“Proclamate il digiuno!” (Gioele1,14). Sono le parole che solitamente ascoltiamo nella prima lettura del Mercoledì delle Ceneri. Le ha scritte il profeta Gioele e la Chiesa conformemente ad esse stabilisce la pratica di Quaresima, ordinando il digiuno.
Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti ministri del Signore e dicano: PERDONA, SIGNORE, PERDONA AL TUO POPOLO!
Ieri il mondo s’agitava fra i suoi piaceri, e gli stessi figli della promessa si abbandonavano a gioie oneste… Stamani risuona la sacra tromba della quale dice il Profeta (GioeleII): essa annunzia il tempo dell’espiazione, l’avvicinarsi di grandi anniversari, della nostra salute.. (Dom Prosper Gueranger)
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Il digiuno è obbligatorio?
Essendo un “precetto” richiesto da Dio, la Chiesa lo ha fatto proprio attraverso l’insegnamento che ne offre Gesù nei Vangeli.
Secondo il Codice di Diritto Canonico, nn. 1249-1253, i fedeli cattolici di tutti i riti latini sono tenuti contemporaneamente sia al digiuno ecclesiastico sia all’astinenza dalle carni due volte l’anno, il Mercoledì delle Ceneri (per il rito ambrosiano, il primo venerdì di Quaresima) e il Venerdì Santo.
Il digiuno ecclesiastico è il digiuno praticato dai cristiani come forma di penitenza durante alcuni giorni dell’anno, l’astinenza dalle carni è proprio di tutti i venerdì dell’anno.
Esso è parte integrante dei “I cinque precetti della Chiesa” e che troviamo nel Catechismo n.2041-2043, nonché nel Compendio del CCC n.432:
- 1 «Partecipa alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimani libero dalle occupazioni del lavoro» (CCC 2042 comma1); «Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimanere liberi da lavori e da attività che potrebbero impedire la santificazione di tali giorni» (Compendio 432)
- 2 «Confessa i tuoi peccati almeno una volta all’anno» (CCC 2042 comma2); «Confessare i propri peccati, ricevendo il Sacramento della Riconciliazione almeno una volta all’anno» (Compendio 432)
- 3 «Ricevi il sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua» (CCC 2042 comma3); «Accostarsi al Sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua» (Compendio 432)
- 4 «In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno» (CCC 2043 comma1); «Astenersi dal mangiare carne e osservare il digiuno nei giorni stabiliti dalla Chiesa» (Compendio 432)
- 5 «Sovvieni alle necessità della Chiesa» (CCC 2043 comma2); «Sovvenire alle necessità materiali della Chiesa, ciascuno secondo le proprie possibilità» (Compendio 432)
Ricordiamo Gesù che dice: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. (..) Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli…» (Mt.5,17-20)
E sia chiaro per tutti: i nostri peccati non vengono espiati dai nostri digiuni e neanche dalle nostre penitenze, ma dalla passione, morte e risurrezione di Cristo. I nostri digiuni e le nostre penitenze non aggiungono nulla al sacrificio di Cristo che ha un merito infinito. Sono però necessari perché gli effetti del Sacrificio di Cristo possano essere applicati a noi.
Non basta che nella dispensa ci sia tutto ciò che è necessario per non morire di fame. Si richiede anche che noi prendiamo di lì quanto ci è necessario.
Questo è il modo giusto di leggere i Precetti…
Ma, il DIGIUNO cattolico, in cosa consiste?
Di certo non è una dieta dimagrante e non ha nulla da spartire con le “altre” religioni! Consiste (nel Mercoledì delle Ceneri e in tutti i Venerdì di Quaresima) nel non mangiare al mattino e dopo sesta (mezzogiorno, cercando di arrivare alle 15) e astenendosi da ogni cibo di derivazione animale (carne, pesce compreso, uova latte e latticini, insomma digiuno completo tranne per gli ammalati, i bambini, gli anziani. Per chi proprio non può è sufficiente digiunare con pane ed acqua), nonché dal vino e dalle altre bevande alcoliche e dall’olio d’oliva.
