Mons. Sheen: Le ultime Sette Parole e come vivere la Messa

Cari Amici, se la grande santa Maddalena de Pazzi andava in giro di notte, suonando le campane, per gridare alle consorelle che “L’AMORE non è amato!! L’AMORE non è amato!”, significa davvero che dobbiamo svegliarci perché, maggiormente oggi questo Amore non è conosciuto e non è amato…

Nel nostro piccolo vi offriamo in formato pdf, scaricabile qui, il testo integrale del venerabile mons. Fulton Sheen:

«L’ultimo messaggio che Egli consegnò al mondo fu pronunciato dal pulpito della croce; i suoi ascoltatori erano gli scribi e i farisei che lo bestemmiavano, i sacerdoti del tempio che lo deridevano, i soldati romani che tiravano a sorte le sue vesti, pochi timidi discepoli pieni di paura: Maddalena con il suo pianto, Giovanni con il suo amore e Maria con la sua afflizione di madre. Maddalena, Giovanni e Maria: penitenza, sacerdozio e innocenza, i tre tipi di anima che si troveranno sempre ai piedi della croce di Cristo. Il sermone che questo pubblico ascoltò, dal pulpito della croce, sono le sette parole, il testamento di un Salvatore che, morendo, sconfisse la morte».

QUI IL TESTO, BREVEMENTE TRATTATO, ANCHE IN AUDIO-VIDEO

Buona Quaresima a tutti da Cooperatores Veritatis.

P.S. Non dimenticate qui, di mons. Sheen la lectio radiofonica sulla Madonna di Fatima.

Come possiamo partecipare da santi al sacrificio della Messa?
-IL SANCTUS DELLA MESSA-
«Donna, ecco tuo figlio! Figlio, ecco tua madre!» (Gv 19,26-27)
 
“Cinque giorni prima, Nostro Signore aveva fatto ingresso trionfalmente nella città di Gerusalemme: alle sue orecchie risuonavano grida di trionfo; ai suoi piedi erano stese palme e l’aria riecheggiava degli osanna al Figlio di David e delle lodi al Santo di Israele. A quelli che volevano mettere a tacere queste manifestazioni in suo onore, ricordò che se le loro voci avessero taciuto, persino le pietre avrebbero gridato. Era la nascita delle cattedrali gotiche. Costoro non conoscevano la vera ragione per cui lo chiamavano Santo, né comprendevano perché Egli accettasse il tributo delle loro lodi. Credevano di proclamarlo come una sorta di re terreno. Ma Egli accettò il loro tributo, i loro osanna e i loro inni di lode, perché andava incontro alla sua croce come una vittima. E ogni vittima deve essere santa: sanctus, sanctus, sanctus.
Cinque giorni dopo giunse il Sanctus della Messa del Calvario. Tuttavia, nel Sanctus della sua Messa, Egli non dice «Santo» – Egli parla ai santi; non sussurra «Sanctus» – si rivolge ai santi, alla sua tenera Madre Maria e all’amato discepolo Giovanni. Che parole straordinarie: «Donna, ecco tuo figlio…Figlio, ecco tua madre». Adesso stava parlando ai santi. Non aveva bisogno di intercessione celeste, poiché Egli era il Santo di Dio. Ma noi abbiamo bisogno della santità, perché nella Messa ogni vittima deve essere santa, intatta e immacolata.
 
Ma come possiamo partecipare da santi al sacrificio della Messa?
Cristo ci offre la risposta: ponendoci sotto la protezione della sua Beata Madre. Egli si rivolge alla Chiesa e a tutti i suoi membri nella persona di Giovanni, dicendo a ciascuno di noi: «Ecco tua Madre». Per questo rivolgendosi a lei non la chiamò «Madre», ma «Donna». Ella aveva una missione universale, non solo in quanto Madre sua, ma di tutti i cristiani. Lei era stata sua Madre e adesso era Madre del suo Corpo mistico, la Chiesa. E noi stavamo diventando suoi figli.
Nella parola «Donna» si cela un mistero straordinario. Era davvero l’ultima lezione del distacco che Gesù le era andato insegnando nel corso degli anni e la prima lezione di un nuovo legame. Nostro Signore era andato gradualmente «alienando» per così dire, i suoi sentimenti da sua Madre, non nel senso che la amasse di meno o che l’avrebbe amata di meno, ma soltanto nel senso che lei ci avrebbe amati di più. Ella si sarebbe staccata dalla maternità della carne, solo per vincolarsi alla maternità più grande, quella dello spirito. Di qui la parola «Donna». Lei ci avrebbe resi altri Cristi poiché, come aveva allevato il Santo di Dio, solo così poteva allevare noi come santi di Dio, degni di pronunciare: «Sanctus, sanctus, sanctus» nella Messa di quel prolungato Calvario.”
(Fulton J. Sheen, da “Il Calvario e la Messa”, opera all’interno del libro “Signore, insegnaci a pregare” edizioni Ares)
 
 

La Terza Parola

Donna, ecco tuo figlio

Un angelo luminoso lasciò il grande Trono della Luce e discese sulle pianure di Esdrelon e, ignorate le figlie dei grandi regni e imperi, discese lì dove si trovava un’umile vergine in preghiera e le disse: «Salve, piena di grazia!». Queste non erano soltanto parole che venivano annunciate, ma era il Verbo stesso che «si faceva carne». Questa era la prima annunciazione.

