Le 14 Opere di Misericordia insegnate nel 1926

In un opuscolo del 1926 riportiamo, così semplicemente come insegnava la Chiesa in un Catechismo “di strada, un testo tratto da alcuni corsi per la Missione cittadina, come si facevano una volta, per rendere efficaci tutte e 14 queste Opere che non sono un optional o gestibili a seconda delle preferenze. O tutte o nessuna, e se si tralascia qualcuna (già nell’intenzione), si rendono inefficaci le altre.

LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALE

1 – Consigliare i dubbiosi

2 – Insegnare agli ignoranti

3 – Ammonire i peccatori

4 – Consolare gli afflitti

5 – Perdonare le offese

6 – Sopportare pazientemente le persone moleste

7 – Pregare Dio per i vivi e per i morti

LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA CORPORALE

1 – Dar da mangiare agli affamati

2 – Dar da bere agli assetati

3 – Vestire gli ignudi

4 – Alloggiare i pellegrini

5 – Visitare gli infermi

6 – Visitare i carcerati

7 – Seppellire i morti

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LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALE

1 – Consigliare i dubbiosi

Dal momento che Gesù Cristo è il nostro Maestro per eccellenza, Modello ed esempio, stile di vita per cui ci chiamiamo “cristiani”, e dal momento che Lui stesso ci dice: “Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.” (Gv.13,15), in qual modo Egli ci ha insegnato come consigliare i dubbiosi? Egli usava le parabole. Purtroppo oggi molti le confondono con le favole, con le storielle, ma le parabole sono tutt’altra cosa. Intanto non sono favole, ma storie di vita che Gesù Cristo usava per aiutare la gente a ragionare sui propri comportamenti, siano essi sociali quanto a livello religioso, spirituale. Imperocché – per coloro che hanno l’animo chiuso dalla superbia – queste parabole non dicono nulla. Il vero dubbioso è perciò, colui che davvero cerca la verità, non porge domande per sfidare Iddio, ma per capire come trovarLo per amarLo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, e mettersi al Suo discepolato.

Quando ci troviamo davanti al vero dubbioso, che cerca davvero Iddio per amarLo e seguirLo, dobbiamo agire e rispondere come ci ha insegnato Gesù: dando ad esso la testimonianza con la nostra vita. A questo proposito ci sono di aiuto, per esempio, le parabole delle storie dei Santi. Se il dubbioso dimostra di ben conoscere la sacra Dottrina, ma ponesse molte domande, è necessario guidarlo attraverso l’uso di parabole per aiutarlo a comprendere che la dottrina è veritiera. Non impelagarti in vicende storiche se non sei all’altezza di poter dare risposte agli eventi passati, anche il cristiano, proprio come esempio, deve imparare l’umiltà e saper dire di non saper rispondere, imperrocché facendo comprendere al dubbioso, che non è quella la strada per la salvezza. Il vero dubbioso va aiutato ad incamminarsi per “la via stretta” dei Comandamenti Divini, come ha obbedito Gesù al Padre, lasciando a Cesare le cose di Cesare, la sua storia, e a Dio le cose di Dio che la Santa Madre Chiesa ha predisposto in quello che chiamiamo il Catechismo.

Davanti, invece, al dubbioso superbo, che in vero non ha affatto alcun interesse di diventare discepolo del Cristo, si fa comprendere che l’unico raggio di fraternità ad esso raggiungibile è la preghiera e la carità vicendevole. Non impelagatevi con lunghi discorsi interminabili dai quali l’Apostolo ci mette in guardia, per non rischiare anche noi di cadere nelle vuote parole. Anche questo sarà insegnamento della santa umiltà.