Il tutto ha una spiegazione:
– dal mattino e fino alle ore 15 in ricordo di ciò che Gesù passò dal Giovedì Santo, la sera della sua Preghiera e dell’arresto nell’Orto degli ulivi, a quel Venerdì Santo, il processo, l’umiliazione, la privazione di ogni cibo e bevanda, la Via Crucis, la crocifissione e la morte… l’astenersi dalle carni indica proprio IL RISPETTO e la contemplazione per quella carne divina, offerta IN SACRIFICIO PER NOI (con la memoria all’istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio); così l’astenersi dai vini ed altre bevande a ricordare e contemplare quel Sangue divino versato per noi in ogni singola goccia. Per questo, nei Venerdì di Quaresima (sarebbe bene ogni Venerdì dell’anno) si fa, alle 15 circa, la Via Crucis e il Venerdì Santo adoriamo la Croce.
– Passate le 15 non è che dopo uno torna ad abbuffarsi di pastasciutta e dolci e vino!! Chi può cerchi di arrivare anche a sera in questo clima maturato nella Preghiera, nel silenzio, nella mortificazione, nelle umiliazioni subite dal Cristo, in riparazione di chi ancora oggi lo rifiuta, e così via, iniziando questo Tempo propizio.
L’ideale per un cattolico è quello di iniziare così la Quaresima e procedere con SOBRIETA’ per tutto il Tempo fino a Pasqua!
Ma è vero che il digiuno non è importante e può essere sostituito da altro?
– Da molti anni c’è tendenza a sminuire il valore del DIGIUNO scambiandolo con le OPERE DI MISERICORDIA, sostituendolo ad esse o ad altre rinunce.
E’ giusta questa visione? Ovvio che NO!
Gesù ha compiuto tante opere di carità e, al tempo stesso, ha praticato dei tempi di digiuno.
Oggi evangelizzare è diventato soprattutto un demistificare le tante falsità o banalità, minimalismi che vengono dette…
Il Digiuno e il digiunare hanno un loro specifico valore che semmai si accompagna alle altre opere di carità: l’uno non esclude l’altro e non lo sostituisce.
E’ ovvio che per gli ammalati, gli anziani, anche i bambini che non possono digiunare come si conviene, allora le opere di carità certamente acquistano il medesimo valore del digiunare che non possono fare.
Il Signore Gesù insegna quanto segue: «E quando digiunate, non siate mesti d’aspetto come gl’ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità che cotesto è il premio che ne hanno. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non apparisca agli uomini che tu digiuni» (Mt.6,16–18).
Chiarito questo aspetto c’è anche quello di dover spiegare il termine di RINUNCIA!!! Un termine che fa tremare, che opprime, che non piace!!
Ma tutta la vita del Cristiano è una RINUNCIA.. Ricordiamo che è il termine che esprimiamo nelle Promesse battesimali:
RINUNCI A SATANA, ecc…? e cosa rispondiamo? RINUNCIO!!
Quindi non dovrebbe sorprenderci più di tanto, eppure oggi si tenta di mitigare, svilire, banalizzare, minimizzare questo rinunciare che è invece sublime perché è per un bene più grande che è la nostra salvezza!
Ricordiamo Gesù che dice: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.» (Mt.5,17-20)
La rinuncia a qualcosa di materiale, in vista del Cielo, è anch’essa opera di carità.
Per agevolare un tale sviluppo, dobbiamo alle volte consapevolmente distaccarci da ciò che serve a soddisfare la concupiscenza della carne con i tanti vizi che vi subentrano, vale a dire, distaccarci da quegli strati esteriori superficiali. Quindi dobbiamo rinunciare a tutto ciò che li “alimenta”.
E allora? Come e dove collocare questo concetto di rinuncia?
