Il card. Biffi, grande “castigatore” di socialisti

Da “Memorie e digressioni di un italiano cardinale”, Cantagalli, Siena, 2007, pp. 640, euro 23,90.

di Giacomo Biffi

PERTINI, UN PRESIDENTE DALLE IDEE UN PO’ CONFUSE

(pp.286-287)

Prima della presa di possesso era prescritto che un vescovo, nominato a una sede nell’ambito del territorio italiano, prestasse giuramento di fedeltà alla Repubblica nelle mani del Capo dello Stato.

La revisione del Concordato, nel 1984, prevedeva l’abolizione di quell’obbligo; ma eravamo ancora in attesa di una normativa di attuazione, perciò fui tra gli ultimi a osservare quella formalità.

Sandro Pertini, socialista, presidente della repubblica dal 1978 al 1985.

Sandro Pertini, socialista, presidente della repubblica dal 1978 al 1985.

Varcai dunque, timido e incuriosito, la soglia del Quirinale, antica e famosa dimora dei papi e dei re sabaudi. Quel giorno a fare gli onori di casa c’era Sandro Pertini, il quale entrò nella sala preparata per il rito brontolando a gran voce che si trattava di gesti ormai superati e di anticaglie prive di senso. Il che – pensavo dentro di me – era una verità sacrosanta.

Dopo aver celebrato l’anacronismo, il Presidente in ossequio al protocollo m’intrattenne per una ventina di minuti, in un cordiale colloquio nel quale parlava solo lui. Assistevano anche un sottosegretario (che certo doveva essere democristiano) e un addetto militare.

Pertini, con grande amabilità, mi diede alcune notizie, che forse pensava potessero risultare utili alla mia futura missione. Mi disse di essere ateo e m’informò che il Paradiso non c’era; ma, se per caso ci fosse stato, lui era sicuro di andarci, perché la sua mamma (che era una santa donna) dall’alto l’avrebbe aiutato a salirvi e il papa Giovanni Paolo II (che era suo amico) l’avrebbe spinto dal basso.

Poi, incoraggiato e contento di aver trovato un ascoltatore silenzioso e visibilmente interessato, mi confidò: “Eccellenza, Lei sa cos’è capitato all’ultimo conclave?”. “Presidente, mi scusi, ma io non c’ero”. “Io invece lo so. La prima sera, i cardinali americani hanno chiesto agli italiani di indicare la mattina dopo il nome di un cardinale italiano, e loro entro mezzogiorno gli avrebbero trovato i voti necessari all’elezione. Alla mattina dopo gli italiani indicarono cinque nomi! Vede, nemmeno i cardinali sono d’accordo tra loro”.

A questo punto non sono stato più capace di stare zitto, e ho detto: “Sarà vero che non erano d’accordo, ma si sono messi d’accordo in fretta, dal momento che ci sono voluti tre giorni per fare il papa e due mesi per fare il Presidente della Repubblica”.

Ho visto il mio illustre interlocutore farsi tutto rosso e stringere i pugni. “Mamma mia! – mi son detto – qui sto provocando un incidente diplomatico”. Per fortuna il sottosegretario presente prontamente intervenne: “Ma lì c’era lo Spirito Santo”. E Pertini sùbito, approfittando del “salvagente” democristiano: “Eccellenza, ma che paragoni mi fa? Lì c’era lo Spirito Santo! Non si possono fare confronti”.

E così mi resi conto che gli italiani avevano un Presidente dalle idee un po’ confuse, almeno in materia di “ateologia”.


L’INNO DI MAMELI INTONATO IN MIO ONORE DA CRAXI

(pp. 387-388)

Per la mia interpretazione di “Pinocchio” ho avuto l’onore di raccogliere la contestazione di due famosi personaggi, quali Giovanni Spadolini e Bettino Craxi, ambedue ex-Presidenti del Consiglio della Repubblica Italiana.

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Bettino Craxi, socialista, presidente del consiglio dei ministri dal 1983 al 1987.

La più impulsiva e pittoresca fu la reazione dell’onorevole Craxi. Non attese neanche un giorno a qualificare la mia esposizione – senza averla né ascoltata né letta – come un “rigurgito clericale”.

Egli dovette essere particolarmente urtato (nella sua devozione risorgimentale e nel suo fiero antifascismo) da una mia frase che gli era stata riferita. A proposito della sublimazione retorica ottocentesca degli avvenimenti presenti attraverso le rievocazioni delle glorie dell’antica Roma, dicevo testualmente che “sotto questo profilo il fascismo può essere letto come prosecuzione, esasperazione e dissolvimento di questo tentativo senza speranza di dare una radice storica e una patente di nobiltà a un’ideologia recente ed estranea”.

Quasi a riparazione ed espiazione rituale del mio “sacrilegio”, l’onorevole Craxi qualche giorno dopo, in un convegno di socialisti, ebbe il pensiero di invitare l’assemblea a cantare l’inno di Mameli “in onore del cardinal Biffi”. Quando ne fui informato mi sono detto molto compiaciuto e riconoscente. Ma speravo anche che l’avessero cantato interamente, fino a quel verso che proclama (all’inizio del Risorgimento e quasi presagendo le iniziative pedagogiche del ventennio mussoliniano): “I figli d’Italia si chiaman Balilla”.

FONTE: chiesa.espresso.repubblica.it