natura umana di Gesù, rifiutando l’assimilazione del racconto biblico al mito pagano del semidio generato dalla divinità. La figliolanza divina di Gesù non poggia sul fatto che Gesù non abbia alcun padre terreno; la dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata qualora Gesù fosse nato da un matrimonio umano. La figliolanza divina di cui parla la fede non è un fatto biologico, bensì ontologico; non è un processo avvenuto nel tempo, bensì nell’eternità di Dio: Dio è sempre Padre, Figlio e Spirito; il concepimento di Gesù non significa che nasce un nuovo Dio-Figlio, ma che Dio, in quanto Figlio nell’uomo-Gesù, attrae a sé la creatura uomo tanto da essere lui stesso uomo. (p 265-266).

Letta nel suo contesto, la frase “Gesù avrebbe potuto nascere da un normale matrimonio umano” è del tutto coerente con la sana dottrina cattolica: il concepimento verginale non fu “necessario” al fine dell’Incarnazione – nella sua onnipotenza Dio avrebbe potuto decidere di incarnarsi in qualche altro modo miracoloso, e sarebbe stato ugualmente vero Dio e vero uomo – sebbene fosse per varie ragioni “conveniente”, come dice San Tommaso (Summa, III parte, q. 28). Radaelli invece intende la frase come una messa in dubbio dell’effettivo concepimento verginale? Ma questa interpretazione è possibile soltanto strappando la frase dal suo contesto, ovvero operando una ermeneutica profondamente scorretta.
Mi pare inoltre che Radaelli incorra in un errore materiale di lettura, perché egli interpreta la qualificazione di Ratzinger “infelice ed ambigua” come se fosse rivolta al testo evangelico; mentre invece essa ha per obiettivo la cattiva teologia che trae in inganno i semplici. Il testo completo è:

Per quanto concerne la teologia ecclesiale, forse che essa non parla sistematicamente della filiazione divina fisica di Gesù, lasciando così trapelare il suo retroscena mitico? Iniziamo da quest’ultima obiezione. Nno c’è dubbio: la formula della filiazione divina fisica di Gesù è quanto mai infelice ed ambigua; essa dimostra come la teologia, nell’arco di quasi duemila anni, non sia ancora riuscita a liberare il suo linguaggio concettuale dai gusci delle sue origini ellenistiche. L’aggettivo ‘fisico’ è qui inteso nel senso dell’antico concetto di physis, ossia di natura o meglio essenza. Pertanto l’espressione ‘filiazione fisica’ significa che Gesù è da Dio secondo l’essere e non soltanto secondo la coscienza; la parola esprime al contempo l’opposizione all’idea della semplice adozione di Gesù da parte di Dio. In Gesù ha assunto natura umana colui che dall’eternità appartiene “fisicalmente” (realmente, secondo l’essere) alla relazione uni-trina dell’amore divino. (p. 266)

Questa vi sembra una negazione della divinità di Gesù e un’offesa alla Parola di Dio?


Insomma. A me, onestamente, pare che il modus operandi seguito da Radaelli per la sua critica a Ratzinger sia decisamente zoppicante. Non si può prendere da un testo solo quello che supporta la propria tesi, e ignorare il contorno.
Con questo non voglio dire che Ratzinger sia stato perfetto come teologo o come pontefice. Io non idolatro nessun essere umano, neppure il Papa, neppure Benedetto XVI. Errori sono stati sicuramente fatti. Ma questo è un altro discorso.

Infine, vorrei precisa che questo post è stato pensato e scritto prima della grottesca vicenda della lettera di Ratzinger amputata e taroccata da Viganò, il quale è stato (ironia on) pubblicamente rimproverato e giustamente licenziato da Papa Francesco, due azioni che erano necessarie al fine di ridare credibilità alla comunicazione del Vaticano(ironia off).
La grottesca vicenda peraltro evidenzia bene i rischi che si corrono a interpretare un testo prendendone soltanto un pezzettino e “dimenticando accidentalmente” tutto il resto.