E’ come per la questione della legge spiegata da san Paolo (Rm.4,1-25) e in Galati 2,16-21 «Nessuno infatti sarà salvato perché osserva la Legge. In realtà per me non c’è vita nella pratica della Legge. Essa non mi riguarda più: ora vivo per Dio.»
Forse che Paolo ci sta spingendo ad infrangere la Legge? Ovvio che no!!
Ma se io vivo in Cristo, per Cristo e con Cristo, spiega san Paolo, non faccio più le cose per paura della legge, ma le farò PER AMORE… del resto Gesù è chiaro: «Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna». (Mt.25,41-46).
Anche qui Gesù è chiarissimo: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia…»
Perché rinunciare a qualcosa? Perché privarsene?
Abbiamo già in parte risposto a questo quesito. Tuttavia la risposta non sarà completa, se non ci rendiamo conto che l’uomo è sé stesso anche perché riesce a privarsi di qualcosa, perché è capace di dire a sé stesso: “no”. L’uomo è un essere composto di corpo e di anima ed è in grado di fare DISCERNIMENTO ed è in grado di saper dire “questo sì, mi fa bene; questo no, non mi fa bene”…
E, come ci insegna poi la stessa esperienza dei Santi, quel saper dire: “faccio questa rinuncia per amore di Gesù; in riparazione delle bestemmie, delle offese, dei sacrilegi; faccio questo per le Anime del Purgatorio, ecc…”: rinuncio per fare PENITENZA!
Il tutto si muove da un rinunciare a qualcosa in vista di un bene più grande ed eterno.
Quando Gesù pratica il digiuno, fa anche discorsi che i farisei non comprendono, o fingono di non capire:
«Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete… il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,32ss) e di esempi ne abbiamo tanti.
Quindi Gesù non vuole parlare propriamente di digiuno nel senso di astensione dal cibo come facevano i farisei, che non era sbagliato in sé, ma di un’altra forma di nutrimento, che non è “solo pane” ma “cibo che voi non conoscete”. Mangia, quindi, quello che io voglio darti, fidati di me. E mangerai anche meglio… ti sazierai, non avrai più fame e neppure sete.
Ma c’è una condizione.
Per ricevere questo cibo… devi avere lo stomaco vuoto!! Devi far posto, in un certo senso, a questo Cibo che non solo non perisce, ma ci dona in cambio la vita eterna!
Allora ecco che la rinuncia dal cibo materiale e da tutto ciò che può stipare in noi vizi e peccati, è indispensabile.
Ma non è imposizione, questo è il punto, è la scelta più logica e più razionale che si possa fare. Come per le promesse battesimali: Rinuncio a Satana e a tutti i suoi divertimenti perché voglio molto di più, voglio la santità, voglio la vita eterna in Paradiso; voglio piacere a Gesù, come insegna santa Giacinta di Fatima. Così rinuncio, allora, anche a certi cibi e bevande in appositi tempi e giornate dell’Anno Liturgico perché voglio guadagnare le sante indulgenze, voglio che Gesù mi possa riempire e saziare del cibo e della bevanda che non perisce e non fa perire, cibo che non farà perdere la mia anima.
Sono state cinque le volte in cui san Giovanni Paolo II ha invitato la Chiesa Cattolica e i cattolici stessi a praticare una giornata di digiuno e a pregare insieme per la pace, in un arco temporale che va dal 1986 al 2003, e sempre sotto il segno della richiesta a “Maria, Regina Pacis, ora pro nobis“.