Il Cristiano seguace di Cristo non cerca mai la propria risposta o la propria gloria, o la propria soddisfazione personale. In battaglia, il vero cristiano, dovrà percorrere tutte le Stazioni vissute dal Maestro. Gesù attese la glorificazione dal Padre, non  ci giunse per se stesso. Anche Gesù dovette affrontare domande stuzzichevoli sui Romani che alla sua  epoca comandavano in Terra Santa, imperrocché Egli non dava alcuna soddisfazione di risposte politiche, l’esempio chiaro è durante il processo che Nostro Signore subisce prima davanti a Caifa, poi davanti a Pilato, il governatore romano che regnava in nome di Cesare, a tal proposito è bene meditare sul Vangelo di Giovanni dal capitolo diciotto, compreso il diciannove, ivi troveremo le risposte da dare.

Su tutto il resto, per consigliare i dubbiosi, bisogna imparare a conoscere – noi per primi – la vita di Gesù che ce ne ha dato l’esempio, poi rispondere come Lui ha risposto e spingere il dubbioso alla preghiera. Se si tratta di un battezzato caduto nell’eresia, per esempio protestante, è importante fargli conoscere la vita dei Santi; anche se si trattasse di un battezzato cattolico allontanatosi dalla Chiesa, è importante aiutarlo a comprendere che la Chiesa, come una vera Madre, attende fiduciosa il ritorno del figliol prodigo (Lc.15,11-32). Se si trattasse di un dubbioso senza battesimo, è importante soprattutto il nostro esempio religioso, la carità ché anche qui i Santi sono esperti e molto generosi di esempi e consigli. Imperrocché va ricordato che questo consigliare è la semina del buon cristiano, un dovere, che và innaffiato con le opere di penitenza, di sacrificio e di tanta preghiera giacché, insegna l’Apostolo: “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, è Dio che ha fatto crescere.  Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere…” (1Cor.3,6-21)

2 – Insegnare agli ignoranti

Davanti a Dio siamo tutti “ignoranti”! Il Maestro, come abbiamo ricordato è Gesù che è venuto come Redentore delle anime nostre e per questo è Maestro. Maestro del saper ben vivere, e Maestro del ben pregare (Mt.6,9). Oggi forse qualcuno si offende se gli si dice questa parola, ma il termine non è affatto di offesa alla persona. Esso significa ignorare quel che il Buon Dio ha fatto e fa per noi. Il grande Padre della Chiesa San Girolamo ci persuade che «ignorare le Scritture è ignorare Cristo» (cf DV 25). Vedi allora che l’ignoranza delle Scritture è ignoranza sul Cristo. Questa opera di misericordia ci spinge a debellare l’analfabetismo religioso, l’analfabetismo alla santità. E’ un dovere di tutti i buoni Cristiani insegnare la via della santità, la via che conduce alla vita eterna. Nel nostro tempo si sta facendo molto per debellare l’analfabetismo scolastico, chi non sa leggere e scrivere, incontra molte difficoltà per trovare un buon lavoro, e il contadino che non sapesse far di conto, troverebbe ostacoli per far quadrare i conti nella vendita dei suoi prodotti agricoli. L’ignoranza non è mai ammessa, dice la legge degli uomini, quando commetti un reato. Imperrocché ci dobbiamo domandare perché non usiamo la stessa accortezza a riguardo della vera religione di Gesù Cristo, nei confronti di quanti ignorano le Sacre Scritture! Il rispetto che dobbiamo a Cesare, come insegna Gesù nei Vangeli, deve andare al passo col rispetto per la conoscenza delle cose di Dio, altrimenti come distinguere cosa dobbiamo dare a Cesare e cosa dobbiamo a Dio? «Reddite quae sunt Caesaris Caesari et quae sunt Dei Deo/Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt.22,21). Imperrocché, per trar vantaggi da questo discepolato, è importante che noi stessi, prima di voler insegnare qualcosa agli ignoranti, non ci troviamo più analfabeti di loro  delle cose di Dio, ma che non solo poi a parole, ma con la vita, lo stile di vita dei veri discepoli di Cristo. Che non ci accada imperciò a noi di doverci sentire dire dal Maestro: “Perchè guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?”(Lc.6,41). Gesù non ama l’ipocrisia, le falsità, chi vuole insegnare le cose di Dio deve egli essere un vero discepolo, mai superiore al Maestro (Mt.10,24).