Nove mesi dopo, un angelo luminoso discese nuovamente dal grande Trono della Luce su dei pastori che si trovavano fra le colline della Giudea e insegnò loro la gioia del Gloria in excelsis, invitandoli ad andare ad adorare colui che il mondo intero non può contenere, un «bimbo avvolto in fasce che giace in una mangiatoia». L’Eterno era divenuto tempo, la Divinità si era incarnata, Dio si era fatto uomo; l’Onnipotenza si era fatta impotente. Secondo le parole di san Luca, Maria «dette alla luce il suo primogenito… e lo depose in una mangiatoia». Questa era la prima natività.

Poi venne Nazaret e la bottega del falegname. Possiamo immaginare il bimbo divino, aspettando il tempo in cui sarebbe stato battezzato con un battesimo di sangue, costruire una piccola croce, anticipazione di quella grande croce che un giorno sarebbe stata sua sul Calvario. Possiamo anche immaginarcelo, alla fine di un lungo giorno di lavoro, stiracchiare le sue braccia esauste, mentre gli ultimi raggi di sole tracciavano sulla parete opposta l’ombra di un uomo sulla croce. Ancora, possiamo immaginare sua Madre percepire in ogni chiodo il ricordo di quella profezia secondo la quale gli uomini avrebbero inchiodato sulla croce colui che aveva fabbricato l’universo.

Da Nazaret al Calvario, dai chiodi della bottega di un falegname a quelli della malvagità umana. E fu proprio dalla croce che egli portò a compimento la sua volontà e il suo testamento. Aveva già donato il suo sangue alla Chiesa, le sue vesti ai suoi nemici, il paradiso a un ladro e presto avrebbe abbandonato il suo corpo alla tomba e la sua anima al Padre eterno. A chi dunque avrebbe potuto donare i suoi due tesori da lui più amati: Maria e Giovanni? Li avrebbe donati l’uno all’altra, un figlio a sua Madre e una Madre all’amico. «Donna!». Era la seconda annunciazione! L’ora oscura della notte, la stanza silenziosa e la preghiera estatica l’avevano condotta fino al Calvario, dove il cielo si era trasformato in tenebra e il figlio moriva appeso a una croce. Eppure che consolazione! La prima annunciazione era stata fatta solo da un angelo, ma la seconda da Dio stesso, con la soavità della sua voce.

«Ecco tuo figlio!». Era la seconda natività. Maria aveva dato alla luce il suo primogenito senza dolori di parto, nella grotta di Betlemme; adesso dà alla luce il suo secondogenito, Giovanni, tra i dolori del Calvario. Solo adesso Maria sperimenta i dolori del parto, non solo nel dare alla luce il suo secondogenito, Giovanni, ma anche nel dare alla luce tutti coloro che, nelle ere cristiane, sarebbero nati da lei come «figli di Maria». Ora possiamo capire perché Gesù fu chiamato suo «primogenito». Non perché Maria avrebbe avuto altri figli secondo la carne e il sangue, ma perché avrebbe partorito altri figli attraverso le doglie del suo cuore. La condanna divina inflitta a Eva è ora rinnovata in Maria, la nuova Eva, poiché essa partorisce i suoi figli con dolore.

Maria, quindi, non è solo la madre di Gesù Cristo, ma è anche madre nostra. Questo non le è dato semplicemente come titolo di cortesia; non si tratta nemmeno di una finzione giuridica o di un linguaggio figurato. Siamo veramente figli suoi e lo siamo a pieno diritto, poiché essa ci ha partoriti nel dolore ai piedi della croce. All’ombra dell’albero del bene e del male, Eva aveva perso il titolo di Madre dei viventi, a causa della sua debolezza e della sua disobbedienza. Ora, invece, ai piedi dell’albero della croce, Maria, grazie al suo coraggioso sacrificio e alla sua fedele obbedienza, ha riacquistato il titolo di Madre dei viventi. Che destino meraviglioso avere come madre la Madre di Dio e come fratello Gesù!

Preghiera

O Maria! Come Gesù è nato nella carne nella tua prima natività, così noi siamo nati nello spirito nella tua seconda natività. In questo modo tu ci hai partorito in un mondo nuovo, dove possiamo comunicare spiritualmente con Dio, nostro Padre, con Gesù, nostro Fratello e con te, nostra Madre! Se una madre non potrà mai dimenticare il figlio del suo seno, allora, Maria, tu non potrai dimenticarci mai, poiché siamo tuoi figli.

Nello stesso modo in cui tu sei co-redentrice nell’acquisizione della grazia della vita eterna, sii anche co-mediatrice nella sua elargizione. Nulla ti è impossibile, poiché tu sei la Madre di colui che tutto può. Se tuo Figlio non ha rifiutato la tua richiesta al banchetto di Cana, non rifiuterà nemmeno le tue preghiere al banchetto celeste, dove tu regni come Regina degli angeli e dei santi. Intercedi, dunque, presso il tuo Figlio divino, affinché egli possa trasformare l’acqua della mia debolezza nel vino del coraggio. Maria, tu sei il rifugio dei peccatori! Prega per noi, prostrati ai piedi della croce. Madre santa, santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.

in formato pdf, scaricabile qui, il testo integrale del venerabile mons. Fulton Sheen

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