Di fronte alla Croce, devi dire: “io sono responsabile di tutto questo”. Senza questa consapevolezza, non è possibile comprendere la Croce di Cristo. Egli “si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”. Prendendo su di sé i nostri peccati, Cristo ha fatto morire il peccato e ne ha eliminato il potere. Il morire di Cristo, la sua passione ha a che fare con noi, nel senso che è avvenuto per causa nostra, a motivo nostro, per amore nostro. Ha preso su di sé le nostre ingiustizie, sul proprio corpo, versando il proprio sangue per noi. E così ha tolto ogni potere al peccato e nel suo sangue siamo stati salvati…(28 marzo 1997)
- 365 giorni con il cardinale Carlo Caffarra – Gennaio
- 365 giorni con il cardinale Carlo Caffarra – Febbraio
MARZO
1 – “Se la vostra giustizia …”. Carissimi, quando la S. Scrittura parla di giustizia, non intende solo parlare di quell’attitudine che deve regolare i rapporti fra le persone umane. Ciascuno di noi è chiamato ad essere giusto con Dio. La giustizia verso Dio consiste nella fedeltà, nella obbedienza alla volontà di Dio espressa nella Legge e nei Profeti, cioè nella sua Rivelazione.(Stazione quaresimale – 1°marzo 1996)
2 – Il Signore non ordina nulla senza averci già donato la capacità di compierlo. Il tempo della Quaresima è il tempo in cui ci è donato con più abbondanza la grazia e il dono dello Spirito, perché la nostra libertà sia liberata dalla sua incapacità di ubbidire alla Legge di Dio. Lo Spirito Santo “non solo insegna che cosa è necessario compiere illuminando l’intelletto sulle cose da fare, ma anche inclina ad agire con rettitudine”. Possiamo allora concludere con la preghiera di S. Agostino: “Dona, o Signore, ciò che comandi e comanda pure ciò che vuoi”. (Stazione quaresimale – 1°marzo 1996)
3 – Esattamente nel mezzo del nostro cammino quaresimale la Chiesa ci fa ascoltare l’antica promulgazione dei dieci comandamenti, le dieci leggi fondamentali del Signore. Perché in piena quaresima ci viene fatto questo annuncio? La quaresima è il tempo che ci viene donato per riscoprire la verità del nostro essere: fuori di essa viviamo nella vanità, cioè inutilmente. Ora la prima verità fondamentale è la seguente: “Io sono il Signore … non avrai altri dei di fronte a me”. Cioè: tu non sei il Signore Iddio, neppure di te stesso. Tu sei una creatura che appartiene al Signore. La verità di questa radicale appartenenza contesta e respinge totalmente l’idea di una libertà umana che sia legge a se stessa, l’idea di una completa autonomia dell’uomo. E’ dentro questa relazione di appartenenza al Signore Iddio che emerge la realtà del comandamento di Dio. Esso è la guida di una libertà radicata nella verità. (2 marzo 1997)
4 – In che cosa è consistita la Trasfigurazione di Cristo? che cosa è accaduto veramente sul monte? Per un istante, nella umanità di Cristo è stato come anticipato l’avvenimento della sua Resurrezione: per qualche momento, Egli è stato nella condizione in cui sarebbe poi definitivamente entrato colla sua Risurrezione: le sue vesti bianche sono il segno della vittoria definitiva sulla morte. Il suo corpo glorificato diventa il vero e definitivo tempio, dal quale come da una fonte inesauribile sgorgherà lo Spirito Santo. Ed infatti, dice il Vangelo, “una nube luminosa li avvolse colla sua ombra”. Essa è precisamente il segno della Presenza della Gloria di Dio. E non è una Presenza muta. “Ed ecco una voce che diceva: questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”. E’ la proclamazione che nel Cristo il disegno del Padre si è perfettamente compiuto. (3 marzo 1996)
5 – La promessa di vedere il Signore si realizzerà solo dopo la nostra morte, se moriremo nella sua grazia. Per ora, durante il pellegrinaggio della nostra vita, ci è chiesto di ascoltare. Tutta la nostra vita per ora, si fonda sull’ascolto, dal momento che tutta l’esistenza cristiana si basa sulla fede, e “la fede” – come insegna S. Paolo – “dipende dall’ascolto” (fides ex auditu) (Rom 10,17). Che cosa il Signore ci chiede di ascoltare? “le leggi e le norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica”. Il Signore vuole essere nostro pastore e nostra guida. Quante volte ci è stato detto che cosa è bene e cosa è male, e, nonostante questa conoscenza, abbiamo fatto il male ed omesso il bene! “Chi dunque, trasgredirà …”. Ora possiamo comprendere queste parole di Gesù. L’attenzione, l’ascolto deve essere misurato dalla grandezza del dono che riceve, dalla grandezza di Colui che ti parla. E’ lo stesso Spirito Santo che, venuto ad abitare dentro al tuo cuore, ti interiorizza ogni parola che ti viene predicata. Allora ciascuno di noi deve progressivamente farsi tutto attenzione, tutto ascolto: non lasciare cadere nessuna parola nel vuoto e nell’oblio. (5 marzo 1997)
6 – Carissimi catecumeni, carissimi fedeli, mancherei gravemente al mio dovere di Vescovo delle vostre anime, se non vi mettessi anche in guardia dai pericoli che insidiano oggi la vostra fede. Il primo pericolo è quello di ritenere che la fede non abbia contenuti precisi che escludono come falsi i contenuti contrari: “tienla [= la dottrina della fede] come un viatico per tutto il tempo della vita e non accettarne un’altra contraria ad essa”. Il ritenere che in ordine all’obbedienza che dobbiamo a Dio, è indifferente ciò che pensiamo di Lui, è la più grave insidia alla fede. Il secondo pericolo è quello di staccare la fede dalla vita: è il rapporto con Cristo che configura, determina la nostra vita. E la vita che viviamo sono i nostri affetti; è il nostro lavoro; sono le nostre gioie ed i nostri dolori; è la nostra morte. Tutte queste esperienze che sono la nostra vita di ogni giorno, nel credente si precisano per il loro riferimento a Gesù Cristo. Una fede senza vita è inutile; una vita senza fede è insensata. Concludo con una riflessione che riassume tutto. La fede ci viene mediante la Chiesa. Chi vuol fare senza la Chiesa riduce Cristo ad un’astrazione. E voi questa sera state proprio vivendo questa mirabile mediazione della Chiesa: state per ricevere dalla Chiesa il simbolo della fede. (6 marzo 2004)