Per mettere in pratica questa opera pia, ci è di grande aiuto l’Apostolo San Paolo attraverso le sue Lettere, che vanno meditate e imparate bene! Imperrocché queste vanno prima di ogni cosa da noi messe in pratica, e con la pratica allora insegnare alle persone che ignorano Cristo, la grandezza di questa Rivelazione e la ragione primaria per cui Iddio decise di farsi Uomo, morire sul patibolo della Santa Croce  per poi risorgere. Per insegnare agli ignoranti, con vero profitto, dobbiamo poter dire come San Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.”(Gal.2,20)

3 – Ammonire i peccatori

Vale quanto detto sopra all’insegnare agli ignoranti. Imporrecché qui bisogna anzitutto che il discepolo che voglia di gran cuore mettere in pratica quest’opera pia, si guardi bene dal navigare nel mare del peccato, vedi il discorso sulla trave e la pagliuzza. Quest’opera pia è difficile perché esige che il discepolo sia trovato irreprensibile, poiché vale quanto dice il Signor Nostro Gesù Cristo: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.”(Lc.6,39-40). Vedi allora, che solo chi ha accolto la grazia della confessione, si è riconciliato con Dio (2Cor.5,20), e vive da vero discepolo di Cristo, è in grado di “ammonire” i peccatori. Non che noi, riconciliati con Dio, non saremo più peccatori! Questa sarebbe superbia, ricordiamo le parole del grande Apostolo: “…quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato.”(Rm.7,22-25) Ché dovremmo pensare che l’Apostolo sia un peccatore mortale? Giammai! Egli ci insegna la dura battaglia che ognuno di noi ha ingaggiato coll’arma del santo Battesimo, e tutti siamo peccatori fino alla morte. Il peccato è l’alimento di questo mondo il cui principe è Satana, colui che lo alimenta e lo semina in mezzo alla gente, lo semina nel mondo, come ben dice il beato Apostolo Pietro: “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare.  Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi.”(1Pt.5,8-9, o leggi anche questa Epistola: 1Pt.1,13-16).

E allora, come si ammoniscono i peccatori? Anzitutto, voi, pregate per i peccatori? Quanto pregate ogni dì?  E poi, voi, vi siete convertiti a Cristo? Vivete questo discepolato con verità e assiduità? O siete di quelli che ascoltano ma non mettono in pratica?(Ez.33,31) Quì ad insegnar come mettere in pratica quest’opera pia abbiamo miriadi di Santi: non abbiamo forse, noi, il nostro Santo prediletto, patrono, il quale c’è stato maestro nell’ammonirci e nel ricondurci sulla retta via? La carità e la misericordia che noi stessi abbiamo ricevuto, con questa si ammoniscono i peccatori. E cosa vuol dire “ammonire”? Significa mettere in guardia, avvisare. E di che cosa dobbiamo mettere in guardia o avvisare? Oh bella! Ma di quegli avvisi spirituali per i quali tu stesso hai cambiato rotta convertendoti al Cristo! Vedi perciò, che se tu non sei convertito per davvero, non puoi ammonire gli altri di peccato! Imperrocché le parole adeguate a quest’opera pia ce le pone il Signore stesso: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori..”(Mc.2,16). Gesù iniziò la Sua predicazione dicendo: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc.1,15). Da queste parole abbiamo poi tutto il vasto insegnamento della Santa Madre Chiesa che possiamo usare per aiutare i peccatori a redimersi.