Questa virtù rappresenta infatti “una realtà complessa e profonda”. Lo sottolinea Giovanni Paolo II il 21 marzo del 1979 rivolgendosi ai ragazzi in Piazza San Pietro: “Il digiuno è un simbolo, è un segno, è un richiamo virtuoso, serio e stimolante ad accettare o compiere rinunce. Quali rinunce? Rinuncia all’’io’, cioè a tanti capricci o aspirazioni malsane; rinuncia ai propri difetti, alla passione irruente, ai desideri illeciti“. “Digiuno è saper dire “no”, secco e deciso, a quanto viene suggerito o chiesto dall’orgoglio, dall’egoismo, dal vizio, come appunto dalla gola, dando ascolto alla propria coscienza retta, educata al vero bene, rispettando il bene altrui, mantenendosi fedeli alla santa Legge di Dio, ai suoi Comandamenti. Digiuno significa porre un limite ai tanti desideri, talora buoni, per avere il pieno dominio di sé, per imparare a regolare i propri istinti, per allenare la volontà nel bene, per dominare i propri vizi. Digiuno, significa privarsi di qualcosa per sovvenire alla necessità del fratello, della Chiesa, diventando, in tal modo, esso stesso, esercizio di bontà, di carità”.
Nel messaggio per la Quaresima del 2009 Benedetto XVI ricorda gli insegnamenti delle Sacre Scritture e della tradizione cristiana: “Insegnano che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che ad esso induce. Per questo nella storia della salvezza ricorre più volte l’invito a digiunare. Già nelle prime pagine della Sacra Scrittura il Signore comanda all’uomo di astenersi dal consumare il frutto proibito… (..) Poiché tutti siamo appesantiti dal peccato e dalle sue conseguenze il digiuno ci viene offerto come un mezzo per riannodare l’amicizia con il Signore”. Riferendosi poi a pagine del Nuovo Testamento, Benedetto XVI sottolinea che “il vero digiuno è finalizzato a mangiare il vero cibo, che è fare la volontà del Padre”.
Concludiamo con Papa Francesco che, nella Omelia per le Ceneri 2022, ha spiegato:
“…il digiuno, non è una dieta, anzi ci libera dall’autoreferenzialità della ricerca ossessiva del benessere fisico, per aiutarci a tenere in forma non il corpo, ma lo spirito. Il digiuno ci riporta a dare il giusto valore alle cose. In modo concreto, ci ricorda che la vita non va sottomessa alla scena passeggera di questo mondo. E il digiuno non va ristretto solo al cibo: specialmente in Quaresima si deve digiunare da ciò che ci dà una certa dipendenza. Ognuno ci pensi, per fare un digiuno che incida veramente nella sua vita concreta”.
E, Quaresima 2018, afferma:
“La Quaresima è il tempo propizio e privilegiato per il digiuno, la preghiera, la penitenza e le buone opere. (..) Il digiuno che Dio ci chiede non riguarda le scelte alimentari, quel non mangiare è l’indicativo per il nuovo stile di vita del cristiano che alimenta le virtù specialmente l’umiltà e ci cura dal peccato della gola. Il digiunare ci fa più leggeri nello spirito e ci fa essere coerenti con l’insegnamento del Signore Gesù, ci fa “piegare come un giunco il proprio capo” per essere umili davanti a Lui e riconoscere così i nostri peccati. Nel digiunare è questa la coerenza che il Signore ci chiede e vuole da noi. Non basta saltare il pasto, digiunare non è un semplice “fioretto”, ma è un gesto forte, una grande fatica e va accompagnata nel dare al povero quello che tu ti togli dalla bocca! Se tu digiuni ma poi non ti occupi dei poveri, non compi le opere della carità, oppure sputi veleni contro il prossimo, in famiglia, o al lavoro fai il chiacchiericcio per dire male di questo e quello, oppure stai lì ogni giorno a lamentarti o a farti vedere di quanto sei bravo, quel digiuno non ti serve a niente!”
La potenza del digiuno, un’arma da riscoprire
In duemila anni di storia cristiana il digiuno non è mai stato, con ogni probabilità, tanto in crisi come oggi. Da alcuni decenni questa pratica penitenziale si è ridotta a poca cosa, anche all’interno della Chiesa cattolica, sia tra i laici che tra i consacrati, salvo qualche eccezione. Eppure, la Sacra Bibbia, la tradizione bimillenaria della Chiesa e l’esempio dei santi ci dicono che il digiuno è un’arma necessaria nel combattimento spirituale. Non ha solo una dimensione personale, ma ha ricadute sull’intera economia della salvezza. Mentre facilita il nostro cammino di purificazione, aiuta a crescere nella libertà interiore e, dunque, nell’amore per Dio e per il prossimo.