7 – La nostra vita che, per molteplici esigenze, si disperde quotidianamente in tante attività, ha bisogno di essere unificata. Già un saggio dell’antichità pagana diceva: “il non avere una vita organizzata in relazione ad un fine, è segno della più grande follia” (Aristotele, EE 1214b 11). Questa sera, la Parola di Dio ci indica la strada per evitare la follia di vivere una vita non organizzata in relazione ad un fine ultimo. Come? Indicandoci precisamente quale deve essere la nostra preoccupazione fondamentale, il centro in cui unificare ogni nostra attività, il bene in relazione al quale compiere tutte le nostre scelte: l’amore di Dio e di ogni persona umana. “Amerai il Signore Dio tuo …”. E tutto quanto il Padre compie in Cristo, tutta la storia della salvezza non ha che un solo scopo: indurre ciascuno di noi ad amarlo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Noi spesso viviamo il nostro rapporto col Signore introducendovi l’esperienza del timore o della paura; viviamo spesso la nostra vita cristiana come un insieme di atti che dobbiamo compiere. E’ la “figura” della legge che con-figura spesso il nostro cristianesimo. Questa sera, la Parola di Dio ci dice che la nostra vita cristiana deve essere interamente configurata dall’amore. (7 marzo 1997)
8 – Ma amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze, è possibile all’uomo? è frutto di un suo sforzo? No: l’amore di Dio viene effuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato donato. E’ Lui che in noi, ci muove intimamente ad amare. Che cosa ci è chiesto? Di togliere ogni impedimento. Se il sole attraversa un cristallo non terso, questo non è illuminato: non a causa del sole, ma della impurità del cristallo. Non potremo amare Dio nello Spirito Santo, fino a quando non avremo purificato il nostro cuore. Finché c’è nel tuo cuore egoismo, ambizione, vanità, invidia, impurità, lo Spirito Santo non potrà prendere possesso pieno e non sapremo amare Dio con tutto il cuore. Ed è per questo che c’è tanta infelicità: la misura della nostra beatitudine dipende dalla misura dell’amore. (7 marzo 1997)
9 – Vorrei proprio iniziare, cari fratelli e sorelle, da una verità della nostra fede, che noi proclamiamo nel Simbolo, quando diciamo: “Credo … la comunione dei santi”. Il rapporto fra ciascuno di noi e i santi è molto più profondo del rapporto cogli uomini e donne con cui convivo nella stessa città. La Chiesa celebra i suoi santi perché l’unione viva con loro è la sua stessa vita. Santa Caterina da Bologna è stata una mistica. Chi sono? che cosa significa? perché alcuni santi sono chiamati in questo modo? La prima cosa da non fare, cari fratelli e sorelle, è quella di legare al fatto del misticismo cattolico fatti ed esperienze fuori dell’ordinario, preternaturali. La mistica cristiana non è questo. Che cosa allora? Il mistico è colui che ha portato ad una perfezione tale quella stessa fede che è in ognuno di noi, che per lui il mondo della fede è la realtà in cui vive abitualmente, nell’intima comunione col Padre in Cristo per opera dello Spirito Santo. Da tutto questo deriva una conseguenza assai importante. Il mistico, cioè colui che ha avuto il dono di una fede portata alla perfezione, diventa guida di tutti i suoi fratelli e sorelle: colla sua stessa presenza e, non raramente come anche nel caso di Caterina, coi suoi scritti. È guida perché ci sveglia dall’ipnosi del mondo sensibile; perché è l’indicazione permanente che, come ci insegna l’Apostolo, “passa la scena di questo mondo” [1 Cor 7, 31]. “ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” [1Gv 2, 17]. Il mistico ci ricorda la vera condizione della persona umana: ostaggio del tempo, cittadino dell’eternità. (9 marzo 2012)
10 – “Il popolo mormorò contro Mosè e disse: perché ci hai fatti uscire dall’Egitto?” La nostra vicenda quotidiana è spesso come quella narrata nella prima lettura. Il Signore, nella sua Provvidenza, vuole condurci fuori dall’Egitto: fuori dal nostro egoismo, fuori dalla nostra ingiustizia, dalla nostra volontà propria. Egli vuole farci dono di una terra promessa, cioè di quella beatitudine propria di chi aderisce al Signore. A quest’opera divina si oppone la nostra “mormorazione”. E’ l’attitudine di chi non accetta che la propria vita sia condotta dal Signore; di chi non rinuncia alla propria volontà, perché non si fida del Signore. Questa sfiducia che ciascuno porta dentro di sé può giungere fino alla sfida: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?”. Cioè: l’uomo vuole come mettere alla prova il Signore, ponendo egli (l’uomo) le condizioni per poter credere nel Signore medesimo. Dunque, incredulità e mormorazione accompagnano spesso il nostro cammino: il cammino attraverso il quale il Signore vuole condurci alla piena libertà. (10 marzo 1996)
11 – Che cosa muove Gesù a “scacciare tutti fuori dal tempio, a gettare a terra il denaro dei cambiavalute e a rovesciarne i banchi”? una costatazione terribile: avere trasformato il luogo della presenza di Dio in un luogo di mercato. La santità del luogo era stata deturpata e violata. Lo zelo della casa di Dio che divorava Gesù non lo poteva sopportare… Cari fratelli e sorelle, il gesto di Gesù è un gesto di purificazione totale del luogo santo che, pur destinato ad essere sostituito, è il segno che prefigura il tempio che è il corpo di Gesù: il suo corpo fisico e il suo corpo mistico che è la Chiesa. Essa ci fa meditare questa pagina del Vangelo all’inizio della terza tappa del nostro cammino quaresimale, perché non ci distogliamo dal profondo lavoro di purificazione del tempio di Dio che è la nostra persona in Cristo. Nulla di impuro deve esserci… Il Signore ci ha donato il criterio fondamentale per compiere questa opera di purificazione: i santi dieci comandamenti, proclamati nella prima lettura. (11 marzo 2012)