Vedi, bisogna discernere, come per il dubbioso superbo da quello vero, anche il peccatore impenitente, il reprobo, colui che si rifiuta di accogliere le parole di Gesù, dal peccatore, come siamo tutti noi, che lotta ogni giorno per combattere i vizi, i peccati della carne e dello spirito. Nel primo caso, con il peccatore reprobo, non puoi fare nulla, solo pregare, ma non intavolare con lui alcuna disputa, ce lo insegna l’Apostolo: “Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi,  poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli.”(Rm.1,24-25), per questi si può solo che pregare e offrire sacrifici a Dio per la loro conversione. Imperrocchè, nel secondo caso, si può ammonire, allorquando ci si trova davanti un peccatore in ricerca di pace. Il peccatore inquieto è colui, infatti, che cerca davvero la pace di Dio, qui allora noi possiamo e dobbiamo fare questa opera pia, badando sempre di essere trovati noi, irreprensibili davanti a Dio, per non rendere vana ogni opera santa.

4 – Consolare gli afflitti

Perché dobbiamo consolare gli afflitti? Tenendo bene a mente quanto abbiamo discorso in precedenza, non tieni forse a mente tu stesso di quanto sei stato consolato nelle tue afflizioni? Vedi che ogni opera è sempre preceduta dalla tua testimonianza personale. Molti non possono fare quest’opera perché non sono stati ancora consolati nelle proprie afflizioni, oppure non ne ricordano, molti stessi cristiani, ahimè, dimenticando le consolazioni ricevute nel Divino Sacramento dell’Eucaristia! Oh! quanta ingratitudine nei confronti dell’Augustissimo Sacramento! E con che cosa dovremmo mai consolare gli altri? Imperrocché ci si chiede cosa siano queste afflizioni per cui occorre la consolazione. Vedi, le afflizioni sono – come queste opere di Misericordia – sia materiali quanto spirituali. Ed in entrambe il Cristiano vi deve provvedere seguendo sempre gli insegnamenti del Maestro. Hai forse dimenticato quanto il Signore Gesù abbia consolato le nostre personali afflizioni? Ma se non hai fatto questa esperienza, come puoi consolare gli afflitti? Se tu stesso vivi nell’afflizione, è difficile soccorrere l’altro che si affligge materialmente e spiritualmente. O forse credi che le grazie che ci sono nella tua vita provengano dal nulla? Chi ti da la pace dell’anima, il pane quotidiano, la remissione dei peccati, la consolazione quando sei afflitto sulla tua croce? Gesù ci ha dato molti esempi di questa consolazione, sia materiale quando ha sfamato le folle con il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando ha guarito le persone dalle loro infermità fisiche, sia con la consolazione per l’anima quando ha parlato con la donna samaritana nei pressi del pozzo (Gv.4,5-42). La Santa Madre Chiesa ci insegna poi la pia pratica della preghiera per consolare chi è afflitto, la devozione del santo Rosario, per esempio, è una di queste consolazioni, tutti i Santi la insegnano quale rimedio per le afflizioni corporali e spirituali. Consolare gli afflitti, come ci insegna Gesù nei Vangeli, è un’opera che ci fa davvero prossimi al prossimo.

