Ha uno sguardo materno, protettivo e rassicurante. E, da 120 anni, la Madonna del Rocciamelone lo volge benevolo su tutta la valle di Susa, in particolar modo sui bambini, che sono stati gli artefici della collocazione della statua sulla vetta.
Materialmente la posa è stata possibile grazie agli alpini, che si sono fatti carico della salita degli otto tronconi in cui fu suddivisa l’opera, ma sono stati loro, i bimbi d’Italia di 120 anni fa, ben 130.000, ad aver permesso la realizzazione dell’imponente statua in bronzo tramite un’offerta economica che ciascuno di loro ha effettuato.
L’idea prese forma nel 1895 dalla proposta, ad opera del canonico Antonio Tonda, allora parroco della cattedrale di Susa, di collocare una statua in onore della Madonna sulla vetta del Rocciamelone.
Il direttore del giornale per bambini “Innocenza”, Giovanni Battista Ghirardi, pubblicò allora un articolo nel quale, per la raccolta dei fondi necessari alla sua realizzazione, chiedeva aiuto ai bambini, e non ai ricchi ed ai potenti. Fu lanciata una sottoscrizione da 10 centesimi: in cambio il nome di ciascuno dei piccoli benefattori sarebbe stato annotato in un apposito volume, collocato nel basamento della statua.
L’opera, in bronzo, viene realizzata dallo scultore torinese Giovanni Antonio Stuardi. Alta 4 metri, pesava 650 kg, a cui si aggiunsero gli 800 kg dell’armatura interna: per facilitarne il trasporto fu allora divisa in 8 pezzi.
Ai suoi piedi venne collocata una lastra in bronzo, con una dedica scritta da Papa Leone XIII: “Alma Dei Mater/nive candidior/ Maria/lumine benigno Segusiam respice tuam/Ausoniae tuere fines/coelestis Patrona” (“O Maria, grande Madre di Dio, più candida della neve, guarda con occhio benigno la tua Susa, e proteggi, celeste Patrona, i confini d’Italia”).
Montata e collocata in piazza d’Armi a Susa il 15 giugno del 1899, su un piedistallo di roccia, fu benedetta alla presenza di 800 bambini, delle duchesse Letizia ed Elena di Savoia, del vescovo di Susa Mons. Rosaz e del sindaco Genin.
Ad occuparsi del trasporto sulla vetta più alta della Valle di Susa furono gli alpini del battaglione Susa, che impiegarono tre giorni, dal 26 al 28 giugno, per condurla al rifugio Ca’ d’Asti.
Un’impresa non da poco, cui fece seguito una parte ancora più impegnativa: 60 uomini, al comando del tenente Parravicini, supportati da alcuni residenti di Mompantero, raggiunsero la cima della montagna, a quota 3538 metri, salendo dove non c’era alcun sentiero.
Alle 10 del 28 luglio 1899 la Madonna fu in cima al Rocciamelone, sua collocazione definitiva. Dopo il montaggio e la posa in opera, la solenne inaugurazione avvenne il 28 agosto, sempre con il prevosto di Susa, mons. Tonda.
Da allora, materna e protettiva, la statua è sempre lì, a cogliere le invocazioni di tutte le persone che, da ogni parte d’Italia e del mondo, le si rivolgono in preghiera.




Mentre risale al 1358 il Trittico del Rocciamelone
Il Rocciamelone con i suoi 3538 metri è la montagna sacra per eccellenza della Valle di Susa. Esso deve probabilmente il proprio nome al toponimo celtico Roc Maol; i romani ne latinizzarono quindi il nome in Mons Romuleus e lo consacrarono a Giove tonante, come dimostra l’altare dedicato al dio rinvenuto sul versante della montagna rivolto verso Usseglio.

Nel 1358 il mercante astigiano Bonifacio Roero (Rotario) ne sancì la cristianizzazione, collocando sulla vetta un trittico in ottone dorato, fatto realizzare probabilmente a Bruges. L’impresa di Bonifacio riveste un interesse anche alpinistico in quanto la sua salita è annoverata come la più antica scalata documentata ad una vetta.
Interamente inciso con il bulino, il Trittico del Rocciamelone è composto da tre parti terminanti a cuspide, unite da quattro cerniere: a quella centrale, più grande, sono collegate due più piccole a forma di trapezio, che fungono da sportelli, in maniera da rendere più comodo il trasporto. Sulla tavola centrale è rappresentata la Madonna seduta su un trono a cassapanca mentre tiene in braccio il piccolo Gesù, che in una mano regge una sfera, simbolo del mondo, e con l’altra accarezza il mento della madre. Entrambi hanno il capo circondato da un’aureola.
Sull’anta di sinistra è rappresentato San Giorgio a cavallo nell’atto di trafiggere con la sua lancia il drago; mentre su quella di destra c’è un santo con la barba, probabilmente San Giovanni Battista (patrono dei Cavalieri di Malta), con le mani posate sulle spalle di un guerriero inginocchiato che rappresenta il committente Bonifacio Rotario. Tutte le figure sono sovrastate da esili arcate gotiche e sono racchiuse entro motivi ornamentali che occupano l’intero sfondo.
Nella fascia inferiore del trittico è invece incisa una scritta latina in caratteri gotici: «Hic me aportavit Bonefacius Rotarius, Civis Astensis, in honorem Domini Nostri Jesu Christi et Beate Marie Virginis. Anno domini MCCCLVIII die I september». (Qui mi portò Bonifacio Rotario, cittadino di Asti, in onore del Signore nostro Gesù Cristo e della Beata Maria Vergine, nell’anno del Signore 1358, il giorno 1° di settembre).
Nel 1673 Giacomo Gagnor di Novaretto, convinto di fare un piacere al duca Carlo Emanuele II, “rubò” il trittico dalla vetta del Rocciamelone e lo trasportò al castello di Rivoli, dove i reali stavano trascorrendo il periodo estivo, in maniera da risparmiare al duca la faticosa salita fino alla cima. L’opera venne esposta nella chiesa dei Padri Cappuccini di Rivoli e onorata con un solenne pellegrinaggio da Rivoli a Susa, cui parteciparono un’enorme folla di fedeli e le maggiori autorità religiose e civili.
Il trittico viene quindi posto nella cattedrale di San Giusto di Susa, da dove è stato poi trasferito nella sede del Museo Diocesano di Arte Sacra di Susa, situato nella chiesa della Madonna del Ponte.