12 – Carissimi fedeli… una parola di esortazione. Non perdete mai la coscienza della dignità della preghiera cristiana: della vostra preghiera. Il dono inscindibile delle Parole del Signore e dello Spirito Santo che le vivifica nel vostro cuore, sia sempre custodito da voi con una preghiera costante, umile, fiduciosa. È l’unica attività che il Signore ci ha raccomandato di compiere incessantemente. Sentite che cosa un grande Padre della Chiesa diceva ai suoi fedeli: “È possibile, anche al mercato o durante una passeggiata solitaria, fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comprate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate” [S. Giovanni Crisostomo]. … le ricchezze della preghiera cristiana sono incomparabili. Essa ha avuto il suo inizio ed il suo compimento in Cristo. Ed è stato Lui stesso ad insegnare ai suoi discepoli a pregare chiamando Dio “Padre”. Essi non pregano da soli, poiché Cristo mediante il suo Spirito continua a pregare in essi dicendo: “Padre”. È questa l’originalità della preghiera cristiana: i cristiani, figli nel Figlio, si rivolgono al Padre in unione con Cristo, nell’unità dello Spirito Santo.(12 marzo 2005)
13 – La Chiesa inizia il suo cammino quaresimale celebrando il mistero delle tentazioni di Gesù nel deserto. Quando parliamo dei misteri di Cristo e li celebriamo nella Liturgia, noi facciamo memoria di fatti realmente accaduti perché essi sono sorgente permanente di salvezza, ed esempio offerto alla nostra imitazione… Perché la tentazione di Gesù nel deserto è permanente sorgente di salvezza per noi che ne facciamo memoria nella Liturgia? Tutto il genere umano sconfitto dal Satana era sceso nella morte a causa di un uomo, così noi saliamo alla vita a causa della vittoria di un uomo: Gesù, il Verbo fattosi carne. È per mezzo di un uomo che noi trionfiamo sul Satana, così come era stato per mezzo di un uomo che eravamo stati sconfitti. Infatti il nostro nemico non sarebbe stato vinto giustamente, se colui che lo vinse non fosse stato un uomo nato da una donna [cfr. S. Ireneo, Contro le eresie V, 21, 1]. Quale rispetto Dio ha avuto per la nostra persona! Cari fratelli e sorelle, la prima arma da usare contro le tentazioni è la parola di Dio. È come se in ogni tentazione si svolgesse questo dialogo col Satana: “tu mi dici questo; ma la parola di Dio mi dice il contrario; ed io mi fido di Lui: fine del discorso!”.(13 marzo 2011)
14 – «Ora siete luce nel Signore». Il cieco nato acquista la luce quando va a lavarsi nella piscina di Siloe, “che significa inviato”. L’inviato per eccellenza è Gesù: il cieco ha la vista perché si lava nell’Inviato, nel Verbo incarnato. L’uomo diventa luce «nel Signore». Chi invece pretende di vederci senza Cristo, si rinchiude sempre più nella sua cecità e finisce nella condizione peggiore: confondere le tenebre della propria cecità con la luce della verità. “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato, ma siccome dite :«noi vediamo», il vostro peccato rimane”. Il Cristo, la predicazione del suo Vangelo non mette assieme tutti in un indistinto e generico minimo comune denominatore. Al contrario: è motivo di separazione, di discriminazione, di risurrezione o di caduta, di salvezza o di rovina. E’ segno di contraddizione (cfr. Lc. 2,34). La vera tragedia dell’uomo, lo sappia o non, è di chiudere gli occhi alla luce che è Cristo; la sua unica salvezza è essere illuminato da Cristo. “Per questo sta scritto: «Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà”. (14 marzo 1999)
15 – Perorazione del cardinal Caffarra dopo il concistoro… Non toccate il matrimonio di Cristo. “Non si giudica caso per caso, non si benedice il divorzio. L’ipocrisia non è misericordia“.
- Il cardinale Müller ha detto che è deprecabile che i cattolici non conoscano la dottrina della Chiesa e che questa mancanza non può giustificare l’esigenza di adeguare l’insegnamento cattolico allo spirito del tempo. Manca una pastorale familiare?
- È mancata. È una gravissima responsabilità di noi pastori ridurre tutto ai corsi prematrimoniali. E l’educazione all’affettività degli adolescenti, dei giovani? Quale pastore d’anime parla ancora di castità? Un silenzio pressoché totale, da anni, per quanto mi risulta…. Ho l’impressione che se Gesù si presentasse all’improvviso a un convegno di preti, vescovi e cardinali che stanno discutendo di tutti i gravi problemi del matrimonio e della famiglia, e gli chiedessero come fecero i farisei: “Maestro, ma il matrimonio è dissolubile o indissolubile? O ci sono dei casi, dopo una debita penitenza…?”. Gesù cosa risponderebbe? Penso la stessa risposta data ai farisei: “Guardate al Principio”. Il fatto è che ora si vogliono guarire dei sintomi senza affrontare seriamente la malattia. Il Sinodo quindi non potrà evitare di prendere posizione di fronte a questo dilemma: il modo in cui s’è andata evolvendo la morfogenesi del matrimonio e della famiglia è positivo per le persone, per le loro relazioni e per la società, o invece costituisce un decadimento delle persone, delle loro relazioni, che può avere effetti devastanti sull’intera civiltà? Questa domanda il Sinodo non la può evitare. La Chiesa non può considerare che questi fatti (giovani che non si sposano, libere convivenze in aumento esponenziale, introduzione del c.d. matrimonio omosessuale negli ordinamenti giuridici, e altro ancora) siano derive storiche, processi storici di cui essa deve prendere atto e dunque sostanzialmente adeguarsi. No. Giovanni Paolo II scriveva nella Bottega dell’Orefice che “creare qualcosa che rispecchi l’essere e l’amore assoluto è forse la cosa più straordinaria che esista. Ma si campa senza rendersene conto”. Anche la Chiesa, dunque, deve smettere di farci sentire il respiro dell’eternità dentro all’amore umano? Deus avertat! (Dio non voglia!) (Intervista al cardinale Caffarra, 15 marzo 2014)