5 – Perdonare le offese

“.. rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori…”(Mt.6,9-14), tutti conosciamo le parole del Pater Noster, ce le ha insegnate Gesù! Imperrocché quanti davvero le mettono nella pratica? E Gesù spiega anche perché è necessario perdonare, dice al verso dopo: “Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.” Un fedele devoto una volta mi disse che questo era un bel ricatto, perché perdonare certe offese è spesso impossibile! Oh bella questa! gli dissi. Vuoi tu forse saperne più di Dio che si è fatto Uomo e che è andato sulla Croce per te, gratuitamente, senza chiederti nulla, per-donarti Sé Stesso e farti grazia della salvezza e della vita eterna? Imperrocché si può comprendere l’osservazione di colui che non riesce a perdonare perché egli confonde forse la pacca sulla spalla da quel perdonare che è anzitutto dono di Dio. E sì! Perdonare sono due parole intrecciate che significano letteralmente: “dono-per”, per-donare, come vedi, significa che ti dono qualcosa che non viene da me, non è “mio”, ma viene da Dio. Vedi! Gesù si è donato a noi “per” darci qualcosa di eterno e senza prezzo, anzi, il prezzo lo ha pagato Lui, di Persona! Guardiamo al Buon Ladrone sulla croce accanto a Gesù (Lc.23,42-43), che cosa riceve? Il perdono gratuito, integrale, totale. E cosa ha fatto il Buon Ladrone per guadagnarsi questo premio? Ha ceduto all’orgoglio, alla superbia, ha riconosciuto il suo stato di mendicante, ha riconosciuto di meritare quel supplizio riconoscendo l’innocenza del Cristo, ma non basta, ha riconosciuto che Lui solo avrebbe potuto capovolgere la sua esistenza terrena giunta ad una fine ignominiosa a causa delle sue malefatte: “ricordati di me quando sarai nel tuo regno”. Con queste parole il Buon Ladrone perdona tutto e tutti, accetta la sua croce e guarda non già alla morte come fine, ma come inizio di una vita che gli è “donata per” essere vissuta in eterno. Ognuno di noi si troverà, prima o poi, su questa croce propria e sarà conveniente farci trovare, come il Buon Ladrone, con i conti a posto, con nessun debito, nudi sulla croce, nudi davanti a Dio, per poter accogliere allora la promessa che tutti noi dobbiamo desiderare di sentir dire: «Amen dico tibi: Hodie mecum eris in paradiso /In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».

6 – Sopportare pazientemente le persone moleste

Se pensiamo a quante molestie la Santa Madre Chiesa ha sopportato fino ad oggi, e continua pazientemente a sopportare, forse comprenderemo bene quanto sia importante quest’opera pia per crescere nelle sante virtù. Non dar retta ai massoni e agli anticlericali reprobi, che spargono veleno raccontando una storia della Chiesa che fa loro comodo di raccontare. Tu guarda alla Chiesa dei Santi, del Catechismo, dei Pontefici, dei Dottori, e poi torna a ragionare con la tua testa e il tuo cuore, ché un’altra Madre così non la trovi da nessuna parte! Ma persino i Santi ti raccontano con le loro storie quel che essi dovettero sopportare fin anche dall’inquisizione della Chiesa nei loro confronti, per essere provati come l’oro (1Pt.1,18-23). Imperrocché, quest’opera pia, mira ad indicarci anche oltre. E sempre Gesù è il nostro grande esempio. Non è forse vero di quanto Egli sopporti la nostra insolenza, e di quanta molestia dovette sopportare e subire quando visse in mezzo a noi? Ognuno di noi si chieda fino a qual punto ha “sudato sangue” per sopportare le molestie altrui per amore di quel Sangue prezioso, versato per sopportare le nostre molestie a Lui? In tutto il mondo antico, passato, presente, ma anche in futuro, non troverai alcuna persona al mondo, come Gesù Cristo, che ti possa insegnare cosa significa sopportare le persone moleste, perché dobbiamo sopportale, quale vantaggio ci reca quest’opera pia. Anzitutto noi siamo sopportati da Dio, ma non per forza, con sopportazione molesta o rimbrottosa ma con amore, Dio ci sopporta con amore, con santa pazienza, per amore, per questo ci ha dato il comandamento dell’amore, perché Lui per primo ci ha fatto questo, ci tratta con amore, sopportando le nostre molestie a Lui. Imperrocché, se tu non fai questa esperienza, che non capisci cosa fa Gesù per te ogni giorno stando, ad esempio, nel Tabernacolo ad aspettarti, si capisce perché poi magari ti riesce difficile praticare quest’opera pia.