Il digiuno, vissuto in unione con Cristo, è di grande aiuto a tenere lontano il demonio. Commentando il famoso versetto del Vangelo di Matteo (Mt 17,21: Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno), san Giovanni Crisostomo spiega che si tratta di «parole che si riferiscono non solo al genere dei demòni lunatici, ma a ogni classe di demòni. Il digiuno effettivamente dà molta sapienza, rende l’uomo simile a un angelo del cielo e combatte i poteri incorporei. Però è anche necessaria la preghiera, come elemento principale; e colui che prega come conviene e digiuna, non necessita di molte cose, e così non diventa avaro, ed è pronto all’elemosina. Colui che digiuna è poi leggero, prega con vigilanza, estingue le concupiscenze dannose, rende Dio propizio, e umilia l’anima superba. Chi dunque prega con il digiuno ha due ali, anche più leggere degli stessi venti» (Commento al Vangelo di Matteo).
Il digiuno favorisce quindi non solo la conversione del singolo, ma può ottenere – accompagnandosi a una solida pratica cristiana – le più grandi grazie all’interno di una famiglia, nella Chiesa, nel mondo intero. Grazie di ordine soprattutto spirituale ma anche materiale, compresa la pace tra le nazioni. Ce lo ricorda pure la Madonna in varie apparizioni dell’epoca contemporanea, in cui raccomanda la preghiera (specialmente il Santo Rosario), il digiuno e altri sacrifici come mezzi soprannaturali indispensabili per fermare o scongiurare perfino le guerre.
La necessità del digiuno ha il suo fondamento nel fatto che esso, cristianamente inteso, coinvolge l’uomo nella sua totalità di anima e corpo. Mentre altre opere di carità – pur buone e chiaramente da non trascurare – possono rientrare nel nostro superfluo, il digiuno implica una donazione di noi stessi a Dio. «Perché satana è così indebolito quando digiuniamo? Quando offriamo a Dio qualcosa che tocca il nostro corpo, si può dire che ci offriamo veramente», – il digiuno rivela le nostre dipendenze. Quando si digiuna a pane e acqua, ci sono dei “miraggi” che ci chiamano: Caffè? Sigarette? Vino? Cioccolato? Gelati? Grappa? Liquori? Essi ci indicano le cose a cui siamo maggiormente attaccati. Ma la Madonna non viene per segnalarci i nostri attaccamenti, ma viene perché possiamo essere liberi. […] Il digiuno crea, in un certo senso, un vuoto, uno spazio nella nostra anima, nel nostro corpo e anche nel nostro cuore».
Questo spazio liberato dal digiuno, aggiunge suor Emmanuel, «è un nuovo terreno nella nostra vita che Dio potrà occupare», come mai ha potuto prima. Del resto, la crescita nella vita cristiana significa imitare il più possibile la vita del Signore Gesù, che si preparò al suo ministero pubblico con lunghi digiuni, incluso quello di quaranta giorni nel deserto. Come la Redenzione è passata per le sofferenze di Cristo nello spirito e nel corpo, così la nostra partecipazione alla sua opera di salvezza passa necessariamente dal mortificare tanto il primo quanto il secondo.
Non si tratta solo di rinunciare, per quanto possibile, al cibo. È bene infatti, oltre a moderare la gola, fare digiuno anche degli altri sensi – quindi custodire occhi, lingua, orecchie – per esercitarsi nel dominio di sé e liberarsi da tutte le cattive abitudini che ci allontanano da Dio. La rinuncia (anche delle cose lecite) non è fine a sé stessa, bensì è diretta, come la stessa Madre celeste ha indicato a Fatima e altrove, a rinunciare al peccato. In questo solco, a proposito del vero digiuno quaresimale, san Leone Magno afferma che esso consiste «nell’astenersi non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati». Il digiuno è in definitiva funzionale a sperimentare quell’unione con Dio capace di cambiare radicalmente la realtà, come nell’esperienza dei santi. Nessuno è escluso da questa vocazione, poiché ognuno di noi è importante nella realizzazione del piano di Dio, che ci chiama ad essere luce del mondo (Mt 5,14).