16 – In che cosa consiste la salvezza che la morte di Cristo ha causato? In primo luogo in questo: “ora il principe …”. la morte di Cristo è condanna del male, di Satana. Fratelli, sorelle: il male è già stato vinto. Certamente siamo ancora tentati, siamo ancora nella sofferenza. Abbiamo spesso l’impressione che siamo come di fronte ad una potenza invincibile. Ma tutto questo lo dobbiamo vivere, radicati e fondati sopra una certezza: “il principe di questo mondo sarà cacciato fuori”. Ma la salvezza che Cristo ci dona non è solo, non è principalmente questo. Gesù dice: “quando sarò elevato…”. ecco in che cosa consiste la salvezza: ciascuno di noi è “attirato” a Cristo. E’ da Lui “attratto”. In che cosa consiste questa attrazione? Ascoltate come S. Agostino la descrive. “Tu mostri alla pecora un ramo verde, e l’attrai. Mostri delle noci ad un bambino e questo viene attratto: egli corre dove si sente attratto; è attratto da ciò che ama, senza che subisca alcuna costrizione; è il suo cuore che rimane avvinto. Ora se queste cose, che appartengono ai gusti e ai piaceri terreni, esercitano tanta attrattiva su coloro che amano non appena vengono loro mostrate – poiché veramente «ciascuno è attratto dal suo piacere» -, quale attrattiva eserciterà il Cristo rivelato dal Padre? Che cosa desidera l’anima più ardentemente della verità? Di che cosa dovrà l’uomo essere avido, a quale scopo dovrà custodire sano il palato interiore, esercitando il gusto, se non per mangiare e bere la sapienza, la giustizia, la verità, l’eternità?… e dove l’anima potrà essere saziata? Dove si trova il sommo Bene, la verità totale, l’abbondanza piena”. E Cristo è tutto questo. (16 marzo 1997)
17 – Ma che cosa significa “convertirsi”? A questa domanda siamo tentati di rispondere subito: cambiare la propria vita, in senso morale. E pensiamo alla vita immorale e sregolata di una persona che decide di orientare nell’ordine della legge morale. Pensare la conversione in questi termini non è sbagliato. Anzi, come vedremo, questo modo di pensarla ne coglie un aspetto imprescindibile. Ma non è questo il “nucleo esistenziale” della conversione. Ed allora che cosa è la “conversione”? Che cosa succede a Zaccheo di così diverso dalla sua vita ordinaria? Incontrò Cristo che chiese di entrare in casa sua. Per capire meglio che cosa significa qui la parola “incontro”, è necessario tener presente che quando esso accade veramente, sono le radici stesse della nostra esistenza ad essere coinvolte. L’incontro con Cristo pesca in questa profondità dell’essere: Cristo è “sentito” come la risposta vera e totale al proprio desiderio illimitato di beatitudine: “mio Signore e mio tutto” [pregava S. Francesco]. L’incontro con Cristo è improvviso perché Egli solo ne ha l’iniziativa: il primato della grazia! Ma nello stesso tempo, esso mette in movimento tutta la persona incontrata. L’apostolo Paolo lo esprime in modo stupendo: “mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo”. E’ una persona protesa verso il futuro, un futuro che è la pienezza della comunione con Cristo. Ma questo movimento è la risposta ad un’esperienza che sta all’origine della corsa: è stato afferrato da Cristo. Ecco: questa è la conversione cristiana. E’ questo incontro con Cristo. (17 marzo 2000)
18 – Che cosa è successo, che cosa sta succedendo dentro il vostro cuore? Spesso si è spenta in esso la speranza di poter ancora fabbricare case e abitarle, di piantare vigne e mangiarne il frutto, come dice il profeta. Sono stati “falsi profeti” che, prendendo posto nella nostra cultura, hanno costruito gli idoli: vi hanno ingannato. Come? Insegnandovi menzogne. La prima è stata di farvi credere che la ragione umana è la misura di tutte le cose e non l’apertura illimitata alla realtà. E come se si dicesse che l’occhio non è fatto per godere dei colori e della luce, ma per vedere se stesso. La conseguenza è stata di farvi credere che non esiste il bene e il male, ma solo l’utile e il dannoso, il piacevole e lo spiacevole. La seconda menzogna è stata di farvi credere che si possa essere liberi anche non sottomettendosi alla verità conosciuta, come se la libertà non consistesse nell’amare ogni realtà che esiste nella misura della sua obiettiva preziosità. La conseguenza è stata un senso di smarrimento profondo, di incertezza radicale: un vuoto girare su se stessi. La terza menzogna è stata di farvi credere che essere “qualcuno” non è più che essere “qualcosa”. La perdita del senso della dignità del proprio essere persona: è la perdita di se stessi. Una perdita talmente grave che, come ci insegna Gesù, non potrebbe essere compensata neppure dal guadagno del mondo intero. Carissimi, se volete che le parole del profeta ridiventino vere per voi, dentro di voi, è necessario che rigettiate completamente quelle tre menzogne dal vostro spirito: ridiventare pienamente ragionevoli, veramente liberi, persone nel senso intero del termine; riacquistare la passione per la verità e la libertà, perché nasca la persona. (Agli Universitari 18 marzo 1996)
19 – “Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo”. In queste parole è racchiuso tutto il mistero della vita di S. Giuseppe, e la sua vera grandezza. Esse indicano che Giuseppe fece dell’obbedienza al Signore la spina dorsale della sua esistenza. Questa esistenza inizia in senso vero e proprio, quando viene notificato a Giuseppe la sua missione, cioè il progetto che Dio aveva su di lui: divenire il custode del mistero del Figlio di Dio che si fa uomo e quindi della Vergine Madre di Dio. Gli è chiesto di entrare in un mistero sconvolgente quasi schiacciante nella sua grandezza. Egli acconsente. E qui scopriamo la vera sorgente dell’obbedienza di Giuseppe, la sua fede. Egli obbedisce, partendo – per così dire – per una meta che non conosceva. L’idea che noi tutti oggi abbiamo di autonomia, di libertà potrebbero suscitare in noi una reazione negativa di fronte a questo modo di pensare, progettare, vivere la propria esistenza, quello di Giuseppe. In realtà, egli ci insegna la vera strada che ci porta alla nostra autorealizzazione. Nessuno di noi esiste per caso. Dio ha su ciascuno di noi un suo proprio disegno. E’ la fede che genera l’obbedienza… Fratelli e sorelle: manteniamo viva la memoria di questo incomparabile santo. Egli ci insegna il segreto della vera libertà: essa è obbedienza alla missione per cui Dio ci ha creato, essa è servizio reciproco. E’ questa la nostra vera realizzazione. (San Giuseppe 19 marzo 1997)