Nota 1

Che ci può stare. Si può serenamente discutere degli errori di governo pratico che possono essere stati commessi dai pontefici. Però un errore pratico non implica necessariamente a monte un errore teorico. Discorso complesso. Cfr nota 4.


Nota 2

forse non è peregrino considerare quel che Radaelli scriveva originariamente a conclusione della sintesi del libro:

Questi cinque esempi si ritengono altresì utili a far conoscere la mia analisi al più largo pubblico di fedeli raggiungibile, così da metterli in guardia sulle dottrine insegnate in Introduzione al cristianesimo, e sollecitano nel contempo, come peraltro si può riscontrare già nelle sue ultime pagine, a trovare al più presto, se pur con ogni prudenza, la strada migliore per convincere l’illustre Soggetto a ritenere – almeno – che quel suo libro e le dottrine contenute non siano più proponibili alla Chiesa come sue convinzioni profonde.
A questo fine, chi qui scrive ha scelto di disporre uno sconto del 15% sul prezzo di copertina del proprio lavoro (33 euro invece di 39), così da rendere più accessibile il volume a una fascia più larga di lettori, in tal modo dando la possibilità di aumentare il numero di coloro che si possono prodigare a suggerire, nella più consigliata e prudenziale carità, come avere accesso all’Alto Soggetto, parlargli, persuaderlo a tralasciare un orizzonte dottrinale povero di sante certezze, come il cardinale Dal Poggetto riuscì ad avvicinarsi al letto di Papa Giovanni XXII, a parlargli, a convincerlo, così da raggiungere il santo fine di far cadere ogni pericolo che i cancelli aurei gli restassero sbarrati.

La qual cosa apriva una serie di domande assai interessanti e rivelative della psicologia dell’autore:

  • Cioè, secondo Radaelli, se Ratzinger non ha ancora letto il suo libro a capo chino e animo contrito, è perché il libro costa troppo? Ma che davvero?
  • Cioè, secondo Radaelli, uno sconto del 15% ovvero di 6 euro fa la differenza tra la vita e la morte (dell’anima di Ratzinger) essendo decisivo per la decisione di comprare o non comprare il libro? Ma che davvero?
  • Cioè, secondo Radaelli, Ratzinger non è provvisto neppure di un conoscente / amico / fanboy appartenente al cosiddetto ceto abbiente, per il quale 39 euro sarebbe una spesa tranquillamente sostenibile, e questo costosissimo libro glielo potrebbe perfino regalare? Ma che davvero?
  • Facciamo una colletta?
  • Ma ve lo immaginate mons. Georg Ganswein che in coda alla cassa del discount, dove il libro di Radaelli sta esposto sugli scaffali accanto agli Harmony per casalinghe disperate, apre il borsellino e soppesa gli euro operando un sano discernimento sullo stato delle finanze della Città del Vaticano e sulla capienza del fondo spese “Papa Emerito vitto alloggio eventuali”?
  • E infine e soprattutto fatemi capire, Radaelli, dopo aver scritto pubblicato e pubblicizzato questo libro epocale in cui finalmente svela al mondo la terribile verità sulla pluridecennale eresia di Ratzinger, non gliene manda neppure una copia omaggio? Ma che davvero? (per la verità glielo ha mandato-Nota nostra di CV)

Comunque alla fine Radaelli, o un suo consigliere provvisto di senno, si deve essere accorto che questo paragrafo era un po’ troppo diciamo naive, e lo ha rimaneggiato cancellando la questione dello sconto del 15%.