…una riscoperta del digiuno, a pane e acqua, il mercoledì e il venerdì. Due giorni che già i primi cristiani osservavano, come testimonia la Didaché (un testo del I-II secolo, inserito nella letteratura subapostolica), dove tra l’altro, a chiosa del comandamento sull’amare il prossimo, si legge: «Digiunate per i vostri persecutori». Per essere più efficace, il digiuno va osservato per 24 ore. Ma il criterio guida è sempre quello della libertà nella donazione di sé, perché il principio e il fine della pratica del digiuno devono avere un denominatore comune: l’amore. Come si può iniziare gradualmente con il Rosario, specie per chi non ha mai pregato, così vale per il digiuno. Suor Emmanuel, che nella catechesi suindicata dà anche preziosi suggerimenti pratici (scelta del pane inclusa), riassume: «Se riuscite a digiunare subito a pane e acqua due giorni a settimana, ringraziate Dio, ma potete anche farlo per tappe […] e aumentare poco a poco».
Il digiuno è tanto più meritorio quanto più rimane segreto, laddove possibile. Lo si deve vivere non certo in spirito di fariseismo, bensì in spirito di supplica a Dio – sempre insieme alla preghiera – per ottenere l’umiltà e la conversione per noi stessi, i nostri cari e anche per chi ci fa del male. Spiega san Pietro Crisologo (Discorso 43: PL 52, 320): «Queste tre cose – preghiera, digiuno, misericordia – sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia».
Ulteriore approfondimento…
Digiuno e astinenza: un vademecum dal sito traditiomarciana
Tanto per cominciare, ribadiamo l’importanza di avere un padre spirituale con cui confrontarsi: sarà lui a concedere, se necessario, dispense o piccoli adattamenti della regola, agendo con acribia o economia.
Si ricorda inoltre che sono dispensati dal digiuno (e, in alcuni casi, dall’astinenza) coloro che svolgono lavori pesanti (e.g. muratori, minatori…), impieghi in cui è necessaria l’attenzione (e.g. chirurghi, studenti sotto esame, autisti di mezzi pubblici…) o persone malate e donne gravide.
Su tutto, deve prevalere il buon senso: non avrebbe alcun significato (se non di rispetto puramente formale della regola), per esempio, non mangiare neppure una fetta di carne in un giorno di astinenza ma gustare costose ostriche o satollarsi in un sushi all you can eat.