20 – L’uomo che si trova ad essere colpito dalla malattia, sente immediatamente urgere dentro di sé la domanda: perché mi capita questo? Scopriamo subito che la malattia è sempre associata ad una sofferenza non solo fisica, ma spirituale. E’ questa la sofferenza propria di chi ha l’impressione di essere entrato in una situazione, in una condizione priva di senso. E’ per questo che la domanda che nasce nel cuore di chi soffre non è come altre domande. E’ una domanda che mette in questione tutto, poiché mette in questione la bontà stessa dell’essere. Non è esclusa quindi la possibilità stessa che l’uomo in questa condizione giunga alla negazione stessa di Dio. Ecco perché non c’è domanda più seria di quella sulla sofferenza umana: essa pone in questione la realtà intera nella sua stessa radice. E lo fa perché sta crollando il senso intero della propria vita. Da qui deriva che questa domanda alla fine può avere solo un destinatario: Dio stesso. La grandezza della domanda sulla sofferenza è misurata dal fatto che essa può alla fine essere rivolta solo a Dio. E quindi il soffrire diventa o prima o poi il questionare, il “litigare” dell’uomo con Dio. Dio aspetta la domanda e l’ascolta. Ed ha risposto. E questa risposta è data nell’intera vicenda di una persona: Gesù Cristo. Più precisamente: questa risposta è stata data da Dio all’uomo nella croce e resurrezione di Gesù Cristo…. La risposta che Dio ha dato alla sofferenza umana, non comporta in alcun modo un atteggiamento di passività di fronte alla sofferenza. Ed allora, ciascuno si assuma veramente le sue responsabilità… (Incontro all’ospedale, presentazione dello Stabat Mater, 20 marzo 1997)
21 – In questa santa azione liturgica ci è chiesto di dimenticare completamente noi stessi. “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”, ci ha detto il profeta. È questo ciò che dobbiamo fare in questo momento: volgere lo sguardo a colui che abbiamo trafitto. Non possiamo però non chiederci: perché tutto questo? Perché questa passione, questa morte? Certamente disponiamo di risposte pronte, a portata di mano….. La croce è stata pensata, voluta e compiuta perché l’uomo si convincesse che Dio lo ama: è stata pensata e voluta come inequivocabile dimostrazione della passione di amore che Dio ha per l’uomo. Ancora l’apostolo Paolo: “Egli … non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi” [Rom 8,32]. “Non ha risparmiato”, dice il testo sacro. Sembra come sottintendere la volontà divina di non fermarsi di fronte a nulla, di non “risparmiarsi nulla” pur di convincere l’uomo che Dio lo ama. Miei cari fratelli e sorelle, noi questa sera dobbiamo uscire da questa Cattedrale con nel cuore un’intima inconfutabile certezza: “Dio mi ama” e “se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” [Rom 8,31]…. Perché tanto “interesse” di Dio a dimostrare all’uomo il suo amore, se non perché questi Gli corrisponda? “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”, aveva detto Gesù. L’attrazione non è esercitata da un potere che costringe, ma da un amore che convince. (Venerdì Santo, 21 marzo 1997)
22 – Cari fratelli e sorelle, l’uomo certamente ha creato tanti strumenti perché la sua vita sia meno esposta possibile alle più gravi insidie. Ha creato lo Stato come garante dei fondamentali diritti dell’uomo; ha elaborato sistemi economici per una produzione e distribuzione più efficace della ricchezza. Ma sappiamo bene che questi strumenti hanno la stessa fragilità dell’uomo che li ha prodotti. Su chi, su che cosa l’uomo alla fine può fondarsi? Sulla fedeltà, sulla misericordia del “Padre della misericordia”. Essa infatti non è condizionata dalla nostra miseria. “Dio … ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. La misericordia di Dio ci è stata rivelata fino in fondo nella morte di Gesù sulla Croce, di cui parla il testo evangelico. Ciò che accade sulla Croce, accade perché l’uomo sia liberato dalla morte. Il confronto col serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto per guarire chi era stato morso dai serpenti, è assai suggestivo. L’uomo, ciascuno di noi, è stato avvelenato da un veleno mortale: il peccato, l’ingiustizia, l’egoismo. La Croce è la potenza della misericordia che vince il male, perché l’uomo credendo “non muoia, ma abbia la vita eterna”. (22 marzo 2009)
23 – Davanti a Pilato che lo giudicava, Gesù disse: “il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai giudei” [Gv 18,36]. Dunque il potere che è stato dato a Gesù “in cielo e in terra” è diverso dal potere che vediamo: il potere economico e finanziario; il potere politico; il potere di chi possiede i mezzi della comunicazione sociale. Ma, infine, quale potere ha Gesù? Ci sono soprattutto due detti di Gesù che ci aiutano a rispondere. Il primo lo troviamo sempre nel dialogo di Gesù con Pilato. Eccolo: “io sono re! Per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” [Gv 18,37]. “Ascoltare la voce di Gesù” significa diventare suoi discepoli. Per ascoltare la voce di Gesù, occorre che la persona sia profondamente orientata verso la verità. Cari giovani, se uno ha sete va alla ricerca di una bevanda. Se uno ha desiderio di essere nella verità, va alla ricerca di Gesù. Perché? Perché Egli è colui che testimonia la Verità. Ma forse potreste dire con Pilato: “che cos’è la verità?”. Ascoltiamo un altro detto di Gesù: “quando sarò innalzato da terra [=quando sarò crocifisso], attirerò tutti a me”. Chi è più debole, più esposto, più fragile di un crocifisso? Gesù dice che è dalla croce che esercita il suo potere di attrazione. Perché? Perché ci rivela l’amore per ciascuno di noi. “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” [Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptor hominis 10; EE 8,28]. Ecco, ora abbiamo tutti gli elementi per capire quale potere è stato dato a Gesù “in cielo e in terra”. E’ il potere proprio dell’Amore quando si rivela nella sua intera Verità. Gesù è la Verità dell’Amore: chi desidera amare in verità ed essere amato si sente attratto verso di Lui. Concludo con un testo di S. Agostino: “Ed ecco dove è Lui: è dove si gusta il sapore della Verità. E’ nell’intimo del nostro cuore” [Le Confessioni IV 12,18]. Ed un altro testo: “Senza l’Amore tu sei niente” [Comm. Vang. Giov. VI, 14]. (23 marzo 2013)