Tuttavia, siccome quel tizio sta nei dettagli, la conclusione originale dell’articolo è ancora leggibile sul blog Apostati si diventa dove era stata immediatamente rilanciato:

https://apostatisidiventa.blogspot.it/2018/01/il-bianco-e-il-nero.html?m=1

Professor Radaelli, ove mai le capitasse di leggere questa mia, mi perdoni se non compro il suo libro. Soffro di poraccitudine e per me il 15% di sconto è ancora troppo poco. Ma accetterei con gratitudine una copia omaggio, se ne avanza. (omaggio avvenuto-Nota nostra, come spiega qui l’autore dell’articolo con il pseudonimo “Sircliges ha detto… qui nei commenti)


Nota 3

Debbo onestamente ammettere che questa non è una difesa perfetta di Ratzinger, perché la stessa difesa si potrebbe tentare per qualunque modernista che sappia padroneggiare la tecnica del bustrofedismo – chi ha letto Romano Amerio capisce subito di che stiamo parlando.
Bustrofedico è quell’antico stile di scrittura su tavolette in cui nella prima riga si scrive da sinistra a destra e nella seconda riga da destra a sinistra e così via, come il serpentello di Snake. Romano Amerio (per inciso: di cui Radaelli è devoto discepolo) usa l’aggettivo per descrivere la tattica modernista di alternare nello stesso discorso concetti cattolici e concetti non cattolici, in modo da sedare i conservatori (“tranquilli, non cambia niente, l’ha detto chiaramente!”) ed eccitare gli innovatori (“forza ragazzi, sta cambiando tutto, l’ha detto chiaramente!”).
Esempio del tutto teorico e senza alcun nesso con la presente realtà ecclesiale: un testo dove in una pagina si afferma che il matrimonio è indissolubile, e in un’altra pagina si afferma che si può stare in grazia di Dio pur vivendo more uxorio, è un testo bustrofedico. Le contraddittorie coesistono.
Altro esempio del tutto teorico e senza alcun nesso con la presente realtà ecclesiale: prima si dice una cosa scioccante, la quale eccita i modernisti, e poi fa una smentita debole e tardiva, la quale tranquillizza i conservatori. I primi si danno di gomito e ammiccano, essendo per loro ovvio che la cosa scioccante è vera e la smentita è falsa. I secondi tirano larghi sospiri di sollievo e si chetano, essendo per loro ovvio che la cosa scioccante è falsa e la smentita è vera. Gli uni e gli altri applaudono il parlante e lo considerano “dalla nostra parte”.

Eppure Ratzinger non è bustrofedico. Infatti nel testo bustrofedico la contraddizione resta irrisolta, ed è proprio questo che consente di offrire il testo agli applausi delle platee contrapposte. Invece in un testo tipico di Ratzinger non vi è una contraddizione ma semmai una articolazione concettuale interna, per cui egli si immedesima nella testa del suo discente e ne scioglie i dubbi uno ad uno fino ad arrivare a ciò che vuole spiegare come docente. Insomma c’è una dialettica ma non c’è una contraddizione.
La prova del nove sta nel fatto che il parlante bustrofedico piace generalmente a molta gente, dall’una e dall’altra sponda; il bustrofedismo serve proprio a questo. Ratzinger invece è sempre stato la bestia nera dei modernisti.


Nota 4

Azzardo una teoria a partire da una mia impressione empirica.
Il tradizionalismo cattolico hardcore soffre di un “eccesso di monismo” ovvero ha difficoltà a separare piani concettuali che sono collegati ma distinti. Per esempio, gli errori pratici di governo dei pontefici postconciliari (cfr nota 1) vengono necessariamente letti come la cartina di tornasole di un loro errore teorico nell’impostazione teologica.
L’errore di identificare teoria e prassi è speculare, e forse nasce proprio come reazione abnorme, all’errore modernista di scollegare teoria e prassi come fossero variabili indipendenti, per esempio ammettendo una pastorale in contraddizione con la dottrina.
Discorso complesso, da riallacciare.


Nota 5

Avevo dedicato il primo post di questo singhiozzante blog precisamente all’argomento del corpo glorioso e delle sue facoltà così come descritte dal Catechismo di San Pio X (impassibilità, chiarezza, agilità, sottigliezza).

 

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