Nei giorni di astinenza sono proibiti gli alimenti di origine animale (carne, brodo, sugna, salumi, insaccati, uova, latticini), il vino e i superalcolici. Sul pesce i canonisti antichi sono molto divisi, anche complice l’ambigua classificazione aristotelica di questa specie; secondo la prassi a nostro avviso più coerente è ammesso il sabato e la domenica e nelle feste doppie di I classe feriate che cadano in Quaresima o in altri periodi di astinenza stretta. L’uso romano non considera l’astinenza dall’olio d’oliva. La tradizione monastica prevede anche la xirofagia, cioè l’astensione dai cibi cotti. Sono giorni di astinenza:
- tutti i mercoledì e venerdì, eccettuati quelli in cui cade una festa doppia di I classe con precetto (festa feriata [1]), dal Natale alla vigilia dell’Epifania (esclusa), la settimana che precede la Settuagesima e l’Ottava di Pentecoste; se in essi occorre una festa doppia o semidoppia si può consumare il vino;
- tutti i giorni nel tempo di Avvento (in senso largo, maggiore del tempo liturgico propriamente detto): dall’11 novembre (festa di S. Martino) alla vigilia di Natale, esclusi i mercoledì ed i venerdì (che sono di digiuno);
- le settimane di Sessagesima e i tre giorni di Quinquagesima (sono escluse le carni, ma non i derivati animali);
- le domeniche di Quaresima;
- il giovedì santo (l’ultimo pasto va consumato prima delle Tenebrae, con cui inizia il venerdì);
- il sabato santo (dopo la celebrazione vigiliare è concesso il vino);
- tutti i giorni in preparazione alla festa dei Ss. Pietro e Paolo, dal lunedì successivo alla festa della SS. Trinità al 27 giugno compreso (in questo periodo il vino è generalmente concesso);
- tutti i giorni in preparazione alla festa dell’Assunzione della BVM, dall’1 al 13 agosto;
- le vigilie delle feste dei Ss. Apostoli (20 dicembre per S. Tommaso, 23 febbraio per S. Mattia, 24 luglio per S. Giacomo, 23 agosto per S. Bartolomeo, 20 settembre per S. Matteo, 27 ottobre per i Ss. Simone e Giuda, 29 novembre per S. Andrea).
Il digiuno, comprendendo anche l’astinenza (poiché la legge più stringente comprende sempre quella minore [2]), prevede che si consumi un solo pasto al giorno dopo il Vespro [3]. Le colazioni (“refezioncelle”) sono introduzioni più tarde, eventualmente da concordare con il padre spirituale.
Sono giorni di digiuno:
- tutti i mercoledì e venerdì compresi tra l’11 novembre ed il 24 dicembre;
- il mercoledì, il venerdì ed il sabato delle Tempora d’inverno (dopo la III domenica di Avvento);
- la vigilia di Natale (24 dicembre), che però è un jejunium gaudiosum in quanto all’unico pasto si possono consumare grandi quantità di cibo incluso il pesce
- tutti i giorni di Quaresima, tranne le domeniche, fino al mercoledì santo incluso;
- il mercoledì, il venerdì ed il sabato delle Tempora di primavera (dopo la I domenica di Quaresima);
- la vigilia dei Ss. Pietro e Paolo (28 giugno);
- la vigilia dell’Assunzione della BVM (14 agosto);
- il mercoledì, il venerdì e il sabato delle Tempora d’autunno (dopo la festa dell’Esaltazione della S. Croce, 14 settembre);
- La vigilia di Tutti Santi (31 ottobre);
Vi sono poi due giorni di “digiuno nero”, ovverosia il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo, in cui secondo tradizione non è permesso mangiare né bere alcunché.
La birra, nei giorni di digiuno ordinario, è sempre consentita: ottenendosi dal malto d’orzo, essa è considerata una sorta di pane liquido [4].
Il vino si può consumare nelle feste grandi che occorrono in Quaresima (e.g. Annunciazione) e nei mercoledì e venerdì in cui occorre una festa che abbia almeno il grado semidoppio.
Nel tempo di Pasqua è sempre consentito il vino e non vi sono mai periodi di digiuno.
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NOTE
1: nella concezione antica, non esisteva il precetto: le feste più importanti in settimana si riconoscevano dal fatto che in esse non si amministrava la giustizia ed erano sospesi i commerci.
2: per esempio, il divieto di fermata per strada comprende anche il divieto di sosta, come è chiaro che sia. Non si vede quindi per quali motivi la legge del digiuno non debba comprendere quella dell’astinenza. E’ perciò poco sensato che esistano dei giorni di digiuno senza astinenza, come invece previsto dalla riforma della legge del digiuno col codice piano-benedettino del 1917.
3: per questo motivi taluni sono soliti, in Quaresima, cantare il Vespro prima di mezzogiorno.
4: Questo spiega perché molti monasteri, soprattutto in Belgio e in Germania, si sono fatti produttori di ottima birra, capace di nutrire senza violare la regola dell’astinenza.