24 – “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Siano benedette in eterno queste parole dette da Maria, poiché erano parole attese da Dio e dall’umanità: dal Padre perché, giunta la pienezza del tempo, potesse inviare il suo Unigenito nella nostra natura umana; dall’umanità tutta perché potesse finalmente essere liberata dalla sua condanna a morte, e reintegrata nella sua originaria dignità. Noi celebriamo oggi il mistero del concepimento del Verbo nel grembo di Maria, reso possibile dal consenso di Maria. La narrazione evangelica richiama in modo assai suggestivo un altro avvenimento narrato dalla S. Scrittura, dove pure è protagonista una donna col suo consenso libero: il racconto della caduta di Eva. Il rapporto fra le due narrazioni è spiegato nel modo seguente da un Padre della Chiesa. “Come Eva dunque, disobbedendo divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così Maria … obbedendo divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano. Infatti ciò che è stato legato non può essere slegato se non si ripercorrono in senso inverso le pieghe del nodo… Così dunque il nodo della disobbedienza di Eva trovò soluzione grazie all’obbedienza di Maria. Ciò che Eva aveva legato per la sua incredulità, Maria l’ha sciolto per la sua fede” [S. Ireneo, Contro le eresie III, 22,4]. Eva-Maria: due modi di essere donna, due realizzazioni opposte della femminilità attraverso le quali transitano i due opposti destini dell’umanità intera, un destino di morte e un destino di vita. (Annunciazione del Signore 25 marzo 2000)
25 – Chi è Gesù Cristo? E’ in uguaglianza con Dio: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Ma questo stesso Figlio di Dio si è fatto uomo. E’ vero uomo. E l’uomo chi è? E’ una creatura, ma nello stesso tempo, è immagine e somiglianza con Dio. Ecco: il problema dell’uomo, il problema suo vero e definitivo, è come custodirsi in questo equilibrio fra il suo essere creatura ed il suo essere immagine di Dio. In che senso? Vi faccio un esempio. Niente rende l’uomo più simile a Dio, sul piano naturale, che la sua libertà, l’essere l’uomo padrone delle sue scelte, delle sue decisioni ed azioni. Quando siamo come presi dalle vertigini di fronte a questa nostra capacità, di fronte all’abisso della sua profondità, vogliamo essere liberi nel senso radicale del termine, non riconoscendo più nessuna appartenenza a nessuno. Abbiamo dimenticato cioè di essere creature e non creatori di noi stessi. Essere persone umane vuol dire mantenere la giusta proporzione, l’equilibrio tra la creatura e l’immagine di Dio. Quando lo perdiamo? Quando ascoltiamo e seguiamo la voce del tentatore che ci dice di diventare come dei, decidendo noi che cosa è bene e che cosa è male (cfr. Gen 3,5). “Gesù è venuto nel mondo per restaurare alla radice la giusta proporzione, l’equilibrio perso. Perciò Egli è il nuovo Inizio: il nuovo Adamo, il vero uomo”. Ecco perché giustamente noi diremo: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Sì veramente benedetto Cristo: ieri, oggi, sempre. Benedetto perché ha preso su di sé la causa dell’uomo: ieri, oggi e sempre. Benedetto perché ha reso testimonianza alla Verità: alla verità di Dio, alla verità dell’uomo. Benedetto perché per la sua testimonianza, la causa dell’uomo è stata definitivamente vinta, contro ogni sua falsificazione. (Domenica delle Palme 23 marzo 1997)
26 – Nel Vangelo. E’ la descrizione della più grave tragedia: la passione di Cristo è immediatamente causata dalla consegna della sua persona, fatta da un suo amico per denaro. Che cosa è che ci disturba supremamente in questa vicenda? Il fatto che si baratti una persona con il denaro. Ciò che ci disturba è che una persona sia stata valutata in termini di denaro, come se la persona avesse un prezzo. Ecco, alla fine che cosa è sconvolgente in questa vicenda: l’aver equiparato una persona alle cose. Le cose tutte hanno un prezzo; la persona solo ha una dignità. E così Cristo ha voluto subire questa umiliazione. “Non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”: l’umiliazione che degrada la persona. Fratelli e sorelle: non lasciamo passare questa terribile pagina del Vangelo sopra le nostre teste, come se non ci riguardasse. Se Cristo ha voluto subire questa umiliazione, è perché l’uomo, ogni uomo è sempre esposto a questa degradazione. Quale? Ma precisamente la degradazione di essere considerato una delle tante voci del bilancio da far quadrare. Come sono una voce gli immobili da costruire o da conservare; come sono una voce le macchine da usare: così anche la persona umana è una voce da inscrivere nel bilancio, la persona del malato…. E Cristo è ancora umiliato, fino alla fine del mondo… La persona umana può essere violata nella sua dignità, ma la sua causa è sempre difesa dal Signore. “Ciò che avete fatto a uno di questi piccoli, lo avete fatto a me”. La causa dell’uomo: la sua causa eterna e definitiva è stata fatta propria da Cristo, figlio di Dio. In Lui la causa dell’uomo è diventata la causa di Dio. (26 marzo 1997)
27 – Lo sviluppo economico non è solo dovuto a considerazioni e decisioni di carattere tecnico, ma anche e soprattutto di carattere etico. Che lo sviluppo economico medesimo, infatti, accada in un modo piuttosto che un altro non è la conseguenza di leggi economiche semplicemente né tanto meno di una specie di fatalità dipendente dalle condizioni naturali o dall’insieme di altre circostanze. La concezione stessa dello sviluppo economico ha la sua origine fuori da considerazioni economiche, perché nasce sempre da una visione dell’uomo. “Il vero sviluppo non può consistere nella semplice accumulazione di ricchezza e nella maggior disponibilità dei beni e servizi, se ciò si ottiene a prezzo del sottosviluppo delle moltitudini, e senza la dovuta considerazione per le dimensioni sociali, culturali e spirituali dell’essere umano” (Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Sollecitudo rei socialis 9).
In questa prospettiva ho parlato di preoccupazioni per il bene intero della persona umana, per la sua dignità, come direttrici di azioni per chi come voi ha responsabilità sindacali. Ho parlato di “visione dell’uomo”. Che cosa intendo? Una cosa che è al contempo estremamente semplice e profonda: sapere chi è la persona umana, qualcuno non qualcosa; di conseguenza sapere che cosa è assolutamente necessario per essa e di che cosa invece può anche far senza; i suoi fondamentali diritti cioè. Una società che non assicuri il necessario ad ogni persona umana, non intendo solo il cibo, deve essere profondamente ripensata. Nella nostra città è assicurato tutto ciò che è necessario alla dignità della persona umana, di ogni persona umana? Vi chiedo di riflettere seriamente su questa domanda… Assistiamo ad un aumento della produzione, ma non di posti di lavoro. Da questo dato nasce una domanda che sottopongo alla vostra riflessione: un sistema economico che non ha più al suo centro il lavoro dell’uomo, è ancora un sistema umanamente giusto? Dico solo questo: il lavoro non è un lusso per una persona umana, è un diritto fondamentale; un uomo che non trova lavoro è una “mezza-persona” e spesso è un disperato. Cresce il numero delle famiglie povere; la disoccupazione (specie giovanile) non diminuisce in modo consistente… Non sentitevi in questo legati a nessuna parte: state solo da una parte, dalla parte dell’uomo e del suo fondamentale diritto al lavoro. (Incontro con i sindacati, 27 marzo 1998)
28 – Abbiamo sentito il racconto della passione del Signore. Nell’animo stupito di fronte ad una tale tragedia, non può non sorgere una domanda: perché tutto questo è successo? Quale è la spiegazione di questa incredibile storia? “Egli si è caricato delle nostre sofferenze … guariti”: E’ la prima, sconvolgente risposta che la Parola di Dio dà alla nostra domanda. Cristo morì in riferimento a noi; il suo morire ha a che fare qualcosa con ciascuno di noi, ha un qualche riferimento alla mia, alla tua persona. Posto di fronte alla Croce, alla passione di Cristo, devi dire: “tutto quanto è successo, queste sofferenze e questi dolori, queste angustie e queste paure, queste «forti grida e lacrime» sono per causa mia”. Cioè, come ci dice il Profeta, “per i nostri delitti” o “per le nostre iniquità”. Di fronte alla Croce, devi dire: “io sono responsabile di tutto questo”. Senza questa consapevolezza, non è possibile comprendere la Croce di Cristo. Egli “si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”. Prendendo su di sé i nostri peccati, Cristo ha fatto morire il peccato e ne ha eliminato il potere. Il morire di Cristo, la sua passione ha a che fare con noi, nel senso che è avvenuto per causa nostra, a motivo nostro, per amore nostro. Ha preso su di sé le nostre ingiustizie, sul proprio corpo, versando il proprio sangue per noi. E così ha tolto ogni potere al peccato e nel suo sangue siamo stati salvati… Nessuno e niente ti potranno più staccare dalla misericordia del Padre e dell’amore di Cristo. “Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze né altezze né profondità, ne alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio in Gesù Cristo nostro Signore” (Rom 8,38). (28 marzo 1997)
29 – Siamo sempre chiamati ad essere dentro alle vicende umane come credenti in Cristo. Specialmente quando esse sembrano essere così assurde da non poter più essere capite, abbiamo bisogno della sapienza che viene dall’alto: per orientarci nei nostri giudizi e nelle nostre scelte. La prima tentazione dalla quale questa sera dobbiamo chiedere al Padre di essere liberati è quella di pensare che ciò che sta succedendo (nel mondo) non dipenda minimamente da noi, da ciascuno di noi. Abbiamo a nostra disposizione una possibilità di influire sulle decisioni degli uomini dai quali dipende più direttamente il governo delle cose umane. E’ la possibilità di pregare. E’ certezza incrollabile della nostra fede che la storia non è il risultato imprevisto o inevitabile o casuale di forze impersonali. La sua trama è tessuta dall’incrocio di tre libertà: quella del Padre che in Cristo porta avanti il suo progetto di salvezza dell’uomo, quella dell’uomo chiamato a cooperare a questo progetto, e quella di Satana che cerca in tutti i modi di distogliere l’uomo da questa cooperazione. La preghiera è richiesta che il Padre faccia avvenire il suo Regno e la sua giustizia; che muova la nostra libertà verso la sua Pace; che ci liberi dal maligno. E’ una richiesta che non può essere elusa dal Signore: “E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente” (Lc.18,7-8). Ma quando saranno ascoltati? Nel libro dell’Apocalisse si descrive la preghiera dei giusti uccisi violentemente (Ap 6,9b-11a). “Fino a quando?” “Fu detto di pazientare ancora un poco”: la nostra pazienza ci fa guadagnare le nostre anime, perché “pregare per gli uomini significa versare il proprio sangue”. (29 marzo 1998)
30 – La Croce di Cristo, la morte di Cristo, al di là dei suoi esecutori, rientra nel piano di Dio. Non è stato un incidente che Cristo non ha potuto evitare, ma una scelta libera, acconsentendo alla decisione del Padre: nessuno riesce a mettergli le mani addosso fino a quando non sia giunta “la sua ora”. Carissimi fedeli, quando Gesù aveva parlato del pastore che va alla ricerca della pecorella perduta; della donna che non si dà pace fino a quando non trova la moneta smarrita, intendeva già rivelarci il modo di agire di Dio verso l’uomo. Questo modo di agire trova la sua espressione più alta nella morte di Cristo sulla Croce. Ma noi questa sera non volgiamo il nostro sguardo di fede a Cristo crocefisso per ricordare semplicemente un fatto passato. Gesù ha voluto che il suo atto di amore, il dono che ha fatto di Se stesso sulla croce, fosse perennemente presente in ogni luogo e ad ogni generazione umana. La presenza perenne del sacrificio della Croce è il sacramento dell’Eucarestia. Quando noi celebriamo l’Eucarestia, come ora stiamo facendo, noi diventiamo presenti all’atto di amore di Cristo; la forza della celebrazione ci introduce nell’oblazione di Cristo e – come diremo nella preghiera finale – “segna per noi il passaggio dall’antica alla nuova alleanza”. Noi diventiamo partecipi realmente di quanto accaduto sulla Croce. Quanto è accaduto sulla Croce si rinnova nella società umana mediante i discepoli del Signore che vivono ciò che hanno celebrato. Carissimi fedeli, come potete comprendere, i vostri padri non vi hanno lasciato in eredità solo una tradizione religiosa da custodire fedelmente. Essi vi hanno indicato, con questa tradizione, la via da seguire, la strada da percorrere. È a partire dallo sguardo pieno di fede che voi da secoli posate sul Crocefisso, che trovate la strada del vostro vivere perché impariate la scienza dell’amore. (Pieve di Cento, 31 marzo 2006)
MEDITAZIONE
VENERDI’ SANTO
Cattedrale di Ferrara, 2 aprile 1999
1. “Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo; colla tua Croce hai redento il mondo”. La nostra preghiera liturgica oggi è adorazione e benedizione: adorazione di Cristo che muore sulla Croce, benedizione e lode perché da quella morte a noi è venuta ogni grazia di redenzione. Siamo condotti oggi dalla nostra fede al luogo e al momento in cui la nostra sorte è stata radicalmente cambiata.