Si deve studiare bene cosa Gesù ci chiede con questa opera pia: “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.”(Gv.15,4-5), tutto si fa e si sopporta nel Suo Nome santo, Gesù ha fatto tutto per amor nostro, così anche noi facciamo agli altri tutto per amor Suo. E allorquando non ti aggrada il sopportar qualcuno che ti molestia, fai subito un fioretto, ripeti qualche giaculatoria, invoca il santo Angelo Custode e tira per la tua strada, imperrocchè, ricorda bene, devi sopportar le molestie che si fanno a te persona, ma se l’offeso è Nostro Signore, la Santa Chiesa, la Vergine Maria e i Santi, è tuo dovere intervenire in loro difesa. Con somma pazienza e dolci parole, devi far capire che non è cosa saggia offendere Iddio e la Santa Chiesa, e che la Santissima Vergine Maria, tutti Loro soffrono eccome per queste anime strafottenti e che non è giustizia molestare Iddio e le Persone Sante. Ricordati le parole di Gesù: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi” (Mc.8,34-38). Vedi allora come ben mettere in pratica quest’opera pia, sopportando ciò che viene fatto a te, specialmente se ricevi molestie perché professi la religione Cattolica, ma senza mai vergognarsi di professar Gesù Cristo, nostra gloria!

7 – Pregare Dio per i vivi e per i morti

Se hai avuto la pazienza di seguire questo piccolo corso fino a qui, capirai bene quanto quest’opera pia non è altro che il coronamento e la conseguenza di tutto ciò che possiamo e dobbiamo fare per le opere di Misericordia spirituali. La preghiera è il motore che fa camminare tutto quello che abbiamo detto fino a qui, senza la preghiera non si va da nessuna parte. Gesù ci insegna come tutta la vita che ha vissuto sulla terra ha pregato, pregava ogni giorno ed anche per lunghi periodi. Gesù ha pregato per noi, ha pregato per tutti e alla Vergine Santa come la invochiamo? “Prega per noi, peccatori, adesso, e nell’ora della nostra morte”. E’ una preghiera nella preghiera, perché mentre preghiamo per noi, preghiamo anche per gli altri, vivi e defunti, il Rosario è una delle preghiere più belle che la Santa Chiesa ci ha messo a disposizione. Imperrocchè, non dimenticare la Santa Messa con la quale noi possiamo e dobbiamo pregare per i vivi e per i defunti. Con il Sacrificio della Messa, la Chiesa offre ogni giorno suppliche per i vivi e per i defunti, per tutti, per questo siamo invitati ad andare alla Messa e ad offrir suffragi per i defunti, e offrire Messe di ringraziamento. Pregare per cosa? Ebbene, dobbiamo pregare soprattutto per i vivi che, ancora peccatori, non hanno trovato la strada della conversione, pregare per gli ammalati e i sofferenti, per quanti cercano lavoro, per la Patria e i governanti, pregare per i superiori, eccetera. E pregare per i Defunti affinché, se sono riusciti a salvarsi dopo la loro morte ma sono ancora in Purgatorio, la misericordia del Signore ottenga ad essi la pace eterna nel gaudio dei Santi in cielo. E come pregare ce lo ha insegnato Gesù con il Pater Noster, e poi, ci dice l’Apostolo Paolo: “.. nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili, e Colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, perché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio”. (Rm. 8,26-27), per questo il Pater Noster è fondamentale poiché la preghiera non è chiedere quello che vogliamo noi o che ci fa più comodo, non diciamo “sia fatta la nostra volontà”, imperrocché non pochi cristiani, purtroppo, pregano come se Dio dovesse fare la loro voglia… forse è per questo, o anche per questo, che i peccatori reprobi aumentano, invece di diminuire, e di suffragi ai defunti se ne fanno ben pochi! La volontà del Buon Dio, invece, è ben altro di ciò che noi vogliamo, Egli vuole che le Anime si salvino, vivi e defunti: per i vivi perché si convertano, per i defunti in Purgatorio affinché raggiungano al più presto la gloria del cielo. Ascolta cosa dice l’Apostolo Giacomo:

” Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi.  Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore.  E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi.  Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.  Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce,  costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.” (Gc.5,13-20)

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LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA CORPORALE

Le tratteremo insieme perché fanno parte di un unico brano del Vangelo.

«Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?»(Mc.6,34-44), siamo al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, perciò Gesù non sta pretendendo l’impossibile, imperrocché e come ci insegnano i Santi, chiunque usi del proprio per sfamare l’affamato, lo vedrà provvidenzialmente duplicato, centuplicato. Gesù non pretende da noi l’impossibile, perché ciò che è impossibile a noi, lo fa Lui, a Dio nulla è impossibile!(Lc.1,37) Questa opera pia si ricongiunge con quelle opere spirituali di cui abbiamo già parlato: l’uomo ha bisogno dell’alimento per il corpo e per lo spirito, i Santi Fondatore di tante Opere pie, ci insegnano come fare entrambe.

Ma c’è un passaggio del Vangelo più esplicito nel quale Gesù insegna cosa fare e per quale motivo: “Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.  Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna”. (Mt.25,34-46).

Da questa pagina del Vangelo sono tratte queste Opere corporali. La Chiesa le ha riprese una ad una affinché non sfuggano mai davanti alle nostre responsabilità di discepoli di Cristo. San Giustino Martire nella prima metà del secondo secolo cristiano così insegnava: “Alla fine (della Messa) coloro che hanno in abbondanza e lo vogliono, danno a loro piacimento quanto credono. Ciò che viene raccolto, è deposto presso colui che presiede ed egli soccorre gli orfani e le vedove e coloro che per malattia o per altra ragione sono nel bisogno, quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, si prende cura di tutti i bisognosi.” (San Giustino – Dalla «Prima Apologia e favore dei cristiani»)

Imperrocché, ciascuna di queste opere pie, va sempre svolta con lo sguardo rivolto ai Novissimi. In primo perché Gesù stesso lo dice che chi non avrà compiuto queste opere, sarà meritevole dell’inferno, in secondo aspetto perché mentre l’opera materiale torna a vantaggio della persona bisognosa, avviene però che per noi e per loro c’è anche l’opera spirituale, ossia, si fa del bene, si compie il bene, e quando si fa del bene si è in grado di predisporre l’anima e il cuore alla vera contrizione e alla conversione.

Vediamo l’ultima a parte, seppellire i morti, perché quest’opera pia non intende semplicemente sotterrare il defunto, ma prendersi cura anche del moribondo. Nell’opera pia del pregare per i vivi e i morti, lo abbiamo accennato prima con la Lettera dell’Apostolo Giacomo: “Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore.  E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.”

Il morto lo si accompagna con decoro e dignità cristiana, poi, alla Messa per i defunti ed alla dignitosa sepoltura, ma sarebbe bene occuparsene anche prima. Anche qui i Santi ci insegnano come hanno fatto a mettere in pratica questa grande misericordia. Chi ha un familiare o un vicino di casa che sta vivendo il grande trapasso, sia sollecito a chiamare il presbitero, il proprio parroco, affinché gli venga assicurato il Viatico, gli possa essere amministrata l’Unzione che è uno dei Sette Sacramenti, se sopravvive si rende gloria a Dio, se muore si supplichi Dio, si preghi per la sua anima affinché possa essere accolta benignamente nella Patria eterna. Imperrocché è vera opera di misericordia accompagnare con parole di incoraggiamento e di sostegno all’anima, il moribondo, rassicurarlo del suo trapasso, fargli baciare un Crocefisso, fargli tenere una corona del Rosario fra le mani. E’ buon costume cristiano, per esempio, fare le veglie ai Defunti recitando per essi intere corone del santo Rosario, non sarebbe pertanto male fare in modo che si preghi anche insieme al moribondo, anche se lui non può rispondere è importante che possa ascoltare, e se neanche potesse ascoltare in quei momenti, non importa: sappiate che ciò che il corpo non avverte più con i sensi, l’anima però percepisce ogni bene come ogni male. E farà bene anche a noi vivi questo “seppellire i morti”, perché questo genere di bene non va mai perduto e ci ricorda che, “domani”, toccherà anche a noi e sarà bene farci trovare con tutte e quattordici le opere compiute, o almeno tentate con tutta la buona volontà. Così sia.

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si legga anche: Il Purgatorio, il grande dimenticato

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