RICORDA CHE
Meditazione in questo Tempo dell’Anno Santo (Dom Prosper Gueranger):
Ieri il mondo s’agitava fra i suoi piaceri, e gli stessi figli della promessa si abbandonavano a gioie oneste… Stamani risuona la sacra tromba della quale dice il Profeta (Gioele II): essa annunzia il tempo dell’espiazione, l’avvicinarsi di grandi anniversari, della nostra salute, e in questo giorno ci invita a ricevere sul nostro capo la cenere, fin dal tempo dell’antica alleanza simbolo dell’umiliazione e della penitenza. Giobbe stesso, in seno al paganesimo, copriva di cenere la sua carne percossa, e così implorava misericordia (cap.XVI). Più tardi, il Profeta, nell’ardente contrizione del suo cuore, mescolava la cenere al suo pane amaro (Ps.101).
Esempi analoghi abbondano nei Libri dell’Antico Testamento. Fin d’allora si sentiva l’analogia che esiste fra “quella polvere” di una materia trasformata dal fuoco, e l’uomo il cui corpo è destinato a ridursi in polvere! Nei primi secoli la cenere si dava soltanto a coloro ai quali, per qualche colpa grave, la Chiesa imponeva la penitenza pubblica. Dopo il secolo XI, quest’uso, cominciò a venir meno, ma subentrò quello d’imporre la cenere a TUTTI i Fedeli. La funzione sacra comincia colla benedizione delle Ceneri. Queste son fatte da rami d’Ulivo, benedetti l’anno prima.
Adesso!!, dice dunque il Signore attraverso Gioele (2,12-17), convertitevi a Me con tutto il cuor vostro, nel digiuno, nelle lagrime e nei sospiri. E spezzate i cuori vostri e non le vostre vesti, cioè, non accontentatevi di una penitenza superficiale, non facciamo “tanto per fare” ma mostrate al mondo che il vostro pentimento è dentro al cuore, colla riforma dei vostri costumi e la modifica dei vostri sentimenti, dei pensieri!
Convertitevi al Signore Dio vostro perché Egli è benigno, è vero è misericordioso e paziente, ha molta clemenza, ed è portato a revocare ogni castigo, ma VOI PENTITEVI. Suonate la tromba in Sion, intimate il digiuno santo, convocate l’adunanza. Radunate il popolo, purificate tutta la gente, radunate i seniori, fate venire i fanciulli; esca lo sposo dal letto nuziale e dal talamo suo la sposa. Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti ministri del Signore e dicano: PERDONA, SIGNORE, PERDONA AL TUO POPOLO!
Quando tu aprirai le tue viscere all’affamato e consolerai l’anima afflitta, nascerà nelle tenebre a te, la Luce.
Il vero digiuno è la fuga dal peccato, la rottura dagli affetti perversi, DAI VIZI che nutrono l’anima con il veleno, il vero digiuno è nutrire l’Amore verso Dio, nutrire lo zelo alla Preghiera: lagrime del pentimento, vuole Dio, la cura dei poveri, come Cristo ordina nel Vangelo. Stiamo attenti, per timore che digiunando non sostituiamo l’intemperanza colle ingiurie, le inimicizie, le contese, e che non ci allontaniamo da Dio colle negligenze o coprendole, con giustificazione del peccato, con l’odiare il prossimo, l’acredine che non perdona il male ricevuto.
IN BREVE… insegna sant’Agostino:
Servono Gesù Cristo coloro che non cercano i propri interessi, ma quelli di Gesù Cristo… Chi compie per Cristo non solamente opere di misericordia corporali, ma qualsiasi opera buona (ricordiamo che le Opere di Misericordia sono 14: 7 spirituali e 7 corporali e non vanno disgiunte), egli è servo di Cristo, specie se giungerà fino a quella grande opera di carità che consiste nell’offrire la propria vita per i fratelli, che equivale a offrirla per Cristo. (In Io. Ev. 51, 12)