E’ stato svelato il volto di Dio: “noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo; colla tua Croce hai redento il mondo, poiché ci hai rivelato l’amore del Padre”. La Croce dimostra l’amore di Dio verso di noi, “perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rom 5,8). Dal momento che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). La Croce è la rivelazione che Dio ha compassione dell’uomo, che è pienamente coinvolto dentro al nostro destino, che è nostro compagno. La Croce è veramente il “ponte” lanciato fra la trascendenza di Dio e la nostra terra, fra la santità di Dio e la nostra miseria: attraversiamo questo abisso di distanza, lasciamo la nostra lontananza. “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno” (Eb 4,16): la Croce ha fatto penetrare nel cuore di Dio tutta la nostra miseria e sofferenza.
E’ stato svelato il volto dell’uomo: “noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo; colla tua Croce hai redento il mondo, poiché ci hai rivelato il vero volto dell’uomo“. Sempre tentati come siamo di pensarci venuti dal caso e destinati al nulla, la Croce ci rivela che siamo il termine dell’amore infinito di un Dio il quale mi ama come se fossi solo davanti al suo amore: “mi ha amato” – esclama S. Paolo – “ed ha dato se stesso per me“. Nella luce della Croce nasce la consapevolezza piena che ciascuno di noi è un “io eterno”, una persona davanti a Dio perché da Lui posta in una relazione di amore senza limiti. “Siete stati comprati a caro prezzo” , ci dice l’apostolo Paolo. Gli fa eco l’Apostolo Pietro: “Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia” (1Pt. 1,18). Se ciascuno di noi vale la Croce di Cristo, allora il nostro valore è veramente infinito: non considerarti mai meno di questo, non svendere mai la tua dignità, poiché sei stato comprato a caro prezzo, con il sangue prezioso di Cristo.
E’ stato svelato il volto di Cristo: “noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo; colla tua Croce hai redento il mondo, perché ci hai rivelato la tua persona“. Abbiamo cominciato la nostra celebrazione liturgica prostrati a terra, in un assoluto silenzio. E’ il silenzio che visse tutta la creazione di fronte all’obbedienza del Figlio di Dio: “umiliò Se stesso facendosi obbediente, ed obbediente fino alla morte di Croce“. In questo atto di obbedienza, l’alleanza fra il Padre e l’uomo è stata ricostruita: “questo è il sangue della nuova ed eterna alleanza“. In questo atto di obbedienza, la preghiera rivolta da Cristo al Padre perché liberasse lui, ed in lui ogni uomo, dalla morte venne esaudita. In Cristo sulla Croce noi vediamo la vera natura e radice della nostra miseria: il peccato. E comprendiamo che la nostra malattia più seria è averne perduto la consapevolezza.
Cristo sulla Croce ci rivela il volto del Padre, ci rivela il volto dell’uomo e ricongiunge l’Uno all’altro: è il mediatore unico fra Dio e l’uomo.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo; colla tua Croce hai redento il mondo!
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché colla tua Croce tutto è stato compiuto: finalmente la creazione giunse al suo scopo, il sacerdote e la vittima si sono identificanti; ogni sofferenza umana è stata salvata, ogni offesa alla dignità dell’uomo è stata redenta.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo; colla tua Croce hai redento il mondo!
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché dalla tua Croce sono sgorgati finalmente i sette santi sacramenti che conducono l’uomo all’eternità; perché dalla tua Croce sono sgorgati finalmente le vite dei santi; perché per la tua Croce l’uomo e la donna che si amano, sono diventati un mistero soprannaturale; perché per la tua Croce uomini e donne sono stati resi capaci di amare con cuore indiviso ogni uomo come fosse l’unico, nella santa verginità; perché per la tua Croce è santificato ogni lavoro umano.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché dalla tua Croce è nata la tua Sposa, la S. Chiesa: sposa senza macchia e senza ruga. Bella fortezza invitta dei suoi martiri, nella dolcezza trasparente delle sue vergini, nella corporeità trasfigurata dei suoi coniugi, nella sapienza pacifica dei suoi dottori, nella carità illimitata dei suoi pastori, nella pazienza calma dei suoi poveri (i suoi tesori!)
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo: nella tua santa Croce veramente “tutto è compiuto“.
31 – Questa è la notte durante la quale la condizione umana è stata radicalmente cambiata, perché Gesù “è risorto, come aveva predetto”…. Ma come avviene questo? Come la trasformazione accaduta in Cristo può accadere anche in me? Come può arrivare fino a me? La risposta è di una semplicità sconcertante: mediante la fede ed il Battesimo. Questa è la notte del Battesimo che voi riceverete fra poco, cari catecumeni, di cui noi già battezzati faremo memoria solenne. È quanto ci ha or ora insegnato S. Paolo: “Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. La Pasqua di Gesù ci afferra mediante il Battesimo, una volta per sempre. La ragione intima della gioia che la Chiesa vive celebrando questa veglia è precisamente l’esperienza che essa fa della presenza della Risurrezione del Signore. La Risurrezione non è passata; la Risurrezione ci raggiunge, ci afferra e ci trasforma. In essa rimaniamo, cioè nel Signore risorto, perché la sua luce ci faccia passare dal potere delle tenebre al suo Regno di vita. Amen. ( Veglia Pasquale , 22 marzo 